Riassunto del manuale di storia moderna, comprende la narrazione degli eventi tra il tardo 400 e l'epoca post-napoleonica. I principali fatti che hanno visto protagonisti gli stati europei e la neoscoperta America vengono sintetizzati. Particolare luce viene data alle figure carismatiche della storia, di cui si esamina l'operato; sia governanti che esploratori che capi militari: da Carlo V a Luigi IVX, a Elisabetta d'Inghilterra; da Cristoforo Colombo a Vasco de Gama; a Napoleone Bonaparte.
Storia Moderna - 1492-1948
di Selma Aslaoui
Riassunto del manuale di storia moderna, comprende la narrazione degli eventi
tra il tardo 400 e l'epoca post-napoleonica. I principali fatti che hanno visto
protagonisti gli stati europei e la neoscoperta America vengono sintetizzati.
Particolare luce viene data alle figure carismatiche della storia, di cui si
esamina l'operato; sia governanti che esploratori che capi militari: da Carlo V a
Luigi IVX, a Elisabetta d'Inghilterra; da Cristoforo Colombo a Vasco de Gama; a
Napoleone Bonaparte.
Università: Università degli Studi di Bologna
Facoltà: Scienze della Formazione
Esame: Storia Moderna
Docente: Donattini Massimo
Titolo del libro: Storia Moderna - 1492-1948
Autore del libro: Carlo Capra
Editore: Le Monnier
Anno pubblicazione: 20041. Fonti e metodi per lo studio della popolazione
Nell’ultimo mezzo secolo gli studi relativi alla popolazione e ai meccanismi che ne regolano l’andamento
hanno avuto un notevole sviluppo grazie all’interesse nato nei confronti della storia della società e della sua
cellula base, la famiglia.
L’inglese Thomas Robert Malthus scrisse, alla fine del Settecento, un saggio dal titolo Saggio sul principio
di popolazione nel quale manifestò la sua preoccupazione in merito allo squilibrio tra popolazione e risorse
alimentari. Secondo Malthus la popolazione, se non controllata, cresceva in progressione geometrica, mentre
le risorse alimentari crescevano in progressione aritmetica.
A riportare temporaneamente l’equilibrio, sempre secondo la tesi di Malthus, intervenivano di tanto in tanto
dei “freni repressivi” che erano costituiti dalle carestie, dalle guerre e dalle epidemie. Questi eventi
ristabilivano l’equilibrio in attesa di un nuovo ciclo di incremento demografico.
La soluzione più opportuna in alternativa a questi “freni repressivi”, sempre secondo Malthus, era una
limitazione cosciente dei matrimoni e quindi della fecondità con i “freni preventivi”. Questa soluzione,
ovviamente riguardava naturalmente la parte più povera della società.
La statistica, cioè la raccolta sistematica dei dati relativi alla popolazione, mosse i primi passi proprio
durante l’età moderna. Al XVII secolo o agli inizi del XIX risalgono i primi censimenti modernamente
impostati. Prima c’era la numerazione dei fuochi (o nuclei familiari) compiuti a scopi fiscali che erano dei
conteggi degli abitanti di città o distretti, che erano finalizzati all’approvvigionamento e alla distribuzione
dei viveri. Come il catasto fiorentino del 1427 da cui si ricavano la composizione per sesso e per età, le
occupazioni e i redditi.
Un’altra importantissima fonte è rappresentata dalle fonti ecclesiastiche, distinguibili in fonti relative allo
stato e fonti relative al movimento della popolazione :
Le fonti relative allo stato consistono negli stati delle anime che sono degli elenchi degli abitanti di una
parrocchia redatti casa per casa con lo scopo di controllare l’adempimento del precetto pasquale. Nel 1614 la
Santa Sede dettò delle norme precise per la loro compilazione. Questi documenti sono importanti per
ricostruire la composizione per sesso e per età e per conoscere le strutture familiari e le forme di convivenza
di una comunità.
Le fonti relative al movimento della popolazione sono per lo più dei libri dove venivano registrati gli eventi
religiosi fondamentali della vita dei parrocchiani (battesimo, matrimonio, sepoltura). Se questi registri non
presentano lacune per un certo periodo ci permettono di ricostruire l’andamento dei diversi eventi nel corso
degli anni. Queste fonti, insieme agli stati delle anime, permettono di determinare per i relativi anni gli
indici di natalità, mortalità e nuzialità.
I registri parrocchiali, utilizzati come fonti dagli storici per studiare le conseguenze di eventi catastrofici,
sono diventati delle fonti privilegiate a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo, quando dei demografi
francesi elaborarono un metodo di spoglio che prende il nome di “ricostruzione nominativa delle famiglie”.
Possiamo sintetizzare questo metodo in due punti:
a) Si creava una “scheda di famiglia” per ogni matrimonio celebrato nella parrocchia studiata in un
determinato arco di tempo;
b) Venivano trascritti in queste schede tutti gli eventi demografici desunti dai libri dei battesimi e delle
sepolture riguardanti la coppia presa in esame.
Questo metodo però presenta degli inconvenienti come, innanzi tutto, il lungo lavoro richiesto anche per il
villaggio più piccolo e poi il basso numero delle schede di famiglia che è possibile ricostruire in modo
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Storia Moderna - 1492-1948 completo. Dopo questo “esperimento” i demografi hanno rimesso in onere o hanno elaborato tecniche
diverse, basate sui grandi aggregati anziché sul linkare (= collegamento) attraverso il nome. Ad esempio la
costruzione di piramidi delle età e la costruzione di tavole di mortalità (p.6).
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Storia Moderna - 1492-1948 2. La popolazione europea nell’età moderna
Per il periodo dal tardo Quattrocento agli inizi dell’Ottocento si hanno stime abbastanza attendibili della
popolazione mondiale divisa per continenti. Per tutto il periodo più della metà della popolazione viveva
nella fascia centro-meridionale del continente asiatico. Queste cifre inoltre mettono in evidenza la crisi
demografica che colpì il continente americano con l’inizio della colonizzazione europea e l’arresto dello
sviluppo dell’Africa legato allo stesso evento (esportazione di schiavi neri)
Per il nostro continente si delineano tre grandi fasi:
una crescita demografica generale e continua tra la metà del Quattrocento e gli inizi del Seicento;
un forte rallentamento nel XVII secolo, risultato di comportamenti demografici diversificati per grandi aree
(espansione).
una rinnovata tendenza espansiva nel Settecento che andrà avanti poi fino al XIX secolo. Si discute ancora
se questi dati siano il frutto di uno squilibrio tra popolazione e risorse (tesi Malthus), oppure se sia dovuto ad
altri fattori quali le epidemie, le carestie, le guerre ed il clima sfavorevole.
Bisogna ricordare che nell’età moderna erano pressoché sconosciute le pratiche contraccettive, che
iniziarono a diffondersi solo nel tardo Settecento a partire dalla Francia. Potremmo immaginare, con questi
presupposti, che ogni coppia di coniugi mettesse al mondo un gran numero di figli, ma nella realtà non era
così per tre motivi:
In gran parte dell’Europa le donne si sposavano relativamente tardi (tra i 24 e i 26 anni) e quindi gran parte
della loro vita feconda restava inutilizzata ai fini della riproduzione,
Gli intervalli tra i parti, dopo il primo che avveniva circa un anno dopo le nozze, tendevano ad allungarsi tra
i 2 e i 3 anni a causa dell’allattamento prolungato,
Era molto frequente la rottura del matrimonio prima che la donna terminasse il proprio ciclo fecondo a causa
della morte di uno dei coniugi.
In linea di massima un matrimonio durava tra i 12 e i 15 anni e, sempre in linea di massima, potevano
nascere 5 o 6 figli. Questo è un numero abbastanza proficuo per garantire un aumento della popolazione, ma
si deve tener conto dell’alto tasso di mortalità infantile e giovanile che dimezzava la prole.
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Storia Moderna - 1492-1948 3. La storia della famiglia nello studio
Il comportamento demografico delle coppie rappresenta solo un aspetto della storia della famiglia che negli
ultimi decenni è diventata un punto d’incontro di molte discipline. I documenti come gli stati delle anime
illustrano non solo i nuclei famigliari ma anche le dimensioni e la composizione degli aggregati domestici.
Per lo studio della popolazione ha avuto un grande successo la classificazione elaborata dal Gruppo di
Cambridge, diretto da PETER LASLETT, che ha distinto cinque tipi di aggregati:
1) Famiglia “nucleare”, composta solo da due coniugi ed eventuali figli;
2) Famiglia “estesa”, dove ai coniugi e agli eventuali figli sia aggiunge almeno un altro convivente(ad
esempio un fratello o un genitore di uno dei due coniugi);
3) Famiglia “multipla”, caratterizzata dalla compresenza di almeno due nuclei;
4) Famiglie “senza struttura”, alla cui base non c’è un rapporto matrimoniale;
5) I “solitari”, quelli che noi oggi definiamo “single”
Laslett, alla fine degli anni Sessanta, avanzò la tesi che durante il periodo dell’Antico Regime fosse
predominante il modello di famiglia nucleare, ma man mano che si completavano le ricerche nei vari paesi,
il quadro si faceva sempre più complesso.
Successivamente lo stesso Laslett, insieme a John Hajnal, distinsero due diversi modelli matrimoniali e
familiari :
1) il primo, tipico di molti Paesi dell’Europa nord-occidntale, si basava su tre regole: innanzi tutto sia gli
uomini che le donne si sposavano abbastanza tardi ed un numero consistente sia di uomini che di donne non
si sposavano affatto. In secondo luogo gli sposi seguivano la regola della residenza neolocale dopo il
matrimonio (mettevano su casa per conto loro) e quindi davano origine ad una famiglia nucleare. Infine,
prima del matrimonio un gran numero di uomini e di donne passava qualche anno fuori casa al servizio di
un’altra famiglia.
2) Il secondo modello era diffuso soprattutto nell’Europa orientale e meridionale e, a differenza del primo,
prevedeva un matrimonio abbastanza precoce e una residenza patrilocale (ovvero la convivenza degli sposi
con i genitori del marito) escludendo il servizio prepuziale presso altre famiglie.
Per analizzare questi modelli bisogna tener conto anche del fattore economico, in quanto la famiglia non
rappresentava solo un’unità di consumo, ma era prima di tutto un’unità di produzione. Le famiglie
contadine, quasi ovunque costituivano la maggioranza della popolazione, e assumevano strutture diverse a
seconda dei meccanismi ereditari: la divisione del patrimonio in parti uguali tra i figli maschi tendeva a
favorire la formazione di famiglie nucleari, mentre la successione al podere di un solo figlio tendeva a
favorire la formazione di una famiglia ceppo (cioè alla convivenza dell’erede e della moglie con i genitori di
lui).
Le dimensioni dell’aggregato domestico andavano anche in base al fondo coltivato (sia di proprietà che in
affitto).
Le questioni economiche naturalmente non riguardavano solo gli strati bassi della società, ma anzi, nelle
èlites le questioni patrimoniali tra coniugi, la successione, la dote, assumevano una maggiore rilevanza e
complessità.
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Storia Moderna - 1492-1948 4. Le famiglie aristocratiche europee e la conservazione del
patrimonio
Per le famiglie aristocratiche europee, la conservazione della propria ricchezza, incentrata sulla proprietà
fondiaria,era una preoccupazione dominante, tanto che tra il XVI e il XVIII secolo si adottarono strumenti
giuridici adatti a tale scopo come i :
“fedecommessi” => una disposizione mediante la quale chi fa testamento obbliga l'erede a trasmettere tutta
o parte dell'eredità a un'altra persona per via di discendenza maschile, fidecommissario, dopo la morte
dell'erede designato, istituito.
primogeniture, o maggiorasco => concentrare nel primogenito, in presenza di più figli maschi, il grosso
dell’eredità.
Con questi accorgimenti le famiglie cercavano di tutelarsi con il rischio di una dispersione del patrimonio.
Per le femmine la dote fungeva da eredità anticipatoria ed era commisurata al prestigio della famiglia, ma
solo una femmina era destinata a sposarsi le altre prendevano la via del chiostro (convento) oppure
rimanevano a vivere in famiglia.
La limitazione dei matrimoni, la trasmissione di beni per linea maschile, la destinazione dei figli cadetti alle
carriere militari, ecclesiastiche, giudiziarie, e la destinazione delle figlie femmine alla monacazione o al
nubilato, erano le basi di una strategia familiare che, tra le altre cose, dava molta importanza alle alleanze
matrimoniali e alle reti allargate di parentela agnatizia (parentela tra i discendenti dallo stesso padre) e
cognati zia ( acquisita attraverso unioni matrimoniali).
Le questioni economiche e i meccanismi di successione, non esauriscono gli studi in merito alla famiglia e
ai rapporti in essa presenti. Sono stati compiuti molti studi in merito ai rapporti di autorità e di affetto tra
coniugi e tra genitori e figli tanto che MICHAEL ANDERSON parlò di “approccio dei sentimenti”.
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Storia Moderna - 1492-1948 5. La famiglia in Gran Bretagna fra Cinque e Ottocento
Per la Gran Bretagna punto di riferimento in questo ambito, è il libro di LAWRENCE STONE, “Famiglia,
sesso e matrimonio in Inghilterra fra Cinque e Ottocento”, nel quale si distinguono tre tipi diversi di
agglomerato che si susseguono, o che addirittura si accavallano, tra il Cinquecento e l’Ottocento :
Il primo agglomerato è costituito dalla “famiglia a lignaggio aperto” (1450-1630), caratterizzato dalla
freddezza dei rapporti tra i coniugi e tra genitori e figli, l’importanza del casato e dal controllo del
parentado;
il secondo agglomerato è costituito, invece, dalla “famiglia nucleare patriarcale ristretta” (1550- 1700), dove
all’accentuazione dell’autorità del pater familias, riflesso del potere assoluto del monarca sulla società, si
accompagnano lo sviluppo di legami affettivi tra i coniugi e il grande risalto dato all’educazione cristiana e
al disciplinamento della prole;
il terzo agglomerato, infine, è costituito dalla “famiglia nucleare domestica chiusa” (1620-1800), la cui
peculiarità è l’individualismo affettivo che si esprime in una nuova tenerezza sia tra moglie e marito, sia tra
questi e i loro figli.
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Storia Moderna - 1492-1948 6. L’agricoltura dell’europa preindustriale: risposta estensiva e
risposta intensiva
Nei secoli successivi al Mille, l’agricoltura europea aveva compiuto notevoli progressi che avevano
permesso di sottoporre a coltura i terreni umidi e argillosi delle aree centro- settentrionali del vecchio
continente. Le innovazioni più importanti sono : l’aratro pesante dotato di avantreno,di coltro e di versoio; la
ferratura degli zoccoli dei cavalli e la loro bardatura con collari fatti in modo da evitare la pressione sulla
gola e la larga diffusione triennale (= un anno a frumento o segale, un anno a orzo o avena e un anno a
riposo).
Nei Paesi mediterranei, però, la scarsità delle piogge e la natura friabile dei terreni, ostacolarono
l’applicazione di queste nuove tecniche, infatti rimase la rotazione biennale che lasciava la terra a riposo un
anno su due e si utilizzava l’aratro leggero privo di ruote.
Tra il 1450 e il 1750 l’organizzazione produttiva nelle campagne non registrò grandi mutamenti.
L’incremento demografico del “lungo Cinquecento” comportò un aumento della domanda di derrate
alimentari, soprattutto verso i cereali. La carne scomparve praticamente dalle mense dei contadini e, in
generale, di tutti i lavoratori manuali, che fino al XX secolo si nutrirono prevalentemente di pane e farinate,
accompagnati da legumi e verdure, lardo o pesce salato, uova e latticini in modeste quantità e vino o birra di
scadente qualità.
Ci si chiede come fosse possibile che l’agricoltura potesse riuscire a sfamare una popolazione in continua
crescita. A livello teorico sono possibili due tipi di risposte: una risposta “estensiva” consistente
nell’allargamento della superficie coltivata, e una risposta “intensiva”, consistente nell’adozione di tecniche
volte ad accrescere la produttività, ossia la quantità di prodotto per unità di superficie.
Fino al XVI secolo prevalse la soluzione intensiva, tanto che, mano a mano che la popolazione cresceva
vennero rimessi a coltura terreni precedentemente abbandonati, e furono bonificate molte aree che fino ad
allora erano occupate da foreste e paludi. Ovviamente i terreni così dissodati non sempre erano di prima
qualità, nella maggior parte dei casi si trattava di terreni marginali che solo la pressione demografica aveva
fatto sì che fossero resi coltivabili. Conseguenza di ciò fu la contrazione della superficie adibita a pascolo,
che a sua volta, comportò una scarsità di concime.
Anche il clima aveva influito negativamente sui raccolti in quanto nella metà del 400 ci fu una fase di
diminuzione delle temperature medie chiamata “piccola glaciazione”.
In Europa il rapporto tra raccolto e semente per i cereali panificabili oscillava tra 3:1 e 5:1 e il peso del
raccolto per ettaro era sui 4-7 quintali.
La fertilità dei campi non è solo funzione della natura dei suoli ma anche di altri due fattori: la disponibilità
dell’acqua e il concime. La presenza di una rete irrigatoria fu all’origine della grande produttività della
pianura a sud di Milano dove già nel basso Medioevo scomparve il maggese e si diffuse il capitalismo.
Le piante foraggere, oltre a restituire alla terra l’azoto sottrattole, rendono possibile il mantenimento
all’interno della aziende di abbondante bestiame bovino.
La stretta associazione di agricoltura e allevamento e l’adozione di rotazioni che eliminano la necessità del
riposo periodico dei terreni sono l’essenza della rivoluzione agricola che ci fu nei Paesi Bassi e poi in
Inghilterra.
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Storia Moderna - 1492-1948 7. Il regime fondiario e i rapporti di produzione. L’Europa centro-
occidentale
In gran parte dell’ Europa i secoli del basso Medioevo furono caratterizzati, oltre che dalla disgregazione
della feudalità come sistema di governo, anche dall’erosione dei poteri signorili nelle campagne sia per
effetto della crisi demografica, sia per la generale tendenza dei signori di monetizzare le prestazioni loro
dovute, sia, infine per le rivolte contadine scoppiate tra il Trecento e il Cinquecento.
All’inizio dell’età moderna i coltivatori del suolo erano personalmente liberi di sposarsi, di trasferirsi, di
disporre delle loro terre qualora ne possedevano. Le corvèes erano limitate a poche giornate all’anno e la
riserva signorile era stata, per la maggior parte, frazionata in appezzamenti affidati a famiglie coloniche con
una serie di patti agrari che andavano dal livello (un canone fisso in natura o in denaro stabilito per un lungo
periodo di tempo) al piccolo affitto o alla mezzadria.
Bisogna ricordare, però che in alcune zone rimasero dei residui feudali con tutto ciò che comportava a
seconda del grado di sviluppo economico : la giurisdizione e il potere di banno che consiste nella
competenza del giudice signorile sulle minori cause civili e penali, l’obbligo, per i proprietari di terre, di
pagare al signore un censo annuo a cui si aggiungeva una decima feudale.
Il forte aumento della popolazione registrato nel XVI e XVIII secolo portò a processi di proletarizzazione,
ossia diminuzione in percentuale dei coltivatori autosufficienti, alla moltiplicazione di contadini poveri e
alla riduzione del potere d’acquisto dei salari.
Oltre ai residui feudali, i contadini erano soggetti anche alla decima ecclesiastica (per lo più percepita in
natura subito dopo il raccolto), alle imposte statali e, qualora non fossero stati i proprietari del terreno
coltivato, erano soggetti anche al gravoso prelievo rappresentato dalla rendita fondiaria.
Per quanto riguarda, invece, i medi e grandi proprietari, ad essi conveniva acquistare nuove terre ed
accrescere il prelievo sui coloni.
Quindi solo nelle aree particolarmente favorite dal punto di vista ambientale (la bassa pianura lombarda) e
dove era minore la pressione sul suolo dei contadini poveri (Olanda e Inghilterra) fu possibile nell’età
moderna adoperare le tecniche agricole per accrescere la produttività dei terreni.
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Storia Moderna - 1492-1948 8. Il regime fondiario e i rapporti di produzione. L’Europa
Orientale
Le regioni che si trovano ad est di un’immaginaria linea tracciata dalle foci del fiume Elba a Trieste,
avevano due caratteristiche che le differenziava dalle regioni più occidentali.
Innanzi tutto comprendevano enormi estensioni di terreno pianeggiante e potenzialmente fertile, in secondo
luogo erano sparsamente popolate.
Al contrario delle regioni occidentali, qui il problema era rappresentato non dalla scarsità dei terreni
coltivabili, ma dalla scarsità della forza lavoro. Inoltre allo stesso tempo, molto più deboli e meno sviluppate
erano le città e le comunità di villaggio da un lato e le istituzioni statali dall’altro.
In questo contesto la diffusione dell’economia di mercato, che da una parte apriva soprattutto alle regioni
affacciate sul mare nuove possibilità di esportazione dei cereali, e da un’altra spingeva i grandi proprietari a
procurarsi nuove ricchezze per l’acquisto di prodotti di lusso, agì come uno stimolo ad accrescere la
produzione attraverso la via più semplice che era rappresentata dalla coercizione extraeconomica nei
confronti dei contadini. La servitù della gleba venne rafforzata dal XV secolo e fu introdotta in aree
dell’Europa orientale dove ancora non era conosciuta. Questo processo fu favorito e diretto dai poteri statali
la cui base sociale era costituita dalla stessa aristocrazia.
Generalmente il territorio agricolo di un villaggio prussiano o polacco era diviso in una o due grandi tenute
signorili e un certo numero di piccole proprietà. Le famiglie insediate in questi ultimi ricavavano le risorse
necessarie per vivere dai loro campi, ma dovevano dedicare gran parte del loro tempo e delle loro energie a
lavorare gratuitamente le terre dei signori. I prodotti eccedenti il fabbisogno della casa padronale venivano
commercializzati all’esterno e il ricavato veniva investito nel’acquisto di generi di lusso e di manufatti
provenienti dall’occidente.
Tra il XVI e il XVII secolo le condizioni di vita peggiorarono anche a causa della sfavorevole congiuntura
economica. In Polonia tra il 1500 e il 1650 le dimensioni delle tenute signorili raddoppiarono e quindi
triplicò la durata del lavoro coatto dei contadini.
Questo sfruttamento dei contadini servi era reso possibile dall’autorità del signore che amministrava la
giustizia e riscuoteva le imposte a nome dello Stato. Solo con le riforme che si avviarono a partire dal
Settecento le pretese dei signori iniziarono ad essere limitate dalla legge e solo a partire dal XIX secolo la
servitù della gleba iniziò ad essere gradualmente abolita.
Le masse rurali, tuttavia, non sempre accettavano il loro destino di miseria e di oppressione. Esse diedero
vita ad una serie di manifestazioni di protesta che si risolvevano, laddove era possibile, attraverso le vie
legali, ma si manifestavano anche in sommosse e rivolte. Il grande ciclo di rivolte contadine si aprì a partire
dalla seconda metà del XIV secolo ed ebbe un’ultima recrudescenza nei primi decenni del Cinquecento con
la grande rivoluzione ungherese, con la ribellione dei “comuneros” in Spagna e con la guerra dei contadini
in Germania. Con lo sviluppo degli apparati statali, a partire dal XVII secolo, i bersagli delle proteste
iniziarono a spostarsi ad occidente e a colpire i signori feudali, il fisco e i suoi agenti.
Con la Rivoluzione francese e con i moti controrivoluzionari scoppiati in Francia e in altri paesi,i moti
contadini acquistano una connotazione politica che si sovrappone alle forme arcaiche di protesta.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 9. L’economia urbana
Identificare le campagne con l’attività agricola e le città con il secondario e terziario (industria, commercio e
servizi) è sbagliato.
Ai bisogni primari, oltre a quello del cibo, le famiglie contadine continuarono a provvedere da sé,
costruendosi rudimentali abitazioni e mobili con i materiali reperibili sul luogo, filando e tessendo lenzuola
e rozzi indumenti di lana, lino o canapa. Accanto a queste produzioni dirette al consumo familiare si affermò
in molte zone un’industria rurale anche di notevole importanza, attirata sia dal basso costo della
manodopera, sia dalla presenza di giacimenti minerari e corsi d’acqua. D’altra parte molte città ospitavano
agricoltori e orticoltori che lavoravano le terre limitrofe o gli spazzi interni alle mura. Tutti i manufatti che
richiedevano una superiore capacità artigianale e che , quindi dovevano essere acquistati all’esterno del
nucleo familiare, provenivano in massima parte dalle botteghe cittadine o da organizzazioni produttive che
avevano sede nelle città.
Gran parte degli oggetti di uso quotidiano continuava ad essere prodotta da artigiani che lavoravano da soli,
o che avevano un ristretto numero di collaboratori, nelle proprie abitazioni o in laboratori che fungevano
anche da botteghe. I settori più importanti erano quelli della lavorazione del legno, dei metalli, del cuoio e
dei pellami, i diversi rami del tessile, la confezione di indumenti, l’alimentazione e l’edilizia. Ognuno di
questi settori era a sua volta suddiviso in varie specializzazioni, i cui addetti continuarono ad essere
organizzati in corporazioni. Ciascuna di queste arti difendeva gelosamente il proprio monopolio, risolveva al
suo interno gli eventuali conflitti di lavoro e disciplinava la concorrenza tra gli affiliati attraverso norme
statutarie, le quali stabilivano per ogni maestro un numero massimo di garzoni o apprendisti o una quantità
massima di prodotto, oltre a regolare le tecniche di lavorazione e la qualità dei manufatti.
La novità principale rispetto al Medioevo, che presentarono i secoli XV-XVIII nell’organizzazione
produttiva, sta nella grande diffusione del sistema noto come “industria a domicilio” o “protoindustria”.
In questo caso il protagonista era il mercante imprenditore che acquistava la materia prima e l’affidava ad
operai che la lavoravano nella propria abitazione ed erano retribuiti a cottimo. Nel caso dell’industria laniera
il desiderio di abbattere i costi e di sfuggire alle limitazioni imposte dalle corporazioni, portò molto spesso al
decentramento delle fasi principali della lavorazione nelle campagne circostanti. I panni così prodotti
venivano poi rifiniti nei laboratori cittadini sempre su commissione del mercante che poi provvedeva alla
loro vendita sui mercati nazionali e internazionali. Il settore tessile rimase per molto tempo il settore
predominante dell’industria europea.
A differenza dei tessuti italiani quelli fiamminghi erano fatti di lana meno fine e non cardata, quindi erano
più leggeri e più economici. Quando l’industria fiamminga entrò in crisi presero il suo posto gli olandesi e
inglesi.
I principali centri di produzione dei preziosi drappi nel 600 erano Lione,Firenze, Milano e Granada.
L’epoca tra il 1500 e il 1750 viene considerata un periodo di sviluppo tecnologico, ma non di rivoluzioni
tecnologiche -> nell’ambito della meccanica si ebbe una serie di perfezionamenti nell’orologeria, la
costruzione di strumenti nautici e armi da fuoco; salì la produzione del carbone in Inghilterra e raddoppiò la
produzione di ferro.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 10. Moneta, prezzi, mercato tra il XVI e il XVIII secolo
Tra il XVI e il XVIII secolo l’economia monetaria era ormai universalmente diffusa. A partire dal XIII
secolo ovunque vigeva un regime di bimetallismo, nel senso che erano l’oro e l’argento a determinare i
valori di scambio anche per le monete divisionali fabbricate in rame.
Per eliminare gli effetti delle manipolazioni monetarie vennero trasformati i prezzi nominali in prezzi
espressi in grammi d’argento, ma i prezzi aumentarono alla fine del XV secolo, il perché lo dimostra una
formula di FISHER => MV = PQ
M -> massa monetaria in circolazione in una determinata area ed epoca;
V -> velocità di circolazione ;
P -> il livello dei prezzi ;
Q -> quantità di beni acquistabili.
Il prezzo è un rapporto tra il prodotto della massa e della velocità di circolazione della moneta e la quantità
dei beni disponibili, se quest’ultima aumenta in misura minore di M e V i prezzi salgono.
La produzione di argento delle miniere europee raddoppiò tra la metà del 1400 e il 1530 e in seguito la
disponibilità di oro e argento crebbe grazie alle importazioni dal Nuovo Mondo.
Il flusso di argento proveniente dalle Americhe non si arrestava in Europa ma andava a pagare le
importazioni di spezie e di altri generi di lusso dal continente asiatico.
L’aumento della produzione industriale e la crescente richiesta di generi di prima necessità come il grano, il
legno e il sale, portarono, tra il tardo Quattrocento e gli inizi del Seicento, ad una grande espansione dei
traffici. Il trasporto via acqua, più rapido ed economico, continuò ad essere privilegiato soprattutto per le
merci più ingombranti nonostante i pericoli costituiti dalle tempeste e dai pirati e nonostante le barriere
daziarie lungo i fiumi navigabili.
La navigazione ha compiuto progressi più rapidi del trasporto via terra grazie al perfezionamento di
strumenti nautici : caravella, fluyt olandese.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 11. Il ruolo economico del Mediterraneo, crocevia di scambi
Il Mediterraneo mantenne più a lungo di quanto si pensasse il suo ruolo di crocevia degli scambi tra Oriente
e Occidente e tra Europa e Africa. Alle galere veneziane , per l’acquisto di spezie e prodotti orientali,
subentrarono alla fine del 500 i velieri olandesi, francesi e inglesi il cui punto d’appoggio fu il porto di
Livorno.
Tra gli articoli acquistati dagli occidentali nel Baltico vi erano anche le aringhe salate, ma gli olandesi
misero un nuovo tipo di imbarcazione detto buizen in cui era possibile salare e mettere in barile il pesce
appena pescato.
Gli olandesi si assicurarono un duraturo monopolio della produzione e della distribuzione in tutta Europa del
pesce salato.
Accanto a questi scambi, acquistarono una grande importanza i rapporti commerciali con il Nuovo Mondo
scoperto da Colombo. I coloni, che in numero sempre maggiore, si stabilivano oltre oceano, avevano
bisogno di tutto, dai generi alimentari a cui erano abituati, al vestiario e agli oggetti di uso quotidiano,
potevano pagare le importazioni con l’oro e l’argento estratti dai fiumi e dal suolo.
Particolarmente redditizio si rivelò il commercio di schiavi neri, stimolato dalla crescente necessità di
manodopera per le piantagioni delle Antille, del Brasile e delle colonie inglesi. Le navi negriere partivano
dai porti europei cariche di mercanzie varie che venivano vendute lungo le coste africane ai capi indigeni in
cambio di schiavi. Il guadagno ricavato con la vendita degli schiavi veniva riutilizzato per l’acquisto di
generi coloniali da rivendere in patria (zucchero, caffè e tabacco).
Carattere diverso ebbe l’interscambio tra Europa ed Asia, dominato nel XVI secolo dai portoghesi. L’impero
portoghese non si basava sulla colonizzazione di grandi territori, ma sul possesso di scali e fattorie e su
accordi con i potenti locali.
Nel XVII secolo ai portoghesi si aggiunsero gli olandesi che si impadronirono delle isole della Sonda e delle
Molucche.
Protagoniste indiscusse dei traffici con l’oceano indiano furono le compagnie privilegiate costituite a partire
dal tardo Cinquecento in Inghilterra, Province Unite e Francia. Con questo nome si designano due tipologie
diverse di organizzazione commerciale :
La prima consiste sostanzialmente in una corporazione di mercanti i quali godevano collettivamente del
monopolio di un certo genere di traffico, ma operavano individualmente o associati in piccole imprese.
Le Compagnie delle Indie orientali, costituite a Londra nel 1600 e ad Amsterdam nel 1602, e più tardi le
compagnie francesi fondate da COLBERT, erano delle vere e proprie società per azioni, il cui capitale era
cioè diviso in quote possedute da mercanti e finanzieri i quali ogni anno percepivano i dividendi, ovvero gli
utili proporzionali alla rispettiva quota del capitale sociale.
Tratti distintivi dell’età moderna rispetto a quella medievale, è la nascita di un’economia mondiale
incentrata sull’Europa e lo spostamento dell’asse dei traffici dal Mediterraneo all’Atlantico e ai mari
settentrionali.
A livello teorico tale supremazia si rifletteva nelle idee economiche dette mercantilismo (Adam Smith) per
cui vi era la convinzione che la ricchezza è per sua natura una quantità statica e per averne di più è
necessario sottrarne agli altri competitori, quindi gli stati devono fare il possibile per procurarsene attraverso
il commercio con l’estero favorendo così le esportazioni e ostacolando le importazioni.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 12. Ordini, ceti, classi. La stratificazione sociale nell’Europa
d’antico regime
Fino alla diffusione delle idee illuministiche la visione della società dominante in Europa, era una visione
corporativa e gerarchica. L’individuo non contava per sé, ma contava in quanto membro di una famiglia, di
un corpo, di una comunità. A questi corpi e comunità facevano riferimento le “libertà”, cioè le franchigie, le
immunità, i privilegi che componevano un universo giuridico frastagliato e multiforme.
Eredità dell’epoca medievale era la distinzione della società in tre grandi ordini:
gli oratores, coloro che pregavano, e quindi il clero,
i bellatores, coloro che combattevano, e quindi i nobili,
i laboratores, coloro che lavoravano per tutti.
Naturalmente agli osservatori era ben chiaro che la stratificazione sociale fosse più complessa di quanto è
riassunto in questo semplice schema. In particolare era ben chiaro che all’interno del terzo stato vi erano
molteplici divisioni e suddivisioni. Per distinguere questi gruppi il termine più appropriato è quello di
“ceto”: a determinare, infatti il rango sociale di un individuo concorrevano diversi fattori quali la nascita, il
ruolo ricoperto nella vita pubblica e il prestigio e i privilegi a questo connessi.
I ceti si disponevano in una scala gerarchica ben ordinata, CHARLES LOYSEAU , giurista francese, scrisse
il Trattato degli ordini e delle dignità semplici in cui giustifica le disuguaglianze con l’idea di una gerarchia
naturale tra tutte le creature che è volta dalla Provvidenza divina, è “una grande catena degli esseri”. E come
nel creato ci sono diversi gradi di perfezionamento anche nella società devono esistere diversi lovelli di
bontà e di virtù.
La cosa fondamentale era che questi ceti si disponessero in una scala gerarchica ben definita dalla base al
vertice della società.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 13. Nobili e civili nell’Europa d’antico regime
Dal punto di vista giuridico la nobiltà e il clero erano i ceti meglio definiti e più riconoscibili in base alla
visione tripartita a cui abbiamo già accennato.
L’origine e la configurazione delle èlites nobiliari europee presentano molte specificità locali. Dovunque,
però nobiltà significa in primo luogo ricchezza, o comunque agiatezza economica, che si basava
fondamentalmente sulla proprietà della terra e alla quale si associano in diverse misure anche funzioni di
giustizia e polizia e un potere esercitato sugli uomini all’interno della signoria.
Nell’età moderna c’era una differenza tra l’Europa centro occidentale -> il grande proprietario terriero vive
di rendita ed Europa orientale -> dove egli sfrutta il lavoro gratuito dei contadini per produrre derrate.
I proventi della terra erano spesso integrati con entrate di altra natura, come ad esempio l’estrazione di
minerali, vetrerie, attività di trasformazione dei prodotti dell’agricoltura o dell’allevamento. Per tutelare i
patrimoni da eredi spendaccioni durante l’età moderna si diffusero dei meccanismi giuridici (fedecommesso
e maggiorasco) che mantengono unito il patrimonio e ne garantiscono il passaggio attraverso le generazioni.
Dove la nobiltà è più numerosa è più frequente anche la figura del nobile povero. Anche se solo
teoricamente, la nobiltà comprendeva diversi livelli di ricchezza e prestigio. Laddove l’impronta feudale era
più forte vi era una connotazione prevalentemente rurale della nobiltà e a questa si contrapponeva la spiccata
fisionomia cittadina dei patriziati propri dell’Italia centro-settentrionale, dei Paesi Bassi, delle aree più
urbanizzate della Svizzera e della Germania occidentale, i quali traevano, anch’essi il grosso delle loro
entrate dalla terra ma vivevano per lo più entro le mura cittadine e avevano nei consigli cittadini e nelle
cariche che da questi dipendevano la loro naturale arena politica.
Il rafforzamento degli apparati statali tra la fine del XV e gli inizi del XVII secolo, sommandosi alle
conseguenze sociali date dalla crescita economica, fu in molti casi all’origine di una specie di crisi d’identità
dei ceti nobiliari, alle prese con la concorrenza sempre più agguerrita di nuovi gruppi di origine mercantile e
“borghese” da un lato, e dall’altro con controlli e limitazioni sempre più severe delle loro abitudini di
violenza e di anarchia feudale e dei poteri esercitati fino ad allora verso il basso. A questa sensazione di
insicurezza possiamo ricondurre l’ossessiva ricerca di legittimazione del primato nobiliare e quello
slittamento dalla virtù e dal valore militare come motivi fondanti della nobiltà, al sangue e alla stirpe.
In molte aree si affermò il principio che era nobile solo chi era riconosciuto tale dal monarca. Ciò poteva
avvenire o come sanzione di un processo verificatosi di fatto, in seguito all’acquisto di feudi, a matrimoni
nobili, all’acquisizione di un tenore di vita adeguato, oppure come conferimento di un titolo a compenso di
benemerenze vere o presunte di carattere militare o civile. Questi nuovi nobili erano, naturalmente guardati
con disprezzo e sarcasmo dai rappresentanti della più antica aristocrazia.
Il termine di “borghesia” non è il più adatto a designare i ceti intermedi tra nobiltà e plebe nell’Europa
preindustriale. Alcuni studiosi hanno voluto caratterizzare lo spirito capitalistico e borghese sul piano degli
atteggiamenti mentali, ma queste qualità erano al massimo tipiche di gruppi ristretti di operatori economici e
non erano patrimonio di categorie sociali che pure si usa considerare borghesia.
Un denominatore comune di queste categorie sociali era costituito dalla dominante connotazione urbana. Il
nesso è evidente nel termine con cui esse erano spesso designate in Italia, ovvero “ceto civile” o
“cittadinesco”. Ovunque questo ceto era ben distinto dagli stati inferiori a causa di due fattori fondamentali:
in primo luogo il rifiuto del lavoro manuale, considerato degradante, e il possesso di risorse che lo
garantivano dalla caduta nell’indigenza cui erano invece esposti.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 14. Poveri e marginali nell’Europa d’antico regime
Per considerare gli strati inferiori è bene rifarci alla distinzione, proposta, tra gli altri, da JEAN-PIERRE
GUTTON, tra poveri “strutturali”, ovvero coloro che anche in tempi normali vivono in tutto o in parte di
elemosine, e poveri “congiunturali”, ovvero tutti coloro che ricavavano di che vivere o appena dal loro
lavoro e che sono quindi alla mercè del sopraggiungere di un’infermità, della vecchiaia, della
disoccupazione o di una carestia.
Durante il Medioevo il povero era considerato come una controfigura del Cristo, ma nell’età moderna egli
appare sempre più una minaccia per l’ordine costituito e per la salute pubblica ed è considerato come un
potenziale delinquente da scacciare o da reprimere. Questa evoluzione è causata dal mutamento di valori e
prospettive dell’età del Rinascimento e della Riforma protestante e aumento del pauperismo conseguente
all’aumento demografico e all’allargarsi della forbice tra prezzi e salari.
Al povero residente, che nella città o nel villaggio aveva il suo posto riconosciuto, tende a sostituirsi il
vagabondo, il marginale, privo di radici che vive di espedienti e che è spesso dedito alla frode o al furto ed è
sospettato di portare malattie e di fomentare rivolte e tumulti. Nei loro confronti, prima le città e poi gli
Stati, cercarono delle soluzioni, prendendo dei provvedimenti mano a mano più severi che comprendono
l’espulsione dei poveri forestieri, il divieto di accattonaggio, sostituito da forme di assistenza su base
cittadina o parrocchiale (finanziato con speciali tasse), e l’obbligo di lavoro per i poveri validi. Esempio
pratico di queste disposizioni è l’editto regio del 1662 emanato in Francia che stabilì che in ogni città e
borgo del paese si dovesse aprire un ospizio generale. Naturalmente né i metodi repressivi né le misure
repressive riuscirono a risolvere il problema, che era molto ampio, per cui le torme cienciose dei vagabondi
e dei mendicanti, ai quali si mescolavano veri e finti storpi, prostitute, falsi pellegrini, venditori ambulanti
ecc.., continuarono a caratterizzare il panorama sociale dell’antico regime.
Lo sviluppo tra Settecento e Ottocento del sistema di fabbrica, da un lato trasformò queste masse nella
nuova classe operaia, da un lato, e dall’altro contribuì al formarsi di un nuovo “proletariato straccione” a
causa dell’incremento demografico accelerato e dei fenomeni di disoccupazione e di crisi che esso produsse.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 15. Stato e Stato moderno: problemi di definizione
Da tempo la sociologia e l’antropologia hanno individuato e descritto varie forme di esercizio del potere,
inteso come facoltà di impartire ordini e di imporne l’esecuzione, che preesistono ai moderni organismi
politici e che continuano ad operare al loro interno.
La novità, nell’Europa tra XV e XIX secolo, è costituita dalla progressiva affermazione di un potere che si
proclama superiore a tutti gli altri, il potere dello Stato. Questo potere si incarna in un primo tempo in un
individuo, il monarca, ma viene successivamente configurando come un’entità a sé stante. Già dal XV e
XVI secolo esso si emancipa da ogni autorità esterna e, nello stesso tempo, si impone come suprema istanza
nei confronti degli individui e dei corpi che rientrano nella sua sfera d’influenza.
Questa indipendenza esterna e questa facoltà di esigere obbedienza dai sudditi sono le componenti essenziali
del concetto di sovranità, definito da JEAN BODIN (“Libri dello stato”) come suprema facoltà legislativa.
CHARLES LOYSEAU sostiene che la sovranità consiste nella potestà assoluta ed essa non ha grado di
superiorità.
I giuristi tedeschi posthegeliani, formularono un’autorevole definizione dello Stato moderno, che deve avere
le seguenti caratteristiche:
1) deve avere un territorio come esclusivo ambito di dominio,
2) deve avere un popolo, inteso come una stabile unione di persone legate da un solido sentimento di
appartenenza,
3) inoltre lo Stato moderno deve avere un potere sovrano che :
all’interno significa monopolio legittimo della loro forza fisica,
all’esterno significa indipendenza giuridica da altre istanze.
Nella stessa direzione vanno le distinzioni di MAX WEBER tra “potere patriarcale”, “potere carismatico” e
“potere razionale-legale”, quest’ultimo attributo della moderna statualità.
Inoltre Bodin afferma che “potestà assoluta” non significa una potestà illimitata in quanto ha 2 limiti:
I. Un primo limite è rappresentato dal dovere del sovrano di rispettare la legge divina e, quindi, le leggi
naturali che ne sono emanazione. Solo in casi estremi era possibile per i sudditi sottrarsi all’obbedienza
verso il sovrano, ed il vincolo di coscienza che ne derivava ai regnanti era di notevole forza in un epoca in
cui la loro autorità si giustificava ancora sulla base della sua origine provvidenziale.
II. Un’altra limitazione deriva dal fatto che esistevano delle “leggi fondamentali”, ossia l’ordine di
successione e l’inalienabilità del demanio territoriale, del regno che il monarca era tenuto a rispettare.
Il potere sovrano, almeno agli inizi dell’età moderna, non vuole sostituirsi alle preesistenti strutture di
autorità e di potere, ma vuole solo sovrapporsi ad esse per mediarne le spinte centrifughe, per esercitare una
tutela su di esse e per utilizzarle come terminali della sua azione sulla società.
Gli stati di antico regime sono organizzazioni differenti dallo Stato moderno assoluto, in cui il potere era
centralizzato e più autonomo,in quanto esse sono caratterizzate da un forte pluralismo di corpi, ceti e centri
politici.
Con il termine “Stato per ceti”, solitamente si definiscono quelle formazioni politiche che si sono
configurate nel XII e nel XIV secolo, in cui all’autorità del principe si contrappongono assemblee composte
per lo più da tre camere rappresentanti il clero, la nobiltà, e le città. A volte queste assemblee possono essere
costituite da due camere, come ad esempio in Inghilterra, dove vescovi e arcivescovi siedono al fianco dei
nobili, oppure possono essere composte da quattro camere, laddove magnati e cavalieri formano due curie
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 separate (come ad esempio in Germania).
In Spagna e in Francia queste assemblee tendono a non essere più convocate, mentre nel resto dell’Europa
centro-orientale, continuarono a funzionare fino al XVIII secolo. Anche dove non esistevano parlamenti,
come ad esempio nell’Italia centro-settentrionale, non c’è un rapporto diretto tra principi e sudditi. Questo
rapporto viene mediato da corpi tra i quali hanno un peso dominante le città. A simili formazioni territoriali,
non si può applicare la definizione di “Stato moderno”, ma è più opportuno parlare di Stati rinascimentali, o
Stati di antico regime, o ancora di “monarchie composite”. È lecito parlare di Stati nazionali prima del
rinascimento? Si è visto che in Francia e in Inghilterra lo stato precede la nazione intesa come una comunità
basata su una lingua, una cultura e un insieme di tradizioni e di valori condivisi.
Sono stati la Rivoluzione francese e il movimenti romantico a porre le basi per la costruzione di stati
nazionali.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 16. L’evoluzione dei criteri di legittimazione: dalla monarchia di
diritto divino allo Stato di diritto
La legittimazione del potere esercitato da un monarca, o in rari casi da un governo aristocratico, derivava,
almeno fino al XVIII secolo, dall’idea di un’origine provvidenziale dell’autorità politica, istituita da Dio per
mantenere l’ordine, proteggere e propagare la vera fede e reprimere i malvagi.
Una precoce affermazione dell’assolutismo monarchico fu opera della Chiesa di Roma, con la sua struttura
piramidale e accentrata, con la sua elaborazione di un corpus giuridico organico, di una simbologia e di un
cerimoniale di corte e soprattutto l’unione nella stessa persona dell’autorità spirituale e della sovranità su
uno stato territoriale.
La simbiosi tra autorità religiosa e potere secolare, rimase solida anche dopo la Riforma protestante, anzi, in
alcuni casi si trasformò in una vera e propria subordinazione della Chiesa allo Stato (principati tedeschi e
regni scandinavi).
La laicizzazione machiavellana della politica non poteva trovare accoglimento in un Europa divenuta oramai
campo di battaglia tra fedi contrapposte.
Fu solo nel XVII secolo che i fondamenti religiosi della sovranità cominciarono a vacillare, soprattutto
grazie agli sviluppi della dottrina contrattualista, poggiante a sua volta postulato dell’esistenza di un diritto
di natura universale. Di queste leggi naturali, a cui tutti gli uomini sono soggetti, faceva parte il principio
che un obbligo, per essere davvero vincolante, deve essere stato liberamente assunto dalle parti contraenti. Il
passato dell’originario stato di natura alla vita associata, in cui gli uomini si riconoscono reciprocamente
diritti e doveri, deve essere avvenuto sulla base di un patto comune, e la stessa origine contrattuale deve
avere la delega dei poteri a un monarca. In base a queste premesse era possibile sia giustificare l’autorità
assoluta del monarca, sia postulare l’esistenza di limiti e vincoli alla sua volontà, a seconda che la delega dei
poteri fosse vista come totale o parziale.
THOMAS HOBBES sostiene che lo stato di natura si configura come una guerra incessante di tutti contro
tutti, l’uomo è un essere amorale dominato dalla ricerca del proprio piacere. Per uscire da questa condizione
di precarietà e di pericolo bisogna stipulare un patto in cui l’uomo rinuncia a tutti i diritti a favore di un
potere supremo. Questa è questa una visione rigorosamente materialistica e utilitaristica, che esclude del
tutto la tradizionale legittimazione del potere in termini religiosi.
L’inglese JOHN LOCK diede alla teoria contrattuale una decisiva svolta in senso liberale. Nei “Due trattati
sul governo”,pubblicati nel 1690, egli sostiene che i diritti alla vita, alla libertà, e alla proprietà privata, sono
anteriori al costituirsi della società, la loro tutela, quindi deve essere l’obiettivo principale del contratto che i
sudditi stipulano con il sovrano. Il riconoscimento del potere legislativo ed esecutivo al monarca è
condizionato al rispetto di questi diritti, e in caso di trasgressione i sudditi hanno il diritto di sollevarsi e
deporre il sovrano.
Più larga influenza ebbero altre correnti, come la teorizzazione della monarchia temperata di modello
inglese ad opera di Montesquieu e l’esaltazione del dispotismo illuminato di Voltaire. La concentrazione di
tutti i poteri nelle mani di un monarca saggio ed illuminato si giustificava con l’esigenza di combattere i
particolarismi e i privilegi di territori e di ceti: solo chi sta al di sopra di tutti può avere una chiara visione
degli interessi generali, e agire efficacemente per il pubblico bene.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 17. Funzioni e articolazioni del potere statale
Ai governi, sia che fossero di natura monarchica o sia che fossero di natura aristocratica, erano riconosciuti
il diritto-dovere della difesa del territorio e quello della mantenimento dell’ordine e della pace al suo
interno: il primo coincideva con gli strumenti della diplomazia e della guerra, il secondo era concepito
soprattutto come amministrazione della giustizia, ovvero come composizione delle vertenze che potevano
nascere tra i singoli o tra i gruppi, in modo da evitare il ricorso alla violenza privata.
La potenza del re si rendeva più manifesta a corte. Es: Versailles.
Una delle funzioni principali di questo apparato era quella di accogliere accanto alla persona del re la nobiltà
più ricca e prestigiosa, separandola così dai propri territori e garantendone la fedeltà attraverso una
distribuzione di favori. La corte però è anche, almeno nel XVI e nel XVII secolo, il centro di elaborazione di
una raffinata cultura artistica e letteraria e delle norme che regolano i rapporti sociali, destinate a diffondersi
per un meccanismo di imitazione in tutta la società.
Dovunque il re era coadiuvato da un consiglio che assumeva varie forme e vari nomi a seconda degli scopi
ai quali doveva corrispondere, oppure, come nella monarchia spagnola, poteva frazionarsi in una
molteplicità di consigli a specializzazione sia funzionale sia territoriale.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 18. La giustizia
La giustizia era uno degli attributi fondamentali della sovranità, nella sua doppia veste di produzione del
diritto, attraverso la legislazione, e l’applicazione del diritto alla giurisdizione.
Nell’età moderna il diritto del principe impone la propria supremazia su ogni altro ordinamento, la cui
validità viene ammessa,anzi, solo sulla base della sua approvazione espressa o tacita.
La pluralità e la disorganicità delle fonti del diritto portano a tentativi di consolidamento => raccolta
sistematica delle leggi per argomento per eliminare le contraddizioni. Ma l’illuminismo giuridico indicò la
codificazione come esigenza primaria => la redazione di un corpo di leggi organico e autonomo.
La situazione di partenza vede una molteplicità di giurisdizioni, solo in parte riconducibili allo Stato:
giustizia ecclesiastica --> che affermava la propria autorità anche sul laicato per una serie di peccati-delitti
come l’eresia, la bestemmia, l’adulterio ecc…,
giustizia signorile --> ancora attiva per le cause minori nelle campagne di gran parte d’Europa, magistrature
cittadine, mercantili, corporative, universitarie, ecc….
Il primato della giustizia statale si afferma sia con l’istituzione e il rafforzamento di forme di controllo su
queste diverse istanze, sia con il ricorso all’appello o all’avocazione delle cause e con l’estensione e la
specializzazione della rete dei giudici regi.
I grandi tribunali controllano, non solo l’applicazione delle leggi, ma contribuiscono a crearla e a
interpretarla con le loro sentenze, e si arrogano anche una funzione funzione politica come guardiani della
“costituzione”. Solo in Francia si viene a creare la pratica della funzione delle cariche giudiziarie, che
alimenta il formarsi di una vasta nobiltà di toga, ma anche in altre aree il ceto dei giuristi si impone come
strumento essenziale e interlocutore privilegiato del potere sovrano.
Un’importanza particolare, tra gli affari di governo, avevano gli affari esteri e la guerra. L’avvento degli
eserciti permanenti e tutto ciò che è legato a questo ambito, portarono nella prima età moderna un fortissimo
aumento delle spese e furono all’origini di una fiscalità anch’essa permanente.
Gli apparati militari contribuiscono al rafforzamento dello stato in due modi:
con strumenti di espansione all’esterno e di repressione e intimidazione all’interno,
con un prelievo tributario che fa affluire nelle casse regie una quota crescente del reddito nazionale.
La crescita dell’apparato fiscale-militare comportò, a sua volta, il reclutamento di una burocrazia regia
ormai ben distinta dal personale di corte. Figura emblematica di questa nuova burocrazia è il commissario,
un funzionario nominato dal re e non legato da un rapporto patrimoniale con la carica che ricopre.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 19. Religione e magia in Europa alla fine dell'età preindustriale
L’elemento comune tra le popolazioni europee alla fine dell’età preindustriale è rappresentato dalla
centralità del sacro nelle loro esistenze. La parrocchia rappresentava l’unità di base della vita associata di
tutta l’Europa cristiana. Il curato, nella maggio parte dei casi, costituiva il più importante tramite con il
mondo esterno e nella chiesa parrocchiale si celebravano i riti di passaggio che scandivano la vita degli
individui e delle famiglie. Sia il tempo che lo spazio erano profondamente impregnati di valori cristiani.
Le devozione tardo medievale delle popolazioni europee era sicuramente incentrata sulla commossa
contemplazione della sofferenza terrena sopportata da Cristo per la redenzione degli uomini, e insieme della
partecipazione ad essa della Vergine, dei discepoli e dei santi. Ma l’ossessione della morte, che si esprimeva
tra l’altro nella voga delle raffigurazioni della danza macabra, era d’altra parte acuita dalla fragilità
dell’esistenza, dall’impotenza dell’uomo di fronte alle malattie, alle disgrazie, alle carestie, dall’incapacità
della ragione a spiegare la maggior parte degli eventi: di qui il ricorso alla religione, incoraggiato dalla
Chiesa, in funzione non solo propiziatoria o consolatoria, ma anche per prevenire o lenire le sofferenze di
questo mondo.
Così il confine tra religione e magia diventa estremamente labile per le masse di credenti. Se le formule
latine del sacerdote che celebrava la messa erano sufficienti a trasformare le specie dell’eucarestia nel corpo
e nel sangue di Cristo, perché non si doveva credere nell’efficacia soprannaturale del ricorso a persone,
parole e cose dell’universo religioso? Tuttavia poteri magici erano attribuiti, anche senza la sua connivenza,
al prete o al frate come partecipe della sfera del sacro, alle reliquie e agli oggetti utilizzati per il culto, alle
formule impiegate nella messa o per gli esorcismi. Era inoltre molto diffusa la credenza che anche altri
uomini e, soprattutto, donne detenessero facoltà soprannaturali come quella di predire il futuro, di guarire
uomini e animali, di influire sulle inclinazioni amorose e anche, però, di infliggere danni e malattie. Sin dal
medioevo si credeva che streghe e stregoni dovessero i loro poteri ad un patto stipulato con il diavolo.
La contiguità tra religione e magia, il carattere superstizioso di molte credenze e di molte pratiche
devozionali, divennero nel XVI secolo uno dei motivi centrali della polemica protestante contro la Chiesa di
Roma, ma anche quest’ultima divenne meno tollerante nei confronti di quelli che apparivano come residui di
paganesimo o pericolosi tralignamenti dell’ortodossia religiosa. Tra i bersagli delle autorità protestanti e
cattoliche rientrarono quindi le festività profane, e si fece un immenso sforzo per estirparle o per assimilarle
ad una visione del mondo cristiana. La caccia alle streghe toccò il suo punto più alto tra il 1580 e il 1660, in
coincidenza con il prevalere in Europa di un clima di paura, sospetto ed intolleranza che si espresse anche
nella persecuzione degli ebrei e nell’ossessione degli untori. Solo gradualmente, a partire dalla seconda metà
del XVII secolo, i ceti colti smisero di credere alla stregoneria e alla magia, che rimasero però più a lungo
radicate nell’universo mentale degli strati popolari in gran parte dell’Europa.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 20. Cultura orale e cultura scritta
L’opera di “disciplinamento sociale” svolta in diverse forme sia dalle Chiese riformate sia dalla Chiesa
cattolica post-tridentina, portò una più completa cristianizzazione delle masse popolari, ma anche una
rarefazione dei comportamenti violenti e amorali e persino ad una crescita dell’alfabetizzazione, sensibile
soprattutto nei paesi protestanti, dove l’accento cadeva sulla lettura individuale della Bibbia. Solo a partire
dall’età dei Lumi nacquero i primi sistemi di istruzione elementare, e lo Stato iniziò a subentrare alla Chiesa,
alla famiglia e alla bottega come principale fattore di alfabetizzazione. Si deve però distinguere tra la
capacità di leggere e la capacità di scrivere: la prima certamente era più diffusa della seconda. Ciò rende
difficili e ingannevoli le misure dell’alfabetizzazione, che anche intesa nel senso più elementare era
patrimonio di una minoranza delle popolazioni europee, con forti differenze tra città e campagne e tra
maschi e femmine. Notevoli progressi furono compiuti tra il XVII e il XVIII secolo grazie anche al
contributo della Chiesa.
Per quanto riguarda la cultura scritta, la novità più importante dell’età moderna è senz’altro l’invenzione
della stampa. Fin dal XIV secolo era nota in Europa la tecnica della Xilografia, un’incisione in rilievo di
immagini e di brevi testi su tavolette di legno che poi venivano inchiostrate e utilizzate per la riproduzione
su carta o seta. Queste matrici si usuravano rapidamente e le lettere così stampate non sempre erano leggibili
e richiedevano un lungo lavoro.
JOHANN GUTENBERG --> un orafo tedesco, verso la metà del XV secolo ebbe l’idea di utilizzare per la
stampa lettere e caratteri singoli, ottenuti attraverso il versamento di piombo fuso in matrici metalliche dove
il disegno della lettera era impresso in incavo con punzoni. In questo modo diventava possibile fabbricare
una gran quantità di caratteri tutti uguali per ogni lettera e per ogni segno grafico, sistemarli in cassetti e
servirsene per comporre, pagina dopo pagina, testi anche di grande lunghezza. Una delle prime e più famose
opere di GUTENBERG fu la Bibbia detta delle 42 linee. La stampa a caratteri mobili si diffuse rapidamente
anche grazie alla semplicità e al basso costo delle attrezzature richieste. Il ritmo di produzione del libro fu
così enormemente accelerato rispetto alla copiatura a mano.
I primi volumi, chiamati incunaboli, si modellavano sui manoscritti, ma ben presto assunsero tutte le
caratteristiche proprie dei libri di oggi. I caratteri a mano a mano, acquistarono varietà ed eleganza.
I principali centri della nascente industria tipografica furono Colonia, Strasburgo, Norimberga, Augusta,
Basilea, Anversa, Parigi, Lione, Venezia, Roma, Firenze, Milano. La possibilità di riprodurre velocemente
un testo in centinaia, migliaia di copie, fu presto sfruttata dalle autorità civili e religiose per diffondere le
leggi, proclami, informazioni di vario genere, e fu posta al servizio dell’insegnamento medio ed
universitario. La potenzialità eversiva della stampa fu prontamente intuita dalla Chiesa che, già agli inizi del
Cinquecento, introdusse le prime forme di censura preventiva e a partire dal 1559 pubblicò periodicamente
indici di opere proibite. Accanto alla censura ecclesiastica venne anche organizzata ovunque una censura
statale. Tuttavia entrambe si rivelarono essere impotenti a bloccare la circolazione delle idee eterodosse e
libertine.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 21. Produzione e trasmissione del sapere
Le università continuarono ad espandersi nella prima età moderna, soprattutto laddove in precedenza la loro
presenza era stata più marginale. La crescita numerica degli studenti sembra però essersi arrestata dopo i
primi decenni del XVII secolo, in coincidenza con la crisi economica e demografica che colpì gran parte
dell’Europa. Le università, strettamente controllate dal potere politico e religioso, si ridussero per lo più alla
funzione di cittadelle di un sapere tradizionale, finalizzato alla formazione professionale di teologi, uomini
di legge e medici. Un notevole risveglio si manifestò solo nel XVIII secolo in alcuni atenei di nuova
istituzione oppure oggetto di profonde riforme. Nei Paesi cattolici le famiglie aristocratiche e benestanti
preferivano affidare la formazione dei loro figli ai collegi gestiti dagli ordini religiosi, dove la loro condotta
era più sorvegliata e dove, accanto ad un’istruzione imperniata sullo studio del latino, essi potevano
apprendere le lingue straniere e le cosiddette “scienze cavalleresche”. L’insegnamento elementare era
impartito, ai rampolli di famiglie facoltose, nell’ambito delle mura domestiche da precettori ingaggiati allo
scopo. La scolarizzazione delle classi inferiori dovette attendere le prime iniziative dei despoti illuminati.
Anche a questo livello erano attive alcune congregazioni regolari. Un fattore decisivo era l’esistenza di una
domanda di istruzione, cioè la convinzione delle famiglie che un’istruzione elementare fosse utile per il
futuro della prole. Questa domanda era più sviluppata nelle città, dove i genitori erano più disposti a pagare
una modesta retta a maestri privati o a sfruttare le possibilità offerte da fondazioni pie finalizzate
all’istruzione gratuita dei poveri.
L’alta cultura e la ricerca scientifica avevano le loro roccheforti nelle Accademie, che piano piano si
trasformarono in società desiderose di rendersi utili al progresso scientifico ed economico.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 22. Francia all'inizio dell'età moderna
FRANCIA = sotto Carlo VIII e i suoi successori, Luigi XII e Francesco I, la monarchia francese volle
accentrare il potere nelle mani del re e dei suoi collaboratori. Si rafforzò l’amministrazione finanziaria
basata sulla riscossione della taglia -> imposta sui sudditi da cui erano esenti la nobiltà e il clero, e sulla
suddivisione del Paese in circoscrizioni fiscali. Inoltre crebbe l’autorità del Consiglio del re e si affermarono
in ambito giudiziario l’azione del Gran Consiglio e dei Parlamentari. I funzionari e i magistrati venivano
reclutati attraverso il meccanismo della vendita delle cariche pubbliche (1522). Con questo meccanismo lo
Stato acquisiva introiti supplementari e si costituiva un ceto burocratico numeroso e potente, i vertici di
questo ceto formavano una nobiltà di toga più rivale e una nobiltà di spada. Nei confronti del papato furono
fatti valere i privilegi della Chiesa gallicana,nel 1516 Francesco I stipulò con papa Leone X un concordato a
Bologna -> superiorità del concilio sul pontefice e in cambio il re aveva i diritto di nomina dei vescovati e
arcivescovati. La monarchia francese nel 1500 non esercitava ancora l’autorità assoluta su tutto il territorio
in quanto i grandi feudatari mantenevano il potere locale. Le province di recente annessione : Linguadoca,
Provenza, Borgogna e Bretagna, avevano le loro assemblee di stati e avevano un autogoverno.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 23. Spagna all'inizio dell'età moderna
SPAGNA = il matrimonio di Isabella di Castiglia con Ferdinando d’Aragona nel 1469 portò alla
congiunzione dei due regni. La Castiglia era la regione più ricca e popolosa. Vennero repressi l’anarchia
feudale e il banditismo con la Santa Fratellanza -> una confederazione di città che svolgeva compiti di
polizia. La sottomissione della nobiltà fu agevolata dalla politica di concessioni e di favori di Ferdinando,
che oltre a farsi proclamare Gran Maestro ottenne dal papa la facoltà di conferire seggi episcopali e altri
benefici ecclesiastici. Le tre province del Regno d’Aragona: Aragona, Catalogna e Valenza, mantennero
inalterati i propri privilegi e le proprie autonomie. Glie elementi in comune tra i due regni erano : la
tradizione della Reconquista , della guerra contro i mori e la difesa dell’ortodossia religiosa. L’Inquisizione
spagnola, nel 1478, era l’unico organo la cui giurisdizione si estese alla Castiglia e all’Aragona. La
tradizione spagnola di sostegno alla fede cattolica fu confermata nel 1492 con la conquista del Regno di
Granada e con l’espulsione degli ebrei. Successivamente anche i mori rifiutarono la conversione al
cristianesimo e furono costretti ad emigrare. Alla morte di Isabella, 1504, succedette Ferdinando.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948 24. Inghilterra all'inizio dell'età moderna
INGHILTERRA = Enrico VII Tudor consolidò il proprio potere stroncando varie congiure e ribellioni
nobiliari, amministrando le finanze e rafforzando gli organi centrali del governo -> il Consiglio della corona,
i Consigli del nord e del Galles e il tribunale della Camera Stellata. In sede locale furono rafforzate le
funzioni amministrative e giudiziarie dei giudici di pace nominati dal re. Il Parlamento fu convocato da
Enrico VII solo una volta in dodici anni di regno. Suo figlio e suo successore Enrico VIII continuò questa
forma assolutistica e pose in primo piano la politica estera lasciando l’amministrazione interna al suo
cancelliere Thomas Wolsey.
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Storia Moderna - 1492-1948 25. Germania all'inizio dell'età moderna
GERMANIA = alla morte di Federico III d’Asburgo (1493) l’impero germanico rimase un ammasso di stati
territoriali ingovernabili. Erano forti i contrasti tra le aree più urbanizzate e più sviluppate e le zone rurali
che avevano ancora un modo di vita medievale. Il sovrano aveva una duplice qualità in quanto reggeva a
titolo ereditario gli stati della Casa d’Asburgo ( Austria, Stiria, Carinzia, Carniola e Gorizia) e doveva la
dignità imperiale alla proposta della Dieta composta da sette elettori. Durante il regno di Massimiliano I
(1493-1519) ci fu la pace di Senlis con la Francia che riconosceva agli Asburgo il possesso dei Paesi Bassi,
dell’Artois e della Francia Contea. Venne creato un tribunale imperiale e un consiglio composto da 17
membri e inoltre il versamento all’imperatore di un “soldo comune” era subordinato all’approvazione
annuale della Dieta.
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Storia Moderna - 1492-1948 26. La prima fase delle guerre d’Italia -> 1494-1516
In Italia l’equilibrio sancito dalla pace di Lodi (1454) non durò molto in quanto nel 1492 morirono i due
contraenti : papa Innocenzo VIII e Lorenzo dè Medici. La stabilità del Paese era minacciata dalle mire
espansionistiche di Venezia e di Milano con Ludovico Sforza detto il Moro.
Il re di Francia Carlo VIII voleva fare valere sul regno di Napoli i diritti della discendenza angioina e aveva
firmato nel 1493 la pace di Senlis con l’Impero germanico cedendo alla Spagna alcune regioni di confine
con aiuti da Venezia e da Milano.
Nel 1494 Carlo passò le Alpi con un forte esercito e l’anno successivo entrò a Napoli accolto come un
liberatore dai nobili. A Venezia venne stipulata una Lega che comprendeva la Serenissima, Milano, Firenze,
lo Stato pontificio, la Spagna e l’Impero germanico.
Nel maggio del 1495 Carlo VIII fece ritorno in Francia ma l’esercito della Lega cercò di chiuderli il
passaggio con un scontro.
In Toscana Piero dè Medici, successore di Lorenzo il Magnifico, era stato cacciato dai fiorentini a causa
della sua condiscendenza alle richieste di Carlo VIII. In questa situazione ebbe grande successo la
predicazione di un domenicano Gerolamo Savonarola che era contro la corruzione della Chiesa e invocava
una riforma costituzionale e morale per fare di Firenze la nuova Gerusalemme. I seguaci di Savonarola
detti piagnoni, imposero l’adozione di un sistema di governo popolare il cui perno fu l’istituzione di un
Consiglio composto da 3000 cittadini, ma il papa scomunicò il frate.
Venezia nel 1498 concluse con Luigi XII di Francia un trattato di alleanza che le garantiva Cremona e la
Ghiara d’Adda in cambio del suo appoggio alla conquista francese dello stato di Milano.
Cesare Borgia detto il Valentino ( figlio del pontefice Alessandro VI) prese il dominio nella Romagna e
nelle Marche ma la morte del papa fece abolire l’impresa.
Papa Giulio II organizzò spedizioni militari contro i signori di Perugia e Bologna e intimò Venezia di
ritirarsi da Rimini e Faenza. Il pontefice si fece promotore di un’alleanza antiveneziana firmata a Cambrai
nel 1508 dai rappresentanti dell’imperatore Massimiliano, del re di Francia e del re di Spagna.
Il pontefice soddisfatto delle sue pretese di carattere temporale e spirituale tolse la scomunica contro la
Repubblica, si ritirò dalla Lega e promosse la Lega santa contro la Francia.
Pace di Noyon nel 1516 tra Francia e Spagna consolidava l’equilibrio raggiunto nella penisola italiana, agli
spagnoli rimaneva il Regno di Napoli e alla Francia il Ducato di Milano.
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Storia Moderna - 1492-1948 27. Carlo V : il sogno di una monarchia universale
Alla morte di Ferdinando il cattolico (1516) il nipote Carlo d’Asburgo ereditò la corona di Spagna, ma alla
sua candidatura si contrappose il re di Francia Francesco I appoggiato dal pontefice Leone X. Carlo fu eletto
all’unanimità della Dieta a Francoforte nel 1519.
Carlo ereditò un orgoglioso denso dinastico, la cultura aristocratica e cavalleresca franco - borgognona, una
religiosità sincera e profonda e l’idea imperiale intesa come dovere di guidare la cristianità, di mantenerla
unita nella giustizia e nella fede.
Nel suo soggiorno in Spagna egli aveva scontentato la nobiltà locale distribuendo molte cariche
ecclesiastiche e laiche ai fiamminghi e borgognoni e chiese nuove tasse per pagare le spese
dell’incoronazione imperiale. Nel 1520 scoppiò una rivolta, nata come una coalizione di città che
rivendicavano le proprie autonomie -> rivolta dei comuneros = dei cittadini che però vennero sconfitti da un
esercito nobiliare.
L’aumento della popolazione, la prosperità della manifatture di pannilani ( = tessuto morbido do lana) a
Segovia, Toledo e Cordoba, di drappi serici di Granada indicano che sotto Carlo V l’onore della politica
imperiale non era ancora sproporzionato alle risorse del paese come avverrà con Filippo II.
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Storia Moderna - 1492-1948 28. Asburgo contro Valois : la ripresa della guerra in Italia
In Germania Carlo V si trovò a fare i conti con il problema luterano, ma dopo il 1520 la sua attenzione era
posta sulle questioni italiane.
Milano dovette essere evacuata dai francesi nel 1521 e la situazione si fece più difficile con l’elezione di
Adriano VI , ex precettore di Carlo V. Francesco I riuscì ad organizzare nel 1524 un esercito di 30mila
uomini, per metà composto da svizzeri per entrare a Milano e cingere d’assedio Pavia, ma gli imperiali, con
l’aiuto della Germania, sconfissero i francesi facendo prigioniero Francesco I. quest’ultimo fu costretto a
firmare il trattato di Madrid (1526) rinunciando a Milano e alla Borgogna.
Le promesse non vennero mantenute infatti nel 1526 venne stipulata a Cognac una lega difensiva tra la
Francia, papa Clemente VII, Firenze e Venezia, intanto i turchi avanzavano in Ungheria alleati di Francesco
I.
I lanzichenecchi al servizio di Carlo V assediarono Roma.
Quando un esercito francese mosse contro Napoli occupando Genova, ANDREA DORIA, che era un alleato
dei francesi passò dalle parti dell’imperatore Carlo V; così l’esercito francese dovette ritirarsi dal
Mezzogiorno.
Carlo V nel 1529 firmò col pontefice la pace di Barcellona e dopo si conciliò con Francesco I che rinunciava
ai domini italiana ma si teneva la Borgogna. Successivamente Carlo V venne incoronato imperatore a San
Petronio e ottenne dal pontefice l’incarico della convocazione di un Concilio per sanare lo scisma religioso e
procedere alla riforma della Chiesa, ma in cambio il papa Clemente VII ebbe l’appoggio delle armi imperiali
per riportare i Medici a Firenze.
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Storia Moderna - 1492-1948 29. L’espansione della potenza ottomana
L’impero ottomano prese il nome dalla dinastia turca degli Osmanli o Ottomani fondata nel XIV secolo da
Osman I. questo Stato si ampliò non solo nell’Asia Minore ma anche nei Balcani meridionali fino a quando
nel 1453 Costantinopoli cadde in mano a Maometto II che ne fece la capitale chiamata Istanbul fino a
comprendere la Serbia e la Bosnia.
L’espansione ottomana nella penisola balcanica e nel Mediterraneo non incontrò ostacoli, ma a oriente
venne contrastata dalla ricostituzione dell’impero persiano dalla dinastia safawide che aveva abbracciato la
fede sciita, che riconosceva l’autorità politico-religiosa dei discendenti di Ali a differenza dei sunniti che
ammettevano il principio elettivo.
Shah Ismail (impero persiano) aveva esteso il suo dominio fino al golfo Persico e al Khorasan. Selim I
mosse contro Ismail un grande esercito ottenendo la vittoria per cui ebbe l’annessione dell’Armenia e del
Curdistan.
Selim I rivolse la sua attenzione al Mediterraneo sottomettendo la Siria e l’Egitto, abbattendo il regime dei
mamelucchi. Tale conquista ebbe importanza sia dal punto di vista economico in quanto ai porti della Siria e
dell’Egitto vi erano le carovane che trasportavano le spezie e le sete orientali attraverso il golfo Persico e il
mar Rosso; e anche dal punto di vista religioso e morale in quanto dall’Egitto dipendevano le città sacre di
Medina e la Mecca.
Nel 1526 Solimano il Magnifico raggiunse il Danubio entrando nel territorio ungherese in cui venne
sconfitto e ucciso il re d’Ungheria e di Boemia Luigi II Jagellone. Solimano decise di fare dell’Ungheria uno
Stato vassallo sotto la sovranità del principe di Transilvania. Solimano strinse la pace con Ferdinando che
aveva il riconoscimento di un ampio territorio ungherese a nord-ovest.
Solimano estese i propri domini a sud fino allo Yemen e ad Aden, l’impero ottomano aveva 30 milioni di
abitanti tra cui cristiani, ebrei e musulmani. L’unica discriminazione a danno dei non musulmani era il
pagamento di una tassa speciale. Ci fu un rafforzamento del regime ottomano attraverso il sistema detto
devshirme -> una sorta di leva forzata di bambini addestrati per il servizio di corte o per formare il corpo dei
giannizzeri (esercito turco). Un altro elemento costitutivo dell’esercito ottomano erano i sipahi -> cavalieri
che in cambio del servizio militare ottenevano concessioni di terre che erano diversi dai feudi europei in
quanto erano a carattere temporaneo e non ereditario.
Nell’impero ottomano la terra era di proprietà del sultano che esercitava un’autorità assoluta e dispotica.
La vita della massa dei sudditi era per alcuni aspetti migliore di quella europea in quanto non esisteva la
servitù della gleba e il prelievo operato sui contadini dai timarioti d dallo stato non era gravoso e la
protezione dello stato era assicurata ai mercanti e agli artigiani riuniti in corporazioni.
Selma Aslaoui Sezione Appunti
Storia Moderna - 1492-1948