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L’economia urbana


Identificare le campagne con l’attività agricola e le città con il secondario e terziario (industria, commercio e servizi) è sbagliato.
Ai bisogni primari, oltre a quello del cibo, le famiglie contadine continuarono a provvedere  da sé, costruendosi rudimentali abitazioni e mobili con i materiali reperibili sul luogo, filando e tessendo lenzuola e rozzi indumenti di lana, lino o canapa. Accanto a queste produzioni dirette al consumo familiare si affermò in molte zone un’industria rurale anche di notevole importanza, attirata sia dal basso costo della manodopera, sia dalla presenza di giacimenti minerari e corsi d’acqua. D’altra parte molte città ospitavano agricoltori e orticoltori che lavoravano le terre limitrofe o gli spazzi interni alle mura. Tutti i manufatti che richiedevano una superiore capacità artigianale e che , quindi dovevano essere acquistati all’esterno del nucleo familiare, provenivano in massima parte dalle botteghe cittadine o da organizzazioni produttive che avevano sede nelle città.
Gran parte degli oggetti di uso quotidiano continuava ad essere prodotta da artigiani che lavoravano da soli, o che avevano un ristretto numero di collaboratori, nelle proprie abitazioni o in laboratori che fungevano anche da botteghe. I settori più importanti erano quelli della lavorazione del legno, dei metalli, del cuoio e dei pellami, i diversi rami del tessile, la confezione di indumenti, l’alimentazione e l’edilizia. Ognuno di questi settori era a sua volta suddiviso in varie specializzazioni, i cui addetti continuarono ad essere organizzati in corporazioni. Ciascuna di queste arti difendeva gelosamente il proprio monopolio, risolveva al suo interno gli eventuali conflitti di lavoro e disciplinava la concorrenza tra gli affiliati attraverso norme statutarie, le quali stabilivano per ogni maestro un numero massimo di garzoni o apprendisti o una quantità massima di prodotto, oltre a regolare le tecniche di lavorazione e la qualità dei manufatti.

La novità principale rispetto al Medioevo, che presentarono i secoli XV-XVIII nell’organizzazione produttiva, sta nella grande diffusione del sistema noto come “industria a domicilio” o “protoindustria”.
In questo caso il protagonista era il mercante imprenditore che acquistava la materia prima e l’affidava ad operai che la lavoravano nella propria abitazione ed erano retribuiti a cottimo. Nel caso dell’industria laniera il desiderio di abbattere i costi e di sfuggire alle limitazioni imposte dalle corporazioni, portò molto spesso al decentramento delle fasi principali della lavorazione nelle campagne circostanti. I panni così prodotti venivano poi rifiniti nei laboratori cittadini sempre su commissione del mercante che poi provvedeva alla loro vendita sui mercati nazionali e internazionali. Il settore tessile rimase per molto tempo il settore predominante dell’industria europea.
A differenza dei tessuti italiani quelli fiamminghi erano fatti di lana meno fine e non cardata, quindi erano più leggeri e più economici. Quando l’industria fiamminga entrò in crisi presero il suo posto gli olandesi e inglesi.
I principali centri di produzione dei preziosi drappi nel 600 erano Lione,Firenze, Milano e Granada.

L’epoca tra il 1500 e il 1750 viene considerata un periodo di sviluppo tecnologico, ma non di rivoluzioni tecnologiche -> nell’ambito della meccanica si ebbe una serie di perfezionamenti  nell’orologeria, la costruzione di strumenti nautici e armi da fuoco; salì la produzione del carbone in Inghilterra e raddoppiò la produzione di ferro.

Tratto da STORIA MODERNA - 1492-1948 di Selma Aslaoui
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