Questi riassunti sintetizzano gli argomenti trattati in tre manuali: "Delitti contro il patrimonio" e "Delitti contro la persona" di F. Mantovani, più "Manuale per lo studio della parte speciale del diritto penale" di G. Flora.
In sintesi vengono affrontati i temi inerenti ai provvedimenti cautelari e alle misure coercitive dell'indagato; agli atti compiuti dalla polizia giudiziaria e da altri soggetti preposti quali perquisizioni, identificazione, indagini.
Si passa poi ad approfondire i momenti, gli atti e i soggetti attinenti allo svolgimento del processo penale: atti preliminari, lista dei testimoni, prove, caratteri dell'udienza, dell'imputato, del difensore e del giudice.
Infine si riassumono le principali nozioni attinenti alla decisione finale del giudice: caratteristiche della sentenza, giudizio abbreviato, patteggiamento, impugnazioni, ricorsi.
Indagini preliminari, processo e sentenza
di Stefano Civitelli
Questi riassunti sintetizzano gli argomenti trattati in tre manuali: "Delitti contro il
patrimonio" e "Delitti contro la persona" di F. Mantovani, più "Manuale per lo
studio della parte speciale del diritto penale" di G. Flora.
In sintesi vengono affrontati i temi inerenti ai provvedimenti cautelari e alle
misure coercitive dell'indagato; agli atti compiuti dalla polizia giudiziaria e da
altri soggetti preposti quali perquisizioni, identificazione, indagini.
Si passa poi ad approfondire i momenti, gli atti e i soggetti attinenti allo
svolgimento del processo penale: atti preliminari, lista dei testimoni, prove,
caratteri dell'udienza, dell'imputato, del difensore e del giudice.
Infine si riassumono le principali nozioni attinenti alla decisione finale del
giudice: caratteristiche della sentenza, giudizio abbreviato, patteggiamento,
impugnazioni, ricorsi.
Università: Università degli Studi di Firenze
Facoltà: Giurisprudenza
Esame: Diritto Penale II, a.a. 2007/2008
Titolo del libro: "Delitti contro il patrimonio", "Delitti contro la
persona", "Manuale per lo studio della parte
speciale del diritto penale"1. La definizione di provvedimento cautelare
Le misure cautelari sono quei provvedimenti provvisori e immediatamente esecutivi che tendono ad evitare
che il trascorrere del tempo possa provocare uno dei seguenti pericoli:
- pericolo per l’accertamento del reato;
- pericolo per l’esecuzione della sentenza;
- pericolo che si aggravino le conseguenze del reato o che venga agevolata la commissione di ulteriori reati.
Queste sono le c.d. esigenze cautelari.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 2. Caratteristiche delle misure cautelari
Caratteristiche che differenziano le misure cautelari dagli altri provvedimenti che possono essere emanati
dal giudice penale sono:
- Strumentalità rispetto al procedimento penale.
- Urgenza, vi è una situazione di urgenza quando un ritardato intervento rende probabile il verificarsi di uno
dei fatti temuti.
Il codice prevede un elenco tassativo delle esigenze cautelari.
Non è permesso al giudice di giustificare l’applicazione di una misura per esigenze diverse.
La presunzione di innocenza nel suo significato di “regola di trattamento” comporta alcune conseguenze
nella materia delle misure cautelari.
La Costituzione impone che l’imputato non sia “considerato colpevole” fino alla condanna definitiva.
Da ciò deriva che la misura cautelare non deve essere una “anticipazione” della sanzione penale; la misura
può essere giustificata soltanto dall’esistenza di un pericolo per il procedimento penale.
- Prognosi di colpevolezza allo stato degli atti, l’applicazione di una misura cautelare personale richiede
l’accertamento di gravi indizi di colpevolezza.
Occorre sottolineare che siamo in presenza di un accertamento “allo stato degli atti”, e cioè basato su
materiale probatorio suscettibile di essere modificato successivamente in relazione ai nuovi elementi che
siano stati raccolti dall’accusa e dalla difesa.
- Immediata esecutività, il provvedimento si dice “esecutivo” quando la polizia giudiziaria ha il potere di
adempiere al relativo comando in modo coercitivo, e cioè anche contro la volontà di colui che vi si oppone.
- Provvisorietà, gli effetti del provvedimento sono provvisori, e cioè non condizionano la decisione finale
del giudice.
Ciò comporta due corollari:
il provvedimento cautelare mantiene la sua esecutività (salvo le eccezioni o i termini massimi previsti
espressamente dalla legge) fino a che non sia divenuta esecutiva la sentenza definitiva.
La sentenza di proscioglimento è immediatamente esecutiva per quanto riguarda la libertà personale,
pertanto tale sentenza comporta l’immediata estinzione della misura cautelare.
Viceversa, la sentenza di condanna è esecutiva, di regola, quando diventa irrevocabile;
il provvedimento cautelare è revocabile o modificabile in attesa della sentenza esecutiva.
Le successive indagini potrebbero portare all’assunzione di ulteriori elementi di prova tali da confermare o,
viceversa, eludere i gravi indizi di reità; oppure potrebbero attestare il modificarsi o il venir meno delle
esigenze cautelari.
- Previsione per legge, le misure cautelari comportano la limitazione delle libertà garantite dalla
Costituzione.
La Costituzione esige che la legge preveda espressamente i casi e i modi nei quali il provvedimento
dell’autorità giudiziaria può porre limiti alle predette libertà; si tratta dei principi di riserva di legge e di
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza tassatività.
- Giurisdizionalità, le misure cautelari sono disposte con un provvedimento emanato dal giudice.
Il codice pone una garanzia superiore a quella prevista dalla Costituzione, che attribuisce all’autorità
giudiziaria (e quindi anche al pm) il potere di emanare provvedimenti limitativi della libertà personale.
La riserva di giurisdizione non è assoluta, infatti il codice prevede che i provvedimenti temporanei possano
essere disposti dal Pubblico Ministero e dalla polizia giudiziaria, come ad esempio il fermo di persona
gravemente indiziata in certe ipotesi di delitto.
Tali provvedimenti sono definiti precautelari, e devono essere sottoposti a convalida da parte del giudice
entro un tempo predeterminato.
- Impugnabilità, la Costituzione prevede il ricorso per Cassazione per violazione di legge, il codice lo
estende alle impugnazioni di merito, e cioè l’appello o il riesame.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 3. I tipi di misure cautelari
Il codice prevede varie categorie di misure cautelari.
La molteplicità di queste ultime è tipica del sistema accusatorio perché permette di configurare la custodia in
carcere come ultima possibilità residuale (extrema ratio).
Prima distinzione fondamentale è quella tra misure personali e misure reali.
Le misure personali comportano limiti alla libertà personale o alla libertà di determinazione nei rapporti
familiari e sociali.
Le misure reali toccano singoli beni mobili o immobili e impongono il divieto di disporre di tali beni.
Misure reali sono il sequestro conservativo e preventivo.
Le misure personali si dividono in tre categorie: misure coercitive, misure interdittive, applicazioni
provvisorie di misure di sicurezza.
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Indagini preliminari, processo e sentenza 4. Misure personali coercitive
Misure obbligatorie
divieto di espatrio, impone all’imputato di non uscire dal territorio nazionale senza l’autorizzazione del
giudice;
obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria, prescrive all’imputato di presentarsi presso gli uffici di
quest’ultima nei giorni e nelle ore indicati dal giudice;
allontanamento dalla casa familiare, prescrive all’imputato di lasciare immediatamente la casa familiare,
ovvero di non farvi rientro e di non accedervi senza autorizzazione;
divieto di dimora, impone all’imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza
l’autorizzazione del giudice;
obbligo di dimora, prescrive all’imputato di non allontanarsi, senza l’autorizzazione del giudice, dal
Comune o da una sua frazione.
Misure custodiali
comportano per l’imputato una situazione di custodia, dalla quale derivano due conseguenze:
- configurabilità del delitto di evasione;
- il periodo trascorso in custodia sarà computato come esecuzione della pena detentiva, nel caso in cui
questa debba essere eseguita in seguito a condanna;
- arresti domiciliari, impongono all’imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di
privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura e di assistenza;
- braccialetto elettronico, modalità di esecuzione degli arresti domiciliari mediante la quale è possibile
controllare costantemente gli spostamenti dell’imputato;
- custodia in carcere, è la più grave delle misure coercitive; il giudice dispone che l’imputato venga
immediatamente condotto in un istituto di custodia a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Se l’imputato necessita di cure specialistiche che non possono essere fatte in luogo di detenzione, il giudice
ne dispone la custodia cautelare in luogo di cura e, se del caso adotta i provvedimenti necessari per prevenire
il pericolo di fuga (piantonamento).
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 5. Misure personali interdittive
Consistono nell’applicazione provvisoria a scopo cautelare di determinati divieti.
sospensione dall’esercizio della potestà dei genitori, priva temporaneamente l’imputato, in tutto o in parte,
dei poteri ad essa inerenti;
sospensione dall’esercizio di pubblico ufficio o servizio, impedisce temporaneamente all’imputato, in tutto o
in parte, le attività relative;
divieto di esercitare determinate professioni, imprese o uffici direttivi, il giudice interdice temporaneamente
all’imputato, in tutto o in parte, le attività predette.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 6. Applicazione provvisoria di misure di sicurezza
Il codice prevede che alcune misure di sicurezza possano essere applicate provvisoriamente a titolo di
provvedimento cautelare.
Trattasi, ad esempio, del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario per l’imputato affetto da vizio di
mente totale, e del ricovero in casa di cura e custodia per l’imputato semi-infermo di mente.
Occorre che siano presenti i seguenti presupposti:
- gravi indizi di “commissione del fatto”;
- imputato socialmente pericoloso;
- non devono essere applicabili in concreto le cause di giustificazione, di non punibilità o di estinzione del
reato.
La persona nei cui confronti è applicata provvisoriamente la misura di sicurezza è un soggetto che è ritenuto
incapace di intendere o di volere al momento del fatto; egli è ricoverato in attesa di una sentenza che lo
dichiarerà non punibile per infermità mentale totale o parziale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 7. Misure cautelari personali e sistema processuale
Nel sistema inquisitorio l’imputato può essere trattato come colpevole ancora prima che sia stata
pronunciata la sentenza.
E’ prevista un’unica misura cautelare che consiste nella custodia preventiva in carcere; questa misura svolge
la medesima funzione della tortura, e cioè deve indurre l’imputato a confessare.
Le esigenze cautelari non sono previste in modo tassativo.
Sempre nel sistema inquisitorio il giudice ha ampi poteri coercitivi che hanno lo scopo di permettere, si
ritiene, il miglior accertamento della verità.
Pertanto il provvedimento cautelare è basato su requisiti evanescenti e richiede un presupposto probatorio
molto esiguo.
Nel sistema accusatorio la libertà personale deve essere la regola e la custodia cautelare deve restare
un’eccezione.
La presunzione di innocenza impone che le misure cautelari non abbiano la funzione di anticipare la pena,
né quella di costringere l’imputato a confessarsi colpevole.
Le esigenze cautelari debbono essere previste tassativamente al fine di evitare l’arbitrio del giudice
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 8. La riserva di legge e di giurisdizione sulle misure cautelari
La riserva di legge è prevista all’art. 272 c.p.p.: “le libertà della persona possono essere limitate con misure
cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente Titolo”.
Tale articolo ammette che vi siano misure diverse da quelle cautelari, che comunque limitano la libertà
personale, esse sono l’arresto e il fermo.
Tali misure sono comunemente definite precautelari.
La riserva di giurisdizione è sancita all’art. 279 c.p.p. secondo cui sull’applicazione, revoca o modifica delle
misure cautelari “provvede il giudice che procede”.
Infatti le misure cautelari possono essere soltanto richieste (e non disposte) dal pm; l’applicazione è riservata
alla decisione del giudice che è organo terzo e imparziale.
In base alle regole generali, il giudice deve motivare ampiamente il suo provvedimento, ne deriva che il
Pubblico Ministero ha l’onere di convincerlo che esistono in concreto i presupposti che fondano la singola
misura.
Per fare ciò il Pubblico Ministero presenta, insieme alla richiesta, gli atti a sostegno della stessa.
Dopo che la misura coercitiva è stata eseguita (o notificata), l’imputato ha diritto di essere sentito dal
giudice in un interrogatorio definito “di garanzia”.
In questo momento il difensore ha la possibilità di conoscere la richiesta del Pubblico Ministero e gli atti che
la pubblica accusa ha presentato al giudice.
Da quanto abbiamo esposto si ricava che il contraddittorio sulla misura cautelare è posticipato ad un
momento successivo all’applicazione di quest’ultima.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 9. Condizioni generali di applicabilità delle misure cautelari:
gravità del delitto
Il codice (artt. 280 e 287 c.p.p.) dispone che non siano applicabili le misure coercitive ed interdittive nei
procedimenti per quei reati che sono denominati “contravvenzioni”; in questi ultimi si possono adottare
soltanto misure cautelari reali.
Inoltre l’art. 280 c.p.p. impedisce che, di regola, possano applicarsi misure coercitive ed interdittive al di
sotto di una soglia minima di gravità del delitto addebitato; tale soglia fa riferimento alla pena detentiva
stabilita nel massimo per il delitto.
La determinazione della pena ai fini dell’applicazione delle misure cautelari si effettua considerando la pena
detentiva prevista in astratto nel massimo per il singolo delitto consumato o tentato.
Alla quantità così individuata devono essere aggiunti gli aumenti di pena previsti per le circostanze
aggravanti ad efficacia speciale (che prevedono pena di specie diversa o determinano la misura della pena in
modo indipendente da quella ordinaria del reato) ad effetto speciale (che comportano un aumento o una
diminuzione superiore a ); quindi devono essere operate le diminuzioni di pena previste per le circostanze
attenuanti ad efficacia speciale o ad effetto speciale.
Nel regolare l’applicazione delle misure cautelari personali, il codice distingue tre fondamentali categorie di
delitti:
prima categoria, delitti punibili nel massimo con la reclusione fino a 3 anni; di regola nessuna misura
cautelare personale può essere disposta;
seconda categoria, delitti punibili nel massimo con la reclusione superiore a 3 anni ma inferiore a 4;
applicabili le misure coercitive diverse dalla custodia in carcere;
terza categoria, delitti punibili nel massimo con la reclusione di almeno 4 anni o con l’ergastolo; consentono
l’applicazione anche della misura della custodia in carcere.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 10. Condizioni generali di applicabilità delle misure cautelari:
punibilità in concreto
Occorre che il delitto addebitato all’imputato sia punibile in concreto.
In caso contrario non vi è la possibilità di applicare nessuna misura cautelare personale.
Se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o se sussiste una causa di
estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 11. Condizioni generali di applicabilità delle misure cautelari: gravi
indizi
Gravi indizi, l’art. 273 c.p.p. utilizza il termine indizio in un senso ampio, che è idoneo a ricomprendere sia
le prove logiche che quelle rappresentative.
La parola indizio in materia cautelare indica un elemento conoscitivo acquisito durante le indagini a
prescindere dalla sua natura di prova rappresentativa o logica.
L’espressione “gravi indizi” sta allora a significare il quantum (o standard) di prova che serve a legittimare
la misura cautelare.
Se nel codice del 1930 bastavano i sufficienti indizi, la nuova aggettivazione (“gravi”) nel codice del 1988
vuole significare un quantum di prova più alto.
Occorre tenere conto del fatto che le misure cautelari vengono applicate, di regola, nella fase delle indagini
preliminari, quindi il giudizio di colpevolezza dell’art. 273 c.p.p. è basato sugli elementi esistenti “allo stato
degli atti”.
Il codice utilizza l’espressione indizi quasi a sottolineare che si tratta di una base probatoria ancora in
evoluzione e in attesa di ricevere una piena conferma attraverso il contraddittorio dibattimentale.
Le riforme intervenute dal 1995 hanno imposto che il provvedimento, che applica la misura cautelare, sia
strutturato con cadenze analoghe alla decisione finale.
Infatti il giudice deve esporre in motivazione la valutazione della rilevanza sia degli elementi a carico che di
quelli a favore dell’imputato.
Inoltre, se la misura consiste nella custodia cautelare in carcere, il giudice deve esporre le “concrete e
specifiche ragioni” per le quali le esigenze cautelari non possono essere soddisfatte con altre misure.
La base probatoria del giudizio cautelare è costituita dagli atti raccolti in modo unilaterale dalla pubblica
accusa, dalla polizia giudiziaria ed, eventualmente, dal difensore dell’indagato e da quello dell’offeso.
Tali atti sono utilizzabili come prove durante le indagini.
Si tratta di accertare se ai medesimi sono applicabili le norme sulle prove che si trovano nel Libro terzo del
codice.
La collocazione della materia nel Libro terzo già di per sé costituisce un indice positivo della sua
applicabilità in tutto il procedimento penale: i primi quattro Libri del codice, infatti, costituiscono una sorta
di parte generale del procedimento penale; a meno che non siano incompatibili (espressamente o
implicitamente) con la regolamentazione del singolo atto da compiere.
La l. 63/2001 ha introdotto nel comma 1-bis dell’art. 273 c.p.p. un richiamo espresso ad alcune disposizioni
del Libro terzo sulla prova, rendendole applicabili al giudizio sui gravi indizi.
Si tratta di:
- riscontri per le dichiarazioni di imputati o imputati connessi;
- indicazione della fonte delle dichiarazioni per “sentito dire”;
- divieto di utilizzo delle dichiarazioni che la polizia giudiziaria ha ricevuto dai suoi informatori a meno che
essi non siano sentititi;
- divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni eseguite illegittimamente.
Il richiamo espresso a tali norme non deve essere letto come se implicasse a contrario l’inapplicabilità di
tutte le altre disposizioni del Libro terzo; viceversa, deve essere inteso come un giudizio ex lege di
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza compatibilità e necessaria applicazione quantomeno delle norme appena richiamate.
La misura cautelare è fondata su prove che, di regola, non sono utilizzabili in dibattimento a causa degli
sbarramenti posti dalla separazione delle fasi processuali.
Il materiale valutabile nel giudizio cautelare non costituisce quella prova che ai sensi dell’art. 1114 cost. è
formata nel contraddittorio tra le parti.
Una qualche forma di contraddittorio è garantita soltanto dopo l’esecuzione della misura coercitiva quando
il difensore è messo in grado di conoscere gli atti in base ai quali è stato emesso il provvedimento relativo.
Pertanto è assicurato soltanto un contraddittorio di tipo “successivo” avente ad oggetto la conoscenza di atti
scritti.
La normativa costituzionale sul giusto processo attribuisce all’indagato il diritto di interrogare o far
interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico; tale diritto deve poter essere esercitato davanti
al giudice già nel corso delle indagini preliminari e quindi anche, e soprattutto, dopo l’esecuzione di una
misura coercitiva custodiale.
Le norme del codice attualmente vigenti riconoscono all’indagato il diritto a confrontarsi con l’accusatore
soltanto rispetto all’imputato connesso o collegato.
Analogo diritto non è garantito rispetto al testimone che ha reso dichiarazioni a carico; questi può essere
esaminato in incidente probatorio soltanto se è in fin di vita o è stato minacciato.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 12. Esigenze cautelari
Le misure personali possono essere applicate soltanto quando esiste in concreto almeno una delle esigenze
cautelari indicate tassativamente dall’art. 274 c.p.p.
Il pm, nel presentare al giudice la richiesta motivata di disporre una misura cautelare, deve fornire gli
elementi di prova che dimostrino in concreto sia l’esistenza di tutte le condizioni necessarie per applicare la
misura richiesta (gravità del delitto, punibilità in concreto e gravi indizi), sia il ricorrere di una delle
esigenze cautelari, cioè:
Pericolo di inquinamento della prova, il Pubblico Ministero deve dimostrare che vi sono in concreto
situazioni di attuale pericolo sia per l’acquisizione della prova (pericolo di occultamento), sia per
l’acquisizione in modo genuino (pericolo di alterazione).
Le indagini, cui questo si riferisce, devono essere quelle relative al fatto di reato per il quale si procede.
Pericolo di fuga, tale esigenza sussiste quando l’imputato si è dato alla fuga o vi è il concreto pericolo che si
dia alla fuga.
Occorre, tuttavia, che il giudice ritenga possibile che all’imputato possa essere irrogata con la sentenza una
pena superiore a due anni di reclusione.
Al di sotto di tale soglia il legislatore impedisce di dare rilevanza al pericolo di fuga.
Tale esigenza vuole evitare che l’imputato si sottragga all’esecuzione della pena, e non a garantire la sua
presenza in giudizio, come viceversa avviene in altri ordinamenti.
Pericolo che vengano commessi determinati reati, ciò quando vi è il pericolo che l’imputato commetta una
delle seguenti categorie di delitti:
- gravi delitti con l’uso di armi o altri mezzi di violenza personale;
- gravi delitti diretti contro l’ordine costituzionale;
- delitti di criminalità organizzata;
- delitti della stessa specie di quello per il quale si procede, in questo caso vi è un ulteriore limite
all’applicabilità delle misure custodiali, che possono essere disposte soltanto quando per tali delitti è prevista
la pena della reclusione di almeno 4 anni nel massimo (praticamente gli arresti domiciliari vengono
equiparati alla custodia in carcere tra i delitti di terza categoria di gravità).
Il pericolo deve essere desunto da specifiche modalità del fatto di reato e dalla personalità pericolosa
dell’autore del fatto, con il limite che la pericolosità deve essere ricavata dai precedenti penali o da
comportamenti o atti concreti, che devono essere specificatamente indicati.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 13. Criteri di scelta delle misure con ordinanza: principio di
adeguatezza e di proporzionalità
Il giudice dispone la misura con ordinanza.
Tuttavia il suo potere è vincolato dalla legge a limiti:
- formali, il giudice non può disporre una misura più grave di quella richiesta dal pm;
- sostanziali, il giudice ha il potere-dovere di scegliere la misura cautelare in base ai criteri che sono
espressamente indicati all’art. 275 c.p.p., la sua decisione è espressione di una discrezionalità vincolata a
parametri di ragionevolezza predeterminati dal legislatore.
La misura da applicarsi deve essere: adeguata alle esigenze cautelari presenti in concreto, proporzionata alla
gravità del fatto e della sanzione che potrà essere irrogata, graduata in modo tale da applicare la custodia in
carcere soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata.
Principio di adeguatezza, il giudice deve valutare la “specifica idoneità di ciascuna misura in relazione alla
natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto”.
Principio di proporzionalità, la libertà di una persona non deve essere limitata più di quanto si strettamente
necessario.
Ecco allora che l’art. 2752 c.p.p. dispone che “ogni misura debba essere proporzionata all’entità del fatto e
della sanzione che si ritiene possa essere irrogata”.
La prevedibile applicazione della sospensione condizionale della pena, in virtù della l. 332/95, fa si che sia
vietata la disposizione della custodia cautelare (in carcere o arresti domiciliari).
Tutto ciò comporta che il giudice, sulla base degli elementi di prova allegati alla richiesta presentata dal pm,
debba valutare in anticipo se ci sarà una decisione di condanna e se la pena detentiva potrà essere
condizionalmente sospesa.
Si tratta di una valutazione complessa e difficile da farsi “allo stato degli atti”; tuttavia se il legislatore la
impone, significa che, in presenza di alcune prassi devianti, si percepisce l’esigenza di ricordare al giudice
ed al Pubblico Ministero come deve essere applicato in concreto il principio di proporzionalità.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 14. Criteri di scelta delle misure con ordinanza: principio di
gradualità
Principio di gradualità, l’art. 2753 c.p.p. sancisce che “la custodia cautelare in carcere può essere disposta
soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata”.
Nella motivazione dell’ordinanza il giudice deve esporre le “concrete e specifiche ragioni per le quali le
esigenze cautelari non possono essere soddisfatte con altre misure”.
In un caso il principio di gradualità va incontro ad una eccezione: si tratta della deroga per i delitti di
criminalità mafiosa, per i quali è previsto un regime speciale.
In sintesi, se vi sono gravi indizi di reità di associazione a delinquere mafiosa, il codice presume esistente
almeno una delle esigenze cautelari salvo prova contraria (presunzione relativa).
Oltre a ciò il codice impone di applicare obbligatoriamente la custodia in carcere, perché presume che
nessun altra misura risulterebbe adeguata (presunzione assoluta).
Inoltre, il codice prevede situazioni incompatibili con la custodia in carcere:
- imputato affetto da malattia in fase così avanzata da non rispondere più ai trattamenti disponibili e alle
terapie curative;
- donna incinta;
- madre di prole di età inferiore a 3 anni con lei convivente;
- padre in analoghe condizioni, se la madre è assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;
- persona che ha superato l’età di 70 anni;
L’imputato che si trova nelle situazioni menzionate è sottoposto, di regola, a misure cautelari alternative (ad
esempio, l’arresto domiciliare); sarà condotto in carcere se sussistono esigenze cautelari di eccezionale
rilevanza.
Il codice prevede anche casi in cui la custodia presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile
senza pregiudizio per la salute dell’imputato o degli altri detenuti: ciò avviene quando l’imputato è affetto da
AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria.
Nei confronti di dette persone si presentano tre possibilità:
se non esistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, deve essere disposta una misura cautelare
alternativa;
in presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, è disposto l’arresto domiciliare presso un luogo di
cura o di assistenza o di accoglienza;
la custodia in carcere può essere disposta se l’interessato è imputato di gravi reati avvenuti dopo
l’applicazione della misura cautelare alternativa nei casi precedenti.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 15. L’applicazione delle misure cautelari personali
Il legislatore nel 1988 riteneva che ogni garanzia fosse assicurata dall’aver disposto che la prova si doveva
formare nel dibattimento.
Di conseguenza, il contraddittorio e il diritto alla prova non erano tutelati nelle fasi anteriori.
Si riteneva che fosse sufficiente aver sancito che i provvedimenti sulla libertà personale dovevano essere
decisi dal giudice su richiesta del pm; tuttavia non si attribuiva al giudice un effettivo controllo sulla
richiesta del Pubblico Ministero e sugli elementi presentati da quest’ultimo.
Alla difesa non era riconosciuto il diritto alla prova; ad essa era assicurata soltanto la possibilità di
presentare una richiesta di “riesame” al Tribunale della libertà.
La l. 332/95 ha ribaltato lo schema del codice del 1988; e cioè, ha dovuto accentuare l’incisività del
contraddittorio sull’applicazione della misura cautelare personale; al tempo stesso, l’intervento normativo ha
teso a rendere più efficace il controllo svolto dal gip.
La legge ha operato una riforma minimale, e cioè ha voluto porre singoli rimedi ad alcuni dei più vistosi
squilibri che si manifestavano a sfavore della difesa dell’indagato.
Il procedimento applicativo delle misure cautelari personali avviene in due fasi.
Nella prima vi è una decisione del giudice fondata su di una richiesta che viene presentata dal Pubblico
Ministero senza che sia sentita la difesa, poiché la misura deve essere eseguita “a sorpresa” per essere
efficace.
Nella seconda fase vi è una qualche forma di contraddittorio perché il gip deve interrogare l’indagato ed il
difensore deve essere preavvisato dell’atto e deve essere presente.
Il potere di controllo, che può essere esercitato dal giudice, è molto limitato; inoltre, all’indagato non è
riconosciuto il diritto alla prova, e cioè la possibilità di far assumere prove a difesa.
Infine, il giudice decide solo su atti e documenti scritti, senza poter sentire a viva voce alcun testimone.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 16. Applicazione delle misure cautelari personali: la richiesta del
Pubblico Ministero e la decisione del giudice
Ha inizio quando il Pubblico Ministero chiede per scritto al gip l’adozione di una misura cautelare
personale; termina quando il giudice prende, sempre per scritto, una decisione sulla richiesta.
La procedura è segreta, e deve svolgersi all’insaputa dell’indagato e del suo difensore.
La l. 332/95 ha introdotto un primo correttivo alla disciplina del 1988, e cioè ha posto al Pubblico Ministero
l’obbligo di presentare al giudice tutti gli elementi a favore dell’imputato e le eventuali deduzioni e memorie
difensive già depositate.
L’effetto dovrebbe essere quello di ampliare le conoscenze del giudice quando questi deve valutare
l’esistenza delle condizioni e dei presupposti della misura richiesta.
Il Pubblico Ministero dovrebbe essere in grado di valutare se da un atto di indagine può ricavarsi un
elemento di prova a favore.
La valutazione può essere compiuta con molta difficoltà dal Pubblico Ministero prima di aver conosciuto la
tesi difensiva; e ancora più difficilmente può essere effettuata con animo sereno poiché egli ha l’onere di
dimostrare la fondatezza di un addebito nel momento in cui chiede un provvedimento al giudice.
Sempre la l. 332/95 ha introdotto un secondo correttivo: la motivazione esaustiva.
In base alla normativa precedente, la motivazione poteva essere sommaria; adesso deve essere esaustiva.
Il giudice deve precisare gli elementi di fatto dai quali si ricavano i gravi indizi, le esigenze cautelari ed i
criteri di scelta della misura.
Se applica la custodia in carcere, il giudice deve spiegare perché tale misura non può essere sostituita con
altre meno gravi.
Inoltre, il giudice deve esporre i motivi per i quali ritiene rilevanti gli elementi a carico.
Infine, deve esporre i motivi per i quali ritiene non rilevanti gli elementi a difesa raccolti sia dal pm, sia dal
difensore.
In conclusione, il giudice deve motivare l’applicazione della misura cautelare secondo cadenze simili a
quelle della sentenza dibattimentale.
Al termine della prima fase si ha l’esecuzione del provvedimento cautelare, che è disposta con ordinanza dal
giudice ed eseguita, su incarico del pm, dalla polizia giudiziaria, che consegna all’imputato copia del
provvedimento con l’avvertimento della facoltà di nominare un difensore di fiducia.
L’ordinanza che dispone una misura non custodiale è notificata all’imputato.
Quando non è possibile eseguire l’ordinanza che dispone una qualsiasi misura cautelare perché il
destinatario non è stato rintracciato, l’ufficiale o l’agente di polizia giudiziaria redige un verbale di “vane
ricerche” indicando le indagini svolte.
Il verbale deve essere trasmesso al giudice che ha emanato il provvedimento.
Questi se ritiene le ricerche esaurienti, dichiara lo stato di latitanza.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 17. Applicazione delle misure cautelari personali: l’interrogatorio di
garanzia
Ha inizio nel momento in cui la misura cautelare personale è eseguita; si conclude con l’interrogatorio
davanti al giudice che ha deciso l’applicazione della misura cautelare interdittiva o coercitiva.
In seguito all’interrogatorio dell’indagato, il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e le
esigenze cautelari.
Il codice impone al gip di depositare immediatamente, insieme all’ordinanza applicativa della misura, anche
la richiesta del Pubblico Ministero e gli atti presentati con la stessa.
La l. 332/95 ha previsto un terzo correttivo, cioè un avviso di deposito che deve essere notificato al
difensore, che ha diritto di esaminare gli atti in cancelleria.
Un quarto correttivo riguarda l’ordine temporale con il quale il Pubblico Ministero e il gip possono,
rispettivamente, procedere a interrogare l’indagato.
L’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del Pubblico Ministero non può
precedere l’interrogatorio del giudice.
Questo atto deve avvenire entro un termine breve: 5 giorni dall’inizio dell’esecuzione della custodia in
carcere, 10 giorni dall’inizio delle altre misure cautelari.
Ricordiamo che le misure cautelari coercitive e interdittive perdono immediatamente efficacia se il giudice
non procede all’interrogatorio.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 18. Le impugnazioni contro le misure cautelari personali
I provvedimenti che applicano, modificano o revocano le misure cautelari sono impugnabili nei casi previsti
dalla legge.
Il codice prevede tre mezzi di impugnazione: il riesame, l’appello e il ricorso in Cassazione.
L’impugnazione contro una misura cautelare costituisce un procedimento incidentale, che si sviluppa
parallelamente allo svolgersi del procedimento principale.
Il riesame è ammesso di regola soltanto contro le ordinanze che applicano per la prima volta una misura
coercitiva; la richiesta può essere proposta esclusivamente dall’imputato o da suo difensore.
L’appello è ammesso nei confronti di tutti gli altri provvedimenti in tema di misure cautelari personali; esso
può essere proposto dall’imputato, dal suo difensore e dal pm.
Competente a decidere sia sul riesame che sull’appello è il Tribunale, in composizione collegiale, del
capoluogo del distretto di Corte d’Appello nel quale ha sede il giudice che ha disposto la misura.
Tale organo è denominato “Tribunale della libertà”.
Il ricorso per Cassazione è ammesso, di regola, contro le decisioni emesse in sede di riesame e di appello; in
via eccezionale tale ricorso è consentito in alternativa al riesame.
Può essere proposto esclusivamente dall’imputato o dal suo difensore.
La caratteristica comune ai tre mezzi di impugnazione sta nel fatto che essi non hanno efficacia sospensiva
sul provvedimento che limita la libertà personale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 19. Impugnazioni contro le misure cautelari personali: Riesame
E’ una impugnazione completamente devolutiva.
Il Tribunale ha il potere di esaminare la legittimità ed il merito della misura coercitiva senza essere
svincolato né dagli eventuali motivi del ricorso dell’imputato, né dalla motivazione del provvedimento che
ha applicato la misura.
Il riesame da luogo ad un veloce procedimento, in quanto il Tribunale della libertà deve decidere sulla
richiesta dell’imputato entro i termini brevi e perentori a pena della perdita di efficacia della misura
coercitiva.
Oggetto del riesame è il provvedimento che applica “inizialmente” la misura coercitiva.
Pertanto, non può formare oggetto di riesame la misura cautelare disposta dal Tribunale della libertà all’esito
dell’appello proposto dal Pubblico Ministero contro il provvedimento che aveva negato l’applicazione di
una misura cautelare.
In questo caso l’imputato può avvalersi soltanto del ricorso per Cassazione.
Il Tribunale della libertà valuta i presupposti della misura coercitiva tenendo conto sia degli atti che erano
conosciuti dal giudice, che ha emanato il provvedimento, sia degli atti e documenti che le parti hanno
presentato successivamente al Tribunale stesso.
Procedimento: la richiesta di riesame deve essere presentata dall’imputato o da suo difensore entro il termine
di 10 giorni a pena di inammissibilità.
La richiesta di riesame può contenere i motivi per i quali l’imputato chiede che il provvedimento sia
annullato o modificato; ma può anche essere non motivata.
La richiesta è presentata nella cancelleria del Tribunale della libertà; il presidente fa dare immediato avviso
all’autorità procedente (pm).
Questi deve trasmettere al Tribunale, entro 5 giorni dalla richiesta di riesame, sia gli atti presentati quando
avena chiesto a suo tempo la misura coercitiva, sia tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona
sottoposta alle indagini.
In seguito all’udienza in camera di consiglio, entro 10 giorni dalla ricezione degli atti, il Tribunale deve
depositare il dispositivo della sua decisione.
I due termini appena menzionati (5 e 10 giorni) sono perentori: in caso di loro inosservanza, le misure
coercitive perdono efficacia.
L’udienza si svolge in camera di consigli, e cioè con un contraddittorio facoltativo.
Il Tribunale decide sulla base dei soli atti scritti e dei documenti presentati.
Non è possibile disporre l’audizione di persone, né l’assunzione di prove non rinviabili, né imporre al
Pubblico Ministero di svolgere determinate indagini.
In definitiva, il legislatore non ha voluto attribuire al Tribunale un vero ed effettivo potere di controllo
sull’applicazione della misura coercitiva.
Il Tribunale della libertà può pronunciare quattro tipi di decisione:
- inammissibilità della richiesta di riesame, perché, ad esempio, presentata oltre i termini o da soggetti non
legittimati;
- annullamento dell’ordinanza per carenza di uno degli elementi essenziali (indicati a pena di nullità dall’art.
292 c.p.p.) o per vizi di merito (ad esempio, mancanza di gravi indizi);
- riforma, cioè modificazione, della misura, ma soltanto in modo più favorevole all’imputato;
- conferma della misura coercitiva, anche per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza provvedimento originario.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 20. Impugnazioni contro le misure cautelari personali: appello
L’appello è un mezzo di impugnazione residuale rispetto al riesame e riguarda tutte quelle ordinanze che
non applicano per la prima volta una misura coercitiva.
L’appello deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro 10 giorni dall’esecuzione o notificazione
del provvedimento.
Procedimento: il Tribunale della libertà decide sull’appello entro termini diversi da quelli previsti dal
procedimenti di riesame (20 giorni anziché 10).
Inoltre i termini sono ordinatori e non perentori: il loro eventuale superamento non comporta l’inefficacia
della misura cautelare impugnata.
Le modalità di svolgimento sono simili a quelle viste per il riesame.
La dichiarazione con cui le parti redigono l’appello deve precisare, a pena di inammissibilità, i motivi per i
quali il soggetto interessato ritiene che il provvedimento debba essere annullato o modificato.
E’ una impugnazione limitatamente devolutiva, cioè il controllo esercitabile dal Tribunale è limitato ai soli
motivi di doglianza esposti nella dichiarazione di impugnazione dall’imputato o dal pm.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 21. Impugnazioni contro le misure cautelari personali: ricorso per
Cassazione
E’ un’impugnazione esperibile contro le decisioni che il Tribunale della libertà ha pronunciato sulla richiesta
di riesame o sull’appello; i motivi sono quelli previsti dall’art. 606 c.p.p., tra i quali sono compresi la
mancanza, contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione.
Pertanto, la Corte di Cassazione non può esaminare nel merito il provvedimento impugnato, cioè non può
valutare la fondatezza degli elementi che lo giustificano.
E’ possibile anche il ricorso per Cassazione direttamente contro le ordinanze che dispongono una misura
coercitiva, ma tale impugnazione è concessa soltanto all’imputato e al suo difensore.
Costoro, invece di presentare la richiesta di riesame al Tribunale della libertà, possono direttamente proporre
ricorso per Cassazione contro l’ordinanza che applica per la prima volta una misura coercitiva.
I motivi possono riguardare soltanto la violazione di legge.
La Corte di Cassazione decide in camera di consiglio entro 30 giorni dalla ricezione degli atti.
La l. 46/2006 ha introdotto un inedito vincolo legale che impone al Pubblico Ministero di formulare richiesta
di archiviazione quando la Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi
di colpevolezza e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona
sottoposta alle indagini.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 22. La riparazione per l’ingiusta custodia cautelare
All’imputato è riconosciuto un vero e proprio diritto ad ottenere un’equa riparazione per la custodia
cautelare subita ingiustamente.
La domanda di riparazione è presentata dall’imputato dopo che la sentenza è divenuta irrevocabile; sulla
richiesta decide la Corte d’Appello con un procedimenti in camera di consiglio.
Il presupposto del diritto ad ottenere l’equa riparazione consiste nella ingiustizia sostanziale o formale della
custodia cautelare subita.
Il codice non impone di accertare che l’ingiustizia sia dovuta ad un atto illecito compiuto dall’autorità
giudiziaria (cioè con dolo o colpa grave), evitando di addossare al richiedente un così pesante onere della
prova e consentendogli di limitarsi a dimostrare che la sua situazione rientra in una delle due ipotesi di
ingiustizia (formale o sostanziale) previste espressamente dall’art 314 c.p.p.:
- Ingiustizia sostanziale, quando l’imputato è stato assolto per motivi completamente liberatori in punto di
responsabilità, e cioè perché era innocente.
E’ richiesta una sentenza irrevocabile di assoluzione con uno dei seguenti dispositivi: perché il fatto non
sussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato, il fatto non è previsto dalla legge
come reato.
Alla sentenza di assoluzione sono parificati la sentenza di non luogo a procedere e il provvedimento di
archiviazione.
- Ingiustizia formale, quando la custodia cautelare risulta applicata illegittimamente, a prescindere dall’esito
del processo a carico dell’imputato.
Il diritto alla riparazione, in questi casi, presuppone soltanto che sia stato accertato con decisione
irrevocabile che il provvedimento custodiale è stato emesso senza che esistessero le condizioni di
applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 c.p.p.
E’ sufficiente che la custodia sia stata illegittima “formalmente”; non rileva che essa fosse giustificata dal
punto di vista sostanziale.
Limiti al diritto alla riparazione si hanno in due casi, nei quali tale riparazione non è concessa:
- per quella parte di custodia cautelare che è stata comunque computata ai fini della determinazione della
quantità di pena detentiva che avrebbe dovuto essere scontata dall’imputato, che è stato condannato;
- se l’imputato ha dato causa o ha concorso a dare causa all’ingiusta custodia cautelare per dolo o colpa
grave.
Procedimento: la domanda di riparazione deve essere proposta alla Corte d’Appello entro 2 anni dal giorno
in cui la sentenza è diventata irrevocabile.
La Corte d’Appello decide in via equitativa.
Nessuna riparazione è prevista per l’ingiusta applicazione di misure coercitive non custodiali.
In merito alle misure “precautelari” è stato esteso il diritto alla riparazione sia nel caso in cui sia stato
disposto un arresto il flagranza o un fermo che non siano stati convalidati, sia nel caso di convalida della
misura non seguita da un provvedimento di custodia cautelare, qualora sia intervenuta una sentenza
irrevocabile di assoluzione.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 23. Le misure cautelari reali
Le misure cautelari reali comportano un vincolo di indisponibilità su cose mobili o immobili.
Il codice prevede due tipi di misure reali: il sequestro preventivo e il sequestro conservativo.
Questi tendono ad evitare che il passaggio del tempo possa pregiudicare irrimediabilmente l’efficacia pratica
della sentenza irrevocabile di condanna.
Il sequestro preventivo è giustificato dall’esigenza di impedire che una cosa pertinente ad un reato possa
essere utilizzata per aggravare le conseguenze dello stesso o per agevolare il compimento di altri reati.
Il sequestro conservativo tende ad evitare che diminuiscano o si disperdano le garanzie patrimoniali che
potranno permettere successivamente al condannato di pagare le somme dovute a titolo di risarcimento del
danno o per le spese di Giustizia.
Questi due tipi di sequestro sono applicabili nei procedimenti per qualsiasi genere di reato, quindi anche per
le contravvenzioni.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 24. Misure cautelari reali: sequestro conservativo
Soggetti legittimati a chiedere al giudice il sequestro conservativo sono il Pubblico Ministero e la parte
civile.
Il sequestro conservativo ha la caratteristica di poter essere richiesto soltanto contro l’imputato o il
responsabile civile; e cioè, dopo che l’azione penale è già stata esercitata.
Il Pubblico Ministero è legittimato a richiedere il sequestro conservativo a garanzia del pagamento della
pena pecuniaria e delle spese di Giustizia.
La parte civile è legittimata a chiedere la medesima misura a garanzia del pagamento delle obbligazioni
civili nascenti dal reato.
Procedimento: è disposto dal giudice, ovviamente, senza che sia sentita la controparte.
L’imputato o il responsabile civile possono chiedere al giudice che il sequestro sia convertito nella
prestazione di una cauzione idonea.
Dopo l’esecuzione del provvedimento, chiunque vi abbia interesse può proporre richiesta di riesame.
Il sequestro conservativo dura finché la sentenza non diventa irrevocabile; se questa è di condanna, il
sequestro si converte di diritto in pignoramento.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 25. Misure cautelari reali: sequestro preventivo
Il codice prevede tre ipotesi di sequestro preventivo:
- quando vi è il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre
le conseguenze dello stesso (ad esempio, nel caso di pellicola cinematografica oscena o di immobile
abusivo);
- quando vi è il pericolo che la cosa possa agevolare la commissione di altri reati (ad esempio, nel caso d
denaro derivante da una rapina);
- quando la cosa è pericolosa in sé, poiché di essa è consentita od imposta la confisca (ad esempio, l’arma
usata per commettere un reato).
La finalità di prevenzione comporta che questo tipo di sequestro possa essere chiesto dal giudice soltanto dal
pm.
Il sequestro preventivo non si limita a creare un vincolo di indisponibilità su una cosa, bensì comporta una
vera e propria “inibitoria”, e cioè vincoli di “fare” e di “non fare”.
L’inibitoria deve essere collegata con un vincolo di indisponibilità ad una cosa mobile o immobile il cui uso
è implicato necessariamente nell’agire vietato dalla legge penale.
Procedimento: è disposto dal giudice su richiesta del pm.
Il giudice valuta l’esistenza dei presupposti senza sentire il possessore della cosa, che può essere tanto
l’imputato, quanto la persona offesa o un terzo.
Quando non è possibile attendere il provvedimento del gip, il sequestro preventivo è disposto con decreto
motivato del pm.
Questi chiede al giudice la convalida e l’emissione del decreto di sequestro.
Entro 10 giorni il giudice emette ordinanza di convalida e dispone il decreto di sequestro.
La revoca del sequestro preventivo può essere chiesta al giudice dal pm, dall’imputato o da chiunque ne
abbia interesse.
Il sequestro preventivo deve essere revocato quando sono venute meno le esigenze preventive previste dalla
legge.
Il limite massimo di tempo entro cui può essere mantenuto il sequestro preventivo è la sentenza di primo
grado, anche se impugnabile.
Contro il decreto di sequestro emesso dal giudice possono presentare richiesta di riesame l’imputato, il
difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 26. Le condizioni di procedibilità nel processo penale
Il codice pone la regola della procedibilità d’ufficio; i reati sottoposti a condizione di procedibilità devono
essere espressamente previsti dalla legge.
Sono condizioni di procedibilità la querela, l’istanza, la richiesta di procedimento e l’autorizzazione a
procedere.
Le condizioni di procedibilità costituiscono altresì una “condizione” per l’esercizio di determinati poteri
coercitivi come le misure cautelari e precautelari (fermo e arresto).
- Querela, atto con il quale la persona offesa manifesta la volontà che si persegua penalmente il fatto di
reato che essa ha subito.
Si compone di due elementi: la notizia di reato e la manifestazione di volontà che si proceda penalmente.
E’ chiara la differenza con la denuncia, che può essere presentata da chiunque (e non solo dalla persona
offesa) e contiene la sola notizia di reato.
Il diritto di querela deve essere esercitato, di regola, entro il termine di 3 mesi dal giorno in cui la persona
offesa ha avuto notizia del fatto che costituisce reato.
Il codice consente alla persona offesa di rinunciare al diritto di querela.
La rinuncia alla querela è un atto irrevocabile ed incondizionato con cui la persona offesa, prima di aver
proposto querela, manifesta la volontà che non si proceda penalmente per il reato subito.
La rinuncia può essere espressa o tacita.
Di regola, la querela, una volta presentata può essere revocata.
A tal fine il codice prevede l’istituto della remissione della querela, che si tratta di un atto irrevocabile ed
incondizionato con cui la persona offesa, dopo aver disposto querela, manifesta la volontà che non si
proceda penalmente per il fatto di reato.
La remissione non produce effetto se il querelato non l’ha accettata espressamente o tacitamente.
- Istanza, atto con cui la persona offesa manifesta la volontà che si proceda per un reato commesso
all’estero e che, in Italia, prevede la procedibilità d’ufficio.
- Richiesta di procedimento, atto con cui il Ministro della Giustizia manifesta la propria volontà che si
proceda per un reato commesso all’estero o per altri reati espressamente previsti.
- Autorizzazione a procedere, atto discrezionale e irrevocabile che viene emanato da un organo dello Stato.
Due possono essere le ragioni per le quali la legge pone l’autorizzazione a procedere come condizione
all’esercizio dell’azione penale:
qualità dell’imputato, che è un rappresentante di un organo pubblico e che si vuole proteggere contro le
azioni di disturbo del potere giudiziario;
qualità della persona offesa, che è un organo pubblico del quale si vuole evitare venga compromesso il
prestigio in un processo penale.
Quando è stata presentata la querela, l’istanza, la richiesta di procedimento o l’autorizzazione a procedere, la
polizia giudiziaria ha l’obbligo di inviare l’informativa al pm.
In mancanza della condizione di procedibilità, invece, la polizia giudiziaria di regola non ha l’obbligo di
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza informare il Pubblico Ministero della notizia di reato.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 27. Il segreto investigativo ed il divieto di pubblicazione degli atti
Lo svolgersi del procedimento penale genera un contrasto tra opposte esigenze: proteggere la ricerca della
verità e assicurare l’esercizio del diritto di difesa.
L’esigenza di tutela delle indagini impone di coprire col segreto gli atti iniziali del procedimento; la garanzia
del diritto di difesa richiede che gli atti possano essere conosciuti dall’indagato e dalle altre potenziali parti
private.
Per gli atti di indagine compiuti dal Pubblico Ministero e dalla polizia giudiziaria è previsto come regola
l’obbligo del segreto istruttorio, che grava su tutti i soggetti che siano a conoscenza dell’atto segreto.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 28. Gli atti conoscibili dall’indagato
La conoscenza degli atti di indagine permette all’indagato di verificare la credibilità delle fonti di prova
ricercate dall’accusa e verificare l’attendibilità dei risultati ottenuti; permette inoltre di ricercare le prove a
proprio favore.
Il codice ha operato un bilanciamento tra le opposte esigenze della protezione della società e della difesa
dell’indagato.
Alla regola della segretezza sono state poste varie deroghe in favore della difesa:
- Atti garantiti, sono quelli ai quali il difensore ha diritto di assistere previo avviso dato almeno 24 ore
prima.
Si tratta dell’interrogatorio, dell’ispezione, del confronto cui partecipa l’indagato e dell’accertamento
tecnico non ripetibile.
La facoltà di assistere ad alcuni atti di indagine concessa al difensore è posta prevalentemente al fine di
tutelare l’indagato, se presente, e di assicurare comunque la regolarità dell’atto stesso: assicura quello che
viene comunemente detto il contraddittorio debole.
Infatti, quando il difensore assiste agli atti di indagine, il suo intervento è limitato alla facoltà di presentare
richieste, osservazioni e riserve delle quali è fatta menzione del verbale.
- Atti a sorpresa, sono quelli ai quali il difensore ha facoltà di assistere senza tuttavia avere diritto al
preavviso.
Si tratta delle perquisizioni e dei sequestri.
Degli atti garantiti e a sorpresa è previsto il deposito del verbale, a prescindere dal fatto che il difensore
abbia partecipato o meno all’atto medesimo, presso la segreteria del Pubblico Ministero entro il 3zo giorno
dal compimento dell’atto stesso, con facoltà del difensore di esaminarlo ed estrarne copia nei 5 giorni
successivi.
Quando il Pubblico Ministero ritiene di compiere un atto garantito, egli ha l’obbligo di inviare all’indagato e
alla persona offesa l’informazione di garanzia.
Il contenuto più importante è l’invito ad esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia.
Quando deve essere compiuto un atto garantito, il Pubblico Ministero deve preavvisare il difensore
dell’indagato del compimento dell’atto.
L’atto è validamente compiuto se il difensore, regolarmente preavvisato, non si presenta.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 29. Gli atti segreti nel processo penale
Sono coperti dal segreto investigativo fino all’avviso di conclusione delle indagini gli accertamenti tecnici
ripetibili, l’individuazione di persone o cose e l’assunzione di informazioni da persone informate.
L’obbligo del segreto opera in modo oggettivo e si riferisce a tutte le persone che hanno partecipato o
assistito al compimento dell’atto.
La violazione dell’obbligo del segreto investigativo può rientrare almeno in due fattispecie incriminatrici:
rivelazione di segreti inerenti ad un procedimento penale (art. 379 bis c.p.), il vincolo concerne lo
svolgimento e la “documentazione” dell’atto del procedimento, viceversa esso non si estende al fatto storico
oggetto dell’indagine.
Pertanto le persona informate, ad esempio, non possono rivelare lo svolgimento dell’atto (cioè le domande
rivolte e le risposte date), ma tuttavia sono libere di riferire quei fatti storici dei quali sono a conoscenza;
rivelazione del segreto d’ufficio (art. 326 c.p.), reato proprio che è rivolto al pubblico ufficiale e
all’incaricato di pubblico servizio.
Il codice indica due momenti nei quali viene meno l’obbligo del segreto:
quando l’indagato può avere conoscenza dell’atto, nel senso di possibilità legale di conoscenza;
quando di perviene alla chiusura delle indagini preliminari.
Il codice ha tenuto conto della possibilità che in concreto si presenti l’esigenza di rendere segreti quegli atti
che, per legge, sarebbero conoscibili.
In caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, il Pubblico Ministero esercita il potere di
segretazione dello svolgimento di atti di indagine conoscibili.
La l. 397/2000 ha concesso al Pubblico Ministero un ulteriore potere di segretazione dei fatti oggetto di
indagine.
Tale potere si esercita su atti già segreti e consiste in un ampliamento dell’oggetto del segreto: esso non è
limitato al solo svolgimento dell’atto ma anche ai fatti storici oggetto di indagine.
Questo potere di segretazione può essere esercitato esclusivamente sulle dichiarazioni da parte di testimoni o
imputati se sussistono specifiche esigenze attinenti alle indagini.
Tale esteso obbligo al segreto è disposto con decreto motivato e non può avere una durata superiore a 2
mesi.
In tal modo il Pubblico Ministero può precludere a tutti, quindi anche alla difesa dell’indagato e dell’offeso,
l’assunzione di informazioni dai soggetti vincolati al segreto.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 30. Il divieto di pubblicazione degli atti segreti nel processo penale
Nei confronti degli atti segreti è posto il divieto assoluto di pubblicazione, cioè sia totale che parziale, sia del
riassunto che del contenuto generico.
Nei confronti degli atti conoscibili vige un divieto attenuato di pubblicazione, nel senso che è vietato
pubblicare l’”atto”, e cioè il testo parziale o totale dello stesso, ma è consentito pubblicarne il “contenuto”,
cioè notizie generiche prive di riscontri documentali riguardanti il contenuto di atti.
La pubblicazione arbitraria di atti del procedimento penale è punita con sanzioni irrisorie tanto da rendere
inidonea la norma a garantire la riservatezza dei soggetti coinvolti nel processo penale e la serena
amministrazione della Giustizia.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 31. La regolamentazione dell’attività di iniziativa della polizia
giudiziaria
All’interno delle indagini preliminari il codice distingue tra attività a iniziativa della polizia giudiziaria ed
attività del pubblico ministero.
La distinzione ha lo scopo di precisare la differente regolamentazione degli atti sotto vari profili, tra cui
l’esercizio di poteri coercitivi e la tutela del diritto di difesa.
L’attività di iniziativa autonoma di polizia consiste nel raccogliere ogni elemento utile alla ricostruzione del
fatto e alla individuazione del colpevole.
Tale attività prende avvio dal momento in cui è pervenuta la notizia di reato e termina nel momento in cui il
Pubblico Ministero ha impartito le sue direttive.
L’attività di iniziativa successiva di polizia è quella che svolge dopo aver ricevuto le direttive dal pm.
Tale attività si distingue a sia volta in:
- guidata, che consiste nella stretta esecuzione delle direttive del pm;
- parallela, che comprende tutte quelle attività di indagine per accertare i reati che la polizia può eseguire
eccezionalmente purché ne informi prontamente il pm.
L’attività di iniziativa integrativa di polizia è quella svolta di iniziativa ma sulla base dei dati emersi a
seguito del compimento di atti delegati dal pm.
L’attività integrativa e quella parallela vanno incontro a due limiti:
- è vietato il compimento di atti eventualmente in contrasto con le direttive del pm;
- la polizia ha l’obbligo di informare prontamente il Pubblico Ministero degli ulteriori elementi raccolti.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 32. Atti della polizia giudiziaria senza poteri coercitivi: sommarie
informazioni dall’indagato
L’art. 350 c.p.p. prevede un'unica rubrica per tre diverse modalità con cui l’indagato può rendere
dichiarazioni alla polizia giudiziaria:
- informazioni con la presenza del difensore, l’ufficiale di polizia giudiziaria può assumere informazioni
dall’indagato soltanto se quest’ultimo è libero e se il suo difensore è presente.
Le formalità di questo atto sono minori rispetto all’interrogatorio svolto dal pm: non è imposto l’obbligo di
contestare all’indagato un addebito provvisorio né di rendere noti gli elementi a suo carico.
E’ sufficiente che l’indagato riceva quegli avvertimenti previsti dall’art. 64 c.p.p., cioè che le sue
dichiarazioni potranno essere sempre utilizzate nei suoi confronti, che ha la facoltà di non rispondere e che
se renderà dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità altrui assumerà in ordine a tali fatti la qualifica
di testimone;
- dichiarazioni spontanee, l’ufficiale o l’agente di polizia giudiziaria può ricevere dichiarazioni spontanee
dall’indagato libero o arrestato.
Questa seconda modalità comporta che la polizia non abbia posto domande, ma occorre che l’iniziativa
provenga dall’indagato.
In questi casi il codice non impone alla polizia giudiziaria di dare all’indagato di avvisi previsti dall’art. 64
c.p.p.
- informazioni per la prosecuzione delle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono porre domande
all’indagato libero o arrestato anche in assenza del suo difensore, tuttavia delle notizie assunte è vietata sia
la documentazione, sia l’utilizzazione in dibattimento e in fasi precedenti, ma possono comunque servire per
indirizzare le indagini.
Il codice pone due limiti a questa facoltà:
- le domande possono essere rivolte all’indagato soltanto sul luogo o nell’immediatezza del fatto di reato;
- le informazioni devono riguardare notizie utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini.
Anche in questo caso il codice non impone alla polizia l’obbligo di avvertire l’indagato della facoltà di non
rispondere.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 33. Atti della polizia giudiziaria senza poteri coercitivi: sommarie
informazioni da persone informate
La persona informata è titolare del privilegio contro l’autoincriminazione, può opporre all’inquirente
l’esistenza di un segreto nei casi previsti dalla legge, se è un prossimo congiunto dell’indagato o imputato
deve prima essere avvisata della facoltà di astenersi dal rendere dichiarazioni.
Oltre a ciò, la persona informata ha comunque l’obbligo di presentarsi alla polizia qualora convocata, inoltre
ha l’obbligo di attenersi alle prescrizioni date.
Le sommarie informazioni sono documentate tramite verbale e, di regola, non sono utilizzabili i
dibattimento.
Qualora le sommarie informazioni derivino dall’imputato in procedimento connesso o collegato, questi ha
diritto ad essere assistito dal difensore.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 34. Atti della polizia giudiziaria senza poteri coercitivi: atti od
operazioni con specifiche competenze tecniche
Atti od operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, l’art. 3484 c.p.p. legittima la polizia
giudiziaria a compiere di propria iniziativa “atti od operazioni che richiedono specifiche competenze
tecniche”.
Tale norma autorizza la polizia giudiziaria ad avvalersi dell’opera di “persone idonee le quali non possono
rifiutare la propria opera”: i c.d. ausiliari di polizia.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 35. Atti della polizia giudiziaria con poteri coercitivi: identificazione
dell’indagato e di altre persone
E' l’atto con cui viene dato un nome ad un volto.
Possono essere sottoposti ad identificazione la persona offesa, i possibili testimoni e l’indagato, cioè tutte le
persone che hanno avuto a che fare con il reato, direttamente o indirettamente.
Lo scopo delle identificazioni è quello di individuare le generalità di tutte le persone che possono avere un
ruolo negli sviluppi del procedimento e che pertanto può essere indispensabile contattare.
Il codice prevede la possibilità di esercizio di un potere coercitivo in capo alla polizia giudiziaria ogni volta
che una persona rifiuta di farsi identificare oppure fornisce generalità o documenti di cui si possa ritenere la
falsità, e che consiste nell’accompagnamento coattivo per l’identificazione.
L’indagato è invitato a dichiarare le proprie generalità, con l’avviso che costituisce reato sia il rifiutarsi di
fornirle, sia il darle false.
Dell’identificazione è redatto verbale integrale conservato nel fascicolo del pm.
L’identificazione è un tipico atto non garantito, pertanto non deve essere dato alcun avviso al difensore, e
questi comunque non potrebbe parteciparvi.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 36. Atti della polizia giudiziaria con poteri coercitivi: perquisizione
in caso di flagranza o evasione
Perquisizione in caso di flagranza o evasione, requisiti affinché la polizia giudiziaria possa eseguire tali atti
sono:
- oggetto della perquisizione devono essere cose o tracce pertinenti al reato, ovvero la persona dell’indagato
o dell’evaso;
- la perquisizione può avvenire solo in situazione di flagranza di reato, di evasione oppure se si deve
procedere al fermo di una persona indagata, ovvero all’esecuzione di un’ordinanza che dispone la custodia
cautelare, ovvero che dispone la carcerazione per uno dei delitti per i quali è previsto l’arresto obbligatorio
in flagranza;
- pericolo nel ritardo;
- fondato motivo di ritenere che nel luogo o sulla persona vi siano le cose o le persone ricercate, cioè la
polizia giudiziaria deve avere a disposizione elementi obiettivi dai quali emerga con sufficiente probabilità
che le cose o persone ricercate si trovano nel posto dove viene effettuata la perquisizione.
La polizia entro 48 ore deve trasmettere al Pubblico Ministero il relativo verbale perché questi, nelle 48 ore
successive, possa disporre della convalida.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza 37. Atti della polizia giudiziaria con poteri coercitivi: rilievi,
accertamenti urgenti e sequestro
Rilievi, accertamenti urgenti e sequestro, gli atti fondamentali di tipo investigativo sono proprio i rilievi e gli
accertamenti urgenti, che hanno le seguenti finalità:
- comprendere la dinamica del fatto dalla quale spesso dipende l’esistenza o meno del reato;
- raccogliere gli elementi di prova presenti;
- cercare spunti per la successiva attività di indagine.
L’attività di conservazione consiste nel curare che le cose o le tracce pertinenti al reato siano conservate e
che lo stato dei luoghi non sia mutato prima dell’intervento del pm.
Pertanto la polizia giudiziaria deve impedire, da un lato, che vengano asportate cose (ad esempio l’arma del
delitto) o cancellate tracce (ad esempio le impronte digitali dall’arma), da un altro lato, che cose o tracce
vengano aggiunte (ad esempio mozziconi di sigaretta) o che siano spostate di posizione (ad esempio il
bossolo del proiettile mortale).
Rilievi urgenti, consistono nell’attività di osservazione dello stato e dei luoghi, delle cose o delle persone,
nonché nella descrizione delle tracce o degli effetti materiali del fatto di reato.
I rilievi devono essere compiuti di propria iniziativa dalla polizia giudiziaria in presenza di due presupposti:
- il Pubblico Ministero non possa intervenire tempestivamente;
- ci sia il pericolo che nel frattempo lo stato dei luoghi cambi o le tracce vadano perdute.
Accertamenti urgenti, operazioni di tipo tecnico composte da una serie di atti.
Ad esse può, di regola, procedere soltanto un ufficiale e solo in casi di urgenza, eccezionalmente, anche un
agente.
La polizia giudiziaria, quando agisce di propria iniziativa, deve conservare gli elementi di prova e non
modificarli.
Un accertamento che comporti la modifica dell’elemento di prova è riservato al pm, che lo compie nelle
forme garantite.
Pertanto, la polizia giudiziaria può compiere soltanto quegli accertamenti urgenti che, se anche manipolano
una cosa, tuttavia non comportano modifiche dell’elemento di prova.
Sequestro probatorio, la polizia giudiziaria compie il sequestro se vi è pericolo nel ritardo ed il Pubblico
Ministero non può intervenire tempestivamente.
Il verbale è trasmesso entro 48 ore al pm, questi nelle 48 ore successive convalida il sequestro con decreto
motivato, se ne ricorrono i presupposti.
I rilievi, gli accertamenti urgenti e il sequestro sono atti non ripetibili e, quindi, saranno inseriti nel fascicolo
per il dibattimento dopo che il gip avrà deciso il rinvio a giudizio.
Essi sono atti a sorpresa ai quali può assistere il difensore dell’indagato.
Se gli accertamenti rendono necessario il prelievo di materiale biologico (capelli o saliva) e vi è il consenso
dell’interessato, la polizia giudiziaria agisce autonomamente.
Se il consenso manca, la polizia procede ad operare il predetto prelievo coattivo nel rispetto della dignità
personale dell’interessato, ma deve ottenere dal Pubblico Ministero una previa autorizzazione scritta oppure
resa oralmente e confermata per iscritto in sede di sopralluogo.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Indagini preliminari, processo e sentenza