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La non appellabilità delle sentenze: legge 46/2006


La l. 46/2006 ha posto come regola generale la non appellabilità delle sentenze di proscioglimento, salvo un caso espressamente previsto: l’imputato e il Pubblico Ministero possono proporre appello contro una sentenza di proscioglimento soltanto se l’appello è basato su di una nuova prova sopravvenuta o scoperta dopo il giudizio di primo grado, purché decisiva; tale prova dovrà essere assunta attraverso la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello.
La ratio sta che nel codice del 1988 non si offriva una soddisfacente tutela dell’imputato prosciolto in primo grado ove il Pubblico Ministero avesse proposto appello.
Una eventuale condanna in appello non poteva essere oggetto di impugnazione nel merito, bensì soltanto di ricorso per Cassazione per motivi di legittimità.
E’ chiaro che una condanna, che avesse ribaltato il proscioglimento di primo grado, sarebbe stata emessa all’esito di un giudizio privo di garanzie.
La l. 46/2006 (c.d. legge Pecorella) ha ridotto fortemente il potere di appello spettante al Pubblico Ministero contro le sentenze di proscioglimento e lo ha sostituito con la possibilità, offerta alla pubblica accusa, ma anche all’imputato, di proporre il ricorso per Cassazione per motivi leggermente più ampi.
Un eventuale annullamento della sentenza in Cassazione, rende oggi possibile svolgere nuovamente il giudizio di primo grado.

Tratto da INDAGINI PRELIMINARI, PROCESSO E SENTENZA di Stefano Civitelli
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