Appunti sul volume di Musi dedicato alla storia moderna dalle conquiste spagnole e portoghesi del 1400 a Napoleone.
Indispensabile testo per l'esame di storia moderna, gli appunti dettagliati e precisi mostrano le tappe più significative analizzate nel testo che hanno portato alla formazione dei moderni stati, fondati sulle ceneri degli imperi precedenti.
Le vie della modernità
di Filippo Amelotti
Appunti sul volume di Musi dedicato alla storia moderna dalle conquiste
spagnole e portoghesi del 1400 a Napoleone.
Indispensabile testo per l'esame di storia moderna, gli appunti dettagliati e
precisi mostrano le tappe più significative analizzate nel testo che hanno
portato alla formazione dei moderni stati, fondati sulle ceneri degli imperi
precedenti.
Università: Università degli studi di Genova
Facoltà: Scienze Politiche
Esame: Storia moderna
Docente: M. Bottaro Palumpo e R. Repetti
Titolo del libro: Le vie della modernità
Autore del libro: A. Musi
Editore: Sansoni
Anno pubblicazione: 20041. Spagna e Portogallo nel '400
Fin dal primo '400 ci sono i presupposti per le esplorazioni transoceaniche. Spagna e Portogallo hanno
fattori che preparano il terreno alle esplorazioni come quelli economico-organizzativi, tecnologici e lo
sviluppo della teoria e strumenti geografici.
Il Portogallo conta sulla disponibilità di capitali di mercanti italiani. Ma anche in Andalusia sorgono
fondazioni commerciali.
A metà XV secolo è pronta la base tecnologica per l’esplorazione: la caravella che può navigare lontano
dalle coste e rimanere in mare più a lungo. C’è lo sviluppo della teoria e delle tecniche geografiche.
Viene vista la mappa tolemaica del mondo che mostra che le navi possono navigare tranquillamente tra
l’Africa e le Indie (Malesia, Indie orientali, China).
La Spagna possiede la bussola
L’espansione portoghese: nella seconda metà del 400 volevano circumnavigare l’Africa per raggiungere
l’oceano Indiano e l’Asia e controllare il traffico delle spezie. 1445 avevano scoperto Capo Verde. Negli
anni 70 esplorano la Guinea, attraversano il Congo, raggiungono l’Africa sudoccidentale. Nel 1487
Bartolomeo Diaz doppia la punta mediorientale del continente che prende il nome di Capo di Buona
Speranza.
L’esplorazione africana consentì di sfruttare risorse quali gli schiavi, l’oro della Guinea, l’avorio, il cotone,
lo zucchero, il pepe di Madera.
Per giustificare la conquista delle terre e l’assoggettamento delle popolazioni africane i giuristi inventarono
la formula terra nullius , cioè una terra non sottoposta a nessuna signoria, abitata da selvaggi senza
ordinamento né leggi civili. Di qui la possibilità di imporre la signoria portoghese.
L’impero portoghese aveva due limiti: difficoltà di gestire le risorse commerciali e coloniali e la dipendenza
dai mercanti stranieri, soprattutto italiani.
L’espansione spagnola: prima di Colombo ci fu l’occupazione castigliana delle Canarie che fu portata a
termine tra il 1477 e il 79, anno del trattato di Alcaçovas tra Spagna e Portogallo: il Portogallo riconosceva i
diritti castigliani sulle Canarie e la Spagna riconosceva i diritti portoghesi sulle altre isole dell’Atlantico e
sulle coste africane a sud di capo Bojador. Il principio che giustificava l’occupazione dei territori era la fede,
la guerra contro gli infedeli.
Il Portogallo era riuscito grazie a Giovanni II (1481-95) a rafforzare l’autorità statale, a reprimere le spinte
della grande nobiltà, a sfruttare le risorse d’oltremare. L’interesse portoghese era orientato verso l’India
mentre la Spagna voleva completare la reconquista.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 2. Cristoforo Colombo
Colombo: nel 1479 si stabilisce in Portogallo. Il suo progetto è raggiungere le indie orientali partendo dalle
coste atlantiche dell’Europa. Le mappe medievali e dei geografi arabi, le ricerche di Paolo Toscanelli i miti e
le fantasie delle terre sconosciute oltreoceano sono i presupposti per il suo progetto.
Presenta il progetto a Giovanni II, re del Portogallo ma la risposta è negativa. Il sovrano non crede alla
fondatezza del progetto e non vuole investire energie al di fuori della strategia africana.
Si rivolge allora ai reyes catolicos: nel 1486, per le ristrettezze finanziarie e gli impegni della corona, la
risposta è negativa.
Nel 1491 la risposta è invece positiva.
17 aprile 1492 la Capitolazione di Santa Fè concede a Colombo il titolo di ammiraglio, viceré e governatore
delle terre eventualmente scoperte ma rivendica allo stato la legittimità della spedizione. 1492 è l’anno
anche del completamento della reconquista.
La prima spedizione è effettuata con 3 caravelle: la Nina, la pinta e la Santa maria.
12 ottobre 1492 Colombo avvista la terra. Crede di essere arrivato in China o Giappone ma in realtà è a
Guanhani, isola delle Bahamas.
La seconda spedizione è di proporzioni più grandi: 1500 uomini (tra cui non nobili ma cavalieri che non
avevano titoli nobiliari, borghesi, artigiani, contadini), 17 navi. In comune avevano il miraggio dell’oro.
Colombo torna a casa con un carico di schiavi.
1498: terza spedizione con sole 6 navi e torna con oro, perle e preziosi. Raggiunse il Messico, le coste
dell’America latina. A Santo Domingo, disordini, violenze, epidemie rendono difficile l’amministrazione di
Colombo.
1500 è inviato in catene in Spagna accusato di corruzione. Isabella lo libera e gli affida un’ultima spedizione
nel 1502: costeggia le Honduras ma arenatosi deve ritornare in Spagna dove muore nel 1506.
Occorreva legittimare la conquista e definire le conquiste spagnole e quelle portoghesi.
1493 c’è la bolla inter cetera, papa Alessandro VI Borgia assegna alla corona di Castiglia ogni isola o terra
ferma scoperta o ancora da scoprire a ovest e a est di una linea stabilita e tracciata dall’artico o polo nord
all’antartico o polo sud. Era quindi la legittimazione dell’occupazione e il via libera per le occupazioni
future. Il Portogallo non accettava la divisione sancita dalla bolla papale
1494 trattato di tordesillas definiva le zone di influenza di Spagna e Portogallo: l’oceano era diviso da una
linea immaginaria situata a 370 leghe a occidente delle isole di Capo Verde; alla sua destra c’era la
colonizzazione portoghese, alla sinistra quella spagnola.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 3. Vasco de Gama
Vasco de Gama nel 1497 doppia il capo di Buona speranza, attraversa l’Africa orienta e raggiunge un anno
dopo Calicut. Torna con un carico di nuove spezie.
1500-501 Cabral, compie una seconda spedizione a clicut, e lambisce per caso, le coste del Brasile. 1510
Portogallo conquista Goa e Malacca.
Tra il 1519 e il 1522 Magellano, navigatore portoghese al servizio della Spagna raggiunge le Filippine.
All’inizio del 500 l’impero portoghese ha 3 nuclei:
1. le colonie agricole degli arcipelaghi dell’atlantico (Madera, Capo verde, Azzorre)
2. in Africa dalla Sierra Leone al Congo la cui risorsa sono gli schiavi
3. l’Estado da India, nell’Oceano Indiano dal basso Mozambico fino a Ceylon e alla costa cinese.
La risorsa portoghese più importante è il commercio delle spezie.
1521-30 conquista del Brasile e sfruttamento delle piantagioni di zucchero.
La Spagna, dopo le conquiste caraibiche della Giamaica, Portorico e Cuba la Castiglia rimpiazza il
Portogallo nella fornitura d’oro in Europa. Poi esplorano Panama, lo Yucatan. 1519 spedizione in Messico
da parte di Cortés: distruggono un impero e una civiltà (gli Aztechi).
1522 Pizarro e Almagro attaccano l’impero Inca in Peru con stragi e sterminio della popolazione. Poi
vengono conquistate lo Yucatan, Guatemala, Salvador, Honduras, Cile, Bolivia.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 4. Licenza reale per i conquistatori del '400
Il primo problema che la colonizzazione pone è l’organizzazione della conquista, l’individuazione di un
equilibrio tra il riconoscimento del potere statale sui territori d’oltremare e la soddisfazione delle aspettative
dei conquistadores.
Il primo strumento di rapporto tra la Corona spagnola e i conquistatori fu la licenza reale: in cambio di
investimenti e investimenti e servizi per la Corona, l’impresario riceveva titoli, privilegi, autorizzazioni
commerciali fino al titolo di adelantado che conferiva il diritto di signoria, un potere amministrativo e
militare.
Un tentativo di giustificare la conquista è il requerimiento: in base ad esso gli indios dovevano riconoscere il
papa come signore del mondo e il re di Castiglia come suo vicario. Solo dopo questa accettazione gli
indigeni potevano essere riconosciuti come leali vassalli. Non funzionò perché gli indigeni non potevano
capire. Meglio la forza.
Lo strumento più importante della colonizzazione fu l’encomienda: era una concessione temporanea fatta
dalla corona ai singoli soggetti, di diritti di signoria su terre, città, castelli, villaggi. L’assegnazione non
comportava nessun titolo di proprietà.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 5. Il Rinascimento: caratteristiche di un'epoca
Al rinascimento era attribuita una forte carica di modernità in contrapposizione al medioevo.
Si afferma l’uomo in quanto individuo.
Rappresenta un’epoca di trasformazioni che investono intensità e ritmi di sviluppo in gran parte dell’Europa.
3 tappe: l’origine nel XIV secolo, la maturità tra il XV e la prima metà del XVI e lo stadio finale nella
seconda metà del XVI.
Ha origini italiane e dura circa due secoli e mezzo.
Nella fase della sua maturità sono individuabili:
Mutamenti culturali che investono visioni del mondo, mentalità, comportamenti. Il passaggio determinante è
il passaggio dall’universalismo medievale alla nuova concezione dell’individuo e alla celebrazione
dell’opera dell’uomo nel mondo. Vi è un ritorno all’antico. Il mondo classico diventa una guida per la vita
pratica.
Mutamenti nella struttura politica fanno dello stato la nuova forma di organizzazione politica interna e
internazionale. Il sistema europeo degli stati è il nuovo sistema di rapporti con l’occidente.
Mutamenti nell’economia e nella società . c’è la rivoluzione dei prezzi. Si hanno diverse velocità delle
economie europee e la formazione di economie centrale e di economie fortemente dipendenti.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 6. Rinascimento: gli stati moderni e le nuove forme della vita
politica
Quasi tutti gli stati europei hanno una un’organizzazione politica simile.
Al vertice c’è il sovrano, titolare del potere che proviene direttamente da Dio, giudice supremo e legislatore.
È assistito da un Consiglio del Re. Un insieme di organismi amministra i diversi settori dello stato e da essi
dipendono le istituzioni periferiche. Si costituiscono rappresentanze diplomatiche stabili negli stati esteri.
Questo tipo di stato è chiamato MODERNO perché ha elementi nuovi rispetto alle organizzazioni politiche
medievali: tasse imposte in modo più o meno uniforme su tutto il territorio statale; esercito professionale;
burocrazia più o meno permanente; sistema di leggi valido sull’intero territorio; divisione tra la proprietà o
titolarità del potere spettante al sovrano e il suo esercizio affidato all’amministrazione. Questi caratteri sono
la risposta organizzativa degli stati ai problemi più importanti come le guerre, le esigenze finanziarie, il
controllo di grandi territori che non può essere affidato alle forze limitate dei sovrani. Ma il potere
legislativo, esecutivo e giurisdizionale non sono ancora distinti. I confini tra pubblico e privato sono ancora
confusi e non è ancora affermata la nozione di stato impersonale. La chiesa e la nobiltà feudale hanno
tribunali separati da quelli dello stato che impongono tasse ecc…
La formula “stato del Rinascimento” (Chabod) ha i seguenti caratteri:
Distacco della sovranità da vecchie basi popolari e territoriali
Invadenza del potere centralizzato nella vita civile tramite il fisco e il diritto
Molteplicità delle giurisdizioni
È una fase di passaggio, una tendenza, da vecchi a nuovi equilibri politici
“stato moderno” e “Stato del Rinascimento” indicano un organizzazione del potere diversa da quella
medievale. “stato nazionale”indica entità politiche corrispondenti a insiemi etnicamente e geograficamente
omogenei e riguarda solo Spagna, Inghilterra e Francia che riuscirono ad attuare un livello superiore di
unificazione nazionale.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 7. L’Europa degli stati tra la fine del '400 e il primo '500: Francia
Con la sconfitta di Carlo il temerario, la conquista della Borgogna da parte di Luigi XI e l’annessione della
Provenza si compie l’unificazione geopolitica della Francia.
Il potere regale ha ancora alcune caratteristiche feudali: il re è a capo di una gerarchia di vassalli, conserva
l’idea di un legame personale e contrattuale con la nazione. Tutte le province hanno un sistema di
rappresentanza autonomo. Tutti i decreti legislativi sono redatti in nome del re e si riferiscono al diritto
pubblico: amministrazione, giustizia e finanza.
Al vertice c’è il Consiglio del Re, formato da grandi dignitari, dai pari, dagli ufficiali della Corona. Durante
il regno di Francesco I lo strumento reale di governo sarà il consiglio degli affari (segreto ristretto, solo
pochi consiglieri intimi del re). Il sovrano riunisce i consiglieri che deliberano le questioni da lui presentate.
Il consiglio del re è un organismo di origine medievale e diventa l’istituto centrale dello stato.
Come si trasforma il consiglio dei re? Nel medioevo i consiglieri erano legati al re da un rapporto personale.
Un sistema gerarchico di controllo collegava il vertice del consiglio, il cancelliere, agli ufficiali fiscali e
giudiziari delle province, divise in distretti amministrativi detti baillages. I funzionari esercitavano nei
bailliages poteri equiparabili alla stessa regalità e subirono una specializzazione: esattori, luogotenenti,
capitani generali.
I caratteri che connoteranno il sistema moderno di amministrazione francese: specializzazione delle
funzioni, formazione di un corpo di funzionari, creazione di un ramo esecutivo dipendente dal sovrano. Il
Consiglio si articola in:
Sezione di Stato con competenze di natura politica
Consiglio des parties con competenze giudiziarie
Consiglio delle finanze
1547 creazione di 4 segretari del re responsabili dei 4 dipartimenti in cui era diviso il regno.
Al progetto di centralizzazione della monarchia francese corrisponde la tendenza dei ceti a sviluppare una
forte resistenza. Questo si manifesta negli Stati generali cioè nell’assemblea dei rappresentanti dell’intera
comunità francese: clero, nobiltà, città, corti sovrane, enti religiosi e terzo stato.
I Parlamenti esercitano il più forte potere di rappresentanza e resistenza. Sono la maggior istituzione
giudiziaria e hanno la funzione di registrare le ordinanze reali (possono bloccarle se le giudicano
imperfette). C’è una natura conflittuale tra re e parlamenti.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 8. L’Europa degli stati tra la fine del '400 e il primo '500:
Inghilterra
Grazie a Enrico VII Tudor la monarchia inglese comprendente anche il Galles e parte dell’Irlanda riesce ad
affermare la sua autorità. Enrico VII combatte i poteri residui dei grandi feudatari istituendo la Camera
Stellata: una specie di tribunale straordinario per le cause contro le famiglie feudali ribelli. Enrico VIII
(1530-42) fa una vera rivoluzione del governo: il centro dell’amministrazione è assunta dal primo segretario
e dal Consiglio Privato; si afferma la supremazia dell’Ufficio dello Scacchiere; sopprime ineguaglianze
costituzionali e speciali privilegi nel paese. È Cromwell l’artefice e cerca di concentrare il potere nello stato.
Lo Stato del Rinascimento in Inghilterra è il superamento di un “movimento ad altalena” (Hill, storico) cioè:
quando il re era debole il governo era più burocratico e sotto l’egemonia dei baroni, quando era forte era
invece in mano alla corte. Nel XVI secolo questo ciclo si interrompe e tutto il governo diventa un governo
nazionale, del re.
Il sistema politico si fonda su un equilibrio fra esigenze della monarchia centralizzata e interessi di varia
natura.
Ci sono due Camere: la Camera dei Lord che rappresenta la grande nobiltà e la Camera dei Comuni che
rappresenta la piccola nobiltà terriera (gentry) e ceti non nobili, coltivatori diretti.
La funzione legislativa è riconosciuta al Parlamento.
C’è un autogoverno delle Contee affidato agli sceriffi, nobili, giudici di pace, personaggi legati agli interessi
del territorio.
La teoria dei due corpi del re: un corpo naturale e mortale e un corpo politico, incorruttibile e non soggetto
all’invecchiamento. Nel secondo corpo che passa da un re all’altro c’è l’essenza della sovranità.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 9. L’Europa degli stati tra la fine del '400 e il primo '500: Spagna
In seguito alla Reconquista cristiana che si completa con l’annessione del Regno di Granada nel 1492, a
Ferdinando e Isabella furono concessi i titoli onorifici di Reyes Catolicos.
Si compie anche in Spagna un processo di ristrutturazione amministrativa fondato su una molteplicità di
consigli ed è articolato così:
Consigli di Stato e di Guerra, della Santa Sede e Suprema Inquisizione, che si estendono in tutta la
monarchia e assistono il sovrano nella politica estera e religiosa.
Consigli di Castiglia, d’Aragona, delle Indie, d’Italia, di Portogallo e delle Fiandre che sono consigli
territoriali di governo.
Consiglio d’Azienda che si occupa di aspetti dell’amministrazione interna della Corona di Castiglia. Organo
più importante dal punto di vista finanziario.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 10. L’Europa degli stati tra la fine del '400 e il primo '500: Russia
Ivan III (1464-1505) liberò la Russia dai Mongoli e la unificò.
La tendenza al controllo e alla centralizzazione statale passò attraverso la tappa della sottomissione alla
monarchia dei principi autonomi e dei boiari, dominatori di un territorio enorme, attraverso l’unificazione
religiosa del cristianesimo ortodosso e una concessione assoluta del potere che negava l’esistenza di leggi al
di sopra del sovrano. Lo zar si sentiva erede dell’impero romano d’oriente
‘L’ideale di Ivan era un’autocrazia ortodossa cristiana, benedetta dalla divina provvidenza. Però lo zar
doveva far fronte a opposizioni dell’antica nobiltà feudale, i boiari e ai problemi derivanti dall’enorme
estensione del territorio.
Dalla metà del XVI comincia ad agire un nuovo organismo rappresentativo: gli zemskie sobory formati da
rappresentanti del clero, piccola nobiltà, ceti mercantili e artigiani. Poi lo zar crea organismi rappresentativi
locali e affida alla piccola nobiltà funzioni di amministrazione della giustizia e di polizia e favorisce nelle
province la creazione di autorità elette.
Per contrastare la potenza dei boiari, Ivan III e Ivan IV il Terribile (1547-84) distribuirono la terra alla
nobiltà di servizio cioè la piccola nobiltà al seguito dello zar. Viene concessa ai nobili un’ampia zona
equivalente alla metà dell’intero territorio e costituì con loro una forza militare autonoma.
Il rafforzamento del potere centrale russo corrispose all’indebolimento dell’aristocrazia boiara.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 11. L’Europa degli stati tra la fine del '400 e il primo '500:
Germania
Nel XVI secolo non esiste come entità politica unitaria.
Lo sviluppo statuale ha avuto luogo su due piani:
1. Dell’impero: ha perso i tre requisiti medievali della sacralità, universalità e continuità. L’Impero è
affidato agli Asburgo. Massimiliano possiede per diritto feudale l’Austria e dopo il matrimonio con Maria di
Borgogna, le Fiandre. Il sistema politico mostra la sua debolezza costituzionale. I domini ereditari dei
principi tedeschi e le città libere sono coinvolti in un processo di formazione dello stato moderno. Ci sono
nuovi istituti per l’esercizio del potere come la Cancelleria, il Consiglio per la Giustizia e la Camera per le
finanze. L’impero non ha strumenti militari, finanziari e politici capaci di applicare le decisioni
dell’assemblea degli elettori, dell’aristocrazia e delle città imperiali. È quindi scarso il potere che
l’imperatore riesce ad esercitare.
2. Statuale (quello degli stati territoriali): quello degli stati territoriali. Il processo di formazione dello stato è
condizionato dal rapporto tra il principe e i ceti. La costituzione per ceti è una struttura politica dualistica: da
un lato il Consiglio del signore territoriale, dall’altro la Dieta , organismo rappresentativo dei ceti. I ceti
hanno poteri più ampi e hanno alternativamente appoggiato e contenuto il potere del principe sul piano
centrale ma indebolito sul piano locale. Nella seconda fase sono stati partner del principe nella formazione
dello stato.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 12. La conquista dell’impero ottomano nel '400
1453 con la conquista di Costantinopoli inizia la seconda fase dell’espansione turca. In meno di un secolo
conquisteranno parte dei Balcani, la Moldavia, Siria, Egitto, Belgrado, Rodi, Buda sottrarranno Kaffa ai
genovesi, sottometteranno la Crimea e assedieranno Vienna.
A metà del 500 con Solimano I è il più potente impero del mondo. Alla fine del secolo è in declino.
Fondamenti interni del sistema turco
1. La base del dispotismo del sovrano è nel rapporto tra il sultano e le fonti di ricchezza del regno: non c’è la
proprietà privata della terra. Il sultano sfrutta come possedimenti imperiali ogni fonte di ricchezza.
2. Ci sono 2 istituzioni parallele: l’istituzione di governo e quella religiosa musulmana. Non c’è separazione
tra chiesa e stato. Il personale dell’amministrazione civile e militare è reclutato tra schiavi cristiani. Il
controllo del sistema spettava alla casta sacerdotale degli Ulema, i teologi musulmani.
3. Non esiste il feudalesimo. I cavalieri ricevono terra in cambio del servizio militare. Non possono
trasmettere ereditariamente le terre.
4. Non si persegue nessun tentativo di unificazione delle diverse etnie e di centralizzazione
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 13. Nascita dello stato moderno nel XV secolo
"Lo stato moderno è una nuova forma di organizzazione politica che caratterizza il sistema dei rapporti in
Europa tra il XV e XVII secolo. La sua origine è nella crisi degli ordinamenti medievali. Nel caso italiano le
signorie sono il passaggio fondamentale verso lo stato moderno. La fase intermedia è costituita dalla
progressiva centralizzazione del potere, la fase matura dall’età dell’assolutismo della seconda metà del XVII
secolo.
Quasi tutti gli stati europei nel corso del XVI secolo hanno caratteri simili:
Una tendenziale concentrazione del potere
Divisione tra titolarità del potere spettante al sovrano e l’effettivo esercizio affidato all’amministrazione
pubblica
Tendenziale unificazione del territorio e delimitazione dei confini
Protezione del territorio all’interno e all’esterno
Unificazione legislativa, giudiziaria e fiscale del paese.
Il principio fondamentale che distingue stato moderno da medievale è l’unicità della funzione sovrana: deve
conquistarsi piena autonomia, deve essere divisa, deve poter contare su una forza e una base di unicità
indipendente."
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 14. La rivoluzione dei prezzi del '500
Alla metà del 500 il prezzo delle merci è sensibilmente aumentato rispetto ai primi anni del secolo. La
rivoluzione dei prezzi è associata alla scoperta del nuovo mondo e all’afflusso in Europa dei grandi stock di
metalli preziosi. È collegato anche all’evoluzione demografica.
Cambia il rapporto tra la domanda e l’offerta dei beni. L’aumento della popolazione spinge ad allargare le
aree coltivabili e ad applicare maggiori capitali nell’economia agricola. La campagna è la base di tutta la
produzione perché la maggior parte della popolazione vive fuori dai centri urbani. Una parte della
popolazione comincia a muoversi e nascono città con nuove funzioni, centri di traffici finanziari e
internazionali, sedi delle burocrazie statali. La prima voce dei consumi sono i cereali. In Inghilterra in
Germania, Francia e Italia si sviluppa il fenomeno della recinzione e si afferma la proprietà individuale.
Cambia anche il paesaggio agrario con l’introduzione di nuove colture.
Si sviluppa anche la domanda di prodotti industriali. Produzione di articoli siderurgici e metallurgici.
Sviluppo dell’attività mineraria, sfruttamento del patrimonio boschivo, manifatture tessili, incremento
dell’attività edilizia. A sollecitare la domanda è il nuovo stato, per lo sviluppo delle sue funzioni pubbliche,
per la politica degli armamenti e delle grandi opere edilizie.
C’è una diversa organizzazione del lavoro che convive con quella precedente. È un’industria rurale in cui
emergono la figura del mercante in possesso di capitali e dei mezzi di produzione e la figura dei salariati che
svolgono il lavoro a domicilio nella campagna.
Si sviluppa l’organizzazione dei grandi complessi industriali legati all’attività degli armamenti e
all’astrazione dei metalli.
La figura che emerge è il mercante imprenditore e operatore finanziario che utilizza gli strumenti offerti dal
credito. L’attività creditizia si intensifica per la complessità del commercio internazionale, l’accelerazione
dell’attività manifatturiera e la crescita delle esigenze finanziarie degli stati.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 15. Gerarchie sociali e del potere tra '400 e '500
Terra, commercio, esercizio delle professioni civili, pubblica amministrazione sono i settori da cui si trae
ricchezza, prestigio e potere tra 400 e 500. Il sistema feudale prevale nell’Europa orientale dove vige la
servitù della gleba.
I circuiti del commercio sono differenziati.
I circuiti del commercio sono differenziati: dai mercati locali a quelli regionali, a quelli a lunga distanza,
dalle piccole fiere alle grandi fiere, in cui gli uomini d’affari mobilitano risorse finanziarie e usano la lettera
di cambio, e le tecniche cambiarie più sofisticate.
Dal potere pubblico ai privati si fa ricorso agli avvocati. La fonte del diritto è Dio.
Il clero è il primo ordine perché chiesa e religione sono il fondamento della società non ancora secolarizzata.
Al secondo posto c’è l’aristocrazia depositaria degli antichi valori della dignità militare e nobiltà di sangue.
Al terzo posto c’è chi non può vantare di nessun stato privilegiato, il terzo stato.
Nel Rinascimento ci sono anche grandi opere della pittura, scultura, architettura ma anche libri moderni.
Orlando Furioso, Il principe, Utopia, elogio alla pazzia, la Gioconda.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 16. Il sistema degli Stati italiani nel '400-'500
Alla fine del 400 ci sono 3 potenze: Spagna, Francia e impero ottomano. Hanno una politica espansionista e
usano strumenti come guerre, matrimoni e alleanze diplomatiche per aumentare la propria potenza. (Francia:
matrimonio tra Carlo VIII e Anna di Bretagna prepara l’annessione del ducato di Bretagna; Spagna:
Ferdinando il Cattolico con Isabella di Castiglia e la reconquista; impero ottomano con la caduta di
Costantinopoli)
Italia: con la PACE di LODI (1454) si definisce lo spazio politico. Si ha una politica di equilibrio tra le varie
regioni. La morte di Lorenzo il Magnifico e papa Innocenzo (1492), l’espansionismo francese accelerarono
la crisi di fine secolo.
Tre fasi della politica italiana tra metà 400 e metà 500
1. Dalla pace di Lodi alla discesa di Carlo VIII
2. La penisola durante le guerre d’Italia è totalmente dipendente dagli interessi di Francia e Spagna
3. Con la pace Cateau-Cambresis entra nei secoli bui dell’egemonia spagnola.
Nei primi decenni del 500 il predominio sull’Italia equivale al predominio in Europa; le poste in gioco sono
2: Milano e il Regno di Napoli. Quest’ultimo, conteso tra Francia e Spagna è importante per la posizione
strategica nel mediterraneo e le risorse finanziarie del Mezzogiorno.
Milano e Napoli nel sistema degli stati italiani sono anche punti deboli non potendo contare né su una
dinastia né su una signoria locale radicata da secoli né su una struttura politica e aristocratica e oligarchica. I
punti forti nel sistema degli stati italiani ma non abbastanza per realizzare una supremazia sugli altri stati e
non paragonabili con le altre potenze europee erano: il ducato di Savoia (fondamento la dinastia), lo stato
della chiesa(fondato sul diritto divino); Firenze (grande tradizione politica cittadina), Venezia (unica
struttura statale efficiente). Nessuno di questi stati poteva realizzare una supremazia riconosciuta e dotata di
consenso. Permaneva quindi un divario tra l’Italia e le grandi potenze europee nella disponibilità di
strumenti politici e militari. Era la politica dell’equilibrio l’unica linea che consentiva all’Italia di giocare un
ruolo sulla scena europea. Strumento importante nella politica degli stati italiani erano le leghe, promosse
quasi sempre da uno dei punti di riferimento più importanti per ogni azione politica nella penisola: Venezia
e Stato della Chiesa.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 17. La spedizione di Carlo VIII e la fine dell’indipendenza del regno
di Napoli
La spedizione di Carlo VIII (1483-98) in Italia fu rapida e facile. Fu Favorita da un principe italiano,
Ludovico Sforza detto il Moro: nel Ducato di Milano, dopo l’uccisione di Galeazzo Maria Sforza, i poteri
furono assunti dal figlio Gian Galeazzo ma di fatto governò lo zio Ludovico Sforza che nel 1494 fece
assassinare il nipote e si proclamò duca. Il governo di Ludovico era instabile a causa: della non legittimità
del suo potere e quindi le tensioni provocate dalle spinte legittimiste; le mire degli Aragonesi sul ducato
(Gian Galeazzo aveva sposato la figlia del re di Napoli, Ferrante d’Aragona); la necessità del Moro di
stringere un’alleanza con il sovrano di una potenza straniera anche per consolidare il suo potere di principe
territoriale nell’area padana. Per questo e per far fronte alla minaccia aragonese, il Moro chiamò in soccorso
Carlo VIII e lo invitò a far valere aspirazioni angioine sul regno di Napoli.
Carlo VIII si garantì la neutralità dell’Inghilterra e della Spagna (con la concessione di due passi pirenaici) e
dell’impero asburgico (con la rinuncia di Carlo ai feudi imperiali della Franca Contea e dell’Artois).
L’identità del paese come nazione patria era completamente assente, anzi c’era una forte fazione
aristocratica filofrancese e antiaragonese.
Carlo VIII poteva contare sull’apparato militare più sviluppato d’Europa.
Nell’agosto 1494 Carlo VIII era ad Asti. Poi i francesi entrarono a Firenze. Piero de Medici, successore di
Lorenzo il magnifico con un atteggiamento di soggezione di fronte a Carlo provocò la ribellione dei
fiorentini che lo cacciarono e proclamarono la repubblica.
Poi Carlo entra a Roma
A Napoli, dopo la morte di Ferrante d’Aragona nel 1494, il figlio Alfonso aveva provveduto a contrastare i
progetti francesi di invasione. Nel 1495 Alfonso abdicava a favore del figlio Ferdinando.
All’inizio del 1495 Carlo entra a Napoli con l’appoggio dei patrizi napoletani e dei baroni feudali. Il sovrano
francese ebbe poco tempo per svolgere a Napoli una vera e propria azione di governo
A Venezia nello stesso anno fu firmata un’alleanza antifrancese da Venezia, Ludovico il Moro, papa
Alessandro VI, Massimiliano d’Asburgo, Ferdinando II d’Aragona (che era dovuto fuggire da Napoli) e i Re
Cattolici.
Nel luglio del 1495 Ferdinando II d’Aragona riacquistò il Regno di Napoli. Poi a ottobre morì. Erede al
trono era lo zio Federico.
1497 c’è una tregua tra Francia, Spagna e stati italiani.
1498 Carlo morì. Il successore, Luigi XII d’Orleans nel 1499 conquistò Milano grazie agli accordi stabiliti
con Venezia e papa Alessandro VI Borgia.
1500 col trattato di Granada ci fu un’intesa tra Francia e Spagna e il Regno di Napoli fu spartito tra le due.
La metà settentrionale, inclusa la capitale a Luigi XII e l’altra metà a Ferdinando il Cattolico. Ma gli
interessi spagnoli e quelli francesi non potevano convivere e l’equilibrio era quindi precario. Inoltre per
Ferdinando, Napoli era troppo importante.
1503 il regno di Napoli fu interamente conquistato dalle truppe italospagnole. Era l’inizio di una lunga
dominazione straniera nel mezzogiorno durata sino al 1707.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 18. Savonarola e Borgia al potere
Dopo la cacciata dei medici da Firenze viene costituita la repubblica e la funzione di leader viene svolta dal
frate dominicano Girolamo Savonarola (1452-98). Dotato di una forte personalità carismatica, era spinto da
una fede profonda a teorizzare una renovatio cristiana e combattere contro la politica temporale dei papi,
governanti immorali e corrotti. Aspirava a una Teocrazia, a una vita umile e il distacco dalle cose materiali.
Disprezzava i valori mondani e fece bruciare beni di lusso e tesori d’arte. Aveva trasferito i valori cristiani
dell’uguaglianza e della fratellanza anche nel campo politico. Abolì le imposte, fondò un Monte di pietà per
l’assistenza ai più bisognosi Si organizzarono però anche gruppi di opposizione che volevano la
restaurazione dei Medici e gli Arrabbiati e volevano un sistema di potere aristocratico. Venne scomunicato
dal papa e dopo una sommossa venne impiccato nel 1498.
Tra il 1499 e il 1503 Cesare Borgia è al centro della politica. Il suo progetto ambizioso era di eliminare le
piccole signorie locali insediate in un vasto territorio compreso tra Toscana, Romagna e Marche, di
annetterle allo stato della chiesa, conquistare la Toscana e di creare un vasto complesso politico nell’Italia
centrale sotto le apparenze di una restaurazione del dominio pontificio. Riuscì a realizzare solo la prima
parte. Tra il 1499 e il 1502 conquistò la Romagna ma non riuscì annetterla formalmente allo stato della
chiesa come si era prefissato perché non poteva più contare sull‘appoggio di papa Alessandro VI in quanto
morì nel 1503. Il nuovo papa Giulio II era nemico dei Borgia. Per conquistarsi i voti gli aveva promesso lo
stato di Romagna ma non mantenuta. Viene poi costretto a fuggire in Spagna.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 19. Francesi e spagnoli nella penisola nel '500
Giulio II sviluppò una politica estera aggressiva e promosse il consolidamento della monarchia papale. La
repubblica di Venezia attuò una politica espansionistica verso lo stato della chiesa e occupò Faenza, Cesena
e Rimini. Così Giulio promosse la lega di Cambrai (1508) in funzione antiveneziana insieme a Luigi XII,
Massimiliano D’Asburgo e Ferdinando il Cattolico e sconfissero l’esercito veneziano ad Agnadello (1509).
Venezia si riprese facendo leva su una serie di paci separate con gli avversari e sul fatto che gli alleati di
Cambrai erano diversi tra loro.
Il problema politico fondamentale tornava ad essere la supremazia francese nell’Italia settentrionale. Giulio
II creò una lega antifrancese con Ferdinando, la confederazione svizzera e Venezia (lega santa). Nella
battaglia di Ravenna (1512) i francesi vissero le truppe della lega ma in altri scontri furono ripetutamente
battuti. Così furono costretti a lasciare Pavia, Genova, Bologna e infine la stessa Milano in cui venne
insediato come duca Ercole Massimiliano Sforza, figlio di Ludovico il Moro. Intanto a Firenze tornarono i
medici.
Con l’aiuto di Venezia Francesco I successo a Luigi XII sconfisse a Marignano nel 1515 gli svizzeri e le
truppe milanesi. La rioccupazione francese di Milano e della Lombardia sancì per alcuni anni la divisione
dell’Italia in due sfere d’influenza: quella francese al nord e quella spagnola al sud.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 20. L’impero di Carlo V
Linee della politica di Massimiliano I d’Asburgo (imperatore dal 1508): si sposò con Maria di Borgogna e
quindi ereditò le Fiandre; fece sposare il figlio Filippo con Giovanna la Pazza, figlia di Ferdinando e
Isabella. Per la politica estera gli insuccessi superarono i successi come per esempio in Ungheria e con la
confederazione svizzera che si rese indipendente dall’impero. Tuttavia la strategia matrimoniale e le
conseguenze mutarono nel 500 lo scenario politico mondiale. Da Filippo e Giovanna nacque Carlo che nel
1506 diventa erede delle Fiandre, degli stati ereditari di casa d’Austria, dei regni d’Aragona e di Castiglia,
delle loro dipendenze e domini. Nel 1516 alla morte di Ferdinando il cattolico, Carlo era proclamato re di
Spagna; nel 1519 era incoronato imperatore ad Aquis Grana. La Spagna inizialmente non accetta una nuova
condizione di dipendenza da una dinastia nuova come gli Asburgo. Dopo alcune rivolte Carlo V riuscì a
ristabilire l’autorità della corona in Spagna e a consolidare la monarchia asburgica nei domini italiani:
Regno di Napoli, Sicilia e Sardegna.
Il decennio 1520-30 ci fu un’elaborazione della linea politica per la parte spagnola dell’impero, nella ricerca
di un punto di equilibrio tra 2 esigenze: l’affermazione dell’autorità della monarchia e la ricerca di alleanze
con i ceti sociali dei singoli regni. La politica di Carlo v si muoveva in una linea di continuità con quella di
Ferdinando e contemplava la partecipazione alla contesa per l’Italia e per il predominio europeo e il
contenimento del pericolo turco. Su questo fronte furono importanti la presa di Tripoli (1510) e quella di
Tunisi (1535) che garantirono anche la sicurezza del regno di Napoli.
Carlo era stato il candidato naturale ma anche il più contrastato alla corona imperiale.
Per ottenere l’appoggio dei principi tedeschi Carlo dovette concedere loro la conferma di tutti i loro diritti; il
diritto alla consultazione per definire le linee di politica estera; il divieto di imporre nuove tasse. Di li a poco
proprio la Germania avrebbe costituito la spina nel fianco del sovrano asburgico e messo in crisi il sogno di
una monarchia universale fondata sull’unità cristiana e la pace religiosa.
Per concludere si può parlare di un impero a base quadrangolare: le fiandre, gli stati germanici, l’Italia
settentrionale e la Spagna. Il cuore di Carlo V è il centro Europa.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 21. Dalla battaglia di Pavia del 1525 alla pace di Cateau-Cambresis
1525: Francesco I sconfitto e catturato a Pavia deve rinunciare a Milano. Al termine di un anno di prigionia
Francesco firma la pace con Carlo V. Subito promuove una nuova alleanza (lega di Cognac) in cui riesce a
coinvolgere Inghilterra, Venezia, Milano, Genova, Firenze e il papa Clemente VII. Dopo qualche vittoria nel
milanese la lega è sconfitta dai Lanzichenecchi (le truppe mercenarie di Carlo V reclutate in Germania e
sensibili alla predicazione luterana).
Carlo V vuole impartire una lezione a Clemente VII. Così nel 1527 I lanzichenecchi compiono il sacco di
Roma (saccheggiano Roma) che rappresenta un attacco al cuore della cristianità e alimenta la paura di uno
scontro tra luterani e cattolici. In realtà l’obiettivo di carlo V è politico: spezzare l’equilibrio politico che
regge il sistema di alleanze tra gli stati italiani; spingere questi stati al riconoscimento dell’egemonia
spagnola in Italia.
1528: Genova si sgancia dall’alleanza con Francesco I ed entra nell’orbita asburgica finanziando lo stato
sovranazionale di Carlo V, le sue imprese militari e la sua politica.; il primo risultato tangibile è il fallimento
del tentativo francese di invadere il Regno di Napoli.
1529: anche papa Clemente VII in seguito agli accordi di Barcellona entra nell’orbita spagnola per poter
decidere con l’imperatore la ridefinizione degli assetti politici italiani: la decisione più importante è la
restaurazione dei Medici a Firenze. Con il ritorno di Alessandro De Medici, nipote del pontefice, inizia per
Firenze la fase del principato dinastico.
1529: pace di Cambrai detta delle due dame perché stipulata da Luisa di Savoia madre di Francesco I e
Margherita d’Austria, zia di Carlo V e stabilisce il seguente assetto: Milano, Napoli e asti sotto il dominio di
Carlo V, il Piemonte sabaudo occupato dai francesi, Genova nell’orbita spagnola.
1530: Carlo incoronato re d’Italia e imperatore del sacro romano impero: quasi tutti gli stati minori in Italia
riconosco il predominio spagnolo.
Francesco I attua una politica di riarmo e stipula 2 sconcertanti alleanze: la prima con i turchi di Solimano I
il Magnifico; la seconda con i principi luterani della Germania
1535: riprendono le ostilità tra Francia e Spagna
1544: pace di Crepy: non modifica la situazione ma il successore di Clemente VII, Paolo III Farnese (1534-
49) ottiene per il figlio il ducato di Parma e Piacenza.
Il successore di Francesco I, Enrico II continua la politica diplomatica e militare del padre, riesce a occupare
nella Lorena i Tre Vescovadi di Metz, Toul e Verdun.
1555: Carlo V è costretto a firmare la pace di Augusta.
Carlo V abdica e divide i suoi stati tra il figlio Filippo II (area spagnola, Paesi bassi, domini italiani) e il
fratello Ferdinando I (area austriaca e corona imperiale) ma entrambi gli avvenimenti non favoriscono
Enrico II.
1557 Enrico II perde l’ultimo territorio italiano rimastogli, il Piemonte. Emanuele Filiberto di Savoia
sconfigge a San Quintino l’esercito francese.
1559: firmata la pace a Cateau Cambresis considerata come la sanzione della vittoria della Spagna e della
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità sconfitta della Francia. Punti principali:
Preponderanza spagnola in Italia. La Spagna conserva il ducato di Milano, la Sicilia, il Regno di Napoli, e la
Sardegna e ottiene lo Stato dei Presidi (Orbetello, Porto Ercole, Porto Santo Stefano, Talamone, Piombino,
Isola d’Elba). Savoia, Piemonte e Nizza a Emanuele Filiberto; la repubblica di Genova ottiene la Corsica
dalla Francia e diventa la più importante finanziatrice della corona spagnola. La repubblica di Venezia
alleata della Spagna ma conserva una sua autonomia e ha un ruolo decisivo nella lotta contro i turchi. Il
ducato d Toscana ottiene Siena ed è indipendente; ducato di Parma e Piacenza a Ottavio Farnese, sposo della
figlia di Carlo V. Ducato di Modena e Reggio e ducato di Ferrara sotto gli Estensi; ducato di Mantova sotto i
Gonzaga; stato della chiesa legato a Madrid per i problemi legati nella riforma protestante; solo il
marchesato di Saluzzo è controllato militarmente dalla Francia.
L’integrità degli stati nazionali. La tendenza, formalizzata da Cateau Cambresis è quella della ricerca di
confini territoriali sicuri.
La fine dell’idea dell’impero universale. Nel 1559 Filippo II lascia le Fiandre e torna in Castiglia e questo
simboleggia la fine del sogno imperiale di Carlo V e segna una svolta.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 22. L’Italia dopo le conquiste spagnole: un territorio particolare
Le differenze nell’Italia del particolarismo sono profonde
1. Differenza tra stati indipendenti e non indipendenti, quindi integrati in un complesso politico più vasto
come la corona spagnola (Milano, Regno di Napoli, Sicilia, Sardegna e Presidi)
2. Differenza tra stati a base cittadina, allargatisi poi a dimensione regionale (Venezia, Genova, Firenze,
Milano…) e stati monarchici con una forte impronta feudale (ducato di Savoia, stato della chiesa e Regno di
Napoli)
3. Differenza tra le forme di governo: repubbliche o principati. Le repubbliche di Genova, Venezia, Lucca e
Siena e le esperienze repubblicane fiorentine.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 23. La riforma protestante
Fu un movimento europeo che coinvolse non solo la parte centrosettentrionale del vecchio continente, ma
anche la parte orientale e persino paesi fortemente cattolici come Francia, Spagna e Italia. Fu un moto di
reazione alla corruzione del clero, agli abusi ecclesiastici, alla sostanza e alle manifestazioni del potere
temporale dei papi, al commercio delle indulgenze. I promotori di questo movimento furono in maggioranza
uomini di chiesa: Martin Lutero era un monaco agostiniano, Zwingli era un sacerdote e Calvino si avviò
presto verso la carriera ecclesiastica. La riforma nacque dunque dentro l’istituzione ecclesiastica. Si
avvertiva il bisogno di una lettura autentica delle sacre scritture e di una reformatio, di una renovatio che
risolvesse la crisi d’identità religiosa sia attraverso un ritorno alle fonti originali del Cristianesimo, sia
attraverso una prospettiva di riforma morale.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 24. Martin Lutero
Lutero (1483-1546) vestì l’abito monacale nell’ordine degli agostiniani. Non ha lasciato un’opera nella
quale si possono rilevare i fondamenti della sua dottrina. Il problema intorno a cui si arrovella il monaco è la
giustizia di Dio. Parte dalla distanza tra la santità di Dio e la sua volontà, e la condizione umana macchiata
dal peccato originale. La conseguenza è l’assoluta dipendenza dell’uomo da Dio e l’inutilità di tutte le azioni
e opere buone compiute dall’uomo. Le Scre Scritture, l’esperienza mistica e la tradizione spingono Lutero
verso una soluzione del problema: l’uomo è peccatore nella sua condizione originaria e nella sua vita
quotidiana ma giusto nella fede di Dio e nella speranza di potersi salvare tramite l’annullamento nella sua
volontà. Il principio della giustificazione mediante la fede è il cardine della dottrina luterana.
1517 - Lutero scrive le 95 tesi di Wittemberg. Vengono affisse alle porte della chiesa del castello di
Wittemberg Gli elementi importanti delle tesi che ebbero una straordinaria diffusione sono i motivi della
differenza tra la teologia cattolica e la teologia luterana e l’efficacia dello stile polemico e popolare. Ebbero
fortuna grazie alla diffusione della stampa. In esse vi è la critica alla pratica delle indulgenze (inducono a
essere sicuri di sé e mettere in pericolo la salvezza e inizia a incrinarsi la dottrina della mediazione
ecclesiastica.
Tra la fine 1517 e l’inizio del 1518 le tesi sono stampate in molte città della Germania, della Svizzera e di
altre parti d’Europa: la loro risonanza è enorme.
Gli scritti più importanti dal 1519 in poi sono “Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca”, un forte appello ai
principi e all’aristocrazia che fa leva sulle esigenze di riorganizzare la chiesa su base locali; “la cattività
babilonese della chiesa” in cui si nega valori e sacramenti al di fuori del battesimo e dell’eucarestia; “della
libertà del cristiano” in cui è rivendicato il libero esame delle sacre scritture ed è negato il valore delle buone
azioni ai fini della salvezza. In queste 3 opere sono contenuti i 2 cardini della riforma luterana:
la fine della mediazione ecclesiastica e il principio del sacerdotio universale. Lutero contesta al papato la
prerogativa di essere depositario della vera e unica interpretazione delle sacre scritture. Non c’è più bisogno
della mediazione tra Dio e l’uomo
La nuova dottrina dei sacramenti: Lutero elimina quei sacramenti che presuppongono la mediazione
ecclesiastica e ripropone solamente il battesimo che dona la grazia attraverso la fede e l’eucarestia in quanto
memoria del sacrificio della croce
1520 - papa Leone X con la bolla Exsurge Dominae condanna 41 proposizioni di Lutero minacciandone la
scomunica se entro 60 giorni non ritratta ma egli brucia la bolla in piazza Wittenberg.
1521 - una bolla del papa Leone X pronuncia la scomunica. Intanto la dottrina luterana si diffonde in vaste
aree della Germania: tutte le gerarchie e i ceti sociali ne sono coinvolti grazie alla semplicità e alla duttilità
del messaggio luterano. Tra il 1519 e il 1520 i fondamenti della riforma incontrano straordinaria fortuna,
l’intervento dell’attività ecclesiastica non è più sufficiente ma ha bisogno del supporto dell’autorità politica.
1521: si riunisce la dieta di Worms alla presenza dell’imperatore Carlo V, dell’inquisitore della Germania
Alberto di Magonza, dei Nunzi pontifici. Ma l’alleanza tra potere secolare e potere ecclesiastico per la
repressione del riformatore non raggiunge il suo fine. L’esito è debole per la Roma: il frate viene messo al
bando la dottrina è condannata come eretica.
Tra il 1521 e il 1522 c’è un’importante traduzione di Lutero e del nuovo testamento. In quegli anni vi è
anche la sistematizzazione della dottrina a opera di Filippo Melantone denominato l’ombra di Lutero
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 25. Le due alternative alla crisi religiosa del '500: Erasmo e Lutero
1524: Erasmo da Rotterdam pubblica l’opera “de libero arbitrio”
1525: Lutero replica con lo scritto “De Servo arbitrio”
È il segno di una radicale diversità tra ragione e fede. Il pensiero di Erasmo è un originale fusione tra
umanesimo e Cristianesimo. Erasmo difende il libero arbitrio e il primato della volontà dell’uomo nella sua
capacità di fare il bene e di evitare il male. È l’esaltazione della religione naturale e i suoi fondamenti sono:
l’unità e la pacificazione cristiana attraverso la tolleranza, il dubbio sistematico come metodo intellettuale, il
primato della volontà dell’uomo nella sua capacità di fare il bene ed evitare il male.
Il Servo arbitrio di Lutero è all’opposto l’esaltazione della religione soprannaturale e l’assoluta impotenza
della volontà umana. I suoi fondamenti sono: l’assoluta certezza delle sacre scritture; la certezza della
salvezza attraverso la fede; l’impotenza della volontà umana; la totale divergenza tra fede e ragione.
Si configurano quindi due vie alternative alla crisi religiosa del 500: la prima, quella di Erasmo, fondata su
una religione ragionevole, su un equilibrio fra la grazia e la volontà umana, a cui è concessa la libertà di
scegliere il bene e rifiutare il male; la seconda, quella di Lutero, fondata tra la distanza tra Dio e l’uomo, il
primo assoluto e incondizionato, il secondo condizionato e dipendente da Dio. Inoltre per Erasmo le critiche
agli abusi ecclesiastici non possono porre il cristiano fuori della chiesa, che resta l’unica depositaria della
parola divina: la riforma deve essere interna alle istituzioni ecclesiastiche. Il movimento erasmiano
rappresentò un originale modo di vivere e superare la crisi religiosa del 500 e contribuì alla genesi e allo
sviluppo di una riforma cattolica.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 26. Riforma e rivoluzione: la guerra dei contadini del '500
Lutero non è un rivoluzionario ma gli è sempre interessata la riforma della vita interiore. Parlando del
luteranesimo bisogna tener conto del contesto di forte conflittualità sociale e politica della Germania del
primo 500. i livelli di questa conflittualità sono diversi: i contrasti tra il principe elettore Federico di
Sassonia e l’arcivescovo di Magdeburgo sulla questione delle indulgenze: Federico non tollera che il denaro
dei suoi sudditi vada a finire a Magdeburgo e che l’arcivescovo gli tolga potere e giurisdizione. Altri
principi territoriali si oppongono al potere temporale della chiesa di Roma.
La predicazione luterana investe come un ciclone tutti gli strati sociali: l’aspettativa della reformatio si
congiunge con le aspirazioni dei ceti a trasformare i rapporti esistenti. Quello che esplode nella Germania di
questi anni è un insieme di conflitti che però hanno un punto in comune: l’intreccio forte tra il rinnovamento
dello spirito religioso, promosso da Lutero, e il programma di riforma politica. L’altro elemento comune è il
risultato che quei conflitti hanno conseguito: il rafforzamento dei principati territoriali, cioè la
statalizzazione della riforma in Germania.
La rivolta dei cavalieri: la grande nobiltà ha accresciuto molto poteri e giurisdizioni e ha emarginato la
piccola nobiltà dei cavalieri. Influenzati dalle idee luterane i cavalieri accentuano la spinta alla rivolta contro
la chiesa di Roma, i beni del clero e vagheggiano la formazione di una Germania imperiale libera dal potere
del papa, fondata sul primato della forza politica dei cavalieri e sulla fine del potere della grande feudalità
laica ed ecclesiastica. I cavalieri si coalizzano contro l’arcivescovo di Treviri, per loro espressione della
sintesi tra potere feudale e potere ecclesiastico. Ma i principi protestanti si schierano con l’arcivescovo di
Treviri e sconfiggono i cavalieri. La grande feudalità e i principati territoriali escono vincitori da questa
vicenda.
La guerra dei contadini 1524 - 1525: fin dai primi anni 20, alcuni seguaci di Lutero più radiali come
Muntzer e Carlostadio sottolineano un’altra possibile direzione del movimento di riforma: il ritorno
all’ideale evangelico dell’organizzazione comunitaria dei fedeli, alle fonti della chiesa primitiva, al modello
della povertà ecclesiale e dell’abolizione delle disuguaglianze sociali. Su questa base si formano comunità di
fedeli, soprattutto operai e minatori, che parteciperanno alle rivolte tra il 1524 e il 1525. Alle origini delle
ribellioni popolari è la situazione sociale nelle campagne tedesche sulle quali gravano il potere signorile, il
dominio della feudalità, la limitazione dei diritti dei vassalli...
I soggetti sociali di quella che è stata chiamata guerra dei contadini non sono solo i contadini ma anche gli
abitanti delle città soggette ai principi territoriali, i cittadini esclusi dagli uffici e i minatori. Si può anche
definire infatti, la rivolta dell’uomo comune. Gli obbiettivi sono di abbattere la particolare struttura per ceti,
formare una federazione di leghe su base corporativa, ispirate al vangelo, al bene comune, all’amore
cristiano e fraterno, sottrarre prerogative politiche alla nobiltà, espropriare ecclesiastici e religiosi.
Il programma è formulato esplicitamente nei 12 articoli di Memmingen, il manifesto politico della lega di
Sveva. I 12 articoli contengono una denuncia agli abusi feudali e una richiesta di modifica dell’ordinamento
signorile, fondata sulla riduzione della prestazioni in denaro, l’abolizione della servitù, l’amministrazione
della giustizia. Poi c’è la richiesta di sottrazione del potere alla chiesa attraverso l’elezione diretta del
parroco. Il vangelo dovrebbe essere la norma di diritto che presiede tutto il sistema di rapporti nella
comunità.
Riguardo a questi fatti Lutero interviene due volte: nel primo intervento l’”Esortazione alla pace”, egli cerca
di mediare tra contadini e signori: ai primi dice di non abusare del nome dei cristiani e che il Vangelo
condanna qualsiasi forma di ribellione e quindi devono obbedienza ai re; ai signori dice di non abusare dei
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità oro poteri giurisdizionali. Ma sotto l’effetto delle violenze e degli orrori della guerra Lutero interviene una
seconda volta più decisamente contro i ribelli nello scritto “Contro le Masnade rapaci e assassine dei
contadini”. L’accentuazione più forte del 1525 è dovuta al fatto che Lutero si senta al centro di 2 spinte
diverse: i principi, i nobili e i borghesi, suoi seguaci in conflitto con Roma; gli estremisti che rischiano di
compromettere tutto il successo del movimento. La repressione si abbatte violentissima. I principi seguono
alla lettera i consigli di Lutero. Dopo alcuni successi iniziali gli eserciti contadini sono sconfitti. Finisce nel
1525 la riforma come movimento popolare. Trionfa la riforma dei principi in Germania.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità 27. Zwingly e Calvino
Zwigly (1484-1531) promuove la riforma delle comunità nei territori della Confederazione svizzera. Era un
sacerdote e aveva studiato Lutero. Cerca sostegno alla sua riforma soprattutto nelle istituzioni politiche
cittadine; stringe un’alleanza con le autorità locali per il successo della riforma. Proprio a Zurigo essa si
presenta con caratteri originali: provvedimenti e nuove istituzioni dimostrano che qui il connubio tra politica
e religione è assai stretto. Per esempio nel 1524 vengono abolite alle chiese immagini e reliquie, nel 1525
viene abolita la messa in latino; viene abolito il servizio mercenario; è istituito il tribunale matrimoniale e
dei costumi, il più antico ordinamento giuridico del protestantesimo.
La riforma di Zwingly deve fare i conti con i cantoni centrali da un lato, più fedeli al cattolicesimo, dall’altro
con l’ala più radicale della riforma promossa da Zwigli che è rappresentata dagli anabattisti (così chiamati
perché predicano il battesimo degli adulti), che esigono una rigida disciplina comunitaria e una chiesa libera
da ogni rapporto con l’autorità civile. Zwingli deve liberarsi di questi ultimi per consolidare la sua riforma.
Così i circoli anabattisti zurighesi sono perseguitati e in parte distrutti. Zwingli perde la vita in uno scontro
con i cantoni cattolici a Kappel.
Calvino: 1509 - 1564 : principi della riforma predicata da Zwingli confluiscono nell’esperienza religiosa del
riformatore francese Calvino. Il progetto che più gli sta a cuore è quello della nuova organizzazione della
chiesa su basi politico-comunitarie. A Ginevra Calvino realizza un modello di riforma caratterizzato da una
forte compenetrazione tra religione, politica e istituzioni locali.
I fondamenti teologici del calvinismo: l’essenza della chiesa sta nella rivelazione della parola divina
attraverso le sacre scritture. Come Lutero anche Calvino abolisce la mediazione del clero. A differenza di
Lutero però Calvino accentua la dipendenza assoluta dell’uomo da Dio attraverso la dottrina della
predestinazione. Per lui la chiesa è un grande e importante organismo che mette in comunione il credente
con Cristo. Nel modello calvinista l’ordinamento ecclesiastico comprende 4 istituzioni: i pastori che
predicano e amministrano i sacramenti, i dottori, deputati dell’insegnamento, i diaconi che sovrintendono
all’esistenza e gli anziani che si occupano della disciplina comunitaria.
Anche per Calvino come per Lutero le opere non possono essere un mezzo per raggiungere la salvezza della
vita eterna. Su questo terreno Calvino comunque si distacca notevolmente da Lutero: le opere sono
indispensabili come segno dell’elezione divina, della predestinazione (in quanto Dio non crea tutti gli
uomini nella stessa condizione ma destina gli uni alla vita eterna, gli altri all’eterna dannazione).
Tutta l’attività dell’uomo è impregnata di spirito religioso che contribuisce a svolgere nel migliore dei modi
possibili le azioni del fedele nel mondo: dalla sua professione ai suoi affari alla produzione al commercio
tutta l’attività umana deve essere vissuta dal calvinista come realizzazione della vocazione. Il trinomio città,
lavoro e professione è esaltato nella concezione calvinista. Emerge così la differenza tra Lutero e Calvino:
per Lutero credo ergo sum cioè l’identità del cristiano è nella fede; per Calvino ago ergo credo (opero perciò
ho fede) cioè l’identità del cristiano è nella corrispondenza delle sue opere all’elezione divina.
Il calvinismo si irradia da Ginevra verso la Germania, i Paesi Bassi, la Scozia, la Polonia, l’Ungheria, la
Transilvania. Questa confessione religiosa sarà destinata a un grande successo presso i gruppi sociali urbani
proprio grazie alla funzione positiva assegnata al lavoro produttivo e all’attività professionale vissuta con
spirito religioso.
Filippo Amelotti Sezione Appunti
Le vie della modernità