La guerra d’indipendenza
5 marzo 1770 i soldati inglesi repressero una rivolta scoppiata a Boston uccidendo 5 persone. Il Parlamento dovette abolire dazi e imposte ma nel 1773 approvò il Tea Act che concedeva alla compagnia delle indie orientali il monopolio del mercato del tè. Era un atto di controllo mercantilistico esercitato dalla madrepatria sugli americani. Nello stesso anno i coloni salirono sulle navi e gettarono in mare le casse di te. Le rappresaglie inglesi furono durissime e si espressero in una serie di leggi dette intollerabili che sancivano una dipendenza ancora maggiore dell’America dal Parlamento inglese: chiusura del porto di Boston sino al risarcimento dei danni e l’abolizione delle autonomie del Massachussetts.
Nel 1774 si diffusero molti scritti contro il parlamento inglese. Thomas Jefferson, uno dei leader intellettuali della ribellione ribadì la distinzione tra corona e parlamento. Jefferson sosteneva che i coloni non erano vincolati alle decisioni del parlamento perché non vi erano rappresentanti e che le uniche rappresentanze politiche delle colonie erano le loro assemblee. L’ipotesi che si avanzava era quella di un Commonwealth britannico, fedele al re ma autonomo in tutte le sue componenti quanto al complesso dei poteri politici locali, dotato di assemblee rappresentative a cui era riconosciuta la stessa dignità del parlamento.
L’Inghilterra lo considerò inaccettabile: l’insubordinazione delle colonie si espresse nella creazione di forme di potere alternative a quelle delle autorità britanniche.
Il 5 settembre 1774, le colonie riunite nel primo congresso continentale decisero il boicottaggio del commercio con la Gran Bretagna. L’anno dopo ci furono i primi scontri armati. Il secondo Congresso continentale nel 1775 nominò George Washington comandante della truppe. Giorgio III dichiarava ribelli i coloni americani.
La data decisiva per la rivoluzione fu il 1776, l’anno della pubblicazione del common sense, un opuscolo di Thomas Paine e della Dichiarazione d’indipendenza (4 luglio) redatta da Jefferson. Pain scriveva che il re aveva rotto il contratto con i sudditi americani e li aveva privati dei loro diritti ed era perciò un tiranno contro quale la ribellione era un dovere da compiere in nome dell’umanità intera.
Nella dichiarazione d’indipendenza sono espressi i principi ispiratori della nazione americana e sono in sostanza 3: il diritto all’indipendenza e alla libertà è un diritto naturale, superiore a ogni volontà umana; attraverso il contratto sociale i governi si impegnano a rispettare tutti i diritti inalienabili degli individui; il rapporto tra governanti e governati è fondato sul consenso di questi ultimi e sul loro potere di controllo, il mandato dei governanti può essere in qualsiasi momento revocato quando i fini del contratto sociale non vengono rispettati.
Il passaggio alla ribellione significò la guerra. Washington riorganizzò le forze armate e ebbe la meglio sull’esercito inglese.
Nella battaglia di Saratoga nel 1777 i reparti americani sconfissero quelli inglesi. Ma fu l’intervento francese a fianco degli americani a incidere sulle sorti della guerra nel 1778. nello stesso anno intervenne anche la Spagna. Dopo la sconfitta a Yorktown delle truppe inglesi. Nel 1783 fu firmata la pace di Versailles che metteva fine alla guerra angloamericana. La Gran Bretagna riconosceva l’indipendenza delle 13 colonie nordamericane, alla Francia erano restituiti i territori nei Caraibi e nel Senegal, la Spagna riotteneva Minorca e la Florida persa dopo la guerra dei 7 anni.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Filippo Amelotti
[Visita la sua tesi: "Il Canada e la politica internazionale di peacekeeping"]
[Visita la sua tesi: "I cartoni animati satirici: il caso South Park"]
- Università: Università degli studi di Genova
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Storia moderna
- Docente: M. Bottaro Palumpo e R. Repetti
- Titolo del libro: Le vie della modernità
- Autore del libro: A. Musi
- Editore: Sansoni
- Anno pubblicazione: 2004
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