Manifatture, industria e commercio, finanza nel '600
Anche queste furono investite dalla crisi. Per quanto riguarda l’industria del tempo, la tecnologia era ancora uno stadio poco evoluto: l’energia di base era costituita da quella umana, per alcune fasi lavorative era sfruttata l’energia umana e quella idraulica. Alcune innovazioni erano state introdotte nei tre settori più importanti dell’industria del tempo: l’industria estrattiva (utilizzate primitive pompe idrauliche), la siderurgia, e manifattura tessile.
Il fattore tecnologico ebbe molta importanza nel determinare dopo la metà del 600 il primato di grandi potenze economiche come l’Inghilterra e l’Olanda. Anche l’organizzazione del lavoro contribuì a rallentare lo sviluppo industriale, soprattutto nell’Europa mediterranea: le corporazioni di arti e mestieri avevano perso peso e il potere politico che avevano nel medioevo ma mantenevano intatto il potere di controllo sull’organizzazione dell’economia attraverso privilegi, monopoli e l’irrigidimento delle regole per l’accesso all’attività professionale.
Soprattutto l’economia italiana fu compromessa dalla rigidità dell’organizzazione manifatturiera e ci furono crisi della vita produttiva a Venezia, Milano, Firenze, Napoli, dove si registrò una contrazione assoluta del settore tessile durante il 600. Furono invece in grande ascesa le manifatture inglesi e ancor più equilibrato fu lo sviluppo dei paesi bassi. I motivi della superiorità economica di questi 2 paesi furono la diversificazione merceologica di queste due economie e la loro capacità di rispondere alla domanda di beni praticando prezzi più accessibili; il raggiungimento di questo obbiettivo attraverso il basso costo del lavoro. Per quanto riguarda il commercio internazionale il baricentro si era spostato dal mediterraneo all’atlantico lungo le due rotte che da Siviglia muovevano verso le Americhe e da Amsterdam, verso l’America, l’africa e le Indie orientali. Gli spagnoli avevano svolto una funzione di primo piano nel mercato internazionale durante il 500; ma il centro del capitalismo europeo nel XVII secolo sarà situato tra Amsterdam, Londra e Parigi. Nuove gerarchie anche nel controllo del credito e della finanza. Importanza del denaro crebbe tra il XVI e XVII secolo; l’afflusso dei metalli preziosi dal nuovo mondo non diminuì ma crebbe il fabbisogno monetario nella misura in cui si intensificarono gli scambi e tutti avevano bisogno di capitali poiché la massa monetaria circolante era scarsa. Il sistema monetario era soggetto a continui sbandamenti. L’afflusso di oro e argento americano alla fine del 500 ebbe una contrazione fortissima per l’esaurimento di molte miniere e per la crisi della manodopera indigena decimata dalle dure condizioni di lavoro. Perciò il valore dell’oro ebbe una fortissima impennata, le monete più pregiate si svilirono, si dovette ricorrere alle coniazioni in rame con il conseguente aumento fortissimo dei prezzi. Per la scarsità della moneta circolante il sistema finanziario internazionale sia pubblico che privato faceva ricorso ad una moneta fiduciaria: i titoli del debito pubblico emessi dagli stati e le lettere di cambio, alter ego del denaro che regolava tutto il movimento del credito. Nel 500 erano stati i tedeschi e i genovesi i primi della finanza internazionale, mentre nel 600 la grande finanza anglo-olandese sostituì gli antichi protagonisti.
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Autore:
Filippo Amelotti
[Visita la sua tesi: "Il Canada e la politica internazionale di peacekeeping"]
[Visita la sua tesi: "I cartoni animati satirici: il caso South Park"]
- Università: Università degli studi di Genova
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Storia moderna
- Docente: M. Bottaro Palumpo e R. Repetti
- Titolo del libro: Le vie della modernità
- Autore del libro: A. Musi
- Editore: Sansoni
- Anno pubblicazione: 2004
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