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Il centro della civiltà europea: Inghilterra e Olanda nel 600


Alla fine del regno di Elisabetta, lo stato inglese presentava alcune carenze. Sul piano finanziario la corona poteva contare su un’autonomia abbastanza scarsa. Inoltre era assente una burocrazia di governo locale. Dal punto di vista del controllo religioso Elisabetta lasciava una chiesa ufficiale priva di solide basi dottrinarie, sostanzialmente apatica: di qui la diffusione di sette estremistiche protestanti (puritani) e cattoliche. Carenze  e debolezze sono tali solo in rifermino  un modello di stato moderno caratterizzato dalla tendenza alla concentrazione del potere pubblico, dallo sviluppo della burocrazia e dell’esercito professionale permanente, dalla conquista della capacità impositiva dello stato e da una sempre maggiore invadenza del potere pubblico sulla società. La forza dello stato inglese risiedeva invece sull’equilibrio tra il re e il parlamento e nella sua capacità di favorire anziché ostacolare mutamenti e trasformazioni sociali: quando verranno meno questi 2 requisiti, quando monarchia e apparato di governo forzeranno con la reazione quell’equilibrio e quei mutamenti sociali scoppierà la rivoluzione. Il più importante mutamento sociale sotto Elisabetta fu la trasformazione dell’aristocrazia: poche famiglie della più antica feudalità sopravvissero nel periodo Tudor; le funzioni del ceto aristocratico furono modificate e si identificarono nella ricchezza fondiaria, nel rapporto con la corte, nel ruolo di classe dirigente. Nella vita politica inglese la camera dei comuni (in cui era rappresentata la Gentry, media e piccola nobiltà) assunse un peso sempre maggiore rispetto alla camera dei Lord, quella della grande aristocrazia. Con la vendita delle terre promosse da Elisabetta la Gentry era cresciuta di numero e di forza. La società inglese nell’età di Elisabetta e dei rimi Stuart può essere rappresentata come un sistema a sei gradini e due piani. Al più basso livello si trovano i lavoratori dei campi, i braccianti, gli operai. Al secondo gradino i detentori di una terra di pertinenza signorile e i liberi detentori di una piccola proprietà fondiaria. Al terzo gradino la borghesi. Il secondo piano della piramide sociale comprende: al quarto gradino pubblici funzionari, avvocati ecclesiastici. Al quinto le elites della gentry, infine i pari e l’aristocrazia di rango più elevato. A Elisabetta successe Giacomo I Stuart (1603-25), figlio di Maria Stuart e re di Scozia. Si realizzò così l’unione di Inghilterra e Scozia. Il suo regno fu un’età di forti contrasti che investirono tutti gli ambiti della politica.
Per quanto riguarda la religione al modello della chiesa anglicana, sostenuto da re Giacomo si opponeva il modello del puritanesimo diffuso nella società inglese, soprattutto tra le classi abbienti, il quale si ispirava a un modello di società fondata sul primato dell’individuo, della sua religiosità, delle sue autonome scelte. Era un  movimento insieme religioso e politico.
Per quanto riguarda l’economia questa era in espansione ma la gestione statale dello sviluppo economico era carente. L’imposizione fiscale sulla rendita fondiaria, che avrebbe potuto produrre un gettito elevato per la massiccia vendita di terre ai privati durante l’età elisabettiana, è un terreno dis contro tra il  re e il parlamento.
Nel 1603 Filippo III re di Spagna aveva firmato la pace con l’Inghilterra. In Inghilterra molti mercanti, navigatori ed esploratori sognavano l’espansione commerciale e coloniale britannica e l’attacco al cuore del grande impero spagnolo. Quindi l’avvicinamento tra Filippo III e Giacomo I era anch’esso fonte di contrasti e lacerazioni. Il conflitto tra il parlamento e la corte era alimentato dalla corruzione e dal clientelismo dell’apparato di governo il cui centro era costituito dal favorito di Giacomo, Villiers duca di Backingam.

Tratto da LE VIE DELLA MODERNITÀ di Filippo Amelotti
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