Le colonie inglesi in America nel 1700
Nel 1620 i padri pellegrini, appartenenti ad una comunità puritana non ortodossa intraprese a bordo della May flower un viaggio che li avrebbe condotti attraverso l’Atlantico nel Massachussets nella terra chiamata New England. Questo è considerato l’atto di nascita delle colonie inglesi d’America. Nel 1732 le colonie inglesi in America diventarono 13. la causa immediata dello sviluppo delle colonie furono le lotte politico religiose in Inghilterra. I puritani che fondarono le comunità del New England, i coloni della Virginia, i Quaccheri in Pensilvania erano perseguitati, costretti a fuggire dalla madrepatria. Essi esprimevano la vitalità, lo sviluppo di una società civile come quella inglese che non trovava risposte e forme di realizzazione nella società politica e negli equilibri interni del potere. Così i coloni trapiantarono in America modelli originali di vita comunitaria e di convivenza religiosa e sociale. La libertà americana si manifestò innanzitutto come possibilità di metter in pratica ipotesi di convivenza religiosa e sociale sconfitte e impossibili in patria. Al motivo religioso si aggiunse il motivo economico in quanto la maggioranza di coloro che prendevano la via dell’America era attratta dalla speranza di migliorare la propria situazione economica. I coloni avviarono un’opera di sperimentazione politica e istituzionale. Lo statuto delle regioni nordamericane e il loro rapporto con la madrepatria furono stabiliti in varie carte: in esse erano anche riprodotte la diversità dei titoli di origine, le forme molteplici della colonizzazione. Quei titoli erano di tre tipi: il primo, quello della corporazione riconosceva fin dall’origine una vasta autonomia alla comunità di coloni installatasi sul territorio; il secondo, quello del proprietario concedeva lo sfruttamento del territorio a un singolo individuo; infine la colonia, al cui vertice c’era un governatore nominato dal re. Le carte contemplavano la costituzione di organi statali per il governo delle colonie ma in assenza di un ministero per le colonie e di un coordinamento politico e amministrativo della madrepatria gran parte dei poteri furono concentrati in governi locali autonomi. Le singole colonie si diedero ordinamenti, istituzioni, leggi, organismi rappresentativi accettati da tutti i coloni e riuscirono a vanificare i tentativi di centralizzazione di costituzione di una burocrazia imperiale, compiti dall’Inghilterra. Al centro di questi ordinamenti era l’assemblea coloniale, sede della rappresentanza. Non era una rappresentanza per ceti, per ordini, ma per singole comunità che costituivano politicamente la colonia. Non va comunque dimenticato il rapporto ideale e politico esistenti tra l’America e l’Inghilterra. Vi era un sentimento di appartenenza a una comunità unitaria, imperiale inglese, diffuso nei coloni americani ed entrato in crisi verso la metà del 700. I rapporti con la società civile inglese erano strettissimi. Il sentimento di appartenenza alla comunità imperiale era consolidato poi dalla difesa contro i pericoli esterni, la Spagna e la Francia in particolare. La fedeltà delle colonie alla madre patria fu favorita dalla politica internazionale: la sicurezza dei coloni non poteva essere affidata a fragili milizie locali capaci unicamente di scontrarsi con gli indiani sulle frontiere; essa richiedeva di eserciti regolari e il contributi della flotta inglese.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Filippo Amelotti
[Visita la sua tesi: "Il Canada e la politica internazionale di peacekeeping"]
[Visita la sua tesi: "I cartoni animati satirici: il caso South Park"]
- Università: Università degli studi di Genova
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Storia moderna
- Docente: M. Bottaro Palumpo e R. Repetti
- Titolo del libro: Le vie della modernità
- Autore del libro: A. Musi
- Editore: Sansoni
- Anno pubblicazione: 2004
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