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La Spagna da Carlo V a Filippo II


Si possono distinguere 3 fasi nel regno di Filippo II (1556-98). La prima tra il 1559 e il 1565, la seconda tra il 1565 e il 1580, la terza tra il 1580 e il 1598.
Fino al 1559 le linee ispiratrici della politica della politica di Filippo II sono quelle paterne; una politica sancita anche dalle strategie matrimoniali. Nel 1543 Filippo aveva sposato Maria Emanuela di Portogallo, morta 2 anni dopo. Nel 1554 sposò la regina inglese Maria Tudor. Con la morte di Maria tudor nel 1558 la situazione inglese cambiava radicalmente: l’ascesa di Elisabetta avrebbe definitivamente compromesso l’alleanza anglospagnola. Alla vigila della pace di Cateau-Cambresis, Filippo sposava la francese Elisabetta di Valois. Il 1559, anno del trasferimento di Filippo dalle Fiandre in Castiglia, dove è anche stabilita la corte, è quasi una data simbolo:segna il passaggio da un impero su base fiamminga a uno su base spagnola, fondato soprattutto sull’affluenza delle ricchezze dal nuovo mondo. Segna anche la fine dell’idea dell’impero universale vagheggiata da Carlo V e il primato di un nuovo sistema politico con al centro la Spagna, o meglio la Castiglia. La Spagna era in forte espansione demografica e la risorsa più importante del paese era la lana che veniva largamente esportata. Ma la Spagna era costretta a importare manufatti. Carattere corporativo della manifattura tessile, carenze di artigiani specializzati, bassa qualità dei prodotti, gia collocavano la Spagna a metà del 500 in una posizione di svantaggio rispetto ad altri protagonisti del mercato internazionale. Quindi nel passaggio da Carlo V a Filippo II si annunciavano i sintomi dello squilibri tra la potenza politica dell’impero e la crescita economica della Spagna. L’afflusso dei metalli preziosi americani contribuì allo sviluppo della potenza politica spagnola ma la sua incidenza sull’accumulazione del capitale e sullo sviluppo economico della Spagna fu insignificante se non addirittura negativa. I motivi sono molteplici. I grandi mercanti banchieri che controllavano il flusso di metalli preziosi e il commercio internazionale del denaro e dei beni erano stranieri: prima tedeschi, poi fiamminghi e genovesi. La finanza privata, attraverso prestiti a breve termine e ad altro interesse, imponeva alla finanza pubblica spagnola, alle prese con un aumento dle fabbisogno di denaro per le imprese militari e per il mantenimento dell’impero, un rapporto sempre più stretto di dipendenza e i protagonisti della finanza privata erano le grandi compagnie e società economiche straniere, in particolare i genovesi. Un altro fattore è l’assenza di una politica economica in supporto allo sfruttamento delle miniere americane, all’incremento della popolazione, all’ascesa dei prezzi. Le decisioni in materia di politica economica aggravarono lo squilibrio tra popolazione e risorse. La Spagna che Filippo II ereditava non aveva vissuto l’ondata di rinnovamento e di fermenti culturali e sociali promossi dalla riforma protestante. Era stata tuttavia interessata soprattutto all’influenza di Erasmo da Rotterdam e Juan de Valdes. La controriforma operata da Filippo attraverso l’istituzione dell’inquisizione e dell’indice dei libri proibiti fu motivata da esigenze di controllo religioso ma anche politico e sociale. La Spagna della controriforma fu anche un sistema di valori: al suo vertice il sentimento del nesso inscindibile tra una sola religione, un solo re, la purezza della stirpe (la limpieza de sangre). Fu così che nei primi anni del regno di Filippo II furono perseguitati e espulsi i conversos, cioè i mussulmani e ebrei convertiti al cristianesimo. La limpieza de sangre era l’ossessione di Filippo II: il sovrano pensava che tutte le eresie della Germania,d ella Francia e della Spagna fossero state diffuse dai discendenti degli ebrei.

Tratto da LE VIE DELLA MODERNITÀ di Filippo Amelotti
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