Riassunto del testo "Breve storia del cinema". Il riassunto propone un excursus storico all'interno del mondo cinematografico, dalle origini del cinema fino allo scenario italiano degli anni '90. Si analizzano gli stili della Hollywood classica e la poetica degli autori italiani come, De Sica, Visconti, Fellini e Pasolini, fino a Nanni Moretti e alla commedia anni '80. Senza trascurare i movimenti d'avanguardia e il genio di Orson Welles e Luis Bunuel.
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani
di Gherardo Fabretti
Riassunto del testo "Breve storia del cinema". Il riassunto propone un excursus
storico all'interno del mondo cinematografico, dalle origini del cinema fino allo
scenario italiano degli anni '90. Si analizzano gli stili della Hollywood classica e
la poetica degli autori italiani come, De Sica, Visconti, Fellini e Pasolini, fino a
Nanni Moretti e alla commedia anni '80. Senza trascurare i movimenti
d'avanguardia e il genio di Orson Welles e Luis Bunuel.
Università: Università degli Studi di Catania
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Storia e critica del cinema
Docente: Sarah Zappulla Muscarà
Titolo del libro: Breve storia del cinema
Autore del libro: Massimo Moscati
Editore: Bompiani
Anno pubblicazione: 20031. La percezione del movimento all'origine del cinema
Un altro fisico, tale Emile Reynaud, trasforma il suo gioco da salotto, il Prassinoscopio, inventato nel 1877,
e lo perfeziona nel corso degli anni. I perfezionamenti lo porteranno prima a farlo diventare un efficiente
apparecchio per la proiezione di immagini animate luminose, e poi, montando le immagini una dopo l’altra,
in una sequenza logica, metterà a punto un vero e proprio proiettore. Dal 1892 al 1900, nel suo Teatro
Ottico, darà luogo a più di 10.000 proiezioni pubbliche con scene composte da lui stesso. Era però ormai
necessario ridurre i tempi di sovrimpressione, sviluppare, insomma, una tecnologia che portasse a quella che
sarebbe poi diventata la nostra pellicola. Spostiamoci allora negli Stati Uniti, dove il fotografo Edward
Muybridge è riuscito a scomporre il movimento, registrando, nel 1878, un cavallo al galoppo, con l’ausilio
di dodici apparecchi che vengono fatti scattare dall’animale stesso non appena colpisce dei fili tesi sulla
pista. Un fisiologo, Etienne Jules Marey, perfeziona il principio e inventa, nel 1882, il fucile
cronofotografico, per poi arrivare al cronofotografo nel 1888, che utilizzava una banda mobile di pellicola.
Ma siamo ancora lontani: manca la banda perforata, e le fotografie sono separate da distanze irregolari che
impediscono a Marey qualsiasi tentativo di proiezione animata, anche se il fucile registrava dodici immagini
al secondo, e il cronofotografo venti.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 2. Gli inventori del cinema
Saranno i Lumiere a sviluppare l’invenzione ma numerosi inventori dell’epoca arrivarono vicini al
traguardo. Nessuno però riuscirà ad assicurare la regolarità dello scorrimento, che sola può assicurare la
perfezione del movimento. Solo con la messa a punto delle perforazioni a croce di Malta avverrà ciò. Sarà
Edison a raggiungere i risultati più clamorosi, acquistando da George Eastman, nel 1888, un nuovo
apparecchio, denominato “Kodak”, che sarà l’antesignano di tutte le cineprese. L’apparecchio contiene
pellicola in celluloide perforata, e Edison creerà il primo film perforato della storia. Nel 1891 Edison
brevetta il Kinetoscopio, e tre anni dopo acquista i diritti di un suo derivato, il Vitascope. La guerra dei
brevetti è infiammata. Louis Lumiere progetta un meccanismo che unisce le due funzioni di ripresa e
proiezione e brevetta il Cinematografo nel febbraio del 1895. La battaglia delle licenze non fermerà i
Lumiere, che crearono un dispositivo tecnicamente perfetto, superiore a tutti i precedenti, perché
rispondente a tutte le condizioni per una perfetta riproduzione del movimento.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 3. La rivoluzione dei fratelli Lumiere
Si è detto che nel 1895 Louis Lumière brevetta il Cinematografo. Il 28 dicembre 1895 avviene l’ormai
famosa proiezione pubblica a Parigi, al 14 della Boulevard des Capucines, nel Salon Indien del Grand Cafè.
Ci vorranno molte fatiche per convincere qualche annoiato passante ad entrare per assistere al misterioso
spettacolo, ma alla fine ben trentatrè spettatori faranno il loro ingresso nella sala, rimanendo strabiliati dallo
spettacolo.
Vengono proiettate una decina di scene di vita, brevi, perché le bobine non sono più lunghe di diciassette
metri. Tra queste c’è anche il famoso arrivo del treno che tanto panico creerà tra gli spettatori. Dal 1896
Lumière accentua le sue inclinazioni di produttore di attualità e invia decine di operatori a servirsi della
macchina da presa come di uno strumento per ricostituire la vita, diventando il primo vero cineasta
documentarista della storia del cinema. Lumiere filma scene di vita quotidiana, senza attori, dove gli
spettatori possono facilmente identificarsi. Ma la fedeltà documentaristica di Lumiere, lo porterà presto ad
un vicolo cieco: l’incapacità di questo cinema di svoltare in direzione del racconto annoierà presto il
pubblico, come la povertà dei cataloghi di Lumiere. Inizia la prima crisi del cinema.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 4. Il cinema delle illusioni di Méliès
Si fa così avanti George Méliès, celebre illusionista che vuole acquistare, senza successo, l’apparecchio
cinematografico. Méliès è un uomo deciso, così se ne fa costruire uno simile dall’ottico inglese Robert
William Paul, e dopo avere comprato una buona scorta di pellicola, inizia a usare il cinematografo alla sua
maniera. Utilizzando molti trucchi presi dalla sua carriera di illusionista, Méliès crea il cinema fantastico, il
cinema di illusione, che pur rimanendo ancora prigioniero di una estetica ancora tutta teatrale, dà una sonora
spinta allo sviluppo del cinema.
Mentre Lumiere e Méliès dibattono su quale percorso sia più indicato per far progredire il cinema – il
realismo o la fantasia – nel mondo si sviluppano nuove sperimentazioni, per aprire nuovi scenari artistici e
commerciali al cinema.
Si impone così il cinema di produzione inglese, inaugurato da Robert William Paul e poi seguito da
centinaia di altri tecnici, generalmente ex fotografi da spiaggia diventati operatori cinematografici. Meno
innovativi per le trame ma più organizzati e sperimentatori nelle esperienze tecniche, questi inglesi non
riusciranno parimenti a rinnovarsi e non sopravviveranno alla prima grande crisi del cinema. Quando
scoppia la Grande Guerra, questi operatori sono praticamente scomparsi e ci vorrà oltre un decennio prima
di poter riemergere dalla grande colonizzazione americana.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 5. La nascita dei Nickelodeon
Sia in Europa, in particolar modo in Francia, che negli USA, ci si rende conto che la diffusione del cinema
nelle sagre e nelle feste di paese, ha creato un folto numero di spettatori avido di nuovi spettacoli. Negli
USA la molla che farà scattare la rinascita del cinema, sarà uno sciopero di attori che convincerà i
proprietari delle sale a convertirle in cinematografi. L’apogeo lo si avrà nel 1905, quando John e Harry
Davis riconvertiranno i loro hangar in sale cinematografiche: spazi con un centinaio di posti a sedere e un
pianista che commenta le proiezioni. Prezzo di entrata: un nickel. Era un prezzo super abbordabile,
concordato allo scopo di attirare la clientela più povera e gli immigrati, che a causa delle difficoltà della
lingua venivano emarginati da ogni svago. Erano nati i famosi Nickelodeon, che nel 1908 erano diventati un
migliaio. Si crea il problema della programmazione. Edison cerca di dedicarsi a scelte innovative, e produce
il famoso The Great Train Robbery, di Edwin S. Porter, primo grande western della storia del cinema, uscito
nelle sale nel 1903. La Biograph si dedica al cinema fantastico e alle scene comiche. La Vitagraph alla
tragedia classica.Tra Francia e USA si crea una sorta di emulazione che si rivelerà proficua per il cinema. I
francesi inventano molto, gli americani sintetizzano in maniera efficace. In USA i grandi fabbricanti del
cinema sono numerosi e variegati.
Il più lucido è Jesse Lasky, di San Francisco. Un eccellente musicista che abbandona la carriera musicale, in
coppia con la sorella Blanche (che poi sposerà Samuel Goldwyn), per lanciarsi con Marcus Loew
nell’esercizio cinematografico, facendo subito concorrenza a Edison, Vitagraph e Biograph.
Dall’Europa dell’est arriveranno i futuri grandi del cinema, coloro che edificheranno Hollywood, seppure
con un cognome modificato all’anagrafe: i fratelli Warner, Samuel Goldwyn, Adolph Zukor, Louis Mayer,
William Fox ed altri.
Il protezionismo delle allora grandi case cinematografiche, che impediva, o per lo meno regolamentava
rigidamente, la distribuzione delle copie dei film, spingerà molti coraggiosi a sottrarsi alla guerra dei
brevetti, fondando vicino alla frontiera messicana un borgo franco che sarà poi la grande Hollywood.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 6. L'evoluzione del cinema in Italia, Germania e Inghilterra
Francia e USA anche se sono i principali produttori, non sono gli unici. Italia, Germania e Inghilterra fanno
passi da gigante.
In Italia, a Roma, Filoteo Alberini inventa il Cinetografo, e successivamente un procedimento stereoscopico
a 70 mm che sarà l’anticipatore del Cinemascope, e che userà nel colossale film Il sacco di Roma, del 1914.
In Germania opera Max Skladanowski, fondatore del cinema tedesco. Assieme al fratello Emil inventa il
Bioskop, un proiettore presentato due settimane prima di quello dei Lumiére, anche se quello dei Lumiere
era stato presentato privatamente molto prima.
La Agfa, nel 1908, mette in commercio la sua famosa pellicola e fabbrica materiale ottico innovativo.
L’Inghilterra propone il suo Animatograph, di William Paul.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 7. La Francia di Pathé e Gaumont
In Francia la parte del leone la fanno Charles Pathé e Lèon Gaumont.
Pathé si rende conto delle grandi potenzialità del mezzo cinematografico e fa di tutto per portarle ai livelli
massimi. All’inizio si dedica coi fratelli alla registrazione e alla impressione dei rulli cinematografici, poi
nel 1898 avvia l’attività produttiva di film. Incarica così un certo Ferdinand Zecca di dirigere le regie dei
suoi studi di Vincennes, dove ha sede la sua azienda. Zecca diventa il primo direttore di produzione del
cinema.
Zecca è un imitatore nato ma ha anche molto senso dell’organizzazione e intuito, riuscendo da subito ad
individuare i campi adatti a solleticare il gusto del pubblico. Prima copiando di tutto, poi sperimentando e
addirittura inventando, Zecca incrementa enormemente la produzione di film a marchio Pathè, arrivando nel
1908 a vendere un metraggio di pellicola due volte superiore a quello prodotto dalla totalità dei produttori
americani. La Pathè diventa un oligopolio che copre tutti gli stadi della fabbricazione e distribuzione del
film: dai laboratori alle sale cinematografiche.
La gamma dei prodotti è vastissima, dalla favola al comico, dal melodramma al dramma realista, fino al
cinema erotico.
Pathè dovrà poi confrontarsi con Lèon Gaumont, più giovane di lui di dieci anni, che ha fondato un’industria
di proiettori speculando su un progetto concorrente. È una sorta di commerciante visionario. All’inizio si
affida a professionisti sicuri, come L’Herbier, ma affida l’organizzazione della sua società alla sua
segretaria, Alice Guy, che dal 1907 diventa anche regista: la prima donna regista del cinema.
Gaumont inventa nel 1902 il Chronophone, che serviva a sincronizzare il sonoro all’immagine tramite un
giradischi, e che utilizzerà nel 1912 a Parigi per inaugurare i film parlati. Tenta anche esperimenti col
colore, col suo Chronocrome, che gli consentirà di creare il primo cortometraggio a colori del cinema, nel
1918. Hollywood schiaccerà la sua ascesa all’inizio degli anni Venti.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 8. Il cinema italiano degli anni '10
La rapida espansione degli anni ’10: il caso italiano.
È molto difficile definire e tratteggiare la nascita del cinema italiano. Negli anni ’10, l’Italia è un variegato e
confuso mosaico di province tardivamente unificate, malandato, povero e mestamente ricurvo sulle glorie
del suo passato. L’Italia di allora non aveva i mezzi per essere all’avanguardia nel mondo del cinema, così il
cinema viene da fuori, da Parigi.
Un membro del foto club di Torino, Arturo Ambrosio, fonda nel 1904 una piccola società di produzione di
film: corse automobilistiche, esercitazioni di truppe alpine, terremoti. Sono modesti reportages che nel giro
di dieci anni saranno la punta di diamante di una cinematografia prima nel mondo. Ma il cinema italiano
dipende molto da Parigi e da Parigi importa gli attori che gli servono per produrre i film. In sostanza l’Italia
rifà i film francesi. La Itala, ad esempio, per la sua produzione di film comici ingaggia Andrè Deed,
ribattezzandolo Cretinetti. L’Italia importa talenti francesi che esporteranno nello stivale un modo di fare
spettacolo derivante direttamente dai teatri di posa di Parigi. È un grande successo, e i grandi introiti di
capitali creeranno le basi per le prime produzioni veramente italiane, quelle dell’epopea.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 9. I film italiani da epopea : Cabiria
L’Italia cinematografica nasce con i film da epopea: impressionanti film in costume animati da personaggi
celebri quali Nerone, Messalina, Lucrezia Borgia, Giovanna D’Arco eccetera. Una cinematografia
pleonastica, che qualche anno dopo apparirà antiquata e ridicola, ma che diede una fondamentale spinta alla
nascita del cinema italiano.
Sono film che rispondono al gusto tenace che hanno gli italiani per la retorica, e si rifanno all’Opera Lirica
per enfasi e passioni nobili. Il loro successo è da attribuirsi anche al periodo in cui appaiono: un periodo di
transizione che vede il cinema abbandonare progressivamente le sale cinematografiche all’aperto e i luoghi
pubblici in generale, per trasferirsi in più comodi e riscaldati locali al chiuso, che all’occorrenza ospitavano
le elites della borghesia. Essendo concorrenziali rispetto al teatro, sono anch’essi teatrali, ispirati
all’antichità e alle opere celebri. Simili ai francesi Film d’Art, e ad essi contemporanei, si distinguevano da
loro per il loro carattere innovativo. Se i Film d’Art erano pallide imitazioni della Comèdie Francaise,
questi, per quanto barocchi e pomposi avevano imboccato il linguaggio genuino del cinema, con alcuni
geniali registi che avevano imparato a coordinare grandi masse di comparse, o a riprendere come si deve in
esterni.
Sono film pomposi, che assecondano determinate rivalse patriottiche, indipendentemente dal gusto estetico.
Rilanciano l’idea di identità nazionale, infarcendola di proclami gloriosi alla capitale, di epica cavalleresca e
miti cristiani, spesso ispirati alla peggiore retorica libresca di D’Annunzio, ma perfetti per liberare le storie
che raccontano dai lacci stilistici del teatro.
Il film più importante del periodo è certamente Cabiria, ispirato all’opera di D’Annunzio. Magnificente e
strabordante, darà vita ad un intero filone con protagonista Maciste, qui interpretato dallo scaricatore di
porto Bartolomeo Pagano. L’Italia del cinema epico crollerà comunque miseramente: un cinema basato
principalmente sull’esportazione non può sopravvivere alla paralisi degli scambi internazionali. La Grande
Guerra sarà fatale.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 10. Il cinema realista italiano a inzio 900
Non c’è un diretto rapporto di causa – effetto, ma è innegabile che questa chiusura del mercato
cinematografico coincide con l’apparizione di una corrente realista del cinema italiano, fatta da produzioni a
budget modesto, come Sperduti nel buio di Nino Martellio (1914) e Assunta Spina di Gustavo Serena
(1915).
Il primo è da segnalare per la flebile attenzione al sociale, anche se usato solo allo scopo di far versare
lacrime al pubblico, come farà con uguale successo Raffaello Matarazzo negli anni ’50. Altra prerogativa
del cinema italiano degli anni ’10 è quella di avere inventato il machismo e il divismo femminile. Il divismo
femminile trae spunto dai romanzi francesi, da teatro alla moda, da Bataille, da Bernstein, da Dumas figlio,
da D’Annunzio. Nascono le vamp, creature di sogno eppure palpabilmente carnali: Pina Menichelli, Lyda
Borrelli, Maria Jacobini, Italia Almirante Manzini. Le loro esose richieste economiche, in un periodo di forte
crisi economica, condannerà le vamp italiane, che negli anni ’20 saranno solo un ricordo.
Per il machismo italiano ricordiamo due intramontabili personaggi: Za – la – Mort e Maciste. Il primo era un
malvivente gentiluomo francese, creato e interpretato dal registra Emilio Ghione. Maciste è una figura per
antonomasia del cinema italiano, come lo è il suo primo interprete, l’erculeo scaricatore portuale
Bartolomeo Pagano.
Mussolini nel 1922, senza saperlo, affosserà definitivamente il cinema italiano, e ci vorranno vent’anni e la
comparsa del neorealismo perché il cinema italiano possa risorgere.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 11. La nascita delle Majors negli anni '30
Gli anni ’30 del cinema nascono con le famose majors companies americane, in un momento in cui
l’America deve affrontare una grave crisi economica, quella conseguente al crollo della borsa di Wall Street
nell’ottobre del 1929.
Paradossalmente, Hollywood è all’apogeo della sua potenza, e la crisi economica non fa che aumentare
considerevolmente gli introiti degli studios. Come si spiega ciò? Si spiega coi milioni di disoccupati che in
questa tragica congiuntura economica dispongono del tempo e delle risorse sufficienti per godersi qualche
ora di svago a poco prezzo.
Siamo nell’età d’oro del cinema, che durerà sino agli anni ’50, con piccole crisi passeggere di scarsa
rilevanza.
Hollywood era una macchina invincibile, basata su un’organizzazione produttiva, lo studio system,
assolutamente ineguagliabile: grazie agli ingenti contributi di grandi banche e grandi industriali, come
Rockfeller o la General Motors, gli USA arrivarono a possedere 21.600 sale cinematografiche; le rimanenti
37.400 erano sparse in giro per il resto del mondo. Non solo: da soli gli USA producevano fino a 800 film
all’anno, esportando capillarmente i loro prodotti in giro per il mondo, e arrivando a coprire, prima delle
leggi protezionistiche, il 90% della programmazione, diffondendo globalmente modi e costumi. In questo
periodo dominano la produzione sette potenti studios, tra i quali spiccano tre giganti: la MGM, la Paramount
e la Warner Bros.
La MGM fu fondata nel 1924. Favorisce i grandi budget, le scenografie fastose e i melodrammi in tutti i suoi
generi. La sua star feticcio rimarrà per molto tempo Greta Garbo, oltre a Clark Gable, Joan Crawford,
Spencer Tracy ed Elizabeth Taylor.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 12. Le Majors Americane
La Paramount
fu fondata nel 1914. Esordisce come casa di distribuzione, e solo nel 1925 si da alla produzione. La più
europea delle majors, con l’ossessione dei film di prestigio. Lavorarono per la Paramount registi come Josef
von Sternberg, Ernst Lubitsch, Cecil B. de Mille e Alfred Hitchcock, nonché attori come Marlene Dietrich,
Claudette Colbert, Gary Cooper e Cary Grant.
La Warner Bros
fu fondata nel 1923 da quattro fratelli polacchi, che ebbe il primato di lanciare il primo film parlato, Il
cantante di Jazz di Alan Crosland, nel 1927. La Warner si dedicherà alle commedie musicali e poi ai grandi
film di gangster. Impossibile non ricordare attori come Humphrey Bogart, Errol Flynn, Bette Davis e James
Cagney, come i registi Michael Curtiz, Raoul Walsh e John Houston.
Ci sono poi le altre quattro majors.
La Fox
nata nel 1904 – poi 20th Century Fox nel 1935 – lancerà la baby attrice per antonomasia Shirley Temple, ma
si consoliderà solo negli anni ’40 con l’arrivo di Fritz Lang, John Ford e Frank Borzage.
La Columbia
nasce nel 1919 per opera di Jack Cohn, Joe Brand ed Harry Cohn. Con l’arrivo di Frank Capra diventerà
potentissima.
La Universal
nata nel 1912 dalla fusione di due società, la IMP e la New York Motion Picture Company, è la casa
produttrice di film dell’orrore per eccellenza, specializzata in effetti speciali. Ma è anche la casa del primo
film pacifista degli anni ’30, All’ovest niente di nuovo, di Lewis Milestone, film ambientato in Germania nel
1916, nel periodo più cruento e sanguinario della Grande Guerra. È un’opera in perfetto equilibrio tra crudo
realismo delle scene belliche, girate spesso con ardite tecniche d’avanguardia (assalti ripresi in soggettiva,
dal “punto di vista” della mitragliatrice) e lirismo dei dialoghi. Un film che scatenò violente polemiche nei
paesi a regime totalitario, dove fu subito proibito. In Italia arrivò solo nel 1956.
Abbiamo poi la
RKO
nata dalla fusione della Radio Corporation of America e la catena di cinematografi Keith Orpheum. È la
compagnia dei cinofili per eccellenza, e lancia la coppia Astaire – Rogers, per poi produrre i film di esordio
di Orson Welles e Nicholas Ray.
Infine la United Artists, fondata nel 1919 da Charlie Chaplin, Douglas Fairbanks, Mary Pickford e D. W.
Griffith. Antagonista della RKO, i suoi successi migliori sono legati al cinema muto e al genio di Chaplin,
ma la ricordiamo anche per un capolavoro assoluto come Scarface di Hawks, del 1932.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 13. Il ruolo del sonoro nello studio system
Torniamo alla rivoluzione del parlato. Dopo Il cantante di Jazz della Warner, nulla è come prima. Il film è,
naturalmente, un trionfo popolare, e in pochi anni il pubblico abbandona il cinema muto, la rivoluzione del
parlato ha effetti immediati su volume della produzione, che si contrae di un terzo, per i maggiori costi dati
dalla sonorizzazione e per le difficoltà di esportazione.
Per recuperare il mercato, Hollywood decide di confezionare per ogni produzione delle versioni nelle varie
lingue straniere (per il doppiaggio è ancora presto) e sviluppa la realizzazione di film di serie B.
Generalmente programmati prima dei grandi spettacoli, sono produzioni anticipatrici dei nostri telefilm, e
lanceranno moltissime star parallele a quelle dei grandi film.
Al sorgere del sonoro alcuni attori del muto vengono impietosamente abbandonati, mentre altri riescono a
ottenere un successo ancora maggiore. Greta Garbo, il cui accento svedese accentua il suo fascino e mistero;
Marlene Dietrich, Katherine Hepburn, Clark Gable, Cary Grant.
Lo studio system è ormai implacabile e non lascia nulla al caso. Gli anni ’30 si distinguono anche per il
ruolo di primissimo piano che occupa il produttore, vero responsabile della produzione del film. Forti di
contratti di ferro, i produttori spogliano i registi delle loro principali prerogative, quali la scelta del soggetto,
degli attori, dei tecnici, l’elaborazione della sceneggiatura e del montaggio, la supervisione delle scenografie
e dei costumi. Il regista è diventato un impiegato salariato.
Negli anni ’30, col parlato, nasce anche la sceneggiatura. Il parlato, infatti, implica una narrazione; la
narrazione è determinante per il film, così si dedica molta più attenzione all’architettura dietetica della
pellicola. I soggetti vengono riscritti tantissime volte, confezionati ad uso e consumo del pubblico, e
annullando completamente l’improvvisazione creativa delle origini.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 14. La nascita dei generi cinematografici : il fantastico
Parliamo adesso dei generi cinematografici che nascono e si sviluppano negli anni ’30.
Il fantastico.
Questo genere deve moltissimo a registi come Murnau o Lang, e raggiunge l’apice proprio negli anni ’30.
Come già detto, sarà la Universal a fare la parte del leone, lanciando due intramontabili successi nel 1931:
Frankestein, di James Whale, con Boris Karloff, che tratteggia un drammaticissimo mostro ingiustamente
allontanato per la sua diversità, e Dracula di Tod Browning, con Bela Lugosi.
Un ruolo di primo piano lo occupa poi Freaks, che porta per la prima volta sullo schermo l’anomala poeticità
dei mostri. Sono i mostri veri, gli scherzi di natura, riuniti nella triste cornice di un circo. Browning riesce a
mostrarli in tutta la loro umanità, tanto che il film diventa un inno all’innocenza dei mostri e un lucido atto
d’accusa contro la colpevole mostruosità dei normali.
Il film destò reazioni inorridite e fu pesantemente rimaneggiato e tagliato, e subito vietato in tutto il mondo,
tanto che si guadagnò la nomea di film maledetto.
Si continuò poi sulla scia della rivisitazione dei grandi classici, come quelli di Poe, Stevenson, Wells,
Stoker, ma era chiaro che il grande successo di queste pellicole lo si doveva soprattutto alla loro qualità
estetica e scenografica.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 15. La commedia cinematografica
Negli anni ’30 in America nasce e si sviluppa la commedia musicale. I numeri grandiosi di Busby Berkeley,
assunto come coreografo dalla Warner Bros nel 1933, consacrano subito il genere. Berkeley utilizza
centinaia di figuranti e un’impressionante sfavillio di luci che rilanciano l’immagine e moltiplicano le
prospettive. In breve la trama passa in secondo piano rispetto alle scenografie, fatte da geniali numeri
coreografici che diventano veri caleidoscopi viventi.
Escono così nel 1933 Quarantaduesima strada e La danza delle luci, entrambi protesi all’apologia di
un’America potente e rivitalizzata dal dollaro, in realtà fortemente in crisi.
La MGM intanto scopre la coppia storica Astaire – Rogers, facendola debuttare nel 1933 in La danza di
Venere.
Nella grande famiglia della commedia non possiamo dimenticare naturalmente Frank Capra, che orienterà il
genere verso la favola sociale e populista, aderendo totalmente con lo spirito rooseveltiano e mettendo in
scena un’America sentimentale ed utopica, un po’ sempliciotta, dove bastano il coraggio e la fiducia
dell’uomo a farlo trionfare sempre. Il suo Accadde una notte del 1934, con la Colbert e Gable, vince cinque
premi oscar.
Altra colonna importante della commedia degli anni ‘3° è sicuramente Ernst Lubitsch, che da un certo punto
di vista introduce il teatro al cinema, con un parlato che apre le porte ai giochi di parole, alle battute e alle
finezze psicologiche; il famoso Lubitsch touch.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 16. L'arte mimica del genere comico
Il comico, essendo prevalentemente enfatizzazione dell’arte mimica, difficilmente si adatta al sonoro.
Buster Keaton scompare dagli schermi nel 1933; Chaplin, fedele al muto, realizza due bizzarri film: Le luci
della città, nel 1931, e Tempi moderni, nel 1936.
Nel frattempo si fanno avanti i fratelli Marx: Chico, Harpo, Zeppo e Groucho. Dopo una intensa esperienza
teatrale, assieme al quinti fratello Gummo, che li fa conoscere al grande pubblico per la loro comicità
dell’assurdo basata sull’improvvisazione, debuttano al cinema nel 1932 con Noci di cocco, che adatta un
loro successo teatrale a Broadway.
Seguono numerosi capolavori, tutti prodotti dalla Paramount, ma con scarso successo di pubblico.
La MGM, con Irvin Thalberg, li assume (senza Zeppo che si è ritirato da tempo) e li rende popolari con film
come A day at Opera, A day at the races, A night at Casablanca, ma li rende spenti, umiliandone le
potenzialità e riducendoli a semplici guitti dello schermo.
Negli anni ’30 nasce anche il mito di Stanlio e Ollio, i famosissimi Stan Laurel e Oliver Hardy, che fino alla
fine degli anni ’30 raccoglieranno enormi successi, diretti da Hal Roach. La coppia si scioglierà alla fine
degli anni ’30.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 17. L'impatto violento del gangster movie
È un genere dominante dell’America degli anni ’30, dominata dal proibizionismo (cessato poi nel 1933) e
dal proliferare della criminalità organizzata.
Il cinema si impossessa di grandi criminali quali Al Capone, Bonnie & Clyde, John Dillinger, e li trasforma
nei protagonisti dei cine giornali dell’epoca. Il crimine diventa una materia fiorente per il cinema, specie per
la Warner, che produce moltissimi film di questo filone: Nemico pubblico, Piccolo Cesare e soprattutto
Scarface di Howard Hawks.
Scarface è considerato il prototipo del genere e lo inaugura magistralmente, dimostrando che un gangster
movie può anche avere una dimensione documentaria, psicologica, di violento pamphlet sociale.
Scarface nelle intenzioni del regista era una trasposizione della storia dei Borgia, ambientata nella Chicago
degli anni ’20 del Novecento. Il pubblico americano vi trovava sintetizzato il proprio ambiguo rapporto con
la figura del gangster: da una parte estrema espressione del sogno americano, del self made man, e dall’altra,
modello che nessuno può riconoscere apertamente come tale.
Temendo una recrudescenza di violenza, il codice Hays censurerà Scarface ed altri film del settore
gangsteristico, costringendo le majors a proposte più dolci. Il forte gangster movie degli anni ’30 si
trasforma piano piano nel noir degli anni ’40, quello di Bogart.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 18. John Ford e il western
Il western non rinnova i suoi stereotipi durante gli anni ’30, fatta qualche rara eccezione. Rimane sempre il
mito dell’Ovest leggendario, l’apologia del cowboy e del genocidio dei nativi americani. Ci vorranno gli
anni ’40 perché il genere adotti un maggiore rigore storico. Unica eccezione fu Ombre Rosse di John Ford.
Personaggio indigesto, anch’egli per molto tempo cow boy, ha solcato il genere western praticamente in
lungo e in largo, fino al 1964.
Ombre rosse apporta al genere un tono nuovo, più umano e tragico al contempo, che rivela un vero talento
del genere, il famosissimo John Wayne. Ford realizza i suoi film con la bravura e la naturalezza di uno
scrittore di romanzi. Il suo Ombre Rosse getta le basi archetipiche di tutto il genere western.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 19. Il cinema italiano dei telefoni bianchi
Negli anni ’30 in Italia si parla soprattutto di cinema dei telefoni bianchi e cinema del regime mussoliniano.
Le due cose non coincidono perfettamente, come spesso si è invece detto, anche se è innegabile che il
cinema dei telefoni bianchi è stato agevolato dal regime, che attraverso il genere faceva dimenticare la poco
rosea realtà della vita quotidiana della gente comune.
Il nome proviene dalla presenza di telefoni bianchi nelle sequenze di alcuni film prodotti in questo periodo,
sintomatica di benessere sociale: uno status symbol atto a marcare la differenza dai telefoni neri,
maggiormente diffusi.
Sono personaggi che si muovono all’interno di un ambiente ricco e spesso influenzato da mode straniere. Un
incontro tra un ragazzo e una ragazza di ceti sociali diversi, con un happy end che sancisce la scalata sociale.
Elemento essenziale di questi film è lo scenario grandioso (altra definizione è: cinema Decò per la forte
presenza di oggetti di arredamento che richiamano lo stile internazionale decò in voga quegli anni) con
scalinate monumentali, statue greche, tendaggi trasparenti, un mondo di sogno molto distante dalla vita
comune.
Il film che inaugura il genere è La segretaria privata, nel 1931, con la regia di Goffredo Alessandrini, che
racconta la storia di una ragazza di provincia che arriva in città per fare carriera e sposare un uomo ricco.
Tra i numerosi film del filone, si impone il giovane attore Vittorio De Sica, reso celebre da Mario Camerini
nel film del 1932 Gli uomini che mascalzoni…
È un genere che si basa molto sugli errori di identità, come il film con De Sica, dove fa credere ad una
commessa di essere un ricco uomo d’affari, mentre in realtà è solo un autista. Ma questi errori di identità
permettono il confronto tra le classi. Si può trattare di una promozione sociale definitiva, come in Dora
Nelson di Mario Soldati, o può invertirsi il movimento, come nel geniale film di Mario Camerini Il signor
Max, con De Sica che conduce una doppia vita, corteggiando come conte una nobildonna e come giornalaio
la cameriera di quest’ultima. Il perfetto esempio di cinema dei telefoni bianchi. Anche se questi film si
divertono a risvegliare il mito di “Cenerentola” e de “La bella addormentata nel bosco”, dai primi anni ’40 le
prospettive mutano. Con Teresa Venerdì, Vittorio De Sica, al suo terzo film da regista, impone una visione
diversa dei mitici collegi rappresentati nei film dei telefoni bianchi, con una robusta virata in direzione
neorealista. Rimane certamente ancorato ai clichè del genere, ma lo stile dolce – amaro del film denota, ad
esempio, la sua futura attenzione per i bambini e l’insoddisfazione per il rigido schema delle commedie
spensierate con cui aveva comunque costruito inizialmente la sua fama d’attore.
L’apporto più visibile della commedia dei telefoni bianchi è però l’uso delle scenografie non realiste e la
famosa luce bianca. Scenari, raramente in argomento, che inondano i piccoli appartamenti di segretarie e
dattilografe e ingrandiscono le sale e i dormitori dei collegi. Maggiore sarà la crisi della quotidiana vita degli
italiani e maggiormente amplificate saranno le scenografie. In questo genere non saranno i registi ad imporre
il loro marchio, ma gli attori e gli sceneggiatori.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 20. La nascita del cinema di propaganda
Nel periodo 1930 – 1937 Mussolini cerca di riportare ai fasti di un tempo la cinematografia nazionale.
Alcune delle sue iniziative sono indubbiamente efficaci: tassazione che penalizza i film stranieri;
finanziamento al conte Giuseppe Volpi di Misurata perché organizzi a Venezia una mostra del cinema, il cui
debutto sarà nel 1932; creazione di una Direzione generale del cinema, dipendente prima dal Ministero
dell’Interno, e poi dal famigerato Ministero della Cultura e Propaganda.
La decisione più importante rimane però quella di costruire, alle porte di Roma, un complesso unico in
Europa, Cinecittà, inaugurata nel 1937. Allora era costituita da dodici teatri di posa su un perimetro di
600.000 metri quadrati. Al di là dei motivi propagandistici, Cinecittà permise all’arte cinematografica
italiana di dotarsi della base tecnica che le mancava.
Ma per il regime il cinema era un fondamentale strumento di propaganda. Era necessario produrre film
rivolti alla classe media che, senza esagerare, promuovessero i valori fascisti. Gli artisti che si distinsero in
questa operazione politico – artistica furono soprattutto due: Alessandro Blasetti e Mario Camerini.
Blasetti proveniva dalla critica cinematografica, e si distinse con un film del 1929, Sole, che era un
documentario propagandistico sulla bonifica delle paludi dell’Agro Pontino. Al di là della stucchevole
propaganda, Blasetti adotta uno stile realistico, che scopre i volti degli abitanti della terra italiana.
Ricordiamo anche Terra madre e 1860.
Ma Blasetti non è una camicia nera della cinematografia, come Carmine Gallone, Goffredo Alessandrini o
Augusto Genina. In lui convivono due uomini, uno dei quali è l’uomo tranquillo che crede moderatamente
agli slogans del regime. Blasetti è anche un esperto e serio uomo di cinema, e ne dà seriamente prova nel
1941 con La corona di ferro, che gli fece vincere la coppa Mussolini. Goebbels ne comprese subito la forza
eversiva, il sotterraneo inno alla fratellanza dei popoli, alla pace, alla rivolta degli oppressi, e cercò di
boicottarlo, senza successo.
La rinascita economica del cinema fa di Cinecittà un importante polo di attrazione internazionale. Dal 1933
Emilio Cecchi, direttore artistico della potente Cines, assume registi stranieri come il tedesco Walter
Rutmann, che gira Acciaio ispirandosi ad un soggetto di Pirandello, e Marcel L’Herbier, che gira in Italia
Ecco la felicità, nel 1940.
La politica di apertura del regime era naturalmente solo un alibi. Il cinema italiano occulta i veri problemi
della vita nazionale, come l’arretramento economico, la povertà del sud, lo sfruttamento del proletariato, il
provincialismo della cultura. Esiste tra la realtà sociale e la mitologia dello schermo uno scarto che la
dittatura rende intollerabile.
Nel 1935 il regime crea il Centro sperimentale di cinematografia, che si rivelerà un’arma a doppio taglio.
Sotto la direzione di Luigi Chiarini, il Centro diventa un focolaio di opposizione latente, dove si traducono e
commentano i testi teorici di Ejsenstein, Pudovkin, Bela Balàsz; dove si scopre il cinema mondiale; dove
nasce il realismo. Periodici come Bianco e Nero, Cinema, e Si Gira, oltre a cine club universitari come Cine
Guf, polemizzano, senza incorrere nella censura, contro il cinema dei telefoni bianchi e il cosmopolitismo di
facciata. Il neorealismo ebbe una così forte coesione quando nacque, perché in questi anni perfetti
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Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani sconosciuti come Visconti, Antonioni, De Santis e Lizzani ne avevano gettato le basi.
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Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani 21. Il cinema tedesco degli anni '30
In Germania è il teatro brechtiano a salvare il cinema. Il modo di fare teatro di Brecht aveva abituato gli
attori a comportarsi naturalmente davanti alla cinepresa ed ai microfoni, esprimendo il massimo della verità.
Tralasciando le operette e le commedie musicali, la cui volgarità artificialmente pimpante fece la polarità
dello stile UFA, nacquero in Germania moltissime opere capitali, in presa diretta sulla realtà, che lanciavano
ripetute grida di allarme per il viscido, strisciante, dilagante instaurarsi legale della tirannia nazista.
In particolare ricordiamo L’angelo azzurro di Josef von Sternberg, nel 1930, con una conturbante Marlene
Dietrich. Un severo professore di liceo che viene lentamente trascinato nella rovina dalla bella Lola – Lola.
Un film indimenticabile per le cupe atmosfere del tabarin, e per il messaggio di fondo della pellicola: il
disfacimento del vecchio decoro borghese della società tedesca sotto l’impulso di desideri e fantasie che non
si lasciano imbrigliare nelle leggi e nelle convenzioni sociali.
Ci sono anche opere totalmente svincolate da concetti espressionisti, che testimoniano con forza l’ultimo
sussulto delle energie creative dei registi tedeschi, come M – Il mostro di Dusseldorf, uscito nel 1931 con la
regia di Fritz Lang.
Fu per lungo tempo il film più famoso di Lang, apprezzato sia per il tema, sia per la straordinaria
interpretazione di Peter Lorre, sia per lo stile visuale del regista. L’assassino Hans Beckert è un criminale
annegato nella folla ordinaria; un uomo la cui mediocrità lo rende ancora più insaziabile e terrificante. Un
uomo talmente opaco che diventa impossibile da comprendere, e quindi da giudicare.
Il film, intelligentemente, non è basato sull’assassino, ma sul contesto e la reazione sociale. In breve quel
che accade è una metafora antinazista scopertissima, dove il mondo della malavita appare molto più
rassicurante ed efficiente di quello rappresentato dalla legge e dallo Stato.
La maggior parte degli artisti però emigra dalla Germania. Nel 1933 Hans Steinhoff firma il film Il giovane
hitleriano Queux. Ormai l’UFA beneficia di un monopolio assoluto. Goebbels trasforma l’arte
cinematografica tedesca in pura propaganda nazista; la produzione cinematografica raggiunge livelli
qualitativi bassissimi. Nel 1946 produrrà solo cinque film all’anno.
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Storia del cinema del XX secolo. USA, Europa e autori italiani