Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli
Film del 1977. Giovanni Vivaldi, è questo il nome del protagonista, è l’affezionato padre di Mario, un giovane dall’aspetto poco brillante che, avendo recentemente conseguito il diploma di ragioneria, affida il proprio futuro ai concorsi della pubblica amministrazione. Il padre che lo vorrebbe, come lui, impiegato in un ufficio del ministero confida questa speranza al direttore Spaziani, suo superiore, il quale gli indica una possibile strada per realizzare le ambizioni del figlio: deve affiliarsi alla massoneria. Vincendo la propria diffidenza nei confronti della setta, Vivaldi partecipa ad un ridicolo rituale “iniziatico”, al termine del quale scopre con sua grande sorpresa di essere sempre stato l’unico impiegato non massone del ministero del lavoro. Subito dopo, scatta la solidarietà della “fratellanza”. Spaziani sottrae proditoriamente i titoli delle prove d’esame per il concorso di selezione del personale del ministero, a cui deve partecipare il figlio di Vivaldi, e quindi, in una scena altrettanto farsesca come quella dell’iniziazione, li recapita personalmente al collega con la massima circospezione e “segretezza massonica”. Il giorno dell’esame, Vivaldi accompagna il figlio, che per ogni eventualità ha portato con sé addirittura un campionario di penne a sfera. Mentre i due si trovano in strada, alcuni rapinatori che assaltano il banco dei pegni si aprono la fuga con una sparatoria, e senza nemmeno accorgersene Vivaldi lascia sull’asfalto suo figlio, che viene colpito da un proiettile vagante. Con la morte di Mario è come se a Vivaldi il mondo fosse crollato addosso. La sua unica ragione di vita era il figlio ed ora che lui se n’è andato e che la moglie è rimasta paralizzata su una carrozzina, a causa dello shock subito per la sua perdita, non gli resta altro che chiedere la pensione, per meglio aver cura della donna. Convocato un giorno al commissariato di polizia per identificare l’assassino del figlio, che aveva fatto in tempo a vedere a viso scoperto per qualche secondo, Vivaldi finge di non riconoscerlo, ma dopo averlo pedinato a bordo della sua auto lo stordisce con il cric e lo porta fuori città. Vivaldi rinchiude così il malvivente nel capanno di campagna dov’era solito recarsi a caccia. Dopo aver sottoposto il giovane a sevizie, lo mostra quindi agonizzante alla moglie, che davanti a questa scena raccapricciante proverà il suo ultimo dispiacere, prima di morire. Legato al collo con un filo di ferro, l’assassino di Mario finisce per essere “garrottato”, e Vivaldi pensa così di aver reso giustizia a se stesso e alla società.
Dietro l’innocuo aspetto di un anziano pensionato, tempo dopo, egli sarà di nuovo pronto a tirar fuori la grinta del giustiziere. La vittima è stavolta un giovane arrogante che gli fa uno sgarbo… Molto discusso all’epoca per il messaggio che veicolava (il farsi giustizia da sé), è un film molto meno reazionario di quanto si voglia far credere.
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Autore:
Gherardo Fabretti
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- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Storia e critica del cinema
- Docente: Sarah Zappulla Muscarà
- Titolo del libro: Breve storia del cinema
- Autore del libro: Massimo Moscati
- Editore: Bompiani
- Anno pubblicazione: 2003
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