Appunti sul testo "Lezioni di procedura penale" di Gilberto Lozzi che delinea i principi e le leggi che regolano il processo penale (gradi del processo, competenze del giudice e del PM, modalità del giudizio, etc.)
Lineamenti di procedura penale
di Enrica Bianchi
Appunti sul testo "Lezioni di procedura penale" di Gilberto Lozzi che delinea i
principi e le leggi che regolano il processo penale (gradi del processo,
competenze del giudice e del PM, modalità del giudizio, etc.)
Titolo del libro: Lineamenti di procedura penale
Autore del libro: Gilberto Lozzi
Editore: Giappichelli
Anno pubblicazione: 20081. I soggetti del Processo: il Giudice
Nel nostro ordinamento, si deve, anzitutto, distinguere tra:
- giudici ordinari: il giudice di pace, il tribunale, la Corte d'assise;
- giudici speciali: es. il tribunale militare.
Altra distinzione è quella tra:
- giudici monocratici: vi rientrano il giudice di pace, il tribunale in composizione monocratica e il giudice
dell'udienza preliminare;
- giudici collegiali: vi rientrano il tribunale in composizione collegiale, la Corte d'assise, la Corte d'appello,
la Corte d'assise d'appello, la Corte di cassazione.
I giudici si dividono anche, in base al parametro del modo in cui arrivano a costituire il collegio, in:
- professionali;
- onorari: giudici non togati che vengono nominati attraverso un concorso per titoli. Non hanno uno
stipendio ma sono retribuiti a sentenza (es. il giudice di pace);
- popolari: sono presenti in Corte d'assise e Corte d'assise d'appello. Essi non vanno confusi con i giurati.
Nel nostro ordinamento non esiste né può esistere l'istituto della giuria, la quale non deve motivare le sue
decisioni, ragion per cui la giuria contrasterebbe con l'art. 111,6 Cost., secondo cui "tutti i provvedimenti
giurisdizionali debbono essere motivati". Attraverso i giudici popolari si concreta la partecipazione popolare
all'amministrazione della giustizia.
Ultima distinzione è quella tra giudici:
- di merito;
- di legittimità: es. la Cassazione non ha potere di procedere all'istruzione probatoria; non effettua una
ricostruzione del fatto ma esamina gli atti per verificare se il fatto dedotto in giudizio corrisponde alle
attività del giudice di merito. Spesso si dice che la Cassazione è giudice di diritto e che quello ordinario è
giudice di fatto. Il prof. non è d'accordo su questa distinzione poiché la distinzione tra fatto e diritto non è
concettualmente ammissibile. Non è possibile tagliare con la spada e dividere il fatto dal diritto, c'è sempre
una commistione tra i due concetti, perché noi guardiamo al fatto nell'ottica del diritto e interpretiamo la
norma guardando al fatto.
Es. estinzione dell'usufrutto: l'usufrutto non può essere illimitato; deve esserci un momento determinato in
cui l'usufrutto deve estinguersi.
La Corte d'assise è formata da giudici togati e giudici laici. Al suo interno c'è un magistrato di Corte
d'appello che la presiede, un magistrato di tribunale e 6 giudici popolari.
La Corte d'assise d'appello è invece presieduta da un magistrato di Corte d'appello affiancato da un
magistrato di Corte d'appello e da 6 giudici popolari.
Il tribunale per i minorenni è composto di 4 giudici: 2 giudici di carriera e 2 esperti (scelti fra i cultori di
biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia, di psicologia), cui l'uno uomo e l'altro
donna.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 2. Le situazioni di incompatibilità
L'art. 34 c.p.p. prevede situazioni di incompatibilità a esercitare la funzione di giudice determinata da atti
compiuti nel procedimento penale. L'incompatibilità deriva in queste situazioni dal fatto che quella
connotazione di imparzialità e di totale indipendenza psicologica che il giudice deve sempre avere è qui
intaccata da precedenti attività da lui compiute.
Accanto a detta incompatibilità ve ne è una seconda, art. 35 c.p.p., conseguente a qualità della persona a cui
è richiesto l'esercizio della funzione di giudice. Tale forma di incompatibilità è delineata dalle seguenti
disposizioni di legge:
a. non possono esercitare funzioni nello stesso procedimento magistrati che siano tra loro coniugi, parenti o
affini fino al secondo grado;
b. i magistrati i quali abbiano tra loro vincoli di parentela o di affinità fino al terzo grado non possono far
parte della stessa Corte o dello steso tribunale o dello stesso ufficio giudiziario. Inoltre non possono far parte
come giudici dello stesso collegio giudicante nelle corti e nei tribunali ordinari i parenti e gli affini sino al
quarto grado incluso;
c. i magistrati giudicanti e requirenti delle corti d'appello e dei tribunali ordinari non possono appartenere ad
uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i loro parenti fino al secondo grado o gli affini fino al primo grado
sono scritti negli albi professionali di avvocato né ad uffici giudiziari avanti i quali i loro parenti od affini
nei gradi predetti esercitano abitualmente la professione di avvocato.
Vi è infine una terza forma di incompatibilità ad esercitare le funzioni giudiziarie, art. 36 c.p.p., la quale
discende dal rapporto del giudice con l'oggetto del processo o con le parti o i difensori del processo stesso.
Tale forma di incompatibilità è delineata nelle norme che disciplinano il dovere di astensione del giudice e il
potere delle parti di ricusare il giudice stesso.
I numerosi casi di incompatibilità rendono di notevole rilievo il quesito se gli atti compiuti dal giudice in
situazione di incompatibilità debbano o no ritenersi inficiati da nullità assoluta in quanto integranti cause di
incapacità del giudice. Questa tesi è autorevolmente sostenuta in dottrina mentre la giurisprudenza ritiene
che l'esistenza di una causa di incompatibilità costituisca unicamente un motivo di astensione o di
ricusazione.
A sostegno della prima tesi sta il rilievo che le situazioni di incompatibilità incidono sulla posizione di
imparzialità e di indipendenza del giudice.
La giurisprudenza, invece, ritiene che la nullità assoluta determinata dalla violazione delle disposizioni
concernenti le condizioni di capacità del giudice si riferisca soltanto a difetti di capacità generica
all'esercizio della funzione giurisdizionale e, quindi, a quei requisiti che la persona deve avere al fine di
poter esercitare in genere la funzione giurisdizionale. Le situazioni di incompatibilità, invece, non privano il
giudice della capacità generale di giudicare ma incidono soltanto sulla capacità specifica e, pertanto,
costituiscono unicamente motivi di astensione e di ricusazione.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 3. Astensione e ricusazione
I rimedi mediante i quali è possibile far valere le situazioni di incompatibilità chiedendo la rimozione del
giudice incompatibile sono rappresentati dall'astensione e ricusazione del giudice penale.
L'astensione è una rinuncia all'esercizio della funzione giurisdizionale a cui il giudice è obbligato nelle
situazioni di incompatibilità tassativamente enunciate nell'art. 36,1 c.p.c.
La dichiarazione di astensione con l'indicazione del motivo determinante l'astensione stessa è presentata al
presidente dell'organo collegiale di cui il giudice fa parte. Sulla dichiarazione di astensione del giudice di
pace decide il presidente del tribunale, sulla dichiarazione del presidente del tribunale decide il presidente
della Corte d'appello mentre sulla dichiarazione del presidente della Corte d'appello decide il presidente
della Corte di cassazione.
La ricusazione è la dichiarazione mediante la quale una parte chiede la sostituzione di un giudice in un
determinato processo. Il giudice, nei cui confronti sia proposta dichiarazione di ricusazione, non può
pronunciare né concorrere a pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara
inammissibile o rigetta la ricusazione.
La dichiarazione di ricusazione può essere fatta personalmente dall'interessato oppure proposta a mezzo del
difensore o di un procuratore speciale. Essere deve essere proposta con atto scritto e presentata assieme ai
documenti nella cancelleria del giudice competente a decidere. Inoltre, copia va depositata nella cancelleria
dell'ufficio al quale è addetto il giudice ricusato.
Sulla ricusazione del giudice di pace, di un giudice del tribunale o della Corte d'assise o della Corte d'assise
d'appello decide la Corte d'appello. Sulla dichiarazione di un giudice della Corte d'appello decide una
sezione della Corte stessa diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato. Per la ricusazione di un
giudice della Corte di cassazione decide una sezione della Corte diversa da quella a cui appartiene il giudice
ricusato. Non è ammessa la ricusazione dei giudici chiamati a decidere sulla ricusazione stessa.
La dichiarazione di ricusazione è dichiarata inammissibile in camera di consiglio dalla Corte allorquando:
- sia stata proposta da chi non ne aveva il diritto;
- sia stata proposta senza l'osservanza dei termini o delle forme prescritte;
- i motivi addotti siano manifestamente infondati.
Se la dichiarazione è ammissibile la Corte può disporre, con ordinanza, che il giudice sospenda
temporaneamente ogni attività processuale o si limiti al compimento degli atti urgenti. La decisione sul
merito della ricusazione è effettuata dalla Corte in camera di consiglio.
Il giudice astenuto o ricusato è sostituito con altro magistrato dello stesso ufficio designato secondo le leggi
di ordinamento giudiziario. Nell'eventualità che tale sostituzione non sia possibile la Corte o il tribunale
rimette il procedimento davanti al giudice di pace, il procedimento viene invece rimesso al giudice di pace
dell'ufficio più vicino.
Il provvedimento, il quale accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione, dichiara se ed in quale
parte gli atti compiuti precedentemente dal giudice astenutosi o ricusato conservano efficacia. Da tale
disposizione emerge che gli atti del giudice astenuto o ricusato in ordine ai quali non sussista una espressa
declaratoria di conservazione non producono più effetti.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale Per quanto riguarda la forma di invalidità degli atti compiuti successivamente all'accoglimento della
dichiarazione di astensione o di ricusazione, soltanto riconducendo le situazioni di incompatibilità alla
nullità generale sia ravvisabile una nullità degli atti compiuti dal giudice astenuto o ricusato. Pertanto,
l'unica possibilità di individuare una nullità è quella di ravvisare un'incapacità del giudice. La capacità del
giudice viene meno non in conseguenza dell'incompatibilità stessa ma del provvedimento che accoglie la
dichiarazione di astensione o ricusazione. In seguito a tale provvedimento non è più consentito al giudice
esercitare la funzione giurisdizionale in quel determinato processo e, quindi, il giudice risulta privato della
capacità. Vale a dire, a causa di tale privazione, l'atto risulta compiuto da un giudice non più in condizioni di
capacità e, pertanto, viziato di nullità assoluta.
Conservano efficacia atti compiuti allorquando già sussisteva la situazione di incompatibilità ma questa non
era stata dichiarata.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 4. La competenza
La giurisdizione penale va ripartita fra i vari organi titolari di detto potere sulla base di vari criteri di
competenza:
- funzionale;
- per materia;
- per territorio.
La competenza funzionale sta a indicare la ripartizione della giurisdizione penale fra i vari organi con
riferimento ai vari stati e gradi del procedimento. Pertanto, nella fase delle indagini preliminari la
competenza funzionale appartiene al giudice delle indagini preliminari, nell'udienza preliminare al giudice
dell'udienza preliminare, nel giudizio d'appello alla Corte d'appello o alla Corte d'assise d'appello, nel
giudizio di cassazione alla Corte di cassazione.
La competenza per materia della Corte d'assise è individuata dall'art. 5 c.p.p.; la competenza per materia del
giudice di pace è quella che risulta dall'art. 4 d.lgs. n. 274.
La competenza per materia del tribunale viene invece individuata in via residuale: stabilisce infatti l'art. 6
c.p.p. che il tribunale è competente per i reati che non appartengono alla competenza della Corte d'assise o
del giudice di pace.
Una volta individuato l'organo giurisdizionale competente con riferimento alla fase ed alla materia si rende
necessaria una ripartizione territoriale del potere giurisdizionale. A tal fine il legislatore detta delle regole
generali e delle regole suppletive applicabili allorquando risultino non attuabili le regole generali.
Le prime stabiliscono che la competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato
consumato a meno che si tratti di fatto dal quale è derivata la morte di una o più persone poiché, in tal caso,
è competente il giudice del luogo in cui è avvenuta l'azione o l'omissione. Se si tratta di reato permanente, è
competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione. Se si tratta di delitto tentato è
competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il delitto.
Secondo le regole suppletive, invece, il giudice competente è quello dell'ultimo luogo in cui è avvenuta una
parte dell'azione o dell'omissione e se tale luogo non è noto la competenza appartiene successivamente al
giudice della residenza, della dimora o del domicilio dell'imputato. Se nemmeno il tal modo è possibile
determinare la competenza, questa appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio del p.m. che ha
provveduto per primo ad iscrivere la notizia di reato nel registro.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 5. La connessione
I criteri generali di competenza possono essere derogati in situazioni espressamente previste dal legislatore.
La più importante di queste è costituita dalla connessione, che comporta in casi espressamente indicati dal
legislatore la trattazione del processo davanti allo stesso giudice ancorchè la cognizione del processo
appartenga alla competenza di giudici diversi.
Il testo vigente dell'art. 12 c.p.p. dispone che si ha connessione di procedimenti:
- se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro o se più
persone con condotte indipendenti hanno determinato l'evento;
- se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni
od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso;
- se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri.
Nel caso di più procedimenti che siano tutti di competenza del giudice di pace, si ha connessione di
procedimenti in due soli casi:
- se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione tra di loro;
- se una persona è imputata di reati commessi con una sola azione od omissione.
Se la connessione riguarda procedimenti di competenza di giudici ordinari e procedimenti di competenza di
giudici speciali, ove alcuni dei procedimenti connessi appartengano alla competenza di un giudice ordinario
e altri alla competenza della Corte costituzionale, è competente per tutti quest'ultima. Tra procedimenti di
competenza del giudice di pace e procedimenti di competenza di un giudice speciale la connessione, invece,
non opera mai. La connessione non opera fra procedimenti relativi ad imputati che al momento del fatto
erano minorenni e procedimenti relativi a imputati maggiorenni. Inoltre, la connessione non opera fra
procedimenti per reati commessi quando l'imputato era minorenne e procedimenti per reati commessi
quando era maggiorenne.
La connessione determina, poi, delle deroghe.
La deroga alla competenza per materia si verifica, in primo luogo, allorquando alcuni dei procedimenti
connessi appartengano alla competenza della Corte d'assise ed altri a quella del tribunale: in tal caso la
competenza per tutti i reati spetterà alla Corte d'assise. Se, invece, alcuni dei procedimenti connessi
appartengono alla competenza del giudice di pace e altri a quella della Corte d'assise o del tribunale, è
competente per tutti il giudice superiore.
La deroga alla composizione del tribunale si verifica se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla
cognizione del tribunale in composizione collegiale ed altri a quella del tribunale in composizione
monocratica: in questo caso si applicano le disposizioni relative al procedimento davanti al giudice
collegiale, al quale sono attribuiti tutti i procedimenti connessi. Se, invece, i procedimenti connessi sono
attribuiti alla cognizione del tribunale monocratico ma per alcuni si deve procedere con citazione diretta e
per altri no, il p.m. presenta per tutti la richiesta di rinvio a giudizio.
La deroga alla competenza per territorio si verifica allorquando i procedimenti connessi sarebbero, in
assenza della connessione, di competenza di più giudici egualmente competenti per materia ma di diversa
competenza territoriale: in questa situazione, la competenza per territorio appartiene, nei procedimenti di
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale competenza della Corte d'assise o del tribunale, al giudice competente per reato più grave e, in caso di pari
gravità, al giudice competente per il primo reato.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 6. La riunione e la separazione dei processi
Quando più reati appartengano alla competenza del medesimo giudice e ricorrano determinate condizioni
stabilite dalla legga, è previsto che possa venire celebrato un unico processo cumulativo, previa riunione dei
procedimenti relativi a ciascuna singola ipotesi di reato.
La riunione dei processi è consentita a tre condizioni:
1. i processi devono essere pendenti nello stesso stato e grado davanti al medesimo giudice;
2. la riunione non deve determinare un ritardo nella definizione dei processi medesimi;
3. i reati oggetto del processo cumulativo devono essere in rapporto tra di loro in quanto uniti dal vincolo
della connessione o dal vincolo del collegamento investigativo.
La disciplina della riunione costituisce per certi versi il completamento della disciplina della connessione.
Rendendo competente un unico giudice in ordine a reati che sarebbero di competenza di giudici diversi,
l'istituto della connessione ha infatti lo scopo di evitare possibili contrasti di giudicati. Ma questa finalità
non potrebbe essere compiutamente realizzata se, oltre a prevedere l'attribuzione della competenza ad uno
stesso giudice, non si consentisse anche la celebrazione del processo cumulativo.
Tuttavia, la riunione è un istituto che può prescindere dalla connessione, in quanto possono essere riuniti
anche processi la cui cognizione appartenga allo stesso giudice per effetto delle regole ordinarie di
individuazione della competenza.
A differenza della connessione, la riunione dei processi non determina deroghe alla ordinaria competenza
per materia e territorio, in quanto interviene in un momento successivo all'individuazione del giudice
competente; inoltre la riunione è consentita in tutti i casi di connessione, ma non soltanto in tali casi.
Una volta riuniti, i processi devono venire separati nei casi previsti, salvo che il giudice ritenga la riunione
assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti.
Inoltre la separazione può essere disposta sull'accordo delle parti, qualora il giudice la ritenga utila ai fini
della speditezza del processo.
Nel procedimento davanti al giudice di pace, il giudice ordina la separazione dei processi qualora ritenga che
la riunione possa pregiudicare il tentativo di conciliazione, ovvero la rapida definizione di alcuni fra i
processi riuniti.
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Lineamenti di procedura penale 7. La rimessione
Una deroga alla competenza per territorio può verificarsi, altresì, in conseguenza della rimessione del
processo prevista dall'art. 45 c.p.p., secondo cui "in ogni stato e grado del processo di merito quando gravi
situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, pregiudicano la
libera determinazione delle persone che partecipano al processo ovvero la sicurezza o l'incolumità pubblica,
o determinano motivi di legittimo sospetto".
Sui presupposti della rimessione occorre effettuare alcune precisazioni. In primo luogo, le situazioni locali
idonee a turbare lo svolgimento del processo debbono avere la connotazione della gravità.
Inoltre, la legge processuale consente di disporre la translatio iudicii solo quando le situazioni di turbativa
ambientale siano non altrimenti eliminabili.
L'art. 45 c.p.p. richiede, poi, che le situazioni di possibile turbativa del processo siano di carattere locale.
Questo significa che deve trattarsi di situazioni esterne al processo, radicate nell'ambiente che circonda il
processo medesimo.
La richiesta di rimessione deve essere depositata con i documenti che vi si riferiscono nella cancelleria del
giudice nonché notificata entro sette giorni a cura del richiedente alle altre parti. Il giudice trasmette
immediatamente alla Corte di cassazione la richiesta con i documenti allegati e con eventuali osservazione.
L'inosservanza delle forme e dei termini previsti provoca l'inammissibilità della richiesta di rimessione.
Per quanto riguarda gli effetti della richiesta di rimessione sul processo nel corso del quale la richiesta stessa
è depositata, l'art. 47 c.p.p. stabilisce che, in seguito alla presentazione della richiesta di rimessione, il
giudice a cui è presentata la richiesta stessa può disporre con ordinanza la sospensione del processo fino a
che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta e la Corte di cassazione
può sempre disporre con ordinanza la sospensione del processo. La sospensione del processo è obbligatoria
prima dello svolgimento delle conclusioni e della discussione. Tale sospensione obbligatoria non trova
attuazione soltanto quando la richiesta di rimessione non risulti fondata su elementi nuovi rispetto a quelli di
altra richiesta di rimessione già rigettata o dichiarata inammissibile.
La sospensione del processo provoca, peraltro, la sospensione della prescrizione nonchè, allorquando la
richiesta di rimessione sia stata proposta dall'imputato, la sospensione dei termini di durata massima della
custodia cautelare. La prescrizione ed i termini di custodia cautelare riprendono il loro corso dal giorno in
cui la Corte di cassazione rigetta o dichiara inammissibile la richiesta ovvero, in caso di suo accoglimento,
dal giorno in cui il processo dinanzi al giudice designato perviene al medesimo stato in cui si trovava al
momento della sospensione.
L'ordinanza di accoglimento della richiesta di rimessione deve essere comunicata senza ritardo al giudice
procedente e a quello designato. Il giudice procedente trasmette immediatamente gli atti del processo al
giudice designato e dispone che l'ordinanza della Corte di cassazione sia per estratto comunicata al p.m. e
notificata alle parti private. Il giudice designato dalla Corte di cassazione deve procedere alla rinnovazione
degli atti compiuti antecedentemente all'accoglimento della richiesta di rimessione allorquando gli sia stato
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Lineamenti di procedura penale richiesto da una delle parti e sempreché non si tratti di atti a irripetibilità sopravvenuta.
La richiesta di rimessione, anche quando sia stata accolta, non impedisce al p.m. o all'imputato di chiedere
un nuovo provvedimento per la revoca di quello precedente o per la designazione di un altro giudice e
l'ordinanza che rigetta o dichiara inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di rimessione non
impedisce che tale richiesta sia nuovamente proposta sempreché sia fondata su nuovi elementi.
L'istituto della rimessione opera esclusivamente in relazione alla fase che consegue all'esercizio dell'azione
penale e, quindi, alla formulazione dell'imputazione.
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Lineamenti di procedura penale 8. Difetto di giurisdizione, difetto di competenza e di difetto di
attribuzione
Il difetto di giurisdizione sussiste sia nell'ipotesi in cui venga attribuito ad un giudice penale ordinario un
reato di competenza del giudice penale speciale oppure ad un giudice penale speciale un reato di
competenza del giudice penale ordinario sia nell'ipotesi in cui il giudice che procede non abbia alcun potere
giurisdizionale penale.
Ai sensi dell'art. 20,1 c.p.p. il difetto di giurisdizione deve essere rilevato anche d'ufficio in ogni stato e
grado del procedimento. Se il difetto di giurisdizione è rilevato nel corso delle indagini preliminari il p.m.
deve chiedere al giudice delle indagini preliminari di dichiarare il difetto di giurisdizione ed il giudice vi
provvede pronunciando ordinanza e disponendo la restituzione degli atti al p.m. siffatta ordinanza produce
effetti limitatamente al provvedimento richiesto e ciò significa che un mutamento della situazione
processuale può comportare una diversa decisione.
Una volta chiuse le indagini preliminari e in ogni stato e grado del processo il giudice deve dichiarare il
difetto di giurisdizione con sentenza.
La decisione della Corte di cassazione sulla giurisdizione è vincolante a meno che nel corso del processo
risultino nuovi fatti determinanti una diversa definizione giuridica idonea a provocare la modificazione della
giurisdizione.
Il difetto di competenza per materia deve essere rilevato come quello di giurisdizione, anche d'ufficio, in
ogni stato e grado del processo con due eccezioni. La prima si ha allorquando il reato appartenga alla
cognizione di un giudice di competenza inferiore (es: rinvio a giudizio avanti alla Corte d'assise per un reato
di competenza del tribunale). In tal caso, l'incompetenza deve essere rilevata d'ufficio oppure eccepita, a
pena di decadenza, subito dopo compiuti per la prima volta gli accertamenti relativi alla costituzione delle
parti. Se nel termine predetto l'incompetenza in parola non è né dichiarata né eccepita rimane ferma la
competenza del giudice di grado superiore.
La seconda eccezione riguarda l'ipotesi di incompetenza per materia derivante da connessione (es. un
procedimento di competenza del tribunale ma connesso ad un procedimento di competenza della Corte
d'assise, il quale anziché essere attribuito alla cognizione della Corte d'assise si effettua avanti al tribunale).
Pure in questa situazione l'incompetenza per materia deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza,
prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, subito dopo compiuti per la prima
volta gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti. Decorso tale limite cronologico la competenza
rimane fissata in capo al giudice.
L'incompetenza per territorio deve sempre essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della
conclusione dell'udienza preliminare oppure, ove manchi l'udienza preliminare, subito dopo compiuti per la
prima volta gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti. L'eccezione di incompetenza territoriale
proposta e respinta nell'udienza preliminare deve, a pena di decadenza, essere riproposta subito dopo
compiuti per la prima volta gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti. L'inutile decorso del limite
cronologico sopra indicato rende incontestabile la competenza territoriale del giudice originariamente
incompetente.
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Lineamenti di procedura penale La declaratoria di incompetenza per materia o per territorio nel corso delle indagini preliminari va effettuata
dal giudice delle indagini preliminari con ordinanza con cui si dispone, altresì, la restituzione degli atti al
p.m. Nel corso delle indagini preliminare l'incompetenza può essere rilevata anche dal p.m.: se ritiene che il
reato appartiene alla competenza di un giudice diverso da quello presso cui esercita le funzioni, egli deve
trasmettere immediatamente gli atti all'ufficio del p.m. presso il giudice competente. Tale doverosa
trasmissione degli atti può venire anche sollecitata dall'indagato o dalla persona offesa.
Il p.m. decide entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, e, ove la accolga, trasmette gli atti del
procedimento all'ufficio del p.m. presso il giudice competente, dandone comunicazione al richiedente. Se
non provvede in tal senso, il richiedente, entro i successivi dieci giorni, può chiedere al procuratore generale
di determinare quale ufficio del p.m. deve procedere. Il procuratore generale, assunte le necessarie
informazioni, provvede alla determinazione, entro venti giorni dal deposito della richiesta, con decreto
motivato dandone comunicazione alle parti e agli uffici interessati. La richiesta non può essere riproposta a
pena di inammissibilità salvo che sia basata su fatti nuovi e diversi.
Dopo la chiusura delle indagini preliminari e, quindi, nell'udienza preliminare il giudice deve dichiarare con
sentenza sia l'incompetenza per materia che l'incompetenza per territorio ordinando la trasmissione degli atti
al p.m. presso il giudice competente.
Se l'incompetenza per materia o per territorio viene rilevata nel dibattimento, il giudice dichiara in entrambi
i casi con sentenza la propria incompetenza ordinando la trasmissione degli atti al p.m. presso il giudice
competente affinchè sia nuovamente esercitata l'azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio.
Quanto al difetto di attribuzione nel corso del dibattimento di primo grado, bisogna distinguere. Se al
dibattimento si è pervenuti a seguito di udienza preliminare, il giudice, se ritiene che il reato appartiene alla
cognizione del tribunale in composizione diversa, trasmette gli atti, con ordinanza, al giudice competente a
decidere sul reato contestato. Le ipotesi considerate sono due:
1. il tribunale monocratico, non investito della cognizione della causa con le forme della citazione diretta a
giudizio, ritiene che la cognizione del reato spetti al tribunale collegiale;
2. il tribunale collegiale ritiene che la cognizione del reato spetti al tribunale monocratico.
In queste due ipotesi l'udienza preliminare, necessaria o meno, è cmq già stata celebrata, e dunque il vizio di
attribuzione per eccesso o per difetto può essere agevolmente riparato mediante trasmissione diretta degli
atti al giudice competente.
Nel giudizio d'appello il giudice, il quale accerti che il giudice di primo grado era incompetente per materia
in quanto di competenza inferiore rispetto al giudice a cui spettava la cognizione del processo, pronuncia
sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al p.m. presso il giudice di primo grado ritenuto
competente. Qualora, invece, il giudice d'appello accerti che il giudice di primo grado risultava
incompetente per materia in quanto di grado superiore rispetto al giudice cui spettava la cognizione del
processo, è legittimato a pronunciare nel merito in ogni caso.
Per quanto concerne l'incompetenza per territorio o per connessione e il difetto di attribuzione del tribunale,
il giudice d'appello che ravvisi uni di tali vizi pronuncia sentenza di annullamento ordinando la trasmissione
degli atti al giudice di primo grado competente nel caso di incompetenza per connessione e al p.m. presso il
giudice competente nel caso di incompetenza per territorio e nel caso di difetto di composizione del
tribunale, sempreché la relativa eccezione sia stata presentata nei limiti sopra indicati e riproposta nei motivi
d'appello. Tuttavia il giudice d'appello pronuncia nel merito se ritiene che il reato appartiene alla cognizione
del tribunale in composizione monocratica.
Nel giudizio di cassazione la Corte di cassazione dovrà dichiarare l'incompetenza per materia ove il giudice
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Lineamenti di procedura penale di grado inferiore abbia giudicato di un reato spettante alla competenza di un giudizio di grado superiore
posto che tale declaratoria deve essere effettuata d'ufficio in ogni stato e grado del processo. Le altre ipotesi
di incompetenza e di difetto di attribuzione potranno essere dichiarate dalla Corte di cassazione solo se
eccepite nei limiti cronologici previsti dalla legge, riproposte nei motivi d'appello e, per essere sempre state
respinte, nuovamente riproposte nei motivi di ricorso per cassazione.
In ordine alla validità delle prove assunte da un giudice incompetente, si desume che nell'ipotesi di
incompetenza per territorio l'incompetenza stessa non inficia le prove, che, quindi, sono pienamente efficaci.
La stessa regola vale per l'ipotesi delle prove assunte da un tribunale invalidamente composto, mentre
parzialmente diversa è la disciplina concernente le prove acquisite da un giudice incompetente per materia:
in tal caso, le prove conservano pure efficacia a meno che non si tratti di dichiarazioni rese al giudice
incompetente per materia e ripetibili.
Per quanto concerne i provvedimenti cautelari disposti da un giudice, che contestualmente o
successivamente si dichiari incompetente per qualsiasi causa, detti provvedimenti cessano di avere effetto
se, entro venti giorni dalla ordinanza di trasmissione degli atti, il giudice competente non emani nuovi
provvedimenti.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 9. I conflitti di giurisdizione e di competenza
La pluralità di organi giurisdizionali può comportare contrasti fra gli stessi sia in ordine alla giurisdizione sia
in ordine alla competenza. Si distingue, appunto, tra conflitti di giurisdizione e conflitti di competenza.
I conflitti di giurisdizione sussistono allorquando il contrasto concerna uno o più giudici ordinari da un lato
e uno o più giudici speciali dall'altro.
Es: un contrasto fra tribunale ordinario e tribunale militare in ordine al problema se un determinato fatto
imputato ad un determinato soggetto spetti alla cognizione del tribunale ordinario oppure alla cognizione del
tribunale militare.
Il conflitto di competenza si ha, invece, allorquando il contrasto riguardi due o più giudici ordinari.
Es: un contrasto fra tribunale e Corte d'assise in ordine al problema se un determinato fatto imputato ad un
determinato soggetto spetti alla competenza del tribunale o della Corte d'assise (conflitto di competenza per
materia) oppure al contrasto fra due tribunali in ordine al problema se l fatto predetto spetti alla competenza
del tribunale di Torino oppure alla competenza del tribunale di Milano (conflitto di competenza per
territorio).
Il conflitto di giurisdizione o di competenza potrà essere positivo, quando due o più giudici
contemporaneamente prendano cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona, oppure
negativo, quando due o più giudici contemporaneamente ricusino di prendere cognizione del medesimo fatto
attribuito alla stessa persona.
Il legislatore esclude espressamente la ravvisabilità di un conflitto tra giudice dell'udienza preliminare e
giudice del dibattimento stabilendo che, nel caso di contrato fra questi due giudici, prevale la decisione del
giudice del dibattimento.
Il conflitto cessa per effetto del provvedimento di uno dei giudici che dichiara, anche d'ufficio, la propria
competenza o la propria incompetenza.
La proposizione del conflitto è disciplinata dall'art. 30 c.p.p. e può essere effettuata dal giudice, il quale, ove
rilevi un conflitto, emana ordinanza con cui rimette alla Corte di cassazione copia degli atti necessari alla
risoluzione del conflitto con l'indicazione delle parti e dei difensori. Il conflitto può essere, altresì,
denunciato dal p.m. presso uno dei giudici in conflitto ovvero dalle parti private ed, in tal caso, la denuncia è
presentata nella cancelleria di uno dei giudici in conflitto, con dichiarazione scritta e motivata alla quale è
unita la documentazione necessaria. Il giudice trasmette immediatamente alla Corte di cassazione la
denuncia presentata, la documentazione e la copia degli atti che appaiono necessari per la risoluzione del
conflitto, con l'indicazione delle parti e dei difensori. Il giudice è legittimato a fare osservazioni sul conflitto
denunciato.
Sia l'ordinanza con cui il giudice solleva il conflitto sia la denuncia del conflitto stesso da parte del p.m. o di
una parte privata non hanno effetto sospensivo sui procedimenti in corso.
Il giudice, il quale ha sollevato il conflitto con ordinanza oppure ha ricevuto la denuncia predetta ne dia
immediatamente comunicazione all'altro giudice con cui il conflitto si pone.
I conflitti vengono decisi dalla Corte di cassazione con sentenza in camera di consiglio. La decisione della
Corte è vincolante sempreché non emergano nuovi fatti determinanti una diversa qualificazione giuridica
che modifichi la giurisdizione o individui la competenza di un giudice superiore.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 10. Il P.M.
In Italia vi sono due settori della magistratura:
- la magistratura giudicante (i giudici);
- la magistratura requirente (i p.m.).
La magistratura requirente è attualmente costituita dalla procura della Repubblica presso il tribunale e la
Corte d'assise, dalla procura generale della Repubblica presso la Corte d'appello e dalla procura generale
della Repubblica presso la Corte di cassazione. Detti uffici sono organizzati gerarchicamente ed hanno come
capo il procuratore della Repubblica.
I due settori della magistratura non comportano, però, due carriere autonome essendo consentito il passaggio
dalla magistratura requirente a quella giudicante e viceversa.
Il problema del p.m. è che non si capisce come inquadrarlo professionalmente. È un dipendente pubblico
(art. 97 Cost.), che per la sua funzione processuale è una parte, organo dell'accusa, che ha il dovere di
esercitare l'azione penale (art. 50 c.p.p.), cioè di dedurre la pretesa punitiva dello stato chiedendo al'organo
giurisdizionale di pronunciarsi in ordine a una determinata imputazione.
Ma, pur svolgendo la funzione processuale di parte, non può trovarsi nella stessa situazione delle altre parti.
Il legislatore del 1988 lo ha qualificato come parte, eliminando le confusioni. Il p.m. non ha più potere di
emanare provvedimenti cautelari, non ha più poteri istruttori.
Poiché il p.m. è parte, il legislatore ha eliminato la possibilità di ricusazione del giudice, ma ha mantenuto la
possibilità di astensione.
Istituzionalmente è rappresentane della legge, mentre prima era definito rappresentante del potere esecutivo.
Secondo l'art. 69 c.p.p., il p.m. opera sotto la direzione del Ministro di grazia e giustizia, ma non è un
controllo su come esercita la giustizia.
C'è un problema di carattere politico: negli anni '70 si cerca di equiparare al giudice il p.m. Nel 1988 si
arriva a una situazione di equilibrio.
Il p.m. è legato alle direttive del capo dell'ufficio superiore.
Dal vigente c.p.p. emerge un modello fondato sull'idea di organizzazione in cui la funzione del p.m. si
sostanzia in base alle necessità procedurali.
Gli uffici del p.m. si dividono in:
- territoriale;
- funzionale;
- materiale
Le funzioni sono svolte dalla Procura Generale della Repubblica (ufficio presso ciascuna Corte d'Appello),
che ha a capo un procuratore della Repubblica con accanto i sostituti, che sono anch'essi pubblici Ministeri.
Inoltre ci possono essere gli aggiunti, fra i quali il procuratore può nominare un vicario che prenderà il suo
posto quando il procuratore va in ferie.
Ci sono anche gli avvocati generali e nella Procura generale della Cassazione il procuratore generale
aggiunto.
L'avvocato generale della procura è diverso dall'avvocato generale dello stato, che ha funzioni di
rappresentanza e di difesa delle istituzioni dello stato, presso le quali svolge normalmente un ruolo di
consulenza.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale Presso la Procura Generale della Corte di cassazione c'è la Direzione Generale Anti-Mafia, a capo della
quale c'è il procuratore nazionale anti-mafia, che dà delle direttive ai procuratori distrettuali anti-mafia.
Funzioni del P.M.:
- funzione agente (art. 112 Cost.): esercita l'azione penale e civile nei confronti dei minori e degli incapaci;
- funzione requirente: fa le richieste;
- attribuzione di poteri coercitivi non in funzione cautelare ma probatoria (es. accompagnamento coattivo);
- funzione disciplinare in udienza in mancanza del giudice.
Il momento di esercizio dell'azione penale è delineato dall'art. 405 c.p.p., il quale stabilisce che il p.m.,
quando non deve richiedere l'archiviazione, esercita l'azione penale formulando l'imputazione ovvero con
richiesta di rinvio a giudizio.
Il processo penale inizia appunto con la formulazione dell'imputazione, che comporta l'esercizio dell'azione
penale.
La richiesta di archiviazione sta a indicare che il p.m. non intende esercitare l'azione penale.
L'art. 408 c.p.p. prevede che la richiesta di archiviazione venga effettuata dal p.m. ed accolta dal giudice
delle indagini per infondatezza della notitia criminis. Tale infondatezza è basata sul fatto che gli elementi
acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio.
Art. 409,2 c.p.p.: se il gip non accoglie la richiesta, fissa la data dell'udienza in Camera di Consiglio.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 11. La polizia giudiziaria
Nello svolgimento delle sue funzioni il p.m., nel corso delle indagini preliminari, è coadiuvato dalla polizia
giudiziaria.
Mentre la polizia di sicurezza ha la funzione di assicurare l'ordine pubblico e di prevenire la commissione
dei reati, la polizia giudiziaria interviene esclusivamente nella fase repressiva, cioè nell'ambito di indagini su
reati già commessi.
In particolare, a norma dell'art. 55 c.p.p., la polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere
notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti
necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge
penale.
Presso ogni procura della Repubblica è collocata un'unità operativa di polizia giudiziaria che si definisce
sezione.
Secondo l'art. 57 c.p.p. sono ufficiali di polizia giudiziaria:
- i dirigenti, i commissari, gli ispettori, i sovrintendenti e gli altri appartenenti alla polizia di stato, ai quali è
stata riconosciuta tale qualità;
- gli ufficiali superiori e inferiori e i sottoufficiali dei carabinieri, della guardia di finanza, degli agenti di
custodia e del corpo forestale dello stato;
- il sindaco dei comuni ove non abbia sede un ufficio della polizia di stato;
sono invece agenti di polizia giudiziaria:
- il personale della polizia di stato al quale è stata riconosciuta questa qualità;
- i carabinieri, le guardie di finanza, gli agenti di custodia, le guardie forestali, le guardie delle province e dei
comuni.
Le funzioni di polizia giudiziaria sono svolte alla dipendenza e sotto la direzione dell'autorità giudiziaria,
che dispone direttamente della polizia giudiziaria.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 12. Le parti private
Non esiste un imputato prima della promozione dell'azione penale.
L'art. 60 c.p.p. ribadisce la fissità dell'oggetto del processo, ma anche della persona. Infatti dispone che
"assume la qualità di imputato la persona alla quale è attribuito il reato ". Tale qualità si conserva in ogni
stato e grado del processo e si mantiene fino a quando non sia emessa la sentenza.
L'imputato è colui che viene indagato come responsabile sin dalla notitia criminis.
Prima della formulazione dell'imputazione, cioè nel corso del procedimento, non vi è mai un imputato, ma
soltanto una persona assoggettata alle indagini (indagato).
L'art. 61 c.p.p. stabilisce che "i diritti e le garanzie dell'imputato si estendono alla persona sottoposta alle
indagini preliminari. Alla stessa persona si estende ogni altra disposizione relativa all'imputato, salvo che sia
diversamente stabilito".
Non tutte le persone possono assumere la qualità di imputato visto che l'acquisizione della qualità di
imputato è una conseguenza della capacità penale e quindi possono essere imputati soltanto i destinatari
della norma penale.
Possono considerarsi soggetti processualmente incapaci gli immuni e i non imputabili. Per quanto riguarda i
primi, bisogna distinguere tra immunità totale e immunità parziale.
La capacità di essere imputato coincide con la capacità di agire, cioè con la capacità di compiere le attività
demandate all'imputato. Eccezioni:
- art. 70 c.p.p.: accertamenti sulla capacità dell'imputato;
- art. 71 c.p.p.: sospensione del procedimento per incapacità dell'imputato.
L'art. 69 c.p.p. (morte dell'imputato) è interessante perché vige nel nostro sistema il principio del "Ne bis in
idem"; ad esso si contrappongono 2 eccezioni:
- per questioni legate alla querela (es. perché è invalida);
- se l'imputato muore e dopo l'emanazione della sentenza si accerta che l'imputato è vivo, allora la prima
sentenza è come se non fosse stato emanata.
L'imputato ha il diritto di difendersi. Si distingue tra difesa in senso tecnico e difesa in senso sostanziale;
della prima è titolare il difensore, della seconda è titolare l'imputato.
È l'imputato che sceglie la tesi dell'ammissione della responsabilità oppure quella di sostenere l'innocenza,
mentre il difensore ha il compito di dare consigli tecnici.
Una fondamentale manifestazione del diritto di difesa dell'imputato è quella che si riassume nel principio
"Nemo tenetur se detegere", cioè nessuno può essere obbligato a rendere dichiarazioni auto incriminanti.
Il difensore opera sia in funzione di rappresentanza, in quanto opera in nome altrui e per conto altrui, che di
assistenza, in quanto opera in nome proprio e per conto altrui.
La rappresentanza generale è prevista per le persone giuridiche.
Una rappresentanza ex lege è prevista in certi casi (es. il rappresentante del contumace). Essa è una
rappresentanza fasulla; infatti la formula serve per dire che al legislatore interessa ben poco se l'imputato sia
o no in udienza.
Un altro caso di rappresentanza ex lege è nelle udienze presso la Cassazione: l'imputato non è presente, è
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale presente solo il difensore.
L'imputato non può nominare più di 2 difensori. Il difensore può essere di fiducia o d'ufficio se l'imputato
non ha nominato un difensore di fiducia o ne è rimasto privo.
Nel caso di un cittadino non abbiente, i costi sono sopportati dallo stato.
Una parte privata eventuale è la parte civile. L'art. 74 c.p.p. dispone che "l'azione civile per le restituzioni e
per il risarcimento del danno può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato
danno nei confronti dell'imputato del responsabile civile".
Due alternative:
1. per gli ordinamenti di common law: criterio della separazione dei giudizi;
2. per gli ordinamenti di civil law: criterio dell'unità della giurisdizione (giudizi civile e penale uniti e decisi
insieme). Se non c'è condanna penale non c'è risarcimento civile.
Il codice del 1988 si avvicina alla scelta del criterio usato negli ordinamenti di common law.
L'azione civile per il risarcimento del danno può essere esercitata unicamente nel processo penale e non nel
procedimento. Quindi essa presuppone l'esercizio dell'azione penale.
L'azione civile può anche venire proposta davanti al giudice civile e successivamente venire trasferita nel
processo penale, ma ciò solo fino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito.
La costituzione di parte civile avviene tramite una dichiarazione che può avvenire non prima dell'udienza
preliminare e non dopo la fase dedicata alla verifica della costituzione delle parti. Quindi o in udienza
preliminare o in dibattimento. Diventa efficace dopo che sia notificata alle altre parti.
La costituzione di parte civile non è altro che una forma di presentazione della domanda.
La parte civile, una volta costituita, è parte del processo anche se poi non si presenta in appello. Essa però
può essere esclusa, anche d'ufficio.
Il responsabile civile non significa che esso sia effettivamente responsabile; deve essere ancora accertato.
Quindi sarebbe più corretto dire l'ipotetico responsabile civile.
La costituzione di parte civile può essere anche revocata, sia in modo espresso che tacitamente.
Le persone giuridiche vengono equiparate in linea di principio all'imputato.
Il codice dell'88 ha deciso di non allargare troppo la maglia della costituzione di parte civile ricomprendendo
enti ed associazioni di cui non si sapeva bene quale fosse il danno. Ad essi è riconosciuto il diritto di
presentare memorie e richieste lungo tutto l'arco del processo, ma devono essere prima riconosciuti.
Può partecipare al processo un solo ente e se la parte offesa lo consente. La parte offesa può revocare il
consenso e una volta revocato non lo può più dare a nessuno.
Il danneggiato non va confuso con l'offeso dal reato, che non sempre coincide con la persona danneggiata.
Es: se Tizio guidando in modo imprudente investe un'automobile guidata da Caio e di proprietà di
Sempronio ed in tal modo cagiona lesioni a Caio e danni all'auto di Sempronio, si avrà un danneggiato,
Caio, che allo stesso tempo è persona offesa dal reato di lesioni e un danneggiato, Sempronio, che non è
persona offesa dal reato.
La persona offesa è quindi il titolare dell'interesse protetto dalla norma penale che si presume violata.
Il responsabile civile è colui che è debitore solidale con l'imputato dei danni patrimoniali e morali nei
confronti della parte civile. Infatti, allorquando si esercita l'azione civile per le restituzioni e per il
risarcimento del danno cagionato dal reato, la pretesa risarcitoria viene effettuata sia nei confronti
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale dell'imputato, sia nei confronti delle persone che debbono rispondere per il fatto commesso dall'imputato.
Es: in caso di danno cagionato da persona incapace di intendere di volere, il risarcimento è dovuto da chi è
tenuto alla sorveglianza dell'incapace, salvo che provi di non aver poto impedire il fatto.
Anche il responsabile civile può essere escluso a richiesta di parte civile, d'ufficio o in modo automatico.
Il civilmente obbligato per la pena pecuniaria è disciplinato dagli artt. 196 e 197 c.p.,che sono disposizioni
relative a quelle del responsabile civile ma con 3 differenze:
- la richiesta a citare viene proposta non dalla parte civile ma dal p.m. o dallo stesso imputato;
- il civilmente obbligato non viene escluso in caso di instaurazione del giudizio abbreviato;
- non è possibile l'intervento giudiziario del civilmente obbligato.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 13. I rapporti tra giudizio penale e giudizio civile
In attuazione del principio dell'unità della funzione giurisdizionale, esiste nel nostro sistema
processualpenalistico un complesso di disposizioni dirette ad evitare che, sia pure in campi giurisdizionali
diversi, vengano emanate pronunzie tra di loro contrastanti. Tra queste vi sono quelle che disciplinano il
fenomeno della pregiudizialità delle questioni comuni ai due processi.
L'art. 2,1 c.p.p. in linea di principio stabilisce che "il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la
decisione salvo che sia diversamente stabilito" soggiungendo al comma 2 che "la decisione del giudice
penale che risolve incidentalmente una questione civile, amministrativa o penale non ha efficacia vincolante
in nessun altro processo". La regola è, quindi, inequivocabilmente, quella per cui quando esiste una
questione pregiudiziale civile o amministrativa dalla cui risoluzione dipende la definizione del processo
penale, il giudice penale deve risolvere la questione pregiudiziale senza sospendere il processo.
Ma "quando la decisione dipende dalla risoluzione di una controversia sullo stato di famiglia o di
cittadinanza, il giudice, se la questione è seria e se l'azione a norma delle leggi civili è già in corso, può
sospendere il processo fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce la questione" (art. 3 c.p.p.).
Inoltre, non tutte le questioni di stato possono determinare la sospensione del processo penale ma solo quelle
relative allo stato di famiglia e di cittadinanza, con esclusione delle altre tra cui quella concernente la qualità
di fallito.
Peraltro, questa possibilità di sospensione è limitata unicamente alla fase dibattimentale e, quindi, non è
attuabile nel procedimento o in altre fasi del processo penale ed, inoltre, la sentenza civile o amministrativa
che decide della questione controversa non ha alcuna efficacia vincolante nel processo penale.
In ordine ai rapporti tra processo penale e processo civile di grande importanza è il problema dell'efficacia
della sentenza penale irrevocabile nel giudizio civile o amministrativo di danno.
L'art. 651 c.p.p. stabilisce che la sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a
dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità
penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le
restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che
sia stato citato o sia intervenuto nel processo penale.
L'art. 652 c.p.p., nel disciplinare l'efficacia di giudicato della sentenza penale di assoluzione pronunciata in
seguito a dibattimento nel giudizio civile o amministrativo di danno, prevede l'effetto vincolante quanto
all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto
nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o amministrativo
per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell'interesse dello stesso, sempre
che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizioni di costituirsi parte civile nel processo
penale, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l'azione in sede civile.
L'efficacia vincolante della sentenza di assoluzione è, tuttavia, esclusa nell'ipotesi in cui l'azione civile
proposta davanti al giudice civile prosegue in sede civile se non è trasferita nel processo penale o è stata
iniziata quando non è più ammessa la costituzione di parte civile. Ciò significa che la sentenza penale di
assoluzione ha efficacia di giudicato nel processo civile solo se l'azione civile è stata proposta a delle
condizioni, ossia dopo che nel processo penale sia già stata pronunciata la sentenza di primo grado, oppure
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale in seguito al trasferimento nell'azione risarcitoria dalla sede penale a quella civile. In questi casi, non
soltanto è riconosciuta l'efficacia vincolante della sentenza penale assolutoria, ma il processo civile è
sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione. Viceversa, la sentenza
penale di assoluzione non ha efficacia di giudicato se l'azione civile è stata esercitata per la prima volta
davanti al giudice civile e prima della sentenza penale di primo grado senza essere trasferita nel processo
penale.
La ratio di tale disciplina è quella di impedire che il danneggiato dal reato possa decidere in maniera
strumentale il momento e la sede più opportuni per l'esercizio dell'azione risarcitoria.
La normativa vigente subordina l'efficacia vincolante della sentenza di assoluzione all'accertamento della
non sussistenza del fatto o della non commissione del fatto da parte dell'imputato e, quindi, all'esistenza di
una prova negativa con esclusione della mancanza o della insufficienza di prova. Questa tesi comporta che,
al fine di ravvisare l'esistenza o no dell'efficacia vincolante in questione, appare indispensabile risalire alla
motivazione della sentenza per stabilire se le risultanze probatorie abbino effettivamente accertato
l'innocenza dell'imputato oppure se la formula assolutori consegna alla mancanza, insufficienza o
contraddittorietà della prova.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 14. L'atto processuale penale
Le disposizioni relative agli atti sono contenute negli artt. 109 e seg.
Il FATTO GIURIDICO è qualsiasi accadimento esteriore contemplato dal diritto come produttivo di
conseguenze giuridiche. All'interno dei fatti giuridici si distinguono gli atti, cioè quegli accadimenti esistenti
perché c'è un comportamento umano, dai fatti in senso stretto, cioè i fenomeni naturali o i comportamenti
non volontari.
La fattispecie è quel complesso di elementi ai quali l'ordinamento collega un certo effetto giuridico. In
rapporto alle fattispecie, i fatti giuridici sono da dividere in:
- fattispecie giuridiche che integrano una fattispecie;
- fattispecie giuridiche che integrano una parte di fattispecie.
Le fattispecie che sono costituite da un unico fatto giuridico sono le fattispecie semplici, quelle costituite da
più fattispecie sono le fattispecie complesse.
L'atto processuale penale in senso stretto è qualunque fatto giuridico. Gli atti del processo penale possono
essere distinti in:
- atti del procedimento penale: atti che formano il procedimento;
- atti del processo penale: atti che integrano il processo penale.
Ogni atto giuridico può essere visto in due dimensioni: quella statica (si guarda l'atto dopo che viene
compiuto), nella dimensione dinamica (si guarda l'atto mentre viene compiuto). Nella dimensione statica si
guarda l'atto dopo che viene compiuto, nella dimensione dinamica si guarda l'atto mentre viene compiuto.
Nella dimensione statica si guarda più all'accaduto che all'accadimento, cioè si guarda la sentenza.
C'è una terza prospettiva, quella secondo cui è atto anche l'attività di documentazione di un atto originario.
Es: è atto non solo la perquisizione, ma anche la documentazione della perquisizione, cioè il verbale.
Gli atti possono essere a forma libera (l'atto può essere integrato da una qualunque attività idonea a
realizzare la finalità cui l'atto è predisposto) o vincolata (regolata da prescrizioni relative agli elementi
essenziali dell'atto).
Nel processo penale gli atti a forma vincolata sono le regole e i requisiti formali dell'atto sono indicati
nell'art. 177 c.p.p.
Oltre al comportamento e ai requisiti di forma, è necessario, per l'integrazione dello schema dell'atto
processuale, un fatto o atto giuridico antecedente e si parla a questo proposito di presupposto dell'atto
processuale. Per presupposto si intende sia i fatti costitutivi di qualifiche soggettive, sia il rapporto
cronologico che, nella serie degli atti processuali integranti il procedimento, lega un atto all'altro.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 15. I provvedimenti del giudice
Tra gli atti, particolare importanza hanno i provvedimenti del giudice (art. 125 c.p.p.). Essi assumono tre
forme:
1. Sentenza: atto solenne con il quale il giudice termina il suo compito. Esse chiudono una fase processuale
e possono essere di merito o meramente processuali a seconda che decidano sull'imputazione o si limitino a
risolvere una questione processuale senza pronunziare sulla pretesa punitiva.
2. Ordinanza: non esiste in natura. All'incirca proviene sempre da un organo giurisdizionale; è sempre dopo
l'audizione delle parti e risolve sempre una controversia giuridica.
3. Decreto: non prevede una decisione su una controversia (eccezione: decreto penale di condanna)
Esistono anche provvedimenti senza particolare formalità, di carattere amministrativo, ed anche orali. È la
legge che volta per volta, stabilisce quale forma debba essere adottato.
Tra i provvedimenti del giudice solo la sentenza viene pronunciata in nome del popolo italiano, mentre
l'obbligo di motivazione è sempre prescritto, a pena di nullità, sia per le sentenze che per le ordinanze.
Invece il decreto deve essere motivato, a pena di nullità, soltanto nei casi in cui la motivazione sia
espressamente e specificamente richiesta dalla legge.
Il giudice delibera in camere di consiglio e la deliberazione è segreta.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 16. I termini perentori, ordinari e dilatori
Nel susseguirsi degli atti processuali penali il legislatore prevede, per determinati atti, dei limiti cronologici,
i termini, entro cui un atto deve o può essere compiuto o prima dei quali non deve essere compiuto.
I termini si suddividono in:
a. perentori: sono quelli per cui un determinato atto deve essere compiuto a pena di decadenza entro un
limite cronologico indicato dal legislatore. L'inutile decorso del termine comporta la perdita del potere di
compiere l'atto;
b. ordinari: come quelli perentori, sono termini nei cui limiti cronologici l'atto deve essere compiuto ma se
ne differenziano per il fatto che l'inutile decorso del termine non comporta la decadenza dal potere di
compiere l'atto. Quindi l'atto, dopo il decorso del termine, è valido e perciò efficace. La violazione di un
termine meramente ordinario può comportare a carico del responsabile l'applicazione di una sanzione
disciplinare;
c. dilatori: sono quelli per cui un atto non può essere compiuto prima del decorso del termine stesso.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 17. La restituzione nel termine
Il legislatore si è preoccupato di prevedere un rimedio allorquando la decadenza conseguente al decorso del
termine perentorio sia stata determinata dall'impossibilità in cui si è trovato il soggetto decaduto dal potere
di compiere l'atto, di espletare l'attività processuale prevista a pena di decadenza.
A tal fine l'art. 175,1 c.p.p. prevede che il p.m., le parti private e i difensori sono restituiti nel termine
stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o per forza
maggiore. Ma non basta a giustificare la restituzione in termine una mera difficoltà; è necessaria una vera e
propria impossibilità.
Per caso fortuito deve intendersi l'evento non previsto né prevedibile dalla parte, intervenuto prima
dell'inizio o nel corso o dopo l'esaurimento dell'attività posta in essere dalla parte stessa per il compimento
dell'atto; mentre la forza maggiore consiste in quell'energia causale, naturale o umana o subumana, alla
quale la parte non ha potuto assolutamente resistere e che ha reso vano ogni suo sforzo per il compimento
dell'atto entro il termine stabilito.
Caso fortuito e forza maggiore hanno in comune la caratteristica dell'inevitabilità.
La decisione sulla richiesta di restituzione in termine spetta al giudice.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 18. La documentazione degli atti
La documentazione degli atti avviene mediante verbale, il quale deve essere redatto, in forma integrale o
riassuntiva, con la stenotipia o altro strumento meccanico oppure con la scrittura manuale. L'art. 136 c.p.p.
ne dispone il contenuto.
L'art. 142 c.p.p. stabilisce che il verbale è nullo quando vi sia incertezza assoluta sulle persone intervenute
oppure quando manchi la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 19. La notificazione
La notificazione degli atti realizzano due esigenze:
1. garantire una conoscenza effettiva dell'atto;
2. attuare l'economia processuale mediante rapide modalità di notificazione.
Le notificazioni vengono eseguite dall'ufficiale giudiziario o da chi ne esercita le funzioni.
La notificazione può essere sostituita dalla consegna di copia dell'atto all'interessato da parte della
cancelleria.
Altro atto equipollente alla notificazione è la lettura dei provvedimenti alle persone presenti e gli avvisi che
sono dati dal giudice verbalmente agli interessati in loro presenza.
Enrica Bianchi Sezione Appunti
Lineamenti di procedura penale 20. Forme di invalidità dell'atto processuale penale e l'inesistenza
Ogni atto efficace è anche perfetto, ma non ogni atto perfetto è anche efficace. L'atto perfetto è quello che
corrisponde al modello, ma l'atto imperfetto è una locuzione sbagliata perché non producendo conseguenze
giuridiche, non può essere nominato atto giuridico.
Gli atti illeciti sono atti perfetti perché corrispondono alla fattispecie indicata.
Gli atti leciti, invece, sono quelli a cui non consegue la sanzione ma che si distinguono in:
- validi;
- invalidi.
Si usa il concetto di valido per indicare che il soggetto che ha compiuto quell'atto ha adempiuto ad un onere
(onere di integrare la fattispecie).
L'invalidità si risolve nell'iniziato ma non completato onere. Ad essa non consegue la sanzione ma solo la
mancata produzione degli effetti.
Esistono atti che possono essere contemporaneamente invalidi e illeciti. È invalido poiché non integra il
modello e allo stesso tempo è illecito dal punto di vista disciplinare o penale.
Inoltre un atto può essere invalido dal punto di vista processuale ma lecito per un altro settore
dell'ordinamento.
La specie di ciascuna invalidità si identifica secondo la gravità della difformità al modello. A seconda del
tipo di mancanza derivata dal comportamento del soggetto, il legislatore prevede effetti diversi.
All'invalidità può conseguire la mancanza di qualunque effetto, oppure l'annullabilità dell'atto, cioè effetti
precari.
Le forme di invalidità dell'atto processuale sono:
a. inesistenza in senso giuridico;
b. nullità insanabile (assoluta);
c. nullità sanabile (relativa) che può essere ex nunc o ex tunc;
d. inammissibilità;
e. inutilizzabilità.
La teoria dell'invalidità gioca anche su parametri di tipo soggettivo, che possono essere rilevabili d'ufficio o
solo dopo da alcune parti.
La decisione ha carattere dichiarativo in caso di nullità; costitutivo in caso di annullabilità. L'unico caso di
nullità insanabile è l'inesistenza giuridica, cioè ipotesi di nullità insanabile non previsti dal legislatore.
Se due tipi di nullità hanno la stessa trattazione, si tratta della stessa nullità chiamata diversamente in due
ambiti.
L'invalidità originaria è quella che si riferisce al singolo atto compiuto difformemente dal modello, mentre
l'invalidità derivata è quella di atti magari compiuti bene ma che vengono infettati dal primo atto. Dall'atto
originario l'invalidità si diffonde a quelli successivi.
L'invalidità derivata comporta la regressione del processo allo stato o al grado in cui è stato compiuto l'atto
nullo.
Ci sono differenze a seconda del tipo di atto invalido:
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Lineamenti di procedura penale - atti propulsivi: sono quelli per i quali l'invalidità di un atto genera l'invalidità di quello successivo;
- atti probatori: sono quelli per i quali non è detto che l'invalidità di una prova generi anche l'invalidità di
quelle successive.
L'inesistenza giuridica è quando nell'atto c'è un vizio tale da far individuare una divergenza abnorme. La più
classica è quella delle sentenze e la conseguenza più importante è che non può mai passare in giudicato.
Es: è inesistente quell'atto proclamatosi come sentenza ma da un soggetto che non è un giudice.
L'inesistenza è la forma più grave di invalidità; essa non è prevista dal legislatore ma costituisce
un'elaborazione della dottrina e della giurisprudenza.
Sono stati individuati come casi di inesistenza in senso giuridico la carenza di potere giurisdizionale da parte
del giudice, l'incapacità dell'imputato ad essere parte, la carenza del dispositivo.
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Lineamenti di procedura penale 21. La nullità
Il sistema del codice di procedura civile è un sistema aperto; infatti l'art. 121 stabilisce che gli atti del
processo, per i quali non sono richieste forme determinate, possono essere adottati nella forma più idonea a
raggiungere lo scopo.
Il codice di procedura penale del 1988 prevede, invece, un sistema chiuso, secondo il principio di tassatività
(tassatività significa tassatività nell'individuazione dell'atto) delle nullità (art. 177). Conseguenze:
- non può essere ritenuto nullo un atto se non ricorre alcuna causa prevista come causa di nullità;
- non può non essere ritenuto invalido un atto se non può essere rilevata una nullità.
L'ambito di applicazione delle nullità è l'intero processo.
La previsione delle nullità può avvenire singolarmente caso per caso; di conseguenza ci sono differenze
nelle previsioni e trattazioni delle varie nullità.
Nullità speciali: si hanno quando nel codice troviamo la formula magica "A pena di nullità" e sono quelle in
cui il legislatore prevede specificamente le cause di nullità.
Nullità generali: cause di nullità non riferite a un singolo atto.
Art. 178: individua la classe delle ipotesi. Laddove ci sia la violazione di queste previsioni c'è una nullità.
Nullità relative: sono sanabili e rilevabili su eccezione di parte nei termini indicati dall'art. 182 c.p.p.,
termini che variano a seconda della fase in cui si verifica la nullità relativa.
Nullità assolute (art. 179): sono le più gravi e sono sanabili con il giudicato. Una volta finito il processo
sono insanabili. Sono rilevabili d'ufficio in qualunque momento.
Nullità intermedie: hanno una disciplina a metà, cioè sono sanabili come le relative ma dichiarabili d'ufficio
come le assolute, m entro periodi più lunghi rispetto alle relative.
Non si può dire che tutte le nullità speciali siano relative perché ce ne sono anche di assolute e di intermedie.
Invece non ci possono essere delle generali relative.
Le nullità speciali se non sono generali sono relative, tranne un unico caso, art. 525,2, che è nullità speciale
assoluta.
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Lineamenti di procedura penale 22. Le sanatorie delle nullità
La sanatoria è quella possibilità di consentire che, a determinate condizioni, all'atto compiuto male
conseguono gli stessi effetti dell'atto compiuto bene.
Sono previste numerose sanatorie delle nullità, che si realizzano allorquando l'atto viziato si combini con un
atto o fatto giuridico successivo, sostitutivo del requisito mancante o viziato che ha dato luogo alla nullità, in
modo da integrare una nuova fattispecie alla quale sono ricollegati gli stessi effetti giuridici che avrebbe
prodotto l'atto nullo se la nullità non si fosse verificata.
Le sanatorie possono essere generali o speciali. Le prime sono quelle sanatorie che riguardano tutti gli atti
viziati indipendentemente dal fatto che la sanatoria sia espressamente prevista. Valgono per tutte le nullità
tranne che per quelle assolute.
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Lineamenti di procedura penale 23. L'inutilizzabilità
Il vizio dell'inutilizzabilità (art. 191) concerne unicamente la violazione dei divieti relativi alle prove: le
prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate. L'inutilizzabilità è
rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
Art. 606: accomuna all'inutilizzabilità la decadenza.
La decadenza però non è un'invalidità perché non costituisce l'imperfezione di un atto. Essa si realizza
allorquando si lascia decorrere un termine perentorio perdendo così il diritto di compiere l'atto.
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Lineamenti di procedura penale 24. L'inammissibilità
L'inammissibilità è una forma di invalidità dell'atto processuale penale riferibile agli atti compiuti dopo il
verificarsi della decadenza. Ma tale sanzione processuale è ricollegabile anche a situazioni diverse quali:
- la mancanza di un requisito di forma dell'atto;
- la mancanza di contestualità con un altro atto;
- il mancato adempimento successivo al compimento di un atto;
- un comportamento tenuto successivamente al compimento di un atto.
L'inammissibilità può essere rilevata d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, a meno che il
legislatore non circoscriva la rilevabilità di tale sanzione processuale entro limiti precedenti la formazione
del giudicato.
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Lineamenti di procedura penale 25. Il procedimento probatorio
Il processo penale tenda a provare il fatto ipotizzato nella imputazione e le prove sono, appunto, gli
strumenti impiegati per verificare l'esistenza di tale fatto. L'art. 187,1 c.p.p. stabilisce che "sono oggetto di
prova i fatti che si riferiscono all'imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena o della misura
di sicurezza. Sono altresì oggetto di prova i fatti dai quali dipende l'applicazione di norme processuali. Se vi
è costituzione di parte civile, sono inoltre oggetto di prova i fatti inerenti alla responsabilità civile derivante
dal reato".
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