In questo riassunto del manuale di biologia chimica è possibile trovare tutti gli argomenti oggetto d'esame. Vengono affrontate approfonditamente le componenti basilari della vita: le proteine, gli aminoacidi, i lipidi... e tutte le reazioni chimiche che li coinvolgono.
Biochimica
di Domenico Azarnia Tehran
In questo riassunto del manuale di biologia chimica è possibile trovare tutti gli
argomenti oggetto d'esame. Vengono affrontate approfonditamente le
componenti basilari della vita: le proteine, gli aminoacidi, i lipidi... e tutte le
reazioni chimiche che li coinvolgono.
Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso: Scienze Biologiche
Esame: Chimica biologica
Titolo del libro: Biochimica
Autore del libro: Donald Voet e Judith G. Voet
Editore: Zanichelli
Anno pubblicazione: 19931. Definizione di carboidrati
I carboidrati sono componenti essenziali di tutti gli organismi viventi e sono infatti le classi più abbondanti
di molecole biologiche. Il nome carboidrati, che letteralmente significa “idrati di carbonio”, deriva dalla
composizione chimica che è approssimativamente (C . H2O)n, dove n deve essere uguale o maggiore di 3.
Le unità base dei carboidrati sono dette monosaccaridi. Gli oligosaccaridi, invece, sono composti da poche
unità monosaccaridiche legate covalentemente. Essi sono spesso associati alle proteine (glicoproteine) e al
lipidi (glicolipidi) in cui hanno funzioni sia strutturali che regolatrici. I polisaccaridi sono costituiti da molte
unità monosaccaridiche legate covalentemente ed hanno masse molecolari che possono raggiungere i
milioni di dalton. Essi hanno funzioni strutturali importantissime in tutti i tipi di organismi, ma in particolare
nelle piante, in quanto la cellulosa, il loro materiale strutturale fondamentale, rappresenta fino all'80% del
loro peso secco. I polisaccaridi come l'amido delle piante e il glicogeno negli animali, servono invece come
riserve naturali.
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Biochimica 2. Classificazione dei monosaccaridi
I monosaccaridi o zuccheri semplici sono derivati aldeidici o chetonici di alcoli poliossidrilici a catena
aperta con almeno tre atomi di carbonio. Questi vengono classificati in base al loro gruppo carbonilico e al
numero dei loro atomi di carbonio. Se il gruppo carbonilico è un aldeide, come nel glucosio, lo zucchero
viene detto aldosio. Se, invece, il gruppo carbonilico è un chetone, come nel ribulosio, lo zucchero viene
definito chetosio. I più piccoli monosaccaridi, quelli a tre atomi di carbonio, sono detti triosi. Quelli con
quattro, cinque, sei, sette e così via, atomi di carbonio sono rispettivamente tetrosi, pentosi, esosi, eptosi,
eccetera. Questi termini possono essere combinati e quindi il glucosio, per esempio, diventa un aldoesosio,
mentre il ribulosio è un chetopentosio. Un esame della formula chimica del D-glucosio rileva che tutti e sei i
suoi atomi di carbonio, meno due, il C(1) e il C(6), sono centri chirali e di conseguenza il D-glucosio è uno
dei 24=16 stereoisomeri che comprendono tutti i possibili aldoesosi. In generale gli aldosi, con n-atomi di
carbonio hanno 2n-2 stereoisomeri. Emil Fischer, nel 1896, determinò la configurazione degli aldoesosi. In
base alla sua convenzione, gli zuccheri D hanno la stessa configurazione assoluta della D-gliceraldeide a
livello del centro asimmetrico più lontano dal loro gruppo carbonilico. Gli zuccheri L, sempre in base alla
convenzione di Fischer, sono immagini speculari delle forme D. Gli zuccheri, invece, che differiscono
soltanto per la configurazione intorno ad un atomo di carbonio vengono definiti epimeri l'uno dell'altro. Ad
esempio il D-glucosio e il D-mannosio sono epimeri
CONFIGURAZIONI E CONFORMAZIONI
Come sappiamo gli alcoli reagiscono con i gruppi carbonilici delle aldeidi e dei chetoni per formare
rispettivamente emiacetali ed emichetali. Le funzioni ossidriliche, aldeidiche e chetoniche dei monosaccaridi
possono reagire intramolecolarmente formando emiacetali ed emichetali ciclici, che vengono raffigurati con
le formule di proiezione di Haworth. Uno zucchero con un anello a sei membri viene detto piranosio in
analogia con il pirano, il componente più semplice che contiene questo anello. Gli zuccheri con anelli a
cinque membri sono detti furanosi, in analogia con il furano. Le forme cicliche del glucosio e del fruttosio
diventano quindi il glucopiranosio e fruttofuranosio.
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Biochimica
L'uso delle formule di Haworth può generare, però, l'impressione sbagliata che questi anelli siano planari.
Questo non è il caso, in quanto tutti gli atomi di questi anelli sono ibridi tetraedrici (sp3). L'anello
pirasonico, come l'anello del cicloesano, può assumere conformazioni a barca o a sedia. La stabilità relativa
di queste conformazioni diverse dipende dalle interazioni stereochimiche tra i sostituenti sull'anello. I
sostituenti dell'anello nella conformazione a sedia, la più stabile, possono rientrare in due classi: i gruppi
assiali che si estendono parallelamente all'asse di rotazione e i gruppi equatoriali, sfalsati e senza
interferenze. Poiché i gruppi assiali ed equatoriali dell'anello del cicloesano sono conformazionalmente
interconvertibili, un dato anello ha due forme a sedia alternative; la forma che predomina è quella che ha il
minor addensamento tra i suoi sostituenti assiali.
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In generale, comunque, la ciclizzazione di un monosaccaride rende l'atomo di carbonio carbonilico
asimmetrico. La coppia di diasteroisomeri che ne deriva vengono detti anomeri e l'atomo di carbonio
emiacetalico o emichetalico diventa il carbonio anomerico. Nell'anomero , il sostituente OH sul carbonio
anomerico è sul lato opposto dell'anello saccaridico rispetto al gruppo CH2OH sul centro chiralico che
definisce la configurazione D o L (il C5 negli esosi). L'altro anomero viene indicato con la lettera . I due
anomeri del D-glucosio, come ogni coppia di diasteroisomeri, hanno proprietà fisico e chimiche diverse. Per
esempio, i valori del potere rotatorio specifico, per l'-D-glucosio e per il -D-glucosio sono rispettivamente
+112,2° e +18,7°. Quando queste due sostanze pure sono disciolte in acqua, il potere rotatorio specifico si
modifica lentamente fino a che non raggiunge il valore di +57,7°. Questo fenomeno è noto con il nome di
mutorotazione; per il glucosio, essa deriva dalla formazione di una miscela in equilibrio costituita dal 63,6%
dell'anomero e dal 36,4% dell'anomero . Come ben si può capire, quindi, la chimica degli zuccheri è in gran
parte quella dei loro gruppi ossidrilici e carbonilici. Per esempio, in una reazione catalizzata da un acido, il
gruppo ossidrilico anomerico di uno zucchero si condensa reversibilmente con gli alcoli per formare - e -
glicosidi. Il legame che collega il carbonio anomerico e l'ossigeno acetalico viene detto legame glicosidico. I
polisaccaridi sono tenuti insieme da questo legame tra le unità monosaccaridiche vicine.
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Biochimica 3. Classificazione dei polisaccaridi
I polisaccaridi, noti anche con il nome di glicani, consistono di monosaccaridi legati insieme da legami
glicosidici. Essi sono classificati come omopolisaccaridi oppure eteropolisaccaridi, a seconda che siano
costituiti da un solo tipo di monosaccaridi o da più tipi. Gli omopolisaccaridi possono essere suddivisi
ulteriormente in base all'identità della loro unità monomerica. Per esempio, i glucani sono polimeri del
glucosio, mentre i galattani sono polimeri del galattasosio. I polisaccaridi, comunque, al contrario delle
proteine e degli acidi nucleici, formano polimeri sia lineari che ramificati, in quanto il legame glicosidico
può essere fatto da uno qualsiasi dei gruppi ossidrilici di un monosaccaride.
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Biochimica 4. Disaccaridi
I polisaccaridi più semplici sono i disaccaridi. Il saccarosio, il disaccaride più abbondante, è presente in tutto
il regno vegetale e ci è molto noto come zucchero da tavola. Per dare un nome sistematico ai disaccaridi,
bisogna specificare i loro componenti monosaccaridici, i tipi di anelli presenti, le loro forme anomeriche e il
legame che unisce le due unità. Il saccarosio diventa quindi O--D-glucopiranosil-(12)--D-fruttofuranoside,
dove il simbolo (1 2) indica gli atomi che partecipano al legame glicosidico, cioè il C(1) per il glucosio ed il
C(2) per il fruttosio. L'idrolisi del saccarosio a D-glucosio e D-fruttosio è accompagnata da una grande
modificazione della rotazione ottica da destrogira a levogira. Il saccarosio idrolizzato viene detto in alcuni
casi zucchero invertito e l'enzima che catalizza questo processo, l'-glucosidasi, viene detto per lo stesso
motivo invertasi. Il lattosio (O--D-galattosil-(14)--D-glucopiranosio) o zucchero del latte è presente solo nel
latte dove la sua concentrazione varia da 0 al 7%, a seconda della specie.
Esistono, inoltre, diversi disaccaridi glucosil-glucosio molto comuni. Uno di essi è il maltosio (O--D-
glucopiranosil-(14)--D-glucopiranosio), un prodotto dell'idrolisi enzimatica dell'amido; l'isomaltosio ed il
cellobiosio.
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Biochimica 5. Polisaccaridi strutturali: cellulosa e chitina
Alcuni polisaccaridi hanno la funzione di essere dei componenti strutturali molto importanti. La cellulosa è
il principale componente strutturale delle pareti delle cellule delle piante. Essa è un polimero lineare
contenente fino a 15000 residui di glucosio (un glucano) legati tra loro da legami glicosidici (14). Come
accade per i grandi polisaccaridi, la cellulosa non ha una grandezza definita, in quanto a contrario delle
proteine o degli acidi nucleici, non vi sono stampi determinati geneticamente che dirigano la sua sintesi.
Nelle pareti delle cellule vegetali, le fibre di cellulosa sono immerse in una matrice costituita da alcuni
polisaccaridi contenenti glucosio ed altri monosaccaridi. La chitina, invece, è il componente strutturale
principale dell'esoscheletro degli invertebrati come i crostacei, gli insetti e i ragni; Essa è un omopolimero di
residui di N-acetilglucosammina legati con legami (14) e differisce dalla cellulosa per avere il gruppo OH in
ogni C(2) sostituito da una funzione acetamidica.
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Biochimica 6. Polisaccaridi di deposito: amido e glicogeno
L'amido è una miscela di glucani che le piante sintetizzano come riserva principale di cibo. Esso viene
depositato nel citoplasma delle cellule vegetali sotto forma di granuli insolubili composti dall''-amilosio e
dall'amilopectina. L'-amilosio è un polimero lineare di alcune migliaia di residui di glucosio legati da legami
(14). L'amilopectina, invece, è costituita da residui di glucosio uniti da legami (14), ma è una molecola
ramificata con punti di ramificazione generati da legami (16) ogni 24-30 residui in media. Le molecole di
amilopectina contengono più di 106 molecole di glucosio e sono quindi tra le molecole più grandi presenti in
natura. La conservazione del glucosio sotto forma di amido mantiene costante la pressione osmotica
intracellulare che invece diventerebbe elevatissima se il glucosio venisse conservato in forma monomerica.
Infatti, la pressione osmotica è proporzionale al numero di molecole di soluto presenti in un dato volume.
Il glicogeno, invece, il polisaccaride di deposito degli animali, è presente in tutte le cellule , ma è molto più
rappresentato nel muscolo scheletrico e nel fegato, sottoforma di granuli citoplasmatici. La struttura primaria
del glicogeni ricorda quella dell'amilopectina, ma il glicogeno è molto più ramificato ed i punti di queste
ramificazioni sono disposti ogni 8-12 residui di glucosio. Nella cellula, il glicogeno viene degradato dalla
glicogeno fosforilasi, che rompe sequenzialmente mediante fosforolisi i legami (14) del glicogeno a partire
dall'estremità non riducente, formando glucosio-1-fosfato.
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Biochimica 7. Glicosamminoglicani e glicoproteine: i proteoglicani
Gli spazi extracellulari, in particolari quelli del tessuto connettivo, come la cartilagine, i tendini, la pelle ed i
vasi sanguigni, sono costituiti da fibre di collageno e di elastina immersi in una matrice, simile ad un gel,
detta sostanza di base. Questa è composta in gran misura da glicosamminoglicani, polisaccaridi non
ramificati costituiti da un'alternanza di residui di acidi uronici e di esosammine. Le soluzioni di
glicosamminoglicani sono viscide e con una consistenza simile al muco, che deriva dalla loro elevata
viscosità ed elasticità.
Fin dal 1960, si pensava che i carboidrati fossero una specie di composti senza uno scopo preciso che
servivano a riempire alcuni spazi rimasti vuoti. Le ricerche degli ultimi 20-30 anni hanno, invece,
dimostrato che la maggior parte delle proteine sono glicoproteine; cioè hanno legati covalentemente dei
carboidrati. Il contenuto in carboidrati nelle glicoproteine può variare da meno dell1% a più del 90% del
loro peso.
PROTEOGLICANI
Le proteine ed i glicosamminoglicani nella sostanza solubile aggregano in modo covalente o non covalente,
formando un gruppo diverso di macromolecole note come proteoglicani. Le fotografie al microscopio
elettronico, hanno dimostrato che queste molecole hanno un architettura molecolare simile ad una spazzola
per pulire le bottiglie, le cui subunità del proteoglicano (cioè i peli irti della spazzola), costituite da un
nucleo proteico a cui sono legati dei glucosamminoglicani, sono attaccati non covalentemente ad uno
scheletro filamentoso di acido ialuronico. La catena centrale di acido ialuronico può avere associati a sé fino
a 100 nuclei proteici, ognuno dei quali lega circa 50 catene di cheratan solfato, ciascuno composto da circa
250 unità disaccaridiche, e circa 100 catene di condroitin solfato costituite da più di 1000 unità
disaccaridiche.
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Biochimica 8. Le pareti cellulari batteriche
I batteri sono circondati da una parete cellulare rigida che conferisce loro una forma caratteristica e consente
di sopravvivere in un ambiente ipotonico (con una concentrazione minore di quella intracellulare), che
altrimenti porterebbe alla lisi della cellula. Le pareti cellulari dei batteri hanno un significato medico molto
rilevante, in quanto da esse dipende la virulenza del batterio. In generale, i batteri vengono classificati come
gram-positivi oppure gram-negativi a seconda che siano in grado o meno di assumere la colorazione di
gram. I batteri gram-positivi hanno una parete cellulare spessa che circonda la loro membrana plasmatica,
mentre i batteri gram-negativi hanno una parete cellulare sottile ricoperta da una complessa membrana
esterna. Comunque, le pareti cellulari sia dei batteri gram-negativi/positivi sono costituiti da polisaccaridi
legati covalentemente a catene polipeptidiche, che formano una molecola a forma di sacca che incapsula
completamente la cellula. Questo reticolo viene chiamato peptidoglicano. La componente polisaccaridica
consiste di catene laterali di N-acetil-glucosammina (NAG) e acido N-acetilmuramico (NAM) alternati e
legati da legami (14). Invece, le catene vicine e parallele di peptidoglicano sono legate covalentemente
mediante ponti trasversali formati dalle catene laterali dei loro tetrapeptidi (ad esempio in Staphilococcus
aureus il tetrapeptide ha una sequenza L-Ala-D-isoglutammil-L-Lys-D-Ala). Inoltre, la superficie dei batteri
gram-positivi è ricoperta da acidi teicoici, polimeri del glicerolo o del ribitolo legati da ponti fosfodiesterici
con il gruppo C(6)-OH dei residui di NAG. Questi composti vengono detti anche lipopolisaccaridi (lipidi
che contengono zuccheri). La membrana esterna dei batteri gram negativi, invece, è composta da
lipopolisaccaridi complessi, proteine e fosfolipidi, organizzati in maniera molto complicata. Lo spazio
periplasmatico, un compartimento acquoso che sta tra la membrana plasmatica e la parete cellulare
peptidoglicanica, contiene proteine che trasportano gli zuccheri ed altre sostanze nutrienti. La membrana
esterna funziona come una barriera per le sostanze potenzialmente dannose. La superficie esterna de batteri
gram-negativi è ricoperta, inoltre, da polisaccaridi complessi e spesso insoliti noti come antigeni O, che
caratterizzano ogni ceppo batterico.
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Biochimica 9. Struttura e funzione delle glicoproteine
Gli oligosaccaridi si legano alle proteine mediante due sistemi diversi: i legami N (attraverso un atomo di
azoto) o i legami O (attraverso un atomo di ossigeno). Nei legami N-glicosidici, un residuo NAG è
invariabilmente legato (legame di tipo ) all'atomo di azoto amidico di un residuo di Asn nella sequenza Asn-
X-Ser oppure Asn-X-Thr, dove X rappresenta qualsiasi residuo amminoacidico eccetto Pro, o Asp. Gli
oligosaccaridi che utilizzano questo tipo di legame hanno di solito un nucleo caratteristico (la sequenza più
interna), i cui residui periferici di mannosio sono legati ad altri residui di mannosio o di NAG. A loro volta,
questi residui possono essere legati ad altri residui saccaridici, in modo da creare la grande diversità tra
questi oligosaccaridi N-legati. Il più comune legame O-glicosidico, invece, coinvolge in nucleo
disaccaridico -galattosil-(13)--N-acetilgalattosammina legato (con legame di tipo ) al gruppo OH di residui
di Ser o di Thr.
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Biochimica 10. Gli aminoacidi delle proteine
L'analisi di un grande numero di proteine ha dimostrato che tutte queste sono composte da 20 aminoacidi
“standard”. Questi composti sono noti come -amminoacidi in quanto, con la sola eccezione della prolina,
essi hanno un gruppo amminico primario e un gruppo carbossilico legati allo stesso atomo di carbonio. Tutti
gli amminoacidi hanno legato al carbonio una funzione amminica rappresentata dal gruppo NH2 ed una
funzione carbossilica che è rappresentata da gruppo COOH. I singoli amminoacidi, poi, si differenziano
l'uno dall'altro dalla catena laterale che è indicata con il gruppo R, che ha struttura, dimensione e carica
diverse. Quindi le proprietà chimico-fisiche degli amminoacidi sono dettate da quest'ultimo gruppo. In tutti
gli amminoacidi quindi, il carbonio è un centro chirale, tranne nella glicina in cui il gruppo R è
rappresentato da un atomo di idrogeno. Negli organismi viventi le molecole chirali sono di solito presenti in
una soltanto delle due forme (R ed L), nel nostro caso, quindi degli amminoacidi, troviamo in natura solo gli
isomeri L. L'acidità e la basicità degli amminoacidi sono la conseguenza della contemporanea presenza
nelle loro molecole di un carbossile e di un gruppo amminico. Gli amminoacidi hanno un punto di fusione
relativamente elevato e possiedono una spiccata solubilità in acqua e una bassa solubilità in solventi organici
apolari. Gli amminoacidi, inoltre, esistono come ioni dipolari, anche detti zwitteroni, in cui il gruppo
amminico è protonato mentre il carbossile esiste come ione carbossilato. Uno zwitterone può agire sia come
acido, quindi essere un donatore di protoni, sia come base, quindi essere un accettore di protone. In altre
parole, il gruppo “acido” di un amminoacido è uno ione ammonio e il gruppo “basico” il gruppo
carbossilico. Per ciascun amminoacido possiamo scrivere quindi il doppio equilibrio, rappresentato in figura,
in cui lo zwitterone potrà dare luogo ad uno ione carico negativamente in soluzione basica ed ad uno ione
carico positivamente in soluzione acida. Le sostanze che hanno questa natura sono anfoteliche e vengono
spesso chiamate anfoliti.
Dall'equazione è evidente che , a valori di pH molto bassi, l'amminoacido esiste in una forma in cui il
gruppo amminico e il carbossile sono entrambi protonati: esso porta quindi una carica netta positiva ed è un
acido diprotico. A valori elevati di pH, l'amminoacido reca, invece, una carica netta negativa e presente due
siti basici ai quali può subire protonazione. A valori di pH intermedi, l'amminoacido esiste prevalentemente
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Biochimica come zwitterone che non possiede carica netta. Il valore di pH in cui la concentrazione dello zwitterone è
massima è conosciuto come punto isoelettrico, pI, dell'amminoacido. A questo valore di pH, la molecola
rimane immobile all'interno di un campo elettrico, cioè non migra né verso il polo positivo né verso quello
negativo perché le sue cariche sono esattamente bilanciate. Al contrario a bassi valori di pH, l'amminoacido
reca una carica positiva e migra verso il polo negativo, invece, ad alti valori di pH migra verso il polo
positivo per la presenza di una carica negativa. Gli -amminoacidi polimerizzano almeno concettualmente
mediante l'eliminazione di una molecola d'acqua. Il risultante legami CO-NH viene chiamato legame
peptidico. I polimeri contenenti due, tre, pochi (da tre a dieci) oppure molti residui amminoacidici sono detti
rispettivamente dipeptidi, tripeptidi, oligopeptidi oppure polipeptidi. Quest'ultimi hanno masse molecolari
molto grandi che possono variare dai 4 ai 440 kD. Comunque i polipeptidi sono polimeri lineari, ossia, ogni
residuo amminoacidico si lega a quello vicino con un sistema testa-coda e non si formano catene ramificate,
questo sottolinea la semplicità a volte degli organismi viventi che codificano sequenze amminoacidiche
lineari partendo da acidi nucleici anch'essi polimeri lineari. In una proteina, i residui amminoacidici con cui
termina la catena polipeptidica hanno un gruppo amminico libero che è il residuo N-terminale, ed il residuo
che è all'altra estremità che è un gruppo carbossilico che è un residuo C-terminale.
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Biochimica 11. Classificazione e caratteristiche degli aminoacidi
Abbiamo visto che tutti gli amminoacidi presenti negli organismi sono tutti acidi -amminocarbossilici. Essi
presentano, dunque, al carbonio la configurazione L, cioè la configurazione correlata con quella della L-(-)-
gliceraldeide: sono quindi degli L-amminoacidi. Quest'ultimi possono essere classificati in tre gruppi
principali, sulla base della polarità delle catene laterali (gruppi R) dei singoli amminoacidi:
1.Nel primo gruppo fanno parte gli amminoacidi con i gruppi R non polari e sono principalmente 9. La
glicina che ha la catena laterale più piccola possibile, un atomo di idrogeno. L'alanina, la valina, la leucina e
l'isoleucina che hanno catene laterali idrocarburiche alifatiche che vanno come dimensioni dal gruppo
metilico dell'alanina ai gruppi butilici isomerici della leucina e dell'isoleucina. Poi abbiamo, la metionina,
che ha una catena laterale contenente un etere tiolico e la prolina, che ha limitazioni conformazionali
(rigido) dovute dalla natura ciclica del suo gruppo laterale pirrolidinico, che è unico tra i venti amminoacidi
standard. Infine abbiamo la fenilalanina, con la sua unità fenilica ed il triptofano, con il suo gruppo indolico,
che contengono entrambi gruppi laterali aromatici caratterizzati sia dalle grosse dimensioni che dalla
mancanza di polarità.
2.Nel secondo gruppo fanno parte gli amminoacidi con gruppi R polari non carichi e sono principalmente
sei. La serina e la treonina, che hanno gruppi R di dimensioni diverse con gruppi ossidrilici. L'asparagina e
la glutammina, che hanno una catena laterale di diversa lunghezza con un gruppo amidico. La tirosina ha un
gruppo fenolico e la cisteina che ha un gruppo tiolico ed è l'unica dei 20 amminoacidi che può formare con
un altro residuo di cisteina un legami disolfuro. Quest'ultimi legami sono molto importanti nelle strutture
delle proteine in quanto esso può mettere in connessione catene separate oppure formare legami crociati tra
residui di cisteina della stessa catena.
3.Nel terzo gruppo, invece, fanno parte gli amminoacidi con i gruppi T polari e carichi. Cinque amminoacidi
hanno catene laterali cariche. Gli amminoacidi basici hanno cariche positive ad un pH fisiologico (6-7) e
comprendono la lisina, che ha una catena laterale butilamminica, l'arginina, che ha un gruppo guanidinico, e
l'istidina che presenta un gruppo imidazolico. Infine, gli amminoacidi acido aspartico e acido glutammico
sono carichi negativamente a valori di pH superiori a 3
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Biochimica 12. Attività ottica degli aminoacidi
Gli amminoacidi isolati per idrolisi blanda delle proteine sono, ad eccezione della glicina, tutti otticamente
attivi, cioè ruotano il piano della luce polarizzata. Le molecole otticamente attive hanno un asimmetria, nel
senso che non sono sovrapponibili alla loro immagine speculare, allo stesso modo che la mano sinistra non è
sovrapponibile alla sua immagine nello specchio, che è la mano destra. Questa situazione è caratteristica
nelle sostanze che contengono atomi di carbonio tetraedrici con quattro sostituenti diversi. L'atomo centrale
di carbonio in quest'ultima conformazione è detto centro asimmetrico o centro chiralico e si dice che
presenta una chiralità (dal greco cheir, mano). Gli atomi di carbonio di tutti gli amminoacidi, esclusa la
glicina in quanto contiene due atomi di idrogeno come sostituenti e quindi sovrapponibile, sono centri
asimmetrici. Le molecole che hanno immagini speculari, comunque, non sono sovrapponibili e vengono
dette enantiomeri di un'altra. Le molecole enatiomeriche sono fisicamente e chimicamente indistinguibili,
soltanto quando vengono analizzate in modo asimmetrico, ad esempio con la luce polarizzata oppure con
reagenti che contengono anch'essi centri chiralici, gli enantiomeri possono essere distinti o modificati in
modo specifico.
UNA CLASSIFICAZIONE OPERAZIONALE
Le molecole vengono classificate come destrorotatorie (oppure destrogire) o come levorotatorie (oppure
levogire) a seconda che esse ruotino, dal punto di vista dell'osservatore, il piano della luce polarizzata nel
senso del movimento delle lancette dell'orologio oppure in senso contrario. Questa rotazione può essere
determinata mediante uno strumento conosciuto come polarimetro. La rotazione specifica rappresenta la
misura quantitativa dell'attività ottica di una molecola:
dove l'apice 25 si riferisce alla temperatura a cui vengono effettuate di norma le misure con il polarimetro e
il pedice D indica la luce monometrica che viene tradizionalmente utilizzata nel polarimetro, la cosiddetta
linea D dello spettro del sodio. Le molecole destrogire o levogire possono avere valori di rotazione specifica
positivi o negativi. In generale, le molecole destrogire sono sempre indicate con il prefisso (+) e i loro
enantiomeri levogiri con il prefisso (-). Comunque l'uso del polarimetro non riesce a fornirci delle
informazioni riguardanti la configurazione assoluta (la disposizione spaziale) dei gruppi chimici intorno al
centro chiralico. Inoltre, un altro problema, è che una molecola con più di un centro chiralico può avere una
rotazione ottica che non è correlata al potere rotatorio di uno specifico centro di simmetria.
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Biochimica 13. Le convenzioni di Fischer
Nel sistema di Fischer la configurazione dei gruppi chimici intorno ad un centro asimmetrico è paragonabile
a quello della gliceraldeide, una molecola con un solo centro asimmetrico. Secondo la convenzione
introdotta da Emil Fischer nel 1891, gli stereoisomeri (+) e (-) della gliceraldeide vengono designati
rispettivamente come D-gliceraldeide e L-gliceraldeide. Nella sua convenzione i legami orizzontali si
estendono sopra il piano del foglio, mentre quelli verticali si estendono sotto il piano del foglio. La
configurazione dei gruppi intorno ad un centro chiralico può essere confrontata con quella della
gliceraldeide. In questo modo, per un -amminoacido, la disposizione dei gruppi amminico, carbossilico, R e
H intorno al carbonio è correlata a quella dei gruppi ossidrilico, aldeidico, CH2OH e H della gliceraldeide.
Per questa ragione si dice che la L-gliceraldeide e gli L--amminoacidi hanno la stessa configurazione
relativa. Mediante questo sistema, la configurazione degli -amminoacidi può essere descritta senza riferirsi
alla loro rotazione specifica. Tutti gli -amminoacidi che derivano da proteine hanno la configurazione
stereochimica L; cioè tutti hanno la stessa configurazione relativa intorno all'atomo di carbonio chirale.
Comunque, bisogna ricordare, che una molecola può avere più di un centro asimmetrico. I termini
stereoisomeri e isomeri ottici si riferiscono a molecole con configurazioni diverse a livello di almeno uno
dei loro centri chirali, ma con gli altri nella stessa configurazione. Con il termine enantiomero si intende una
molecola che è l'immagine speculare di un'altra, cioè che si differenzia per tutti i suoi centri chiralici. Poiché
ogni centro chiralico può esistere in due configurazioni possibili, una molecola con n centri chiralici ha 2n
stereoisomeri possibili e 2n-1 coppie enantiomeriche. La treonina e l'isoleucina hanno ciascuno due centri
chiralici e quindi 22=4 possibili stereoisomeri. L'immagine speculare delle forme L sono le forme D. I loro
due isomeri ottici sono detti diasteroisomeri (o forme allo) delle forme enantiomeriche L e D. Quando i due
centri asimmetrici sono chiaramente identici, si ha un caso speciale di diastereoisomerismo. Questo perché i
due centri di asimmetria nella molecola sono immagini speculari l'uno dell'altro. Questa molecola è quindi
sovrapponibile alla sua immagine speculare allo specchio ed è otticamente inattiva. Queste forme chiamate
forme meso vengono dette compensate internamente.
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Biochimica 14. Strutture covalenti, tridimensionali e ripiegamento delle
proteine
Le proteine hanno un ruolo fondamentale nei processi biologici. Esse funzionano come enzimi capaci di
catalizzare le reazioni chimiche, che sono nel loro complesso alla base della vita. Esse servono anche a
trasportare ed immagazzinare, importanti sostanze biologiche come gli ioni metallici, l'ossigeno, il glucosio,
i lipidi e molti altri tipi di molecole. Sotto forma di fibre muscolari o di altre strutture contrattili, le proteine
generano il movimento coordinato di numerosi processi biologici, compresi la separazione dei cromosomi
durante la divisione cellulare. Comunque, la funzione delle proteine può essere compresa analizzando la loro
struttura, cioè le relazioni tridimensionali degli atomi che compongono una proteina. La struttura delle
proteine viene tradizionalmente suddivisa in quattro livelli di organizzazione:
1.La struttura primaria è la sequenza amminoacidica di una catena polipeptidica;
2.La struttura secondaria è l'organizzazione spaziale locale degli atomi dello scheletro della catena
polipeptidica senza considerare la posizione o la conformazione delle sue catene laterali;
3.La struttura terziaria si riferisce alla struttura tridimensionale di una catena polipeptidica intera.
4.Molte proteine sono composte da due o più catene polipeptidiche, di solito chiamate subunità, che stanno
associate mediante interazioni non covalenti e in alcuni casi mediante ponti disolfuro. La struttura
quaternaria si riferisce all'organizzazione strutturale delle sue subunità.
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Biochimica 15. Determinazione della struttura primaria delle proteine
La prima determinazione della sequenza amminoacidica completa di una proteina, quella dell'insulina
bovina ad opera di Frederick Sanger nel 1953, ebbe un significato biochimico enorme, in quanto stabiliva
definitivamente che le proteine hanno una struttura covalente unica. Conoscere la struttura primaria è di
fondamentale importanza per tre motivi principalemente:
1) La conoscenza della sequenza amminoacidica di una proteina è essenziale per la comprensione del suo
meccanismo molecolare di azione;
2) Il confronto delle sequenza di proteine analoghe, ottenute dallo stesso individuo o da membri della stessa
specie, hanno fornito numerose informazioni su come funzionano le proteine ed hanno stabilito l'esistenza di
una relazione evoluzionistica tra le proteine e gli organismi che le producono;
3) Le analisi delle sequenze amminoacidiche hanno importanti applicazioni cliniche, in quanto molte
malattie genetiche sono causate da mutazioni che portano alla sostituzione di un amminoacido in una
proteina.
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Biochimica 16. Evoluzione molecolare delle proteine
Gli individui, come sappiamo, sono caratterizzati dal loro patrimonio genetico ereditabile. Questo
patrimonio genetico, specifica in un organismo sia le sequenze amminoacidiche di tutte le proteine che le
quantità e i momenti in cui queste proteine devono essere presenti in ogni cellula. La composizione in
proteine di un organismo è quindi un'espressione diretta del suo patrimonio genetico. Per questo,
modificazioni evoluzionistiche, che traggono origine da eventi mutazionali casuali, alterano spesso la
struttura primaria di una proteina. Molto spesso questi effetti sono deleteri e in qualche caso letali e portano
quindi alla morte dell'organismo colpito. In casi molto più sporadici, invece, la mutazione determina un
aumento dell'adattabilità dell'organismo colpito all'ambiente in cui vive.
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Biochimica 17. Variazione tra specie in proteine omologhe
Se si assume, in base alle leggi dell'evoluzione, che le specie simili si siano evolute da un progenitore in
comune, ne consegue che anche le loro proteine si devono essere evolute da un corrispondente progenitore
proteico comune. Una proteina che si è ben adattata alla sua funzione, cioè che non necessita di alcun
miglioramento fisiologico, continua egualmente ad evolversi. La natura casuale dei processi mutazionali
potrebbe, nel tempo, modificare questa proteina in modo da alterarne significativamente la sua funzione, un
processo chiamato spinta neutrale (le mutazioni deleterie sono rapidamente scartate dalla selezione
naturale). Un confronto tra la struttura primaria di proteine omologhe (proteine con evoluzioni correlate) ci
può dire quali residui della proteina sono essenziali per la sua funzione, quali lo sono meno e quali hanno
funzioni molto limitate. Se, per esempio, scopriamo che una data catena laterale occupa sempre una certa
posizione nella sequenza amminoacidica di una serie di proteine correlate, possiamo ragionevolmente
concludere che le proprietà chimiche o strutturali di questo residuo chiamato invariante sono interessate a
qualche funzione essenziale della proteina. Altre posizioni amminoacidiche possono, invece, avere necessità
meno stringenti per una specifica catena laterale e può essere sufficiente la presenza di residui con
caratteristiche simili; queste posizioni vengono dette sostituite conservativamente. In altre posizioni, invece,
sono tollerati molti tipi diversi di amminoacidi; ciò indica che quelle regioni non sono direttamente
interessate a specifiche funzioni della proteina. Queste posizioni vengono dette ipervariabili. Per accennare
tutti questi aspetti, prendiamo in considerazione una proteina presente praticamente in tutti gli eucarioti, il
citocromo c che fa parte della catena di trasporto degli elettroni e il suo ruolo è quello di trasferire gli
elettroni tra un complesso enzimatico noto come citocromo c reduttasi ad un altro chiamato citocromo c
ossidasi. Questa proteina è costituita da una singolare catena polipeptidica di 102 o 104 residui
amminoacidici nei vertebrati. Si pensa che la catena di trasporto degli elettroni sia comparsa circa 1,5-2
miliardi di anni fa in organismi che hanno sviluppato la capacità di respirare. Da quel tempo ad oggi, i
componenti di questo sistema multienzimatico sono stati modificati molto poco, come dice il fatto che il
citocromo c di qualsiasi specie eucariotica, ad esempio il piccione, può reagire in vitro con la citocromo
ossidasi di qualsiasi altra specie, ad esempio il frumento. Alcuni scienziati allora hanno determinato la
sequenza amminoacidica del citocromo c di 100 specie eucariotiche diverse con una complessità di
organismo che andava da quella del lievito a quella dell'uomo. Da questo si è visto che un totale di 38
residui dei 105 complessivi sono invarianti e la maggior parte dei residui rimanenti sono stati sostituiti
conservativamente. Al contrario, vi sono otto posizioni in cui è possibile riscontrare sei o più residui diversi
e quindi queste posizioni sono posizioni ipervariabili. Infine, mediante l'analisi al computer di questi dati, è
possibile costruire una specie di albero delle famiglie, detto albero filogenetico che indica le relazioni
ancestrali tra gli organismi che producono quelle proteine.
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Biochimica 18. La struttura secondaria delle proteine
La struttura secondaria (struttura II) di un polimero viene definita come la conformazione locale del suo
scheletro polipeptidico. Per una proteina, ciò dipende dall'aspetto assunto dal ripiegamento regolare dello
scheletro polipeptidico: le eliche, i foglietti ripiegati ed i cambiamenti di direzione (ripiegamenti inversi).
IL GRUPPO PEPTIDICO E IL DIAGRAMMA DI RAMACHANDRAN
Negli anni dal '30 al '40 Linus Pauling e Robert Corey determinarono la struttura a raggi X di diversi
amminoacidi e dipeptidi e videro che il gruppo peptidico ha una struttura rigida e planare che è una
conseguenza delle interazioni di risonanza che conferiscono al legame peptidico circa il 40% del carattere di
legame doppio. Questa ipotesi è confermata dall'osservazione che un legame peptidico C—N è più corto del
legame singolo N—C presente nel gruppo e che il suo legame C=O è più lungo di quello presente nelle
aldeidi e nei chetoni. Inoltre, i gruppi peptidici assumono, con poche eccezioni, la conformazione trans, cioè
quella in cui gli atomi di carbonio sono sui lati opposti del legame peptidico che li tiene uniti. Questo è in
parte il risultato di un interferenza sterica che porta la conformazione cis ad essere meno stabile di quella
trans. Quindi possiamo affermare che lo scheletro di una proteina è costituito da una sequenza di gruppi
peptidici planari e rigidi legati tra loro. In questo modo si può specificare la conformazione dello scheletro
polipeptidico in base agli angoli di torsione (angoli di rotazione) intorno al legame C—N () e al legame
C—C () di ognuno dei suoi residui amminoacidici. Questi angoli e hanno un valore di 180° quando la
catena polipeptidica è nella conformazione planare e completamente estesa (tutto-trans) e tendono ad
aumentare in seguito ad una rotazione nella direzione delle lancette dell'orologio, se osservato dal C. Vi
sono però diverse costrizioni steriche alla torsione di questi angoli e nello scheletro di un polipeptide che
limitano i possibili stati conformazionali. Infatti, come sappiamo ad esempio già dalla struttura dell'etano, la
conformazione sfalsata che si ha con un angolo di torsione di 180° rappresenta l'organizzazione più stabile
dell'etano, in quanto gli atomi di idrogeno sono in posizioni opposte ed alla massima distanza. Al contrario
la conformazione eclissata, caratterizzata da un angolo di torsione di zero, è la meno stabile, in quanto in
questa disposizione gli atomi di idrogeno si trovano gli uni vicini agli altri. Comunque i valori di e
stericamente permessi possono essere determinati calcolando le distanze tra gli atomi di un tripeptide a tutti i
valori di e di dell'unità peptidica centrale. Queste informazioni sono poi raccolte in una cosiddetta mappa
conformazionale oppure diagramma di Ramachandran. La maggior parte delle zone di questo diagramma
(cioè la maggior parte delle combinazioni di angoli e ) non sono consentite ad una catena polipeptidica.
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Biochimica 19. Strutture elicoidali delle catene polipeptidiche
Se una catena polipeptidica forma sempre lo stesso angolo tra i suoi atomo di carbonio , essa assume una
conformazione ad elica. In alternativa alle indicazioni sugli angoli e , un elica può essere caratterizzata dal
numero di unità peptidiche n per giro dell'elica (che non deve essere per forza un numero intero) e dal passo
p, la distanza che percorre un giro completo dell'elica lungo il proprio asse. Inoltre questa struttura possiede
una chiralità, che può essere destrorsa o sinistrorsa. Comunque, bisogna ricordare, che l'elica di un
polipeptide deve avere quindi gli angoli che determinano la sua conformazione che cadono nelle regioni
permesse del diagramma di Ramachandran e legami idrogeno che fortificano la struttura almeno in parte. Le
-eliche sono l'unico tipo di conformazione elicoidale che ha allo stesso tempo angoli conformazionali
permessi ed una disposizione dei legami idrogeno favorevole. Per un polipeptide contenente soltanto L--
amminoacidi, l'-elica è destrorsa con angoli di torsione pari a = -57° e = -47°, n= 3,6 residui per giro ed un
passo di 5,4 Å. I legami idrogeno in un -elica sono disposti tra il gruppo C=O del legame peptidico dell'n°
residuo ed i gruppo N—H del legame peptidico del residuo (n+4). Ciò porta alla formazione di un legame
idrogeno piuttosto forte. Inoltre il nucleo dell'-elica è molto compatto e gli atomi all'interno dell'elica
generano contatti di van der Waals, rendendo massime le loro energie di associazione. Inoltre i gruppi R si
proiettano tutti verso l'esterno dell'elica evitando di generare interferenze steriche con lo scheletro del
polipeptide oppure l'una con l'altra. In generale, l'-elica è un elemento della struttura secondaria sia delle
proteine fibrose che delle proteine globulari. Altri tipi di eliche dei polipeptidi sono l'elica 310 e l'elica . La
prima è solo occasionalmente presente nelle proteine in quanto i suoi gruppi R presentano alcune
interferenze steriche. Comunque il nome di questa elica deriva dal fatto che 3 è il numero di residui per giro
dell'elica mentre 10 è il numero di atomi, inclusi gli atomi di idrogeno, compresi nell'anello chiuso dal
legame idrogeno. In generale entrambi queste conformazioni sono per la maggior parte osservate alla fine di
alcune -eliche. Alcuni omopolipeptidi sintetici assumono conformazioni che possono essere utilizzate come
modelli per lo studio delle eliche in particolari proteine . Questo è il caso della poliprolina che non è in
grado di assumere nessuna delle comuni strutture secondarie per le restrizioni steriche imposte dalle sue
catene laterali pirrolidiniche cicliche. Inoltre la mancanza di un idrogeno sul suo atomo di azoto imminico
preclude ogni possibilità alla poliprolina di essere stabilizzata dalla formazione di un legame idrogeno. Per
tutte queste motivazioni essa è il polipeptide con le costrizioni conformazionali più elevate. Un altro caso è
riscontrabile nella poliglicina, che al contrario, è il polipeptide che ha meno costrizioni conformazionali e la
maggiore flessibilità. Comunque le strutture delle eliche della poliglicina e della poliprolina hanno un
significato biologico molto importante e formano il motivo strutturale di base del collageno, una proteina
che contiene grandi porzioni dia di Gly che di Pro.
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Biochimica 20. Le strutture
Nel 1951, l'anno in cui proposero l'-elica, Pauling e Corey ipotizzarono pure l'esistenza di una struttura
secondaria diversa, il foglietto ripiegato o strutture . Come per la precedente struttura, la conformazione del
foglietto ripiegato cade nelle regioni permesse del diagramma di Ramachandran ma i legami idrogeno, non
si generano tra i residui della stessa catena come nell'-elica, ma tra catene polipeptidiche vicine. Esistono
due varietà di strutture :
1.il foglietto ripiegato antiparallelo, in cui i legami idrogeno si formano tra catene vicine che vanno in
direzioni opposte;
2.il foglietto ripiegato parallelo, in cui i legami idrogeno si formano tra catene che vanno nella stessa
direzione;
Comunque la struttura parallela è meno stabile di quella antiparallela perché i legami idrogeno nella prima
sono distorti se paragonati a quelli della corrispondente struttura antiparallela. Sono comuni anche foglietti
misti paralleli e antiparalleli, ma si riscontrano meno frequentemente. Le strutture delle proteine globulari
presentano un ripiegamento o una curva destrorsa molto pronunciata, se la struttura viene osservata nella sua
lunghezza. Queste curve della struttura sono proprietà architettoniche rilevanti nelle proteine globulai, in
quanto le strutture formano molto spesso i nuclei centrali delle proteine. Per quanto riguarda invece la
topologia (sistemi di connessione) delle catene polipeptidiche in una struttura può essere molto complessa. I
legami di connessione di queste organizzazioni strutturali sono spesso costituiti da lunghe catene
polipeptidiche, che di frequente contengono anche strutture elicoidali. Il sistema di connessione di catene
consecutive antiparallele è topologicamente equivalente ad un semplice ripiegamento a forma di forcina per
capelli. Coppie di catene in struttura parallela sono legati da connessioni crociate che stanno al di fuori del
piano del foglietto . Queste connessioni crociate presentano quasi sempre una rotazione elicoidale destrorsa ,
che si pensa si adatti meglio al ripiegamento destrorso della struttura .
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Biochimica 21. Strutture non ripetitive delle proteine
Le strutture secondarie regolare, le eliche e i foglietti ripiegati , rappresentano soltanto la metà della struttura
di una proteina media. La rimanente parte dei segmenti della catena polipeptidica ha conformazione a forma
di spirale (coil) o di cappio (loop). Queste strutture secondarie non sono ripetitive, ma ciò non vuol dire che
sono meno ordinate delle eliche o dei foglietti . Quasi tutte le proteine con più di 60 residui contengono una
o più anse costituite da 6 a 16 residui che non fanno parte né di eliche né di strutture . Questa struttura nota
con il nome di loop (ansa , deriva dal fatto che questa lettera greca ha una forma simile alla struttura in
questione) può contenere anche ripiegamenti inversi ed è un'entità globulare molto compatta in quanto le
catene laterali dei residui che la compongono tendono a riempire la cavità interna. Poiché gli loop sono
sempre localizzati sulla superficie delle proteine, è possibile che essi abbiano un ruolo fondamentale nei
processi di riconoscimento biologico. Infatti sono spesso i siti attivi degli enzimi ma anche i domini di
legame degli anticorpi.
Oltre ai due elementi regolari di struttura secondaria appena descritti, -elica e foglietto nelle proteine sono
presenti tratti di catena apparentemente disorganizzati, di lunghezza anche molto variabile. Questi tratti,
definiti loop, fanno da collegamento fra eliche o filamenti ed hanno un ruolo assai importante nella
organizzazione 3D della catena peptidica. Sono relativamente flessibili e, soprattutto, consentono cambi di
direzione, anche repentini, alle sequenze a conformazione e .
Molto comuni sono i brevi loop di 3-5 residui che collegano due filamenti consecutivi, orientati in modo
antiparallelo (-turns). Inoltre, i loop partecipano spesso alla formazione di siti di legame (vedi loop "a
forcina" degli anticorpi) o del sito attivo degli enzimi. Nelle regioni loop è quasi costante la presenza degli
amminoacidi glicina o prolina. Praticamente in tutte le proteine di cui sia nota la struttura 3D, gli elementi
fondamentali di struttura secondaria si trovano combinati in particolari motivi strutturali di struttura
supersecondaria. Spesso è anche possibile associare alcuni motivi strutturali, o più propriamente la loro
organizzazione in domini, a particolari funzioni di una proteina. I motivi strutturali più ricorrenti sono i
seguenti:
elica - loop - elica: è presente in molte proteine che legano il Ca (calmodulina e troponina C).
-turn: due filamenti antiparalleli uniti da un breve loop di 2-5 residui.
chiave greca: per formare questo motivo occorrono (minimo) quattro filamenti , due brevi loop e un loop più
lungo.
--: è costituito da due filamenti paralleli, intercalati da un'-elica.
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Biochimica 22. Caratteristiche delle proteine fibrose
Le proteine fibrose sono molecole di forma molto allungata, le cui strutture secondarie sono i loro motivi
conformazionali dominanti. Molte proteine fibrose, come quelle della pelle, dei tendini e delle ossa,
agiscono come materiale strutturale e quindi svolgono funzioni protettive, connettive e di supporto. Altre
invece, come alcune proteine del muscolo, hanno anche motivi funzionali. Le quattro proteine fibrose più
comuni e meglio caratterizzate sono: la cheratina, la fibroina della seta e il collageno.
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Biochimica 23. -cheratina, un'elica nelle eliche
La cheratina è la più durevole e la meno reattiva delle proteine dei vertebrati superiori. Essa è il principale
componente dei loro strati epidermici esterni cornei e delle appendici correlate come capelli, corna, unghia e
piume. Le cheratine sono state classificate in -cheratine, quelle presenti nei mammiferi, e -cheratine, quelle
presenti negli uccelli e nei rettili. Per studiare la struttura di questa proteina basta prendere in considerazione
un capello tipico. Quest'ultimo è costituito da cellule morte, ognuna delle quali contiene un ammasso di
macrofibrille orientate parallelamente alla fibra del capello. Le macrofibrille sono, a loro volta, costituite da
microfibrille cementate le una alle altre da una matrice amorfa con un alto contenuto in zolfo. Le
microfibrille sono composte da protofibrille disposte in un anello di nove microfibrille che circonda un
nucleo centrale formato da due microfibrille. Questo motivo è detto “9+2”. Ogni protofibrilla di -cheratina è
costituita da coppie di -eliche strettamente associate e arrotolate in senso sinistrorso l'una sull'altra.
Questa organizzazione viene detta struttura a spirale superavvolta (coiled coil) in quanto l'asse della stessa
-elica ha un andamento elicoidale. La conformazione a spirale superavvolta dell'-cheratina è una
conseguenza della sua struttura primaria: essa contiene una zona pseudo-ripetitiva di sette residui a, b, c, d,
e, f, g, in cui i residui nelle posizioni a e d sono in genere non polari. Poiché un -elica ha 3,6 residui per giro,
i residui a e d dell'-cheratina vengono a trovarsi allineati sullo stesso lato dell' -elica, formando una striscia
idrofobica che può per tutta la sua lunghezza associarsi ad una striscia analoga di un altra -elica. La piccola
discrepanza tra i 3,6 residui per giro dell'-elica normale e i circa 3,5 residui presenti in un giro dell'unità
ripetitiva della striscia idrofobica dell'-cheratina è responsabile della sua struttura a spirale superavvolta.
Inoltre l'-cheratina è ricca di residui di Cys, che formano legami trasversali con le catene polipeptidiche
adiacenti. Questo fatto può spiegare l'insolita resistenza allo stiramento e l'insolubilità di queste molecole,
due delle proprietà fondamentali delle -cheratine. I ponti disolfuro possono essere rotti con mercaptani.
Rompendo i ponti disolfuro di un capello, la fibra di cheratina viene stirata.
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Biochimica 24. Fibroina della seta, una struttura
Insetti e ragni producono la seta per fabbricare strutture come bozzoli, ragnatele, nidi e peduncoli delle uova.
La maggior parte della seta è costituita dalla proteina fibrosa fibroina e da una proteina gommosa amorfa
chiamata sericina, che cementa e tiene unite le fibre di fibroina. Quest'ultima, comunque, è costituita da
foglietti -antiparalleli. Studi di sequenza hanno dimostrato che le lunghe catene sono composte da una
ripetizione di un segmento di sei residui amminoacidici con la sequenza: (-Gly-Ser-Gly-Ala-Gly-Ala)n.
Questa sequenza forma una struttura con le catene laterali della Gly che sono disposte tutte su un lato della
struttura, mentre le catene laterali dei residui di Ala e Ser sono localizzate sull'altro lato della struttura.
Queste strutture assumono una disposizione microcristallina in cui le facce delle strutture contenenti le
catene laterali di Gly sono in contatto tra loro e sull'altro lato vi sono invece contatti tra le catene laterali di
Ser e Ala. Questa organizzazione strutturale spiega alcune delle proprietà meccaniche della seta. Le fibre
della seta sono resistenti, ma poco estendibili in quanto un allungamento potrebbe avvenire solo per una
rottura dei legami che tengono uniti i residui delle sue catene disposti in una conformazione quasi
completamente estesa. Le fibre sono però flessibili perché le strutture vicine si associano le une alle altre
solo con le forze deboli di van der Waals. Nella fibroina, inoltre, sono presenti regioni con residui con
grandi catene laterali come la Tyr, la Val, l'Arg e l'Asp. Questi residui tendono a distorcere ed a rendere
disordinata la struttura microcristallina. Le fibre della seta sono composte quindi di regioni cristalline e di
regioni amorfe in alternanza tra loro. Le regioni amorfe sono responsabili dell'estensibilità delle fibre della
seta.
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Biochimica 25. Collageno, una fune a tripla elica
Il collageno è presente in tutti gli animali multicellulari ed è la proteina più abbondante nei vertebrati. Il
collageno è una proteina extracellulare organizzata in fibre con una grande resistenza alla tensione. Esso è
molto ben adattato alla sua funzione e rappresenta la componente principale del tessuto connettivo, cioè
delle ossa, dei denti, della cartilagine e della matrice fibrosa della pelle e dei vasi sanguigni. La singola
molecola del collageni di Tipo I ha una massa molecolare di circa 285 kD, composta da tre catene
polipeptidiche. I mammiferi possiedono almeno 17 catene polipeptidiche geneticamente diverse che
compongono 10 varianti di collageno. Quest'ultimo, comunque, ha una composizione in amminoacidi
caratteristica: praticamente un terzo dei suoi residui è rappresentato da Gly; un'altra porzione dal 15 al 30%
dei suoi residui è rappresentata da Pro e da 4-idrossiprolina (Hyp). Nel collageno sono pure presenti residui
di 3-idrossiprolina e di 5-idrossiprolina (Hyl) anche se in quantità relativamente basse. Esperimenti di
marcatura radioattiva hanno dimostrato che i residui idrossilati compaiono soltanto dopo la sintesi dei
polipeptidi che compongono il collageno, quando alcuni residui di Pro vengono convertiti in Hyp in una
reazione catalizzata dall'enzima prolil idrossilasi, che ha bisogno dell'acido ascorbico (vitamina C) per
espletare questa funzione. Infatti sono state osservate diverse malattie causate dall'assenza o dalla carenza
della vitamina C nella formazione delle fibre di collageno. La presenza di Hyp conferisce una maggiore
stabilità al collageno, probabilmente mediante la formazione di ponti idrogeno intramolecolari che
coinvolgono anche molecole di acqua.
La sequenza amminoacidica del collageno di Tipo I bovino, che è simile a quella degli altri tipi di collageno,
è costituita dalla monotona ripetizione di triplette con la sequenza di Gly-X-Y per circa 1011 dei 1042
residui che compongono la catena polipeptidica completa. Il residuo X è molto spesso Pro e il residuo Y è
invece spesso Hyp. L'elevato contenuto di questi tre amminoacidi nel collagene suggerisce che la
conformazione dello scheletro della catena polipeptidica dia simile a quella delle eliche di poliglicina e della
poliprolina. Infatti le tre catene polipeptidiche del collageno, che individualmente hanno eliche simili a
quella della poliprolina, sono disposte parallelamente e si arrotolano l'una sull'altra mediante un moderato
ripiegamento destrorso, formando una struttura a tripla elica, che ricorda una fune. È inoltre necessario che
le tre catene polipeptidiche siano sfalsate in modo che i residui Gly, X e Y non siano localizzati allo stesso
livello. I gruppi peptidici sfalsati sono orientati in modo da consentire al gruppo N—H di ogni residuo di
Gly di formare un legame idrogeno con l'atomo di ossigeno del gruppo carbonilico di un residuo X presente
in una catena vicina. I residui relativamente grossi di Pro e Hyp conferiscono rigidità all'intera struttura.
Inoltre il collageno contiene carboidrati legati covalentemente, i quali possono corrispondere a quantità
variabili tra lo 0,2% e il 12% del suo peso totale, a seconda del tessuto di origine. I carboidrati, la cui
funzione in questa struttura non è ancora nota, sono costituiti principalmente da glucosio e da galattosio e
dai loro disaccaridi e sono legati covalentemente a residui di 5-idrossilisina ad opera di enzimi specifici.
Comunque, il collageno contiene, inoltre, legami trasversali (crociati) sia intramolecolari che
intermolecolari. Questi legami crociati non possono essere ponti disolfuro come nella cheratina, in quanto il
collageno è praticamente privo di residui di Cys. Essi derivano invece dalle catene laterali di residui di Lys e
di His. Questi legami crociati sono resi possibili grazie all'azione della lisil ossidasi, un enzima contenente
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Biochimica Cu che converte i residui di Lys nell'aldeide allisina. I legami crociati tendono ad accumularsi nelle regioni
C-terminale ed N-terminale della molecola del collageno. L'importanza di questi legami nelle funzioni
normali del collageno è dimostrata dalla malattia detta latirismo, che colpisce sia gli uomini che altri
animali. L'agente scatenante questa malattia è il composto -aminopropionitrile che inattiva la lisil ossidasi
legandosi covalentemente al suo sito attivo. Ciò determina una marcata riduzione dei legami crociati.
Sono note, inoltre, altre malattie associate al collageno che dipendono da deficienze di un particolare tipo di
collageno o da quantità anormali di uno degli enzimi che partecipano ai processi di modificazione del
collageno, coma la lisil idrossilasi o la lisil ossidasi. Alcune di queste sono le sindromi di Ehlers-Danlos e la
sindrome di Marfan, che provocano ipersensibilità delle giunzioni e della pelle, oppure, l'osteogenesi
imperfetta, che è causata da mutazioni amminoacidiche che alterano la struttura del collageno portando ad
un'estrema fragilità delle ossa.
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Biochimica 26. Struttura terziaria e proteine globulari
La struttura terziaria (struttura III) di una proteina è la sua disposizione tridimensionale , cioè i ripiegamenti
dei suoi elementi di struttura secondaria, insieme alla disposizione spaziale delle sue catene laterali. Le
proteine globulari, con struttura terziaria, contengono gruppi molto diversi di proteine che esistono sotto
forma di molecole compatte e sferoidali. Esse contengono sia -eliche che strutture ripiegate . In genere la
struttura primaria delle proteine globulari manca di sequenze ripetitive che sono invece responsabili delle
conformazioni regolari delle proteine fibrose. Inoltre nelle proteine globulari le catene laterali sono
distribuite spazialmente in base alla loro polarità:
i residui non polari (Val, Leu, Ile, Met e Phe) sono presenti quasi sempre all'interno della proteina quindi al
di fuori del contatto con il solvente acquoso;
i residui polari carichi (Arg, His, Lys, Asp e Glu) sono localizzati quasi sempre sulla superficie delle
proteine in contatto con il solvente acquoso;
i residui polari non carichi (Ser, Thr, Asn, Gln, Tyr e Trp) si trovano sulla superficie delle proteine oppure al
loro interno (internamente questi residui formano legami idrogeno con altri gruppi della proteina).
In generale, le proteine globulari sono piuttosto compatte, nel loro interno lo spazio è molto piccolo e le
molecole di acqua sono escluse da questo compartimento. Le catene polipeptidiche costituite da più di 200
residui si ripiegano in due o più nuclei globulari detti domini, che danno alle proteine una forma bilobata o
multilobata. I domini sono quindi unità strutturali indipendenti ognuno dei quali ha le caratteristiche di una
piccola proteina globulare. Inoltre, alcuni raggruppamenti di elementi di struttura secondaria, chiamati
strutture supersecondarie, sono presenti in molte proteine globulari:
1.La forma più comune di superstruttura secondaria è l'unità in cui la connessione trasversale destrorsa tra
le due catene parallele consecutive in una struttura è costituita da un -elica.
2.Un'altra struttura supersecondaria comune, l'ansa è costituita da un foglietto antiparallelo i cui segmenti
sequenziali sono connessi da ripiegamenti inversi relativamente compatti.
3.Nell'unità , due -eliche antiparallele consecutive tendono a compattarsi l'una sull'altra con gli assi inclinati
in modo da favorire energicamente l'interazione tra le loro catene laterali.
4.I foglietti ripiegati tendono, invece, spesso ad arrotolarsi per formare un -barile.
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Biochimica 27. Stabilità delle proteine
Il ripiegamento di una proteina globulare è chiaramente un processo termodinamicamente favorevole in
condizioni fisiologiche. In altre parole, la variazione complessiva di energia libera nel ripiegamento deve
essere negativa. Questa variazione complessiva negativa di energia libera è ottenuta come bilancio di molti
fattori termodinamici. Il processo di ripiegamento, che comporta il passaggio da una molteplicità di
conformazioni ad un avvolgimento casuale a un'unica struttura ripiegata, corrisponde ad una diminuzione
del disordine e quindi a una diminuzione di entropia. Questa variazione è definita entropia conformazionale
del ripiegamento. L'equazione di energia libera, G=H – TS, mostra che questo S negativo, dà un contributo
positivo a G: in altre parole, la variazione di entropia conformazionale si contrappone al ripiegamento. Per
dare una spiegazione del G negativo del ripiegamento delle proteine, dobbiamo individuare quelle
caratteristiche del processo di ripiegamento che danno o un H molto negativo o qualche altro contributo
entropico che vada nel senso di un aumento dell'entropia in seguito al ripiegamento. Il contributo principale
ad un H negativo è dato dalle interazioni energicamente favorevoli tra i gruppi funzionali all'interno della
molecola ripiegata. Queste includono la maggior parte delle interazioni covalenti e non covalenti. Infatti le
proteine hanno strutture native relativamente stabili che si formano come risultato di un equilibrio tra le
varie forze non covalenti a cui sono soggette: i legami a idrogeno, i legami ionici, le forze di van der Waals
e le interazioni idrofobiche. In generale le interazioni chimiche deboli sono attrazioni tra atomi appartenenti
o alla stessa molecola (intramolecolari) o a molecole diverse (intermolecolari). A differenza dei legami
covalenti che legano gli atomi tra loro, le interazioni chimiche deboli non sono forti abbastanza per legare
tra loro atomi isolati. Per questo, le interazioni chimiche deboli si formano e si rompono in continuazione
alla temperatura fisiologica dell'organismo, a meno che, cumulandosi in gran numero, esse non diano
collettivamente stabilità alle strutture che contribuiscono a generare. Nelle soluzioni acquose, quindi a
condizioni fisiologiche, le interazioni ioniche sono relativamente deboli. Le forze di van der Waals sono
sempre deboli ma hanno un influenza fondamentale nella struttura delle proteine per il loro numero molto
elevato. I legami idrogeno aggiungono, invece, poca stabilità alla struttura di una proteina in quanto questi
legami che una proteina forma al suo interno non sono più forti di quelli che la stessa proteina non ripiegata
può formare con l'acqua. Ne rimane quindi che le forze idrofobiche rappresentano la forma di interazione
principale per il ripiegamento delle proteine nella conformazione nativa.
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Biochimica 28. Definizione di legame idrogeno
I legami a idrogeno si formano tra un atomo di idrogeno legato covalentemente ed un atomo donatore, quale
ad esempio l'ossigeno o l'azoto, entrambi elettronegativi, ed un secondo atomo elettronegativo che esercita il
ruolo di accettore del legame a idrogeno (D—H- -A). I legami a idrogeno sono altamente direzionali e si
dispongono lungo linee rette tese tra gli atomi donatore, idrogeno e accettore. Essi, rispetto alle forze di van
der Waals sono più forti ed hanno proprietà addizionali.
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Biochimica 29. Le Forze di Van Der Waals
Le forze di van der Waals sono interazioni elettrostatiche tra dipoli indotti e permanenti (molecole neutre).
Queste forze attrattive sono dovute a interazioni elettrostatiche indotte da atomi o molecole che si trovano a
breve distanza tra loro, mentre la densità delle loro nubi elettroniche varia molto rapidamente nel tempo. Le
fluttuazioni della densità elettronica consentono lo stabilirsi di forze attrattive tra il nucleo di un atomo,
carico positivamente, e gli orbitali ricchi di elettroni dell'atomo che si avvicina. Quando però, due atomi si
avvicinano tra loro abbastanza da sovrapporre parzialmente le rispettive nubi elettroniche, ogni ulteriore
avvicinamento è inibito dalle forze repulsive di van der Waals. Comunque, in generale, le interazioni di van
der Waals sono molto più deboli delle interazioni carica-carica di una coppia ionica.
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Biochimica 30. Definizione di legame ionico
I legami ionici sono dovuti all'attrazione elettrostatica tra gruppi chimici con carica elettrica opposta. Questi
legami, però, mancano della direzionalità che hanno i legami a idrogeno perché il campo elettrico si
distribuisce radialmente attorno al gruppo carico.
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Biochimica 31. Le interazioni idrofobiche
Le interazioni idrofobiche sono interazioni che contribuiscono a diminuire i contatti con l'acqua delle
sostanze non polari. Esse originano non tanto a causa di una specifica affinità intrinseca delle molecole non
polari quanto perché le molecole d'acqua preferiscono formare interazioni più forti tra loro piuttosto che con
molecole non polari. Di conseguenza, le regioni non polari delle macromolecole biologiche tendono a
sfuggire dall'ambiente acquoso, nascondendosi all'interno della macromolecola stessa. L'acqua, comunque,
forma gabbie quasi cristalline, tenute insieme da legami ad idrogeno, intorno al gruppo non polare.
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Biochimica 32. Denaturazione delle proteine
Quando il sistema finemente bilanciato di forze chimiche deboli responsabili della conformazione nativa di
una proteina viene alterato, la proteina stessa denatura. La struttura nativa di una proteina si srotola in modo
cooperativo: qualsiasi parziale rottura della struttura ripiegata destabilizza la parte restante della molecola
che immediatamente collassa nella forma di gomitolo casuale. Una proteina può denaturare quando viene
riscaldata. La temperatura al punto di mezzo di questo processo viene detta temperatura di fusione della
proteina, Tm. Oltre che dalle temperature elevate una proteina può essere denaturata da una varietà di altre
condizioni o sostanze: (1) le variazioni di pH alterano gli stati di ionizzazione delle catene laterali degli
amminoacidi modificando la distribuzione di carica delle proteine e la possibilità di formare legami
idrogeno; (2) I detergenti, che si associano mediante interazioni idrofobiche con i residui non polari di una
proteina, interferendo quindi con le interazioni idrofobiche normali; (3) Le sostanze organiche solubili in
acqua, a concentrazioni elevate, come gli alcoli alifatici, interferiscono anch'essi con le forze idrofobiche;
Riassumendo, la stabilità della struttura ripiegata di una proteina globulare dipende nel suo insieme
dall'azione combinata di tre fattori:
1.il contributo sfavorevole dell'entropia conformazionale, che favorisce al contrario la catena ad
avvolgimento casuale (S<0);
2.il contributo favorevole dell'entalpia, dovuta alle interazioni intramolecolari tra i gruppi laterali (H<0);
3.il contributo favorevole della variazione di entropia dovuta alla disposizione dei gruppi idrofobici
all'interno della molecola (S>0);
Quindi il fattore 1 si oppone al ripiegamento, mentre il 2 e il 3 aiutano a stabilizzarlo. In proteine diverse, la
ripartizione della stabilizzazione tra interazioni tra catene laterali e effetto idrofobico è differente, ma il
risultato finale è lo stesso: una particolare struttura ripiegata corrisponde al minimo di energia libera per quel
polipeptide in condizioni fisiologiche. Questa è la ragione per cui le catene si ripiegano spontaneamente.
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Biochimica 33. Struttura quaternaria delle proteine
La struttura quaternaria di una proteina è il livello di organizzazione che riguarda le interazioni tra subunità
e il loro assemblaggio. Nella struttura quaternaria le subunità polipeptidiche si associano in maniera
geometricamente specifica. Le proteine con subunità identiche vengono dette oligomeri e le subunità che le
compongono protomeri. Un protomero, a sua volta, può essere costituito da una catena polipeptidica o da
alcune catene polipeptidiche diverse. In questo senso, ad esempio, l'emoglobina è dimero (un oligomero con
due protomeri) di protomeri . I legami e le forze che stabilizzano la struttura quaternaria di una proteina sono
gli stessi di quelli responsabili della struttura terziaria: legami a idrogeno, interazioni elettrostatiche,
interazioni idrofobiche e legami covalenti disolfuro. Nella maggior parte delle proteine oligomeriche, le
subunità sono disposte simmetricamente, esse cioè occupano posizioni geometricamente equivalenti per
formare una struttura compatta. Le proteine non possono, per questo, avere inversioni o simmetrie speculari,
ma hanno soltanto una simmetria rotazionale. I vari tipi di simmetria rotazionale sono: simmetria ciclica (la
più semplice), diedrica e elicoidale.
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Biochimica 34. Ripiegamento delle proteine
Il folding (ripiegamento) è il processo attraverso il quale le proteine ottengono la loro struttura
tridimensionale. Questo processo avviene sia contemporaneamente alla sintesi proteica che alla fine di
questa. Soltanto una volta terminato il folding le proteine possono assumere la loro funzione fisiologica. In
generale, in condizioni fisiologiche, la struttura delle proteine si autodetermina e non ha bisogno di stampi
esterni per guidare il processo di ripiegamento nella conformazione corretta quindi quella nativa. Ciò
implica che sia la struttura primaria delle proteine a determinare la loro struttura tridimensionale. Tutta
l'informazione per il ripiegamento della proteina nella sua struttura nativa è dunque contenuta nella struttura
primaria della proteina stessa. Questo principio fu per la prima volta enunciato da Christian Anfinsen, il cui
lavoro nei primi anni '60 aveva riguardato la denaturazione chimica e la successiva rinaturazione della
ribonucleasi pancreatica bovina. Anfinsen vide che l'RNAsi A assume una conformazione casuale quando i
suoi quattro ponti disolfuro vengono rotti. In condizioni favorevoli si riforma una proteina attiva. La
proteina, in questo modo, si è rinaturata spontaneamente, cioè si sono riformati correttamente i quattro ponti
disolfuro. Dunque, per piccole proteine globulari, la struttura nativa è determinata solamente dalla sequenza
di amminoacidi. Ma in realtà nell'ambiente cellulare esistono fattori che ostacolano il ripiegamento corretto.
I fattori che disturbano il folding di una proteina nascente sono: (1) mancata sintesi contemporanea di tutti i
domini della proteina; (2) presenza di grandi quantità di macromolecole (possibili interazioni scorrette); (3)
stress dovuto ad esposizione a sostanze tossiche, come radicali dell'ossigeno o metalli pesanti. Comunque
secondo Anfinsen, le strutture native delle proteine rappresentano stati termodinamicamente stabili. Ma egli
non riuscì a comprendere come una certa proteina raggiunga un tale stato stabile. Negli anni successivi
Cyrus Levinthal puntualizzò che per una tipica catena polipeptidica sono possibili così tante conformazioni
che la proteina non ha tempo sufficiente per cercare lo stato conformazionale più stabile esplorando tutte le
possibili conformazioni. Infatti, assumiamo che i 2n angoli di torsione e di una proteina con n residui
amminoacidici abbiamo ciascuno tre conformazioni possibili stabili. Ciò determina per la proteina
l'esistenza di 32n conformazioni possibili (32n=circa 10n). Assumiamo che la proteina possa provare
ciascuna alternativa conformazionale in 10-13 secondi, il periodo della vibrazione di legame, un entità senza
dubbio molto sovrastimata. Possiamo ora calcolare il tempo necessario ad una proteina per esaminare tutte
le conformazioni ad essa possibili: t = 10n/1013 (dove 10n=32n=conformazioni possibili; 1013=
conformazioni per secondo). Per una proteina piuttosto piccola composta da 100 residui (n=100), t diventa
uguale a 1087 secondi, che è un numero immensamente più grande dell'età apparente dell'universo (20
miliardi di anni = 6x1017 secondi). Dunque, se la proteina raggiungesse la sua conformazione finale
passando via via attraverso tutte le conformazioni possibili, sarebbe necessario un tempo ben più superiore
dell'età dell'universo per raggiungere la conformazione corretta. Questa differenza enorme che esiste tra il
tempo del folding prevedibile in teoria e quello osservato in realtà è appunto chiamato paradosso di
Levinthal. Quest'ultimo ha indotto gli scienziati ad ipotizzare che le proteine si ripieghino attraverso
specifici “percorsi” di ripiegamento. Ricerche recenti hanno rilevato che per una proteina tipo non esiste un
singolo percorso di ripiegamento ma ve ne sono molti. Assumendo così tanti percorsi alternativi, il processo
del ripiegamento può essere rappresentato come un imbuto di energia libera, detto anche profilo energetico.
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Biochimica L'orlo in cima all'imbuto rappresenta i molteplici stati conformazionali di una catena polipeptidica non
ripiegata. I polipeptidi cadono lungo le pareti dell'imbuto non appena i contatti tra i residui selezionano le
vie alternative di ripiegamento. I contatti residuo-residuo simili a quelli presenti nella struttura ripiegata
finale vengono detti contatti nativi. Tali contatti si stabiliscono più facilmente quando i residui coinvolti
sono vicini nella catena polipeptidica. Il processo di folding implica tipicamente un rapido collasso. Durante
il collasso c'è la formazione rapida e irreversibile di strutture secondarie locali. Questa fase è seguita da una
più lenta in cui la formazione di intermedi parzialmente strutturati conduce alla struttura terziaria finale
nativa localizzata sul fondo dell'imbuto. Tutto questo appena descritto è definito modello dell'imbuto.
Oltre al modello ad imbuto, fu proposto il modello dell'unica via di ripiegamento, che include numerose
tappe in cui l'approccio alla conformazione nativa è accompagnato da un continuo aumento della stabilità
della conformazione. Le tappe sono:
1.il ripiegamento di un polipeptide con struttura a gomitolo casuale inizia con la formazione di un piccolo
frammento di struttura secondaria, come un -elica o un ripiegamento , che può agire da nucleo (impalcatura)
per la stabilizzazione di altre regioni ordinate della proteina;
2.Interazioni tra le strutture secondarie;
3.formazione di un globulo fuso: una struttura compatta nella quale è avvenuto gran parte del ripiegamento
della struttura secondaria e terziaria, ma nella quale i residui idrofobici racchiusi all'interno non si sono
ancora assestati nel loro impacchettamento definitivo;
4.mediante una serie di piccoli aggiustamenti conformazionali, la catena polipeptidica raggiunge una
struttura terziaria più compatta, la conformazione nativa di una proteina con una sola subunità;
5.le subunità si uniscono tramite legami chimicamente deboli;
6.ulteriori piccoli aggiustamenti conformazionali generano la struttura nativa della proteina;
Comunque in entrambi le ipotesi, la struttura primaria della proteina, bisogna dire, si è evoluta in modo da
specificare sia sia vie di ripiegamento particolarmente efficaci sia la conformazione nativa.
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Biochimica