Appunti tratti dal libro: Lineamenti di diritto processuale civile, M. Bove, Giappichelli 2006.
Nella prima parte degli appunti si introduce il concetto di diritto processuale civile, viene definito il processo, il diritto di processo, le tipologie di tutela, le sentenze e le attività giurisdizionali. Tra i vari tipi di tutela vengono descritte la tutela dichiarativa, esecutiva e la tutela cautelare. Successivamente vengono definiti i pricipi costituzionali, il diritto di azione, la domanda di diritto di azione, la costitutzione e la giurisdizione. Nella seconda parte degli appunti vengono definite le giurisdioni speciali e il concetto di giusto processo.Viene poi trattato in modo pù approfondito il concetto di giusto processo, l'uso del termine giusto e le modalità di procedimento. Infine viene trattato il tema della tutela dichiarativa, la sentenza e l'arbitrato. Nell'ultima parte degli appunti viene trattato il tema dell'arbitrato, in particolare i limiti dell'arbitrato, l'arbitrato rituale, l'arbitrato libero o irrituale, l'arbitrato libero, l'arbitraggio e il concetto di patto compromissorio nell'arbitrato libero. Si conclude con la definizione di tutela di condanna e le varie forme di tutela e condanna.
Procedura civile
di Beatrice Cruccolini
Appunti tratti dal libro: Lineamenti di diritto processuale civile, M. Bove,
Giappichelli 2006.
Nella prima parte degli appunti si introduce il concetto di diritto processuale
civile, viene definito il processo, il diritto di processo, le tipologie di tutela, le
sentenze e le attività giurisdizionali. Tra i vari tipi di tutela vengono descritte la
tutela dichiarativa, esecutiva e la tutela cautelare. Successivamente vengono
definiti i pricipi costituzionali, il diritto di azione, la domanda di diritto di azione,
la costitutzione e la giurisdizione. Nella seconda parte degli appunti vengono
definite le giurisdioni speciali e il concetto di giusto processo.Viene poi trattato
in modo pù approfondito il concetto di giusto processo, l'uso del termine giusto
e le modalità di procedimento. Infine viene trattato il tema della tutela
dichiarativa, la sentenza e l'arbitrato. Nell'ultima parte degli appunti viene
trattato il tema dell'arbitrato, in particolare i limiti dell'arbitrato, l'arbitrato rituale,
l'arbitrato libero o irrituale, l'arbitrato libero, l'arbitraggio e il concetto di patto
compromissorio nell'arbitrato libero. Si conclude con la definizione di tutela di
condanna e le varie forme di tutela e condanna.
Università: Università degli Studi di Perugia
Facoltà: Giurisprudenza
Esame: Procedura civile1. Caratteristiche dell'attvività giurisdizionale
Mantenendosi su un piano generale, comprendente ogni branca dell'ordinamento (civile, amministrativo,
penale, ecc.), e' intuitivo che il suddetto insieme di regole sostanziali possa entrare in crisi, cioè può
verificarsi il caso che un soggetto non si adegui, non rispetti una delle prescrizioni comportamentali che, al
contrario, egli avrebbe dovuto rispettare => è possibile che un soggetto non faccia qualcosa che invece
avrebbe dovuto fare oppure faccia qualcosa che egli non avrebbe dovuto fare. Ove ciò accada, si verifica un
illecito in senso lato: se un soggetto tiene in concreto un comportamento contrario a quello che in astratto
una norma gli imponeva, si ha una violazione di tale norma, si entra in un ambito patologico di non-
attuazione dell'ordinamento.
É a questo punto che interviene l'attività giurisdizionale, la quale, in termini generali, ha lo scopo di
ripristinare l'ordine violato, di attuare, quindi, il diritto oggettivo, in ultima analisi di sanzionare l'illecito
inteso, in senso lato, come violazione di una norma.
Ma, dovendo ora studiare solo il diritto processuale civile, abbiamo bisogno di specificare i concetti generali
a questo pertinenti: dobbiamo individuare il concetto di illecito civile, che è più specifico rispetto a quello
generale di illecito appena richiamato, e il concetto di giurisdizione civile, che è solo una parte della
giurisdizione più ampiamente intesa.
Tale percorso conoscitivo va intrapreso partendo dal presupposto teorico imprescindibile per cui l'attività
giurisdizionale, essendo innanzitutto attuazione del diritto oggettivo, deve conformarsi secondo il modo di
essere del tipo di diritto oggettivo che essa è chiamata ad applicare ed attuare.
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 2. Definizione di diritto soggettivo
Nel diritto civile quando un soggetto viola una norma sostanziale, nel senso che egli tiene un
comportamento che gli era proibito o, al contrario, non pone in essere un comportamento che, invece,
avrebbe dovuto porre in essere, egli finisce sempre per ledere una situazione giuridica protetta di vantaggio
imputabile ad altro soggetto denominata diritto soggettivo.
Questo accade perché le norme sostanziali civili si occupano essenzialmente della ripartizione dei beni tra i
consociati, per cui ad ogni previsione di comportamento doveroso corrisponde la necessità di realizzare o,
comunque, tutelare un interesse prevalente che l'ordinamento riconosce e garantisce attraverso il diritto
soggettivo.
La norma civilistica intanto impone un comportamento ad un soggetto in quanto ciò serve per realizzare o
garantire un interesse (considerato) meritevole di tutela, il quale, appunto perché meritevole di tutela, è
dall'ordinamento fatto assurgere al rango di diritto soggettivo.
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 3. Definizione di diritto di credito
In riferimento ai diritti di credito è essenziale la figura del rapporto obbligatorio, nel quale dal lato passivo si
pone il debitore che deve tenere un certo comportamento al fine di realizzare il diritto di credito.
Tenendo il comportamento dovuto l'obbligato adempie la prestazione e quindi realizza il diritto di credito.
Peraltro, qui il diritto soggettivo si presenta come una situazione strumentale, ossia una situazione-ponte,
fisiologicamente destinata ad estinguersi, in quanto l'avente diritto realizza il suo interesse proprio a causa
della prestazione dell'obbligato, che, adempiendo, appunto estingue il diritto.
Se, invece, il debitore non adempie, il mancato comportamento dovuto comporta, non solo inattuazione del
diritto oggettivo (violazione della norma), ma anche lesione del diritto soggettivo in funzione del quale quel
dovere era stato imposto.
Rilievi analoghi vanno fatti anche in riferimento ai diritti assoluti, siano essi diritti reali o diritti della
personalità, diritti anche detti finali in quanto nella loro fisiologia non sta l'estinzione, bensì la loro durata,
realizzandosi l'interesse sottostante proprio nella misura in cui il diritto continua a vivere in capo al suo
titolare.
Infatti anche a fronte a tali situazioni si possono costruire obblighi, ancorché non specifici, in quanto a fronte
di ogni diritto assoluto vi è il dovere di tutti i consociati di astenersi dal fare ciò che altrimenti turberebbe il
godimento del bene oggetto del diritto assoluto: anche qui si riscontrano doveri (negativi) di
comportamento, la cui violazione comporta inevitabilmente pure la lesione del diritto in funzione del quale
quei doveri sono costruiti.
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 4. Definizione del concetto di illecito
Concetto di illecito: mancato rispetto di una norma di relazione comporta sempre anche la lesione di un
diritto soggettivo al cui presidio quella norma era dettata; per cui l'illecito civile è, non solo, violazione del
diritto oggettivo, ma anche lesione del diritto soggettivo.
A fronte di un illecito civile deve essere possibile un'attività che ristabilisca oggettivamente l'ordine violato
e tuteli soggettivamente il diritto soggettivo leso: non potendo essere l’autotutela, dovrà consistere nella
giurisdizione civile.
Quindi l'attività giurisdizionale civile è sempre caratterizzata dallo scopo di tutelare il diritto soggettivo
violato o, se si vuole, di realizzare e/o garantire l'interesse che è "giuridicizzato" dalla figura del diritto
soggettivo, interesse che può non aver trovato la sua fisiologica realizzazione (come dovrebbe accadere nei
diritti di credito attraverso l'adempimento) o può essere stato turbato, per così dire, nella sua persistenza
(come si verifica nella lesione di un diritto assoluto).
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 5. Definizione del diritto di azione
L'anello di congiunzione tra il diritto sostanziale violato e l'attività giurisdizionale che serve a ripristinare il
diritto oggettivo e, quindi, a tutelare il diritto soggettivo entrato in crisi è il diritto di azione. Questo si
annovera tra le situazioni giuridiche processuali ed è il corrispettivo che gli Stati moderni hanno conferito a
ciascuno in cambio della rinuncia all'autotutela: esso ha come contenuto essenzialmente il diritto di agire in
giudizio per la tutela delle proprie situazioni giuridiche soggettive sostanziali.
Tale diritto spetta ad ogni soggetto, non nei confronti di altri soggetti, bensì nei confronti dello Stato. Col
suo esercizio (subito dalla controparte, ma rivolto allo Stato) il soggetto passa dalla statica alla dinamica
dell'esperienza giuridica e, assumendo la (compiuta) lesione di un suo diritto, egli chiede agli organi deputati
dello Stato appunto la tutela di esso. Insomma, il diritto d'azione non è altro che il diritto alla tutela
giurisdizionale.
Di conseguenza, nello svolgimento di ogni attività giurisdizionale si agiteranno sempre due ordini di
questioni: attinenti all'azione e attinenti al diritto sostanziale per il quale si chiede tutela. Queste hanno
diversi presupposti e possono esistere disgiuntamente.
Invero è possibile che sussistano in concreto i presupposti per una misura giurisdizionale richiesta, siano
cioè realizzate le condizioni previste dal diritto processuale civile, e allo stesso tempo non sussistano i
presupposti del diritto sostanziale per il quale si pretenda una certa tutela. Come, al contrario, è possibile che
non vi siano i dovuti presupposti processuali, ancorché sussistano le condizioni di esistenza della situazione
giuridica sostanziale.
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 6. Le forme di tutela del titolare del diritto soggettivo
La crisi del diritto soggettivo può verificarsi in diversi modi e, di conseguenza, diverse possono essere le
esigenze di tutela del titolare del diritto soggettivo. Ma, se la giurisdizione civile è rivolta alla tutela del
diritto soggettivo, evidentemente essa deve adeguarsi ai diversi modi in cui può entrare in crisi il diritto
soggettivo, quindi alle diverse esigenze di tutela, approntando le adeguate forme.
Innanzitutto può sorgere il bisogno di accertare il diritto soggettivo, perché quanto meno è messa in
discussione la sua esistenza e/o il suo modo di essere. Oppure è possibile che il bisogno stia nella sua
realizzazione. O anche può essere che sorga il bisogno di approntare cautele affinché il tempo necessario per
svolgere una certa attività giurisdizionale non vada a danno del titolare del diritto.
A queste diverse esigenze di tutela corrispondono diverse forme di attività giurisdizionale.
Essenzialmente ci troviamo di fronte a tre tipi di attività, ognuno dei quali ha specifiche caratteristiche
funzionali e strutturali, nel senso che ogni tipo è previsto in funzione di un certo bisogno di tutela e per
ognuno di essi l'ordinamento appronta anche uno strumento, il processo, per giungere allo scopo:
1. la tutela dichiarativa, che si realizza attraverso il processo dichiarativo;
2. la tutela esecutiva, che si realizza attraverso il processo esecutivo;
3. la tutela cautelare, che si realizza attraverso il processo cautelare.
In ciascuno di questi ambiti si riscontra sempre lo scopo generale della giurisdizione civile, che sta nella
tutela del diritto soggettivo leso. Ma, poi, a seconda delle diverse forme di crisi del diritto soggettivo e,
quindi, a fronte dei diversi suoibisogni di tutela, quel comune, ed identico, scopo si atteggia in modi diversi.
Ed ancora l'attività da compiere in funzione dei detti scopi si struttura in modi diversi, per rendere adeguata
la struttura al suo obiettivo, ma sempre, in ognuna di quelle forme, noi possiamo dire che lo strumento
utilizzato è comunque un processo, ossia un'attività che mantiene in ogni caso alcune imprescindibili
caratteristiche strutturali.
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 7. Concetto generale di processo
Il processo è la via che il giudice e le parti in conflitto devono percorrere insieme per giungere alla meta
della tutela del diritto soggettivo (che si assume) violato.
Procedimento caratterizzato dall'operatività al suo interno di alcuni principi essenziali:
a) il principio di terzietà del giudice che pone capo alla misura giurisdizionale;
b) il principio del contraddittorio;
c) il principio della domanda.
Il procedimento non è altro che un'attività normativamente organizzata, ossia preordinata da norme. Tale
attività consta di una pluralità di atti, l'uno consequenziale all'altro, nel senso che essa si sviluppa secondo
un'ordinata progressione, la quale pone capo ad un atto finale, l'unico (normalmente) destinato ad avere
efficacia nel mondo sostanziale.
Gli atti del procedimento, avendo di solito solo lo scopo di far avanzare la progressione verso l'atto finale,
non hanno effetti nel mondo sostanziale, essendo a ciò deputato solo l'atto finale della serie.
Ma, a volte, è possibile che vi siano atti procedimentali a doppia rilevanza: così, ad es., la domanda, che, per
un verso, instaura il procedimento, ponendo così le basi per gli atti procedimentali successivi, e, per altro
verso, è fattispecie sostanzialmente rilevante a vari fini, tra i quali basti citare l'effetto dell'interruzione-
sospensione della prescrizione del diritto fatto valere (artt. 2943, co. 1 e 2, e 2945.2 c.c.).
LA SENTENZA E L’ATTIVITA’ GIURISDIZIONALE
Peraltro, discende sempre dalla logica interna al procedimento che l'atto finale sia in ogni caso atto
qualificabile da una duplice serie di norme: quelle che lo riguardano direttamente, perchè presiedono
propriamente alla sua formazione, e quelle che qualificano gli atti anteriori, per cui la loro violazione,
generando vizi degli atti a monte, produce, per ripercussione, vizi anche nell'atto finale.
La struttura procedimentale è tipica di varie attività di pubblico potere (anche se vi sono attività
procedimentalizzate pure nel diritto privato: si pensi alle attività delle persone giuridiche).
Ma quando ci si trova di fronte a quel tipo di attività di pubblico potere che è l’attività giurisdizionale
(perché esercitata da giudici dello Stato), il procedimento si colora della necessaria vigenza al suo interno di
alcuni principi, che fanno di esso un processo.
Quindi il processo è una species del genus procedimento.
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 8. Definizione di principio di terzietà del giudice
Con esso si esprime l'esigenza dell'equidistanza di colui che giudica dagli interessi in gioco.
Il principio è oggi garantito da un complesso di norme costituzionali, sulle quali torneremo, e trova la sua
attuazione anche in istituti disciplinati a livello di legge ordinaria (la ricusazione e l'astensione di cui agli
artt. 51 e 55. c.p.c.).
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 9. Definizione del Principio del contraddittorio
Con esso si esprime l'esigenza di garantire a coloro che sono interessati alla misura giurisdizionale (l'atto
finale) la partecipazione al processo della sua formazione, partecipazione da costruire su un piano di parità
tra di essi e tra gli interessati ed il giudice. In altre parole il principio del contraddittorio si risolve
nell'esigenza di garantire il diritto degli interessati ad essere ascoltati, ad influenzare quello che sarà il
contenuto della misura giurisdizionale. Anche tale principio trova riconoscimento in norme di rango
costituzionale, sulle quali torneremo, e in norme di legge ordinaria (art. 101 c.p.c.).
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 10. I principi del giusto processo
Esigenza per cui vi deve essere una distinzione tra il soggetto che mette in moto l'attività giurisdizionale e ne
individua l'oggetto e il soggetto chiamato a porre in essere la misura giurisdizionale (previsione generale
nell'art. 2907 c.c.). Per 2 ragioni:
è un corollario del principio di terzietà del giudice, perché, se questi deve essere equidistante dagli interessi
in conflitto, è opportuno che si tenga sempre distinta la figura del giudice da quella del soggetto che attiva la
giurisdizione e ne individua l'oggetto. In tal senso il principio della domanda trova copertura costituzionale e
dovrebbe essere rispettato anche nelle ipotesi in cui sono in gioco diritti indisponibili o, comunque, interessi
pubblici, ipotesi nelle quali l'ordinamento, più che affidarsi ad azioni d'ufficio, dovrebbe affidarsi
all'esercizio dell'azione da parte del P.M.;
è anche una naturale conseguenza del modo di essere del diritto soggettivo, quando si ha a che fare con
diritti disponibili. Invero, il diritto soggettivo (se disponibile) è comunque una situazione di libertà e non di
necessità, per cui il suo titolare deve pur sempre mantenere, oltre al potere di agire per la tutela dell'interesse
sotteso al diritto soggettivo, anche la libertà di non perseguire la sua realizzazione.
Questi principi sono ritenuti elementi costitutivi essenziali del c.d. "giusto processo", ossia è oggi opinione
della comunità che l'attività giurisdizionale svolta nel rispetto di essi possa garantire l'attendibilità del suo
risultato.
Ovviamente, poi, i valori indicati troveranno una loro peculiare (e diversificata) attuazione nei diversi
processi che sono disciplinati nell'ambito del diritto processuale civile, tenendo presente quanto si è già
rilevato sulla necessaria adeguatezza dello strumento allo scopo per cui esso è utilizzato => se la
giurisdizione civile serve in genere alla tutela del diritto soggettivo e se ogni processo è un procedimento
caratterizzato dalla vigenza dei principi sopra individuati, è anche vero che, poi, quello scopo generale si
specializza in diverse forme e, quindi, in diverse forme dovrà specializzarsi anche lo strumento per la sua
realizzazione.
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 11. Definizione di tutela dichiarativa
La giurisdizione civile deve rispondere con le adeguate tutele in base ai diversi bisogni del diritto soggettivo
in crisi. Da qui nasce la distinzione tra tutela dichiarativa, tutela esecutiva e tutela cautelare.
TUTELA DICHIARATIVA
Nell'ambito della tutela dichiarativa si presuppone che il diritto soggettivo entri in crisi quanto meno perchè
esso è messo in discussione nella sua esistenza e/o nel suo modo di essere e/o nella sua attribuzione. Ed
allora l'ordinamento deve approntare una via che porti almeno ad accertare, con forza vincolante, appunto la
sua esistenza e/o il suo modo di essere e/o la sua attribuzione.
Peraltro, quello dell'accertamento è scopo minimo e costante nell'ambito della tutela dichiarativa, attraverso
la quale, però, si può perseguire anche un obiettivo ulteriore proprio in base ai diversi bisogni di tutela del
diritto soggettivo.
La tutela dichiarativa al suo interno si ripartisce in:
- tutela di mero accertamento;
- tutela di condanna;
- tutela costitutiva.
Insomma, se è vero che il processo dichiarativo punta sempre e comunque almeno all'accertamento di qual è
il diritto nel caso concreto, è anche vero che esso, a seconda delle situazioni, punterà anche a qualche
risultato ulteriore: così nella sentenza di condanna si avrà, oltre, si ripete, all'accertamento, anche un ordine
di prestazione e nella sentenza costitutiva si avrà addirittura una modificazione di diritto sostanziale.
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 12. Caratteristiche della tutela esecutiva
La tutela esecutiva, che si avvale del modulo del processo esecutivo, ha lo scopo di realizzare il diritto ad
una prestazione. Si ha sempre a che fare con un diritto di credito insoddisfatto, con un rapporto obbligatorio
inattuato, restando sullo sfondo, ed in tale sede del tutto irrilevante, il fatto che un simile rapporto
obbligatorio sia, per così dire, originario oppure nasca dal verificarsi di un illecito. Es.: rapporto obbligatorio
che nasce da un contratto. Es.: es. del 2° tipo, al caso in cui venga leso un diritto di proprietà o, più in
generale, al caso in cui un soggetto violi il dovere di astenersi dall'intromissione nella sfera giuridica del
titolare di un diritto assoluto, sia questo un diritto reale o un diritto della personalità.
Nel primo caso il contratto obbligherà originariamente un soggetto a porre in essere una certa prestazione in
favore di altro soggetto.
Nel secondo caso è dall'illecito, cioè dall'aver fatto ciò che non si doveva fare, che nasce il rapporto
obbligatorio, il quale avrà come contenuto una prestazione rivolta a controbilanciare ciò che è stato fatto in
violazione dell'obbligo di non fare: es. se Tizio ha sottratto il bene di proprietà di Caio, nascerà il diritto di
Caio verso Tizio alla consegna, alla restituzione del bene.
Il rapporto obbligatorio, ossia la relazione tra un diritto ad una prestazione (situazione di vantaggio passiva)
ed un obbligo di prestazione (situazione di svantaggio attiva), a prescindere, si ripete, dalla sua origine, si
attua con l'adempimento. Il diritto di credito, il diritto alla prestazione, si realizza fisiologicamente nel
momento in cui l'obbligato pone in essere la prestazione alla quale era appunto obbligato. Ma, è possibile
che tale realizzazione fisiologica non si verifichi, è possibile che il debitore non adempia: ecco, allora, che
(ovviamente a certe condizioni) interviene, o meglio può intervenire (su iniziativa dell'interessato), il
processo e quindi la tutela esecutiva.
Tutela esecutiva, effettiva esecuzione del diritto.
Il processo esecutivo ha lo scopo di far conseguire all'avente diritto ciò che questi avrebbe dovuto
conseguire sul piano del diritto sostanziale facendo a meno della prestazione dell'obbligato. Esso mira,
insomma, a realizzare il diritto di credito nonostante l'inerzia del debitore. L'interesse sotteso ai diritti di
credito (situazioni strumentali) si realizza fisiologicamente con l'adempimento o patologicamente con
l'esecuzione forzata.
Entrambe le vie, quindi, possono giungere allo stesso risultato, alla realizzazione di quell’interesse e quindi
all’estinzione del diritto di credito la cui permanenza in vita si giustificava solo fino a tale realizzazione.
È allora evidente come quella esecutiva sia un'attività sostitutiva. Se Tizio è debitore di Caio di una certa
somma di denaro, il credito di Caio si realizza fisiologicamente (e così si estingue) nel momento in cui Tizio
paga quella certa somma di denaro (adempimento).
Ma, se questo non accade, sussistendo le dovute condizioni processuali, Caio potrà ottenere lo stesso
risultato attraverso l'esecuzione forzata. In tal caso un organo dello Stato porrà in essere una attività
attraverso la quale farà conseguire al creditore procedente quella stessa somma di denaro che questi avrebbe
dovuto ottenere sul piano del diritto sostanziale.
Da ciò consegue la naturale necessità che l'esecuzione forzata si strutturi in moduli differenti, affinché
l'attività dell'organo esecutivo sia adeguata al tipo di comportamento da sostituire, quel comportamento che
un soggetto (l'obbligato) avrebbe dovuto porre in essere ed, invece, non ha posto in essere.
Ancora una volta la giurisdizione, se così possiamo dire, non inventa nulla, ma deve adeguarsi al modo di
essere delle situazioni giuridiche soggettive e alle loro patologie, deve rispondere alla loro crisi.
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 13. Le tipologie di esecuzione nel processo
Così il legislatore distingue tra l'esecuzione per espropriazione (artt. 483 e 55. c.p.c.), l'esecuzione per
consegna o rilascio (artt. 605 e 55. c.p.c) e l'esecuzione per obblighi di fare e non fare (artt. 612 e 55. c.p.c.).
La distinzione tra questi moduli deriva solo dal diverso comportamento da sostituire, quindi dal diverso
atteggiarsi della prestazione, dal diverso contenuto dell'obbligo col quale si ha a che fare. Nel primo caso
trattasi dell'obbligo di pagare una somma di denaro, nel secondo caso dell'obbligo di consegnare una cosa
mobile o rilasciare un bene immobile e nel terzo dell'obbligo di fare o non fare qualcosa di diverso dai tipi di
comportamento finora immaginati.
Per comprendere l'essenziale sostitutività dell'attività esecutiva si faccia l'esempio dell'esecuzione per
espropriazione, che, del resto rappresenta anche il modulo più complesso tra quelli disciplinati nel codice di
procedura civile.
Qui il credito insoddisfatto di fronte al quale ci si trova ha contenuto pecuniario, ossia l'obbligato doveva
pagare una somma di denaro. Se tale pagamento non è avvenuto, la procedura esecutiva si svolgerà in una
serie di attività, che ovviamente incideranno nella sfera giuridica del debitore, alla fine delle quali al
creditore perverrà quella certa somma di denaro che egli avrebbe dovuto ottenere attraverso l'adempimento,
che, invece, non c'è stato. L'organo esecutivo individuerà e assoggetterà all'aggressione esecutiva alcuni beni
del debitore (pignoramento), quindi li venderà e, poi, ottenuta la necessaria liquidità, consegnerà la somma
dovuta al creditore. Insomma l'organo esecutivo farà ciò che "naturalmente" dovrebbe fare ciascuno di noi
per pagare i propri debiti, sempre che ovviamente non vi sia nel patrimonio di riferimento sufficiente
liquidità.
Peraltro, in questo contesto è necessario farsi carico anche di attuare il principio della par condicio
creditorum (art. 2741 c.c.), per cui è possibile che nel processo esecutivo per espropriazione intervengano
altri creditori. Ma il rinnovato art. 499 cp.c. limita l'intervento ai creditori muniti di titolo esecutivo, nonché
a coloro che, prima del pignoramento, avevano eseguito un sequestro (conservativo) sui beni pignorati
ovvero avevano un diritto di prelazione risultante da pubblici registri o un diritto di pegno ovvero erano
titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'art. 2214 c.c.
IN PARTICOLARE, l'esecuzione per consegna o rilascio e l'esecuzione per obblighi di fare o non fare
La stessa logica si ritrova nell'esecuzione per consegna o rilascio e nell'esecuzione per obblighi di fare o non
fare: anche qui l'organo esecutivo non farà altro che sostituire il comportamento che l'obbligato avrebbe
dovuto tenere e non ha tenuto, ossia consegnare una cosa, rilasciare un immobile, fare o disfare qualcosa.
Questi moduli vanno sotto la formula di "esecuzione in forma specifica", espressione il cui significato non
deve trarre in inganno. In realtà, l'esecuzione forzata, se va a buon fine, fa sempre ottenere al creditore
proprio ciò che, sul piano del diritto sostanziale, egli avrebbe dovuto ricevere dall'obbligato. Ma, mentre
nell'esecuzione per espropriazione il bene oggetto dell’aggressione è diverso da quello dovuto ed esso è
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile individuato nello stesso processo esecutivo (pignoramento), nella cd. Esecuzione forzata in forma specifica,
invece, il bene oggetto dell’aggressione coincide col bene dovuto, per cui esso è specificatamente
“individuato” già prima del processo esecutivo nell’atto costituente il titolo esecutivo.
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Procedura civile 14. Caratteristiche dell'esecuzione forzata
Peraltro, se l'esecuzione forzata si risolve solo nella realizzazione del credito facendo a meno
dell'adempimento da parte dell'obbligato, si deve aggiungere che essa, per un verso, presuppone, puramente
e semplicemente, l'esistenza del credito della cui realizzazione si tratta e, per altro verso, ha dei limiti di
operatività fisiologici, in quanto non può arrivare oltre gli ambiti in cui può operare il detto principio di
sostitutività.
Dal primo punto di vista, riprendendo quanto si è detto sul diritto di azione, qui è netta la distinzione tra
l'azione esecutiva e il credito da realizzare, nel senso che ben può esistere la prima e non il secondo e
viceversa. L'azione esecutiva quale diritto ad ottenere dagli organi giurisdizionali dello Stato una
aggressione esecutiva nei confronti di un certo soggetto, sussiste nella misura in cui sussistono i suoi
presupposti. In particolare essa deriva dai c.d. titoli esecutivi, fattispecie tipiche che troviamo elencate
nell'art. 474 c.p.c.
Se Tizio ha un credito nei confronti di Caio, il quale non intende adempiere, non per questo Tizio può
procedere ad esecuzione forzata, ossia semplicemente affermando di essere titolare di un credito
insoddisfatto, ma ciò può fare solo se egli ha un titolo esecutivo, ossia: una sentenza di condanna, un
provvedimento giudiziale (decreto o ordinanza) o altro atto al quale la legge esplicitamente attribuisce
efficacia esecutiva, un titolo di credito oppure un atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò
autorizzato o ancora una scrittura privata autenticata. Anzi, egli, se può presentare un titolo esecutivo, già
solo per questo otterrà la misura esecutiva richiesta, anche se per avventura non dovesse affatto essere
creditore oppure, essendolo stato in precedenza, non lo sia più al momento dell’instaurazione del processo
esecutivo per il verificarsi di un qualche fatto estintivo del credito.
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 15. Caratteri del processo esecutivo
Insomma, è vero che l'esecuzione forzata serve a realizzare il credito, ma è anche vero che nel processo
esecutivo non ci si interroga sull'esistenza del diritto di credito che con esso si intende realizzare, ma,
sussistendo i necessari presupposti processuali (in particolare il titolo esecutivo), si procede solo alla sua
realizzazione.
Il sistema non è assurdo ed in esso vi sono ovviamente meccanismi di riequilibrio tra la realtà sostanziale e
la realtà processuale.
Non è certo il titolo esecutivo che può rappresentare il punto di equilibrio esclusivo.
Invero, perfino quando il processo esecutivo è instaurato sulla base di una sentenza di condanna non vi può
essere alcuna definitiva certezza sull’esistenza del credito che si vuole realizzare, perché se è vero che nella
sentenza è accertata l’esistenza del credito, è anche vero che tale accertamento si riferisce al momento in cui
è pronunciata la sentenza e non si può certo escludere che in un momento successivo vi sia stato
l'adempimento. Per cui non è escluso che la parte condannata, se era debitrice al momento della condanna,
non lo sia più al momento dell'instaurazione del processo esecutivo.
In un caso del genere l'attività esecutiva resta processualmente possibile e legittima, sussistendo il titolo
esècutivo, ma allo stesso tempo essa è sostanzialmente ingiusta, o meglio essa, ove arrivasse al suo esito
finale, fornirebbe un prodotto ingiusto sul piano del diritto sostanziale.
CONTESTAZIONE DELL’ESISTENZA DEL DIRITTO NEL PROCESSO ESECUTIVO
Consapevole di questo problema il legislatore fornisce due rimedi, due strumenti di riequilibrio: in via
preventiva l'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c..e in via successiva, ove non sia stato
utilizzato il primo, l'azione di arricchimento senza causa di cui all'art. 2041 c.c.
Insomma, il processo esecutivo è un'attività di aggressione che si esplica nella sfera patrimoniale
dell'obbligato in funzione della realizzazione di un credito, attività che l'organo esecutivo, stimolato
dall'interessato, comincia e fa progredire fino al perseguimento del suo obiettivo solo in presenza delle
necessarie condizioni processuali, senza nulla chiedersi intorno all'esistenza del credito.
Starà, eventualmente, a colui che subisce l'aggressione contestare l'esistenza del credito, ma per far ciò egli
deve porsi su un piano diverso da quello esecutivo, egli deve instaurare un processo dichiarativo (in via
preventiva o successiva), perchè solo questo può rispondere al suo bisogno di tutela, in quanto solo questo
ha lo scopo di accertare il modo di essere degli assetti sostanziali.
Il limite fisiologico di operatività dell'esecuzione forzata
Per quanto riguarda, invece, il limite fisiologico di operatività dell'esecuzione forzata è ovvio che, se essa si
risolve in un'attività per mezzo della quale far ottenere al creditore ciò che egli deve ottenere sul piano del
diritto sostanziale facendo a meno dell'adempimento del debitore, evidentemente la tutela esecutiva è
naturalmente possibile solo in riferimento a rapporti obbligatori in cui il comportamento dovuto è fungibile.
In altri termini, l'esecuzione forzata è concepibile quando l'interesse sotteso al credito è realizzabile, non
solo attraverso la prestazione dell'obbligato, ma anche attraverso l'attività di un terzo, qui appunto l'organo
esecutivo, mentre essa non è concepibile quando, invece, la prestazione è infungibile, ossia non è possibile
fare a meno della cooperazione dell'obbligato ed il diritto si può realizzare solo attraverso tale cooperazione.
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile Naturalmente non vi sono problemi quando la prestazione consiste nel pagamento di una somma di denaro,
nella consegna di una cosa mobile o nel rilascio di un bene immobile. Ma, diverso è il discorso quando si
tratta di obblighi di fare. È in questo ambito che si potranno avere rapporti obbligatori irrealizzabili in via
esecutiva, quando appunto il "fare" è infungibile, ossia il "fare" dell’obbligato non è surrogabile da un
ipotetico "fare" dell'organo esecutivo. Così si pensi alle prestazioni artistiche o all'obbligo a carattere
negativo, cioè all'obbligo di non fare proiettato nel futuro (questo obbligo va distinto da quello che sorge
dalla sua violazione che consisterà in un obbligo di disfare ciò che è stato fatto in violazione dell'obbligo di
non fare. L'obbligo di disfare normalmente è fungibile).
Queste non sono situazioni nelle quali la tutela esecutiva possa intervenire ed anzi in concreto l'interessato,
il creditore insoddisfatto, avrà il più delle volte come unica via utile da percorrere quella di esperire l'azione
risarcitoria.
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 16. La tecncia dell'esecuzione indiretta
Ma, in astratto, è configurabile un modo per garantire maggiormente la tutela di situazioni di questo tipo: ci
riferiamo alle c.d. misure coercitive o, se si vuole, alla c.d. esecuzione indiretta.
La tecnica dell'esecuzione indiretta è diversa da quella dell'esecuzione forzata perché diversa è l'aspettativa
dell'ordinamento rispetto al comportamento dell'obbligato. Nell'esecuzione forzata si punta a realizzare il
credito facendo a meno del comportamento dell'obbligato, per cui in essa si presuppone proprio un inerzia,
una totale mancanza di cooperazione da parte dell'obbligato. Nell’esecuzione indiretta, invece, non si fa a
meno del comportamento dell'obbligato, ma anzi l'ordinamento continua ad ancorarsi ad esso per la
realizzazione del credito: approntando una misura coercitiva la legge non fa altro che prevedere una
conseguenza negativa, di natura civile o penale, per l'obbligato che non adempie.
Insomma in questo secondo caso la cooperazione dell'obbligato è ulteriormente cercata dal sistema e, se così
si può dire, stimolata dalla minaccia di un male per il caso della sua mancanza.
È ovvio che una simile tecnica è utile soprattutto quando ci si trova di fronte ad obblighi infungibili, quindi a
situazioni per le quali la tradizionale esecuzione forzata si rivela un'arma spuntata. In Italia, invece, non
abbiamo una analoga previsione di carattere generale, trovandosi qualche previsione di misura coercitiva
solo di carattere particolare.
Si pensi, ad es. alla misura coercitiva di carattere penale prevista nell'art. 28.4 dello Statuto dei lavoratori in
funzione dell'ottemperanza da parte del datore di lavoro del provvedimento col quale il giudice ordina la
cessazione della condotta antisindacale.
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
Procedura civile 17. Caratteri della tutela cautelare
Ci resta da dire della tutela cautelare.
Quella cautelare non si presenta come una forma di tutela autonoma, bensì essa serve a cautelare il diritto
soggettivo rispetto ad un eventuale pregiudizio (periculum in mora) verificabile durante il tempo necessario
allo svolgimento di altra attività giurisdizionale, precisamente lo svolgimento della tutela dichiarativa.
Quindi la caratteristica essenziale di tale tipo di tutela è la strumentalità (e la connessa provvisorietà).
La tutela cautelare rappresenta una delle tante misure attraverso le quali l'ordinamento cerca di attuare quel
principio di civiltà per cui il tempo necessario per celebrare un processo non deve andare a danno della parte
che ha ragione. Se un soggetto è costretto ad agire in giudizio per la tutela di un proprio diritto e, quindi, è
costretto ad impiegare del tempo (spesso molto tempo!) per vedersi riconosciuto e attribuito quel bene della
vita che ha diritto di conseguire, egli deve essere messo nella condizione di ottenere un provvedimento, in
ipotesi favorevole, che gli dia una tutela effettiva.
Chi propone la domanda in un processo dichiarativo (attore) ovviamente non può sapere, al momento della
sua proposizione, se otterrà una sentenza favorevole (di accoglimento della domanda) o sfavorevole (di
rigetto della domanda), ma la legge deve approntare delle misure che consentano all'attore, per l'ipotesi in
cui sia riconosciuta la sua ragione, di vedersela riconosciuta con la stessa utilità che si sarebbe avuta ove
quella ragione gli fosse stata riconosciuta il giorno stesso in cui egli aveva proposto la domanda.
Per comprendere più concretamente questo strumento, e, quindi, anche il tipo di bisogno di tutela del diritto
soggettivo ad esso collegato, teniamo presente la distinzione tra provvedimenti cautelari di tipo conservativo
e provvedimenti cautelari di tipo anticipatorio.
Invero, mentre strutturalmente la tutela cautelare si esplica attraverso un modulo unitario, il processo
cautelare disciplinato dagli artt. 669-bis e 55. del c.p.c., la legge prevede, invece, diverse misure cautelari a
seconda del diverso periculum in mora, ovvero del diverso rischio a cui bisogna, in ipotesi, far fronte
durante il tempo necessario allo svolgimento di un processo dichiarativo
Beatrice Cruccolini Sezione Appunti
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