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La tutela di condanna e la tutela esecutiva

La tutela di condanna e la tutela esecutiva


 Si può parlare, allora, di normale correlazione tra tutela di condanna e tutela esecutiva, nel senso che normalmente, ancorché non necessariamente, alla sentenza di condanna la legge attribuisce l'efficacia esecutiva, per cui nel disegno delle forme di tutela il pro­cesso esecutivo è visto come un normale "seguito" del processo dichiarativo di condanna.
Tuttavia la valenza di questo rilievo non deve essere esagerata.
In primo luogo, quella normale correlazione non significa che si possa dimen­ticare la chiara e netta distinzione, funzionale e strutturale, tra processo di con­danna e processo esecutivo. Invero, qui non abbiamo due fasi di un' unica vicenda processuale, bensì abbiamo l'operatività di due diverse azioni, una di condanna ed una esecutiva, e lo svolgimento di due moduli processuali, collegati, ma strutturalmente distinti.
Nè la funzione della condanna consiste nella produzione dell'azione esecutiva: il contenuto della sentenza di accoglimento di una domanda di condanna attiene all'ordine di prestazione, restando l'efficacia esecutiva solo un effetto esterno a detto contenuto, un effetto che la legge, a prescindere da ogni di­chiarazione del giudice, attribuisce automaticamente alla sentenza.
Del resto è di tutta evidenza come la tutela di condanna, pur non essendo in astratto autosuffi­ciente, possa esserlo tuttavia in concreto, quando il convenuto/obbligato/condan­nato si adegui all'ordine di prestazione a lui impartito nella sentenza.

Correlazione solo eventuale tra la tutela di condanna e la tutela esecutiva


In secondo luogo, se la correlazione tra condanna ed esecuzione forzata è co­sa normale, nel senso che, ove il condannato non si adegui spontaneamente, si aprirà normalmente un processo esecutivo, non si può, però, dire vigente un principio che renda detta correlazione necessaria. Al contrario, vi può essere e­secuzione forzata senza sentenza di condanna e vi possono essere sentenze di condanna inidonee ad aprire la strada di un' esecuzione forzata.
Per giustificare la prima affermazione basta leggere l'art. 474 c.p.c., che con­tiene il catalogo dei titoli esecutivi: in alcuni casi si rende possibile un processo esecutivo senza titolo esecutivo giudiziale, insomma sen­za un provvedimento di condanna.

Assai più impegnativa è la seconda affermazione, con la quale si vuole essenzialmente dire che è immaginabile la pronuncia di una sentenza di condanna senza che poi sia possibile, ove il condannato non rispetti l'impartito ordine di prestazione, un' esecuzione forzata.
Si pensi al caso in cui il comportamento dovuto sia infungibile, quindi esso dia contenuto ad un rapporto obbligatorio che non può trovare la sua realizza­zione forzata, in quanto come, sappiamo, la realizzazione forzata può aversi so­lo nel caso che il diritto sia realizzabile facendo a meno dell'obbligato, quindi sostituendone l'opera.
In casi del genere è probabile che il più delle volte, veri­ficatosi l'illecito, l'interessato agirà chiedendo il risarcimento del danno, tra­sformando quindi il suo originario diritto in un diritto a contenuto pecuniario, come tale sempre realizzabile in via esecutiva. Ma ciò non è, né deve essere, sempre vero.

Sentenze di condanna per prestazioni infungibili


Lo stesso legislatore se ne rende conto, al punto da prevedere e­splicitamente sentenze di condanna in riferimento a prestazioni infungibili. Si pensi alla tutela c.d. reale del lavoratore licenziato senza giusta causa di cui al­l'art. 18 Statuto dei lavoratori.
In questa legge è previsto che il lavoratore, se, a seguito della sua impugnazione del subito licen­ziamento, il datore di lavoro non prova la giusta causa di esso, può ottenere dal giudice un ordine, a suo favore, di reintegro nel posto di lavoro.
Ma questa è proprio un'ipotesi di sentenza di condanna inidonea a dare corso ad un'esecu­zione forzata, perché, a prescindere dagli ulteriori profili economici di essa, l'ordine di reintegro nel posto di lavoro in sé è infungibile, non essendo sosti­tuibile la gestione da parte dell'imprenditore del ciclo produttivo.

Tratto da PROCEDURA CIVILE di Beatrice Cruccolini
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