Questi ottimi appunti trattano la Parte I dedicata ai principi e la Parte II dedicata alla disciplina del volume 'Corso di diritto penale' di Palazzo.
Si approfondiscono nella parte I: il principio della pena (funzione, principio di umanità, tipologie sanzionatorie); il principio del reato (oggetto della tutela penale, forme di tutela); la legge penale (i principi di legalità, profili internazionali del diritto penale).
Nella parte II si affrontano invece: le premesse all'analisi del reato; il fatto tipico (condotta, soggetto attivo, evento, rapporto di causalità, il dolo); l'antigiuridicità e le cause di giustificazione; la colpevolezza; le forme di manifestazione del reato (delitto tentato, concorso di persone, circostanze); la punibilità e le conseguenze del reato (comminatoria edittale o legale, commisurazione della pena, misure alternative alla pena, cause di impunibilità).
Diritto penale: principi e disciplina
di Stefano Civitelli
Questi ottimi appunti trattano la Parte I dedicata ai principi e la Parte II dedicata
alla disciplina del volume 'Corso di diritto penale' di Palazzo.
Si approfondiscono nella parte I: il principio della pena (funzione, principio di
umanità, tipologie sanzionatorie); il principio del reato (oggetto della tutela
penale, forme di tutela); la legge penale (i principi di legalità, profili
internazionali del diritto penale).
Nella parte II si affrontano invece: le premesse all'analisi del reato; il fatto tipico
(condotta, soggetto attivo, evento, rapporto di causalità, il dolo); l'antigiuridicità
e le cause di giustificazione; la colpevolezza; le forme di manifestazione del
reato (delitto tentato, concorso di persone, circostanze); la punibilità e le
conseguenze del reato (comminatoria edittale o legale, commisurazione della
pena, misure alternative alla pena, cause di impunibilità).
Università: Università degli Studi di Firenze
Facoltà: Giurisprudenza
Esame: Diritto penale I, a.a. 2006/2007
Titolo del libro: Corso di Diritto Penale
Autore del libro: Francesco Palazzo1. Il concetto di pena
Il diritto penale tratta soltanto di fatti illeciti, i reati: a differenza di altri settori del diritto che trattano
comportamenti positivo cui il cittadino deve conformarsi per ottenere tutela giuridica il diritto penale è
totalmente incentrato su comportamenti negativi.
Inoltre il diritto penale si distingue per la speciale sanzione che è prevista per la violazione delle sue norme:
la pena, aspetto questo unico del diritto penale e suo vero elemento distintivo.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 2. Tipologie di sanzioni
Ripristinatorie, mirano a ristabilire la situazione come era prima dell’illecito (risarcimento in forma
specifica, restituzione, ecc…);
Conciliative, operano sulle conseguenze psico-sociali e non materiali dell’illecito, ponendosi da mediazione
tra autore e vittima dell’illecito;
Preventive, sanzioni meno certe in quanto attengono ad aspetti psicologici della società, si mira ad evitare la
futura commissione di illeciti, ciò si può raggiungere in due modi:
- impedimento, si interpongono ostacoli di natura fisico-materiale tra l’autore e la possibilità di reiterazione
dell’illecito;
- persuasione, che può essere speciale, cioè rivolta all’autore dell’illecito, o generale, cioè rivolta all’intera
comunità.
La si può ottenere tramite l’intimidazione (il carcere), sia a livello speciale che generale, oppure tramite
strumenti educativi che mirano a far apprezzare i giusti valori dell’ordinamento sia a livello generale che
speciale;
Punitive, non sono rivolte al passato ma al futuro, non possono ripristinare la situazione precedente
all’illecito ma infliggono solo una sofferenza nell’autore.
Anche lo scopo preventivo di tali sanzioni è aleatorio in quanto si basa su criteri scientifici a risultato non
certo.
Sono queste le sanzioni del diritto penale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 3. Funzioni delle sanzioni punitive: prevenzione generale
Questa è una delle principali funzioni delle sanzioni punitive:
- negativa (intimidativa), la minaccia della pena funge da intimidazione nei confronti dei cittadini
spingendoli a non compiere determinati comportamenti.
L’esecuzione della pena ai danni di colui che ha commesso il fatto è un momento irrinunciabile per non far
perdere valore ala minaccia della pena;
- positiva (educativa), in questo caso la pena funge da strumento per valorizzare il bene giuridico, che essa
protegge, nelle coscienze dei cittadini.
Certi valori, proprio perché protetti da sanzioni punitive, vengono maggiormente rispettati.
Teoria della prevenzione/integrazione, ci si distacca da qualunque tipo di meccanismo di condizionamento
psichico, la pena assume solo la forma di strumento per ristabilire la fiducia dei cittadini verso le istituzioni,
fiducia persa al momento della commissione dell’illecito.
I reati ci sono e ci saranno sempre, ma almeno il cittadino sa che l’ordinamento provvederà a garantire la
integrazione e la stabilità sociale tramite la pena.
Corollari della prevenzione generale, la prevenzione quindi non mira né ad impedire la reiterazione del reato
da parte del reo né a ripristinare la situazione precedente all’offesa, lo scopo è quello di intimidire ed
educare al fine di prevenire che terzi compiano lo stesso illecito.
L’intensità della pena non incontra nessuna limitazione (dipende solo da ciò che serve ad impedire o a
ripristinare) anzi sembra che la funzione di intimidazione-educazione sia più raggiunta tanto più la pena è
intensa.
Inoltre, nella prevenzione generale, il reo viene usato come strumento di monito al resto del popolo.
Per evitare le estremizzazioni della prevenzione generale (da un lato pene severissime per maggiore
intimidazione-educazione, dall’altro sacrificare chiunque anche se innocente pur di dare l’esempio alla
comunità) intervengono altri aspetti cui si attiene il diritto penale: rieducazione e retribuzione.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 4. Funzioni delle sanzioni punitive: retribuzione
Per evitare che la prevenzione generale sfoci nell’utilitarismo del reo a fini utili per il resto della comunità si
afferma l’idea retributiva a giustificazione della pena.
La retribuzione può riguardare un aspetto oggettivo della pena o soggettivo (è questo il caso che si presta
alla funzione sopra detta):
- oggettiva, la pena serve per garantire l’autorità della legge che, se la sua violazione restasse impunita,
perderebbe di valore.
In questa idea di retribuzione il reo non viene considerato, tutto ciò che conta è ristabilire la divinità
simbolica della legge smontata dalla violazione;
- soggettiva, il reo è il punto centrale, la pena deve essere a lui inflitta in quanto meritata.
Il reo, agendo contro la legge, si è macchiato di un crimine tale che solo la pena può pulire.
Ci si basa su una legge morale universale che vuole che ad ogni male causato ne corrisponda uno simile
perché l’autore capisca l’errore fatto.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 5. L’idea retributiva: il principio della colpevolezza
L’idea retributiva fa sorgere dei principi fondamentali per la responsabilità penale:
Colpevolezza, dato lo stretto legame che, in virtù della retribuzione soggettiva o morale, lega il reo con la
pena si vede come sia necessaria la colpevolezza per far scaturire su un soggetto la responsabilità penale.
Solo colui che viola il precetto morale che riconosce l’umanità propria e altrui merita di essere punito.
Le componenti della colpevolezza sono:
- nesso psichico tra fatto e autore, cioè il soggetto deve aver assunto una determinazione psicologica verso il
fatto.
Ciò si ha quando il soggetto ha conoscenza delle conseguenze del proprio agire e volontà di compierlo;
- possibilità di determinarsi altrimenti, il soggetto deve aver avuto altre possibilità comportamentali diverse
dal comportamento illecito.
Ciò fa rientrare la discussione nella capacità di avere il libero arbitrio delle proprie scelte.
Essendo il libero arbitrio condizione necessaria per la possibilità di determinarsi altrimenti e quindi per
essere ritenuti colpevoli di un reati, si ritengono esimenti alla responsabilità penale l’incapacità di intendere
o di volere e i vizi della volontà causati da fattori esterni soverchianti.
Si prende come punto di riferimento per verificare il libero arbitrio una condizione di normalità
motivazionale.
La colpevolezza entrò in crisi alla fine dell’800, quando regnava il positivismo scientifico.
Questa corrente di pensiero rifiutava tutto ciò che non era scientificamente dimostrabile e quindi caddero
tutti quegli aspetti psicologici che reggevano il concetto di colpevolezza.
La crisi si può dividere in due fasi:
1. rifiuto della colpevolezza, concetti come il libero arbitrio, conoscenza e volontà non erano dimostrabili
per certo e vennero quindi sostituiti da un concetto di pericolosità sociale valutabile scientificamente nel
soggetto che delinque;
2. trasformazione della colpevolezza, la colpevolezza viene staccata dal concetto di retribuzione e fatta
ricondurre al concetto di prevenzione generale:
- concezione funzionale, la colpevolezza è l’elemento essenziale per il funzionamento della prevenzione
generale sia positiva (senza colpevolezza la pena sarebbe ritenuta non educativa ma ingiusta) che negativa
(senza colpevolezza mancherebbero i parametri comportamentali cui discostarsi per evitare la minaccia di
pena);
- concezione garantista, la colpevolezza è necessaria per consentire ad ognuno di non essere accusato per un
fatto di cui non conosce le conseguenze illecite.
Non si giustifica così l’ignoranza di diritto ma si ritiene necessario che, per essere imputabili, un fatto debba
essere collegabile al reo da un nesso di colpevolezza.
In questo modo i soggetti sono liberi di determinarsi essendo garantiti verso una incriminazione senza
conoscenza di essere nello sbagliato.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 6. L’idea retributiva: il principio della proporzione
Anche la proporzione tra gravità della violazione e afflittività della pena nasce dal concetto di retribuzione
soggettiva o morale, nel senso che al male debba corrispondere un male tale da rifarsi alla dignità dell’uomo
che la subisce: non troppo leggera sennò irrisoria, non troppo pesante sennò immeritata.
Così come la colpevolezza anche la proporzione è entrata in crisi finendo per essere trasformata in un
principio a se stante dal concetto retributivo e ricollegato, invece, alla prevenzione generale sia come
requisito funzionale, sia come garanzia verso i cittadini imponendo limitazioni al potere punitivo dello Stato.
La proporzione può figurarsi in varie dimensioni:
- astratta o concreta, nella prima il rapporto reato-pena è previsto dal legislatore, nella seconda il rapporto
fatto concreto-pena è stabilito dal giudice in giudizio;
- assoluta o relativa, nella prima il rapporto reato-pena è valutato tenendo conto soltanto di tale illecito, nella
seconda il rapporto reato-pena viene valutato comparandolo con altri reati e le loro proporzioni con la pena;
- oggettiva o soggettiva, la prima è tipica degli ordinamenti meno progrediti: la pena corrisponde al reato
commesso, cioè ci si basa sulla legge del taglione, tale soluzione comporta notevoli problemi per
l’individuazione delle pene nei reati non fisico-individuali come i reati contro l’amministrazione della
giustizia o contro la fede pubblica; nella seconda la pena dipende dall’intensità soggettiva della
colpevolezza: la c.d. malvagità interna.
Nonostante né la proporzione oggettiva né quella soggettiva siano dimostrabili scientificamente in maniera
univoca e certa, il concetto di proporzione è universalmente riconosciuto.
Concezioni della proporzione rispetto alla prevenzione generale:
- concezione funzionale, la giusta proporzionalità serve alla prevenzione generale per giungere al suo scopo
dissuasivo.
Pene troppo leggere non contribuirebbero né ad essere efficace minaccia né ad essere strumento di
educazione sociale, pene troppo pesanti si riterrebbero ingiuste e quindi ignorate.
Anche a livello di prevenzione speciale si può dire che la giusta pena ha più probabilità di rieducare il reo
rispetto ad una pena da lui sentita come ingiusta;
- concezione garantista, a livello di garanzia il principio di proporzionalità si pone come limite al potere
sanzionatorio dello Stato più che come concetto di individuazione delle pene.
In questo modo si evita che lo Stato faccia un uso sproporzionato del potere punitivo per avvantaggiare
scopi politici o comunque diversi dalla repressione del disvalore sociale del reato.
Ciò si fonda sull’art. 3 cost. che sancisce i principi di uguaglianza e ragionevolezza dei cittadini nei
confronti dello Stato e della legge penale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 7. Funzioni delle sanzioni punitive: prevenzione speciale
La retribuzione innalza la figura del reo recuperando la sua soggettività perdita nella prevenzione generale.
Ma ciò avviene a livello astratto, cioè non si elaborano metodi punitivi in cui il soggetto reo mantenga la sua
dignità di uomo, ma ci si limita a dettare precetti astratti.
Più nel concreto arriva la prevenzione speciale, cioè quei metodi rivolti direttamente al reo atti a prevenire
che esso commetta altri reati.
Questi metodi sono la rieducazione e l’espiazione, entrambi i quali devono comunque convivere in una
situazione di punizione in cui si trova il reo e in un ambito di laicità:
- rieducazione, frutto del positivismo scientifico e del solidarismo politico-sociale, dal primo mira a
raggiungere una rieducazione tramite metodi scientifici come fisici, psichici, psichiatrici, dal secondo mira a
consentire al reo un reinserimento nella società senza che venga abbandonato.
Le tecniche rieducative sono terapie scientifiche in grado di entrare nella personalità umana, settori in
grande sviluppo;
- espiazione, mentre nella rieducazione il reo deve solo sottostare a terapie atte a riformare la sua
personalità, nell’espiazione il reo deve giungere autonomamente, attraverso l’afflizione della pena, ad un
risorgimento spirituale.
Tramite la propria sofferenza il reo deve capire ciò che è male e capire l’errore da esso commesso.
Le tecniche espiative non sono universali e variano da soggetto a soggetto.
I rapporti tra rieducazione ed espiazione con la pena sono diverse: per la prima la pena non occorre sia
affllittiva ma serve solo nei limiti di strutturazione di un trattamento di recupero sociale, per la seconda
l’afflittività della pena è necessaria per giungere alla consapevolezza del bene e del male.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 8. Funzioni delle sanzioni punitive: polifunzionalità della pena
Polifunzionalità della pena significa che è composta da varie componenti di aspetti sia laici che spirituali: la
prevenzione generale è principalmente laica, la retribuzione è spirituale, la prevenzione speciale è laica se
attuata con rieducazione mentre è spirituale se attuata tramite espiazione.
In ogni caso la pena o sanzione punitiva si differenzia dalle altre sanzioni per il ruolo centrale della persona
umana.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 9. Rapporti tra funzioni della pena e forme di Stato
Sia le concezioni laiche che quelle spirituali possono, se perseguite a livelli estremi, portare ad un
ordinamento statale autoritario.
- laiche, la prevenzione generale può consentire allo Stato, sotto la necessità di disincentivare certi
comportamenti, di innalzare a livelli estremi le pene per alcuni reati.
La prevenzione generale positiva consente allo Stato di interiorizzare nella società valori tutt’altro che
generali ma per perseguire scopi politici.
La rieducazione, infine, consente allo Stato di manipolare le personalità dei “criminali” e plasmarle a
proprio piacimento;
- spirituali, la retribuzione consente, a livello oggettivo, di attribuire alla legge una completa inderogabilità,
cioè è superiore a ogni altro interesse in gioco.
A livello soggettivo la legge diviene intoccabile in quanto eticamente perfetta.
In ogni caso la sovranità dello Stato è assoluta e superiore a qualsiasi interesse dell’individuo.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 10. La pena nella Costituzione
Per la Costituzione la pena è rivolta alla rieducazione del reo: art. 273 cost.
Ma la Corte costituzionale ha più volte affermato la tesi della polifunzionalità della pena dovendo essa
perseguire sia gli scopi rieducativi, di prevenzione generale e retributivi.
Anche pene apparentemente non rieducative come l’ergastolo o la pena pecuniaria hanno trovato
legittimazione costituzionale: l’ergastolo in quanto concede la possibilità di liberazione condizionale in caso
di sicuro ravvedimento, la pena pecuniaria perché può indurre ad un ripensamento del reo portandolo a
cambiare condotta per interesse o ricredimento.
Le richieste dei giuristi alla Corte costituzionale per dare una gerarchia a tali funzioni della pena sono state
respinte in quanto esse sono soggette a variazioni dovute all’adattamento storico-politico e non possono
essere cristallizzate.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 11. Principio di umanità della pena
Indipendentemente dagli orientamenti teologici la pena è sempre limitata dalla garanzia data dal principio di
umanità che impone il rispetto della dignità umana del condannato.
Nella nostra Costituzione tale principio risulta dall’art. 273 cost. il quale afferma che “le pene non possono
consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”.
Il principio di umanità è stato ripreso da tanti atti, accordi e convenzioni internazionali dal dopoguerra ad
oggi.
La convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo afferma all’art. 3 che “nessuno può essere
sottoposto a tortura né a pena o trattamento inumano o degradante” dove con l’uso del termine “trattamenti”
richiama al rispetto del principio di umanità non solo la pena ma anche tutte le misure coercitive, i
trattamenti sanitari, le misure di polizia e le tecniche di interrogatorio, nonché tutti quei trattamenti che
producono danni psicologico-morali come l’umiliazione.
Il principio di umanità è altresì altamente antinomico in quanto si impone come assoluto, cioè non
derogabile per non cadere nell’inciviltà, ma è altresì relativo, in quanto il suo contenuto pratico muta con la
società e il periodo storico: le pene sono sempre inumane, la soglia minima varia nelle epoche storiche.
Il divieto di pene inumane è assoluto e inderogabile in principio mentre è relativo e mutevole nel contenuto.
Nonostante queste difficoltà applicative questo principio ha trovato ampio sviluppo.
La penetrazione del principio di umanità negli ordinamenti avviene in due fasi:
- abolizione tipologie sanzionatorie ritenute disumane, tutte quelle categorie, come le pene corporali,
ritenute dalla coscienza comune del tempo come inumane.
In Italia la pena di morte è stata abolita per questo motivo, l’ergastolo, invece, è permaso;
- contenimento delle tipologie sanzionatorie “umane” entro i limiti del rispetto del principio di umanità,
pene di per se considerate umane devono essere anche eseguite in maniera umana.
La carcerazione non deve sfociare in trattamenti disumani quali catene, scarso igiene, taglio di capelli
imposto, cambio del nome in numero di matricola.
Ciò riveste particolare importanza per quei detenuti assoggettati a regimi speciali di reclusione, più severi, e
per i detenuti malati e bisognosi di cure.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 12. Sanzioni amministrative
Il diritto penale comprende solo sanzioni punitive ma non ognuna di queste, infatti esistono altri ambiti del
diritto che si avvalgono anche di sanzioni punitive.
I settori del diritto che utilizzano anche sanzioni punitive non penali sono:
- sistemi disciplinari, che regolano il comportamento di piccole comunità, e non della generalità, in virtù dei
particolari obblighi cui devono attenersi i consociati: ordini lavorativi, scolastici, ecc…
- sistemi punitivi amministrativi, sono simili al diritto penale in quanto usano sanzioni punitive e sono rivolti
alla generalità.
Si differenziano dal diritto penale essenzialmente per tre punti:
contenuto affittivo, che nella pena è maggiore rispetto alla sanzione amministrativa;
complessità funzionale, che è minore nella sanzione amministrativa, la quale deve tener conto solo di
prevenzione generale e proporzione;
gravità degli illeciti, che nella pena sono molto più gravi che nelle sanzioni amministrative.
L’esigenza primaria che ha portato alla nascita delle sanzioni amministrative è stata la suddivisione del
lavoro tra giudici penali e autorità amministrative, snellendo le operazioni di giustizia penale.
Ciò è costituzionalmente lecito in quanto i provvedimenti limitativi delle libertà personali restano di
competenza giudiziaria.
Per quanto riguarda la disciplina degli illeciti amministrativi, questa deve essere diversa da quella degli
illeciti penali per giustificare una divisione in due categorie degli illeciti punibili e la loro spartizione di
competenza a due organi diversi.
In tema di garanzie la nostra Corte costituzionale ha affermato l’autonomia degli illeciti amministrativi
escludendo loro l’applicazione degli artt. 252 (irretroattività legge penale) e 271 (personalità della
responsabilità penale) cost. e affidano alla discrezionalità del giudice la valutazione dell’applicazione di
simili garanzie.
In tema di disciplina dei vari istituti in Italia si è adottata una linea generale con la l. 689/81 che, nonostante
abbia notevoli similitudini con la disciplina penalista, separa almeno formalmente le discipline dei due
settori.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 13. I rapporti tra le diverse tipologie sanzionatorie
Vediamo i rapporti tra sanzioni penali punitive, sanzioni penali accessorie e sanzioni extra-penali.
- Non è possibile il cumulo di più sanzioni penali punitive identiche per lo stesso fatto in quanto hanno
identità funzionale che renderebbe gratuita la duplicazione sanzionatoria.
- E’ possibile il cumulo di sanzioni penali punitive con sanzioni penali accessorie in quanto diversa è la
funzione che svolgono: le prime abbiamo visto finora, le seconde ad evitare reiterazioni, inquinamento di
prove, per terapie od educazione.
- E’ possibile il cumulo tra sanzioni penali e extra-penali purché quest’ultime abbiano come finalità la tutela
di qualche diverso interesse, come quello al risarcimento.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 14. La responsabilità degli enti collettivi
Tutti gli aspetti visti fino ad ora relativi alla pena, presuppongono come soggetto destinatario un individuo
psicologicamente attivo e quindi una persona fisica.
Ciò porta ad escludere radicalmente le persone giuridiche dalla responsabilità penale.
Questo principio della irresponsabilità penale delle persone giuridiche è entrato lentamente in crisi.
Data la funzione sempre più rilevante delle imprese nella società si è sentita la necessità di assoggettarle alla
responsabilità penale.
Perseguire però la sola persona fisica agente si ritiene inadeguato in quanto:
- tale soggetto non è facilmente individuabile all’interno di un’impresa;
- spesso certi soggetti agiscono sotto disposizioni da parte di organi gerarchicamente superiori;
- l’incriminazione del singolo agente non disincentiva l’impresa dalla prosecuzione dell’attività illecita;
Ma anche la persecuzione dell’intero ente riscontra non poche difficoltà perché:
- la punizione potrebbe avere ripercussioni su persone fisiche totalmente estranee all’illecito, si pensi ai
lavoratori, ai soci o anche ai clienti, configurando così una incostituzionale responsabilità per fatto altrui;
- si avrebbe una responsabilità completamente slegata dalla colpevolezza non essendo l’ente un soggetto
dotato di personalità psichica;
- le pene non potrebbero svolgere le funzioni retributive e rieducative costituzionalmente richieste.
L’unico modo per superare questi problemi di costituzionalità è trovare criteri di collegamento tra l’illecito e
la politica d’impresa della persona giuridica, facendo si che sia la “colpevolezza” che la completa
personalità dell’illecito ricadano sull’ente nella sua completezza.
Per quel che riguarda poi il problema della sanzione punitiva da applicare abbiamo già avuto modo di
affermare come la pena pecuniaria svolga una funzione retributiva e rieducativa.
Il nostro ordinamento ha configurato con il d.lgs. 231/2001 la responsabilità degli enti come responsabilità
amministrativa, a causa dei dubbi relativi ad una compatibilità costituzionale con la responsabilità penale.
Questa responsabilità amministrativa è molto simile a quella penale tanto che è di competenza dei giudici
penali.
Dunque la persona fisica risponderà secondo il diritto penale, l’ente secondo questa speciale disciplina
amministrativa.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 15. I presupposti della responsabilità dell’ente collettivo
I presupposti della responsabilità dell’ente sono:
- il fatto illecito deve essere stato realizzato da una persona fisica;
- il fatto illecito deve essere ricollegabile all’ente sia in virtù della posizione di rilievo del soggetto agente,
sia dato il vantaggio ricavato dall’ente come conseguenza dell’illecito;
- l’ente deve avere la colpa di non prevedere, nella sua organizzazione, metodi di prevenzione del reato in
questione.
Limiti alla responsabilità si hanno a livello soggettivo: non sono responsabili lo Stato, gli enti pubblici non
economici, gli enti che svolgono funzioni costituzionali, e a livello oggettivo sono perseguibili solo i reati
espressamente previsti dalla legge.
Per quanto riguarda le sanzioni punitive queste devono essere sanzioni capaci di arrecare una afflizione ad
una personalità artificiale: sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, confische, pubblicazioni sentenze.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 16. Garanzie sostanziali e formali per tutelare il cittadino dal diritto
penale
Lo stretto legame tra la pena e il soggetto umano del reo impone all’ordinamento di prevedere tutta una serie
di garanzie a tutela del cittadino nei confronti del diritto penale.
Le garanzie possono essere:
- sostanziali o di contenuto, vincolano il potere dello Stato di prevedere o meno un determinato
comportamento come reato.
Il reato quindi è il cardine di queste garanzie che limitano le scelte di criminalizzazione del legislatore.
Analizzando i vari elementi che compongono i reati in senso astratto, e cioè il soggetto attivo, passivo,
condotta, evento, ecc…, si può ricavare il disvalore necessario affinché un comportamento umano possa
essere considerato criminale.
Di garanzie sostanziali, e quindi del reato, si parla nel capitolo II;
- formali o di forma, pongono vincoli alle modalità con cui una legge penale può essere adottata e applicata
in un ordinamento.
La legge penale è il cardine di queste garanzie.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 17. Principio di offensività e concetto di dannosità sociale
Ogni reato è portatore di un disvalore ritenuto dannoso per la società e quindi represso con la pena.
Inoltre ogni reato tutela, con la sua previsione incriminatrice, il valore che il disvalore offende, ad esempio
l’art. 575 c.p. che prevede il reato d’omicidio è portatore del disvalore della morte e protegge il valore della
vita.
Le garanzie sostanziali cercano, con il principio di offensività del reato, di delimitare i comportamenti verso
i quali sia possibile esercitare lo strumento penale.
Date sia le funzioni di prevenzione generale sia positiva che negativa, si può comprendere come da sempre
sia stata forte la tendenza ad ampliare la sfera del diritto penale e dei reati.
Per questo si è dovuto ancorare questa tendenza al requisito di una effettiva dannosità sociale del reato.
Ma tale concetto è troppo astratto e la scienza penale ha elaborato altri criteri cui il legislatore deve attenersi
per criminalizzare certi comportamenti.
In ogni caso, però, il concetto di dannosità sociale resta requisito vincolante per le scelte di
criminalizzazione del legislatore, in due punti fondamentali:
- disvalore “sociale” sta a significare che i reati devono essere comportamenti il cui disvalore è sentito tale
dalla società e non dal legislatore o da altri soggetti particolaristici;
- comportamenti “sociali” cioè le condotte criminali devono essere esterne, rivolte alla società e non soltanto
interiori alla persona.
Un comportamento illecito penalmente diviene reato soltanto quando colui che lo ha pensato lo compie,
recando un peggioramento nella situazione sociale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 18. Oggetto della tutela penale
L’oggetto della tutela penale è variato nel corso della storia subendo una progressiva dilatazione.
Le fasi storiche dello sviluppo del concetto di oggetto della tutela penale sono tre:
1. diritti individuali, durante il periodo illuminista l’uomo era al centro al centro della società e la tutela più
forte, quella penale, doveva essere usata per difendere i suoi diritti personalissimi;
2. beni giuridici, questa nozione ha permesso di identificare l’oggetto della tutela penale e prescindere da un
suo collegamento con un soggetto determinato.
Con la nozione di bene giuridico si apre la porta a tutta una serie di oggetti di tutela penale ultraindividuali,
tra cui:
- beni sociali, cioè beni la cui titolarità appartiene ad una collettività di soggetti indeterminati o
indeterminabili come ad esempio i beni ambientali che, con i moderni sviluppi tecnologici, rischiano sempre
più di essere offesi da condotte umane;
- beni istituzionali, cioè beni di cui titolari entità più o meno precisamente organizzate.
Di queste entità possono essere violati i beni “individuali” come l’onore o il prestigio, i beni relativi allo
svolgimento delle loro funzioni come ad esempio i reati contro l’amministrazione della giustizia, oppure
ancora i beni strumentali allo svolgimento delle attività finali come ad esempio gli obblighi autorizzatori.
Esempi di istituzioni come queste sono lo Stato, gli enti pubblici territoriali ma anche organizzazioni più
ristrette come le imprese o la famiglia;
3. valori culturali, in questo insieme rientrano tutta una serie di oggetti di tutela che non presuppongono un
peggioramento materiale della situazione di fatto a seguito del comportamento illecito, il danno che si
prospetta non è materiale ma ideologico.
Basti pensare al vilipendio alla bandiera o al divieto di affitto dell’utero.
In quest’ambito si ha la massima smaterializzazione dell’oggetto della tutela penale.
Degenerazione massima verso lo smateriamento dell’oggetto di tutela penale si ha se si considera tale la
semplice obbedienza, ossia non si tutelano beni o valori ma si tutela l’obbedienza alla legge e quindi ogni
disobbedienza, a prescindere dal contenuto della norma, è punibile.
Si ha così la massima affermazione dell’autorità statale.
Per riuscire a contenere questa espansione delle fattispecie criminalizzate occorre dare concreta attuazione
alle garanzie sostanziali, con una utilizzazione del principio di dannosità sociale da parte del legislatore a
seguito di una accurata operazione di razionalizzazione sociologica.
La dannosità sociale deve quindi essere sentita come tale dalla collettività.
Il Parlamento, organo democratico del Paese, garantisce questo aspetto in maniera formale ma spesso non
sostanziale.
Uno Stato democratico dovrebbe ascoltare le tesi anche delle minoranze e in ogni caso, data la estrema
violenza del diritto penale, essere tollerante verso queste posizioni.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 19. Teoria dei beni costituzionalmente rilevanti
La teoria della rilevanza costituzionale dei reati prevede che sia legittima la sanzione penale solo a tutela dei
beni sanciti dalla Costituzione lasciando gli altri ad altre forme di tutela, quali amministrativa, civile, ecc…
Pregi della teoria:
- essendo la sanzione penale la più estrema deve tutelare i diritti di rilevanza estrema, cioè, toccando la
sanzione penale diritti costituzionali come la libertà personale, deve proteggere diritti altrettanto
fondamentali;
- il legislatore sarebbe sostanzialmente vincolato dal sindacato di costituzionalità in caso di mancato rispetto
di suddetta teoria;
- i beni giuridici meritevoli di tutela risulterebbero in maniera più chiara e certa in quanto presenti sul testo
costituzionale e non frutto di ricerche sociologiche.
Difetti della teoria:
- la Costituzione diverrebbe una gabbia troppo stretta alle scelte di politica criminale, senza considerare
l’inadeguatezza di un testo del 1948 a tutte le nuove fattispecie criminali moderne;
- ampio potere di controllo e influenza della Corte costituzionale sulla politica criminale nazionale;
- inadeguatezza del testo costituzionale ad essere usato come catalogo dei beni giuridici: non essendo questa
la sua funzione non trovano esplicita menzione neanche beni giuridici ovviamente meritevoli di tutela come
il diritto alla vita, la fede pubblica, ecc…
A causa di suddetti difetti la teoria della rilevanza non è pienamente accolta nel nostro ordinamento.
Gli unici casi in cui il testo costituzionale vincola il legislatore sono le c.d. clausole espresse di
penalizzazione, cioè quando una norma della Costituzione prevede espressamente che un dato bene debba
essere tutelato con sanzioni punitive, come avviene ad esempio all’artt. 134 e 216 cost. (le violenze
personali, manifestazioni contrarie al buon costume).
Le uniche altre limitazioni al potere discrezionale del Parlamento in materia penale arrivano dall’adesione
ad accordi internazionali quando prevedono obblighi di penalizzazione cui li Stato deve attenersi per non
andare in contro a responsabilità internazionale.
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Diritto penale: principi e disciplina 20. Forme di tutela penale
Una volta individuato il bene giuridico meritevole di tutela, al legislatore si pongono altri problemi relativi
alla forma di tutela penale da offrire ad ognuno di essi:
- quali forme di aggressione siano perseguite penalmente, come ad esempio la tutela del patrimonio non è
perseguita a livello di ogni danno ingiusto ma soltanto a livello di aggressioni gravi quali il furto, la rapina,
ecc…
- a quale intensità di aggressione si tutela il bene, ossia quanto in prossimità alla sua distruzione e quanto in
anticipazione, come ad esempio la tutela della vita viene perseguita tanto a livello dell’omicidio quanto a
livello del semplice inquinamento ambientale.
1. Reati di offesa, che proteggono l’offesa al bene:
- Reati di lesione, reati che distruggono il bene giuridico a cui sono posti a tutela, come l’omicidio.
- Reati di pericolo, reati che sussistono a prescindere dalla concreta lesione del bene cui sono posti a tutela,
la loro base giuridica per sussistere consiste nell’aver posto tale bene nella condizione di perire, come ad
esempio il reato di abbandono.
2. Reati di scopo, si collocano ad un grado di anticipazione ancora maggiore rispetto ai reati di offesa in
quanto non mirano a tutelare direttamente l’offesa al bene ma mirano ad evitare che sorgano successive
situazioni di lesione o pericolo del bene, come l’obbligo di collocare mezzi antincendio negli edifici.
Rilevanza particolare assume quindi il concetto di pericolo, inteso come la relazione probabilistica che
collega il fatto pericoloso al fatto lesivo.
Il pericolo si misura con tre dati:
- base, elementi di fatto che costituiscono il fatto pericoloso, come ad esempio la quantità di gas sprigionata
da un fornello;
- metro, leggi scientifiche o di comune esperienza che definiscono la pericolosità, come ad esempio il
rischio di utilizzazione di strumenti che provocano scintille in un ambiente saturo di gas;
- grado, il livello di probabilità che si verifichi l’evento lesivo in base agli elementi di fatto, il grado sarà più
alto se nell’ambiente non ci sono rilevatori di gas.
Il pericolo, inoltre, si distingue in due categorie:
1. Pericolo concreto, il legislatore definisce nella norma penale solo la base del pericolo, cioè solo la
situazione di fatto che deve prodursi, lasciando al giudice il compito di valutare caso per caso la reale
sussistenza di un concreto pericolo al bene.
2. Pericolo astratto, è il legislatore stesso a prevedere che una certa situazione di fatto comporti un pericolo e
debba per questo essere punita penalmente, a prescindere dal concreto pericolo generatosi in ogni caso
concreto.
Il pericolo astratto si divide a sua volta in:
- Pericolo presunto, quando la situazione prevista può essere realizzata in concreto anche con la certezza di
non pericolosità per il bene protetto.
- Pericolo astratto, quando nel caso concreto non è possibile fare previsione del pericolo che realmente si
realizzerà.
In conclusione, i limiti imposti dal principio di offensività al legislatore nelle sue scelte di criminalizzazione
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Diritto penale: principi e disciplina sono due:
- solo beni “meritevoli” per il loro grado di apprezzamento sociale sono tutelabili dallo strumento penale;
- solo gradi di anticipazione bassi sono tutelabili dal diritto penale, quindi solo reati di offesa esclusi i casi di
reati di pericolo astratti e presunti.
La tutela penale può essere allargata anche a gradi di anticipazione più alti, come i reati di pericolo astratti o
presunti e i reati di scopo, solo per tutelare beni giuridici di particolare importanza.
Nella pratica questi limiti non sono seguiti e si tende ad un positivismo giuridico che amplia la sfera dei
reati.
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Diritto penale: principi e disciplina 21. Il concetto di fattispecie
Per comprendere come sia individuabile il rapporto tra formulazione legislativa e contenuto di disvalore del
reato si ricorre al concetto di fattispecie.
- Fattispecie astratta, ogni reato è descritto dal legislatore come una piccola storia di vita, ogni reato, nella
sua fattispecie astratta, contiene implicitamente il suo disvalore e ogni elemento costitutivo di tale fattispecie
è essenziale affinché si produca tale disvalore e sia applicabile tale norma.
Ad esempio l’omicidio della persona consenziente rende applicabile l’art. 579 c.p. anziché l’art. 575 c.p. in
quanto il consenso del soggetto passivo fa cambiare il disvalore.
- Fattispecie concreta, fatto storico concreto che costituisce reato in quanto conforme ad una fattispecie
astratta.
L’accertamento di questa corrispondenza si dice sussunzione e si realizza verificando la compatibilità degli
elementi essenziali della fattispecie astratta con quella concreta.
La previsione delle varie fattispecie astratte fa sorgere all’attenzione il c.d. principio di tipicità, il quale
prevede appunto che siano reati solo le fattispecie astratte previste dal legislatore in quanto esse contengono
il disvalore.
Anche gli elemento essenziali devono essere previsti dal legislatore in quanto risiede in essi la formazione
del disvalore.
Il principio di tipicità assolve tre funzioni particolari:
- realizza meglio lo scopo di prevenzione in quanto la previsione di fattispecie astratte fa capire meglio quali
sono i comportamenti cui astenersi;
- garantisce la frammentarietà del diritto penale in quanto con le fattispecie si puniscono solo determinate
aggressioni ai beni giuridici meritevoli e non una criminalizzazione generale;
- prevedendo più fattispecie si riesce a realizzare meglio il principio di proporzionalità in quanto esse
permettono di fornire una previsione di pena più definita e meno lasciata alla discrezionalità del giudice,
riuscendo così a garantire anche un trattamento omogeneo per reati omogenei.
Il procedimento logico-valutativo che porta alla formazione di una fattispecie astratta e di tutti i suoi
elementi essenziali è la genesi della fattispecie.
Ciò avviene con un bilanciamento tra l’interesse di tutela del bene giuridico e gli altri “contro-interessi”.
Ad esempio, l’art. 615 bis c.p. prevede che sia violazione della privacy solo l’interferenza per mezzo di
strumenti di registrazione visivo-sonora mentre la semplice veduta o il pedinamento, purché non molesto,
non sono configurabili nel reato di violazione della privacy in quanto alla tutela del bene giuridico è
preferita la tutela di contro-interessi come il diritto di veduta o di circolazione.
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Diritto penale: principi e disciplina 22. Concezione realistica del reato
Alcune fattispecie astratte contengono espressamente il disvalore come elemento essenziale per la
sussistenza del reato, come all’art. 594 c.p. sull’ingiuria, ma in genere il disvalore è insito nella previsione
legislativa senza che essa ne faccia espresso richiamo.
La c.d. concezione realistica del reato vorrebbe che ad ogni reato venisse aggiunto come elemento
essenziale, ai già presenti, il disvalore.
Tale concezione trova fondamento nell’art. 49(2) c.p. che prevede l’esenzione dalla responsabilità penale nel
caso in cui l’azione non sia idonea a produrre l’offesa.
In tal modo, ad esempio, non sarebbero puniti comportamenti che, pur conformi alla fattispecie astratta, non
provocano il disvalore per cui il reato sussiste: furto di un acino d’uva.
Nonostante la giurisprudenza abbia accolto questa concezione, non trova consensi in sede di Cassazione ove
è considerata uno strumento per sviare alle previsioni legislative ritenendo non solido il fondamento
legislativo ex art. 49(2) c.p.
Il controllo di costituzionalità sulle leggi penali comporta non pochi problemi di divisione di poteri tra
legislativo e giudiziario in quanto sul diritto penale vige una riserva di legge assoluta che sembra escludere
da tale settore l’influenza di organi extra-parlamentari.
Non sussistono parametri, se non esclusivamente politici, su cui si possono basare sentenze di
incostituzionalità di previsioni normative penali.
La Corte costituzionale non ha mai appoggiato la teoria della rilevanza costituzionale dei reati, né ha mai
sindacato sul rispetto del principio di offensività relativamente al grado di anticipazione della tutela penale
prevista dal legislatore.
Ha invece sempre accolto a concezione realistica del reato.
La Corte costituzionale si è invece espressa sindacando la “ragionevolezza” delle norme penali:
- quando il bilanciamento fatto dal legislatore opprime alcuni contro-interessi costituzionalmente protetti;
- quando i mezzi di tutela debbono essere adeguati allo scopo a cui sono posti;
- quando un interesse denoti una intrinseca meritevolezza di tutela.
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Diritto penale: principi e disciplina 23. Illecito punitivo amministrativo
Se il principio di offensività aiuta a far determinare al legislatore quali siano i beni meritevoli di tutela si
pone poi il problema di come suddividere tale tutela tra penale e amministrativa.
Utilizzando ancora il principio di offensività si potrebbe attribuire al campo penale la tutela verso quei
comportamenti che abbiano un grado di offensività più alto.
Quindi reati di lesione o di pericolo concreto verrebbero configurati come illeciti penali, mentre reati di
pericolo astratto, presunto o di mero scopo, come illeciti amministrativi.
Il nostro legislatore sembra seguire questa tendenza che porta ad una depenalizzazione di molte fattispecie,
anche se non mancano situazioni in cui la tendenza è opposta.
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Diritto penale: principi e disciplina 24. Il principio di legalità
Le garanzie formali, relative ai mezzi e procedimenti di produzione e applicazione delle leggi penali, si
riscontrano nel principio di legalità.
Questo principio risponde a due esigenze:
- definisce quali sono i soggetti e le fonti legittimate a produrre diritto penale: il ruolo di produttore del
diritto penale è da sempre stato affidato a quell’organo statale che la cultura socio-politica di una nazione in
un determinato tempo considera il più sensibile a tutte le problematiche che sorgono tra potestà punitiva e
personalità umana del reo.
Negli Stati assoluti tale compito era affidato al sovrano, mentre nel filone di common law ai giudici e alla
loro giurisprudenza.
Nei paesi di civil law vige, invece, il primato della legge come unica fonte del diritto penale;
- consente l’accessibilità e la conoscibilità del diritto penale al cittadino: tale funzione è fondamentale,
innanzi tutto in quanto il precetto penale è comando mirato ad influenzare i comportamenti dei soggetti e per
questo deve essere conosciuto ciò che considera lecito e ciò che invece non lo è, inoltre poi questa funzione
concede ai cittadini la libertà di auto-determinarsi essendo a conoscenza delle conseguenze giuridiche delle
proprie azioni.
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Diritto penale: principi e disciplina 25. Fonti sostanziali e fonti formali del diritto penale
Un diritto penale che non sia espressione dell’arbitrio di un potere politico deve formarsi tenendo conto
della società, dei suoi valori e dei suoi orientamenti, e di traguardi di civile coesistenza.
Tutti questi aspetti sociologici sono le fonti sostanziali del diritto penale, cui divi obbligatoriamente trovare
un fondamento ultimo.
Il passaggio applicativo da fonte sostanziale a valutazione del caso concreto può avvenire in due modi:
- direttamente, quando al giudice è attribuita la facoltà di reprimere comportamenti dannosi agli “interessi
sociali” concedendo così di attingere direttamente alle fonti sostanziali, e in questi casi il giudice è fonte del
diritto penale;
- indirettamente, quando tra fonte sostanziale e giudice si interpone un potere formalizzante che funge da
intermediario compiendo scelte di definizione di quelli che sono i comportamenti ritenuti lesivi ad interessi
sociali.
Il frutto di queste scelte sono le fonti formali, e in questi casi la fonte del diritto penale è extra-giudiziaria,
solitamente legislativa, mettendo in risalto il principio della divisione dei poteri.
Negli Stati in cui si è affermato il principio di legalità, la produzione del diritto penale è affidata al
Parlamento il quale garantisce sia la base democratica che, in virtù della generalità ed astrattezza degli atti
normativi che emana, un distaccamento tale dai particolarismi concreti da attenuare notevolmente il rischio
di strumentalizzazioni del sistema penale per fini privati o di parte.
Altri Stati, invece, hanno concesso larga libertà ai giudici di attingere direttamente alle fonti sostanziali, da
un lato perché non si sentiva l’esigenza di democrazia e quella di garanzia di imparzialità, dall’altro perché
si aveva una fiducia notevole verso il potere giudiziario, esempi sono la Germania nazista, l’Unione
Sovietica e, seppur in parte minore, lo Stato del Vaticano.
In base alla libertà concessa agli organi applicativi, del diritto penale, di attingere alle fonti sostanziali, si
distinguono i sistemi a legalità sostanziale dai sistemi a legalità formale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 26. Aspetti politico-istituzionali dei sistemi a legalità sostanziale e a
legalità formale
Vediamo gli aspetti politico-istituzionali di entrambi i sistemi, carpendone pregi e difetti:
- sistemi a legalità sostanziale, il questi sistemi il diritto è molto più permeato alla realtà concreta, tanto da
garantire una maggiore “giustizia”.
Il potere legislativo è affidato all’ordine giudiziario.
Per tutelare il principio di accessibilità e garantire almeno un minimo grado di certezza del diritto è
solitamente vincolante il precedente giudiziario.
Questo potere agli organi giudiziari a scapito del potere politico può essere giustificato o da una diffusa
fiducia nell’ordine giudiziario, come in Inghilterra, oppure in quanto il potere politico è contiguo e presente
all’interno del sistema giudiziario, come nell’ex Unione Sovietica;
- sistemi a legalità formale, in questi sistemi il diritto applicato è più lontano dalla realtà adattandosi per
questo in maniera peggiore ai casi concreti, anche se in tal modo si ha una omogeneità di trattamento e una
contiguità tra linea politica e giudiziaria per mezzo della legge e non tramite mezzi di condizionamento.
Ovviamente il non perfetto adattamento del diritto applicabile con la realtà concreta rende l’attività del
magistrato più dura sia dal lato tecnico che da quello dell’opinione pubblica.
L’aumento della complessità della società ha portato ad una affermazione della legalità formale, che meglio
si adatta a realtà sfaccettate, e anche Stati tradizionalmente a legalità sostanziale introducono oggi anche
fonti formali oppure compenetrano fonti formali e fonti sostanziali cristallizzando queste ultime.
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Diritto penale: principi e disciplina 27. Il principio di legalità
In Italia il sistema a legalità formale non è mai stato messo in discussione neanche nel periodo fascista.
Il codice Rocco del 1931, in pieno periodo fascista, afferma il principio di legalità all’art. 1 c.p., il codice
civile del 1942 all’art. 14 prel. c.c. e nel 1948 tale principio è entrato anche a far parte della Costituzione
all’art. 252 cost. divenendo così vincolante anche per il legislatore.
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Diritto penale: principi e disciplina 28. Il principio di legalità: la riserva di legge
Il principio di legalità ex art. 25(2) cost. comporta l’introduzione di altri tre sottoprincipi a lui correlati:
Riserva di legge: “Nessuno può essere punito se non in forza ad una legge…”, tende ad escludere dalla
produzione del diritto penale tutte le fonti non aventi la forma di legge.
In questo modo viene escluso il potere esecutivo con i suoi regolamenti.
La facoltà del potere giudiziario di rifarsi a fonti sostanziali al momento dell’applicazione concreta non
contraddice però questo principio.
La riserva di legge più che una funzione di chiarezza svolge una funzione garantista, cioè adottare le norme
penali con legge garantisce:
a. la pubblicità dei lavori di formazione e discussione;
b. la rilevanza delle minoranze che sono presenti nel Parlamento;
c. il controllo sugli atti legislativi da parte della Corte costituzionale.
I punti a. e b. non si otterrebbero se il potere di creare norme penali fosse affidato all’esecutivo.
La natura della riserva di lesse è assoluta nel senso che norme secondarie non possono regolare nessun
aspetto del diritto penale.
Si è molto discusso sul limite di questa assolutezza in quanto esistono norme penali che fanno rinvio a
norme secondarie, il rinvio può essere:
- recettizio, la norma penale fa propri alcuni parametri presenti in una norma secondaria;
- formale, la norma penale si rifà, per aspetti tecnici, a fonti secondarie appositamente create.
La legittimità di questi rinvii sembra sussistere quando essi non contraddicono le scelte valutative di fondo
del legislatore e trattano di aspetti di natura meramente tecnica.
La norma penale deve, cioè, chiarire sufficientemente i presupposti, caratteri e contenuti del reato e poi può
avvalersi in ristretti limiti di rinvii a norme secondarie.
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Diritto penale: principi e disciplina 29. La riserva di legge: le fonti autorizzate del diritto penale
Dalla riserva di legge ex art. 252 cost. risultano autorizzate ad essere fonti del diritto penale: leggi ordinarie,
Costituzione, leggi costituzionali.
Fin qui niente da eccepire, i problemi dottrinali arrivano in tema di decreti legge, decreti legislativi e leggi
regionali.
La giurisprudenza tende a permettere la legittimità dei d.l. e dei d.lgs. ma non delle l.reg.:
- Decreti legge, la conversione parlamentare ed i controlli della Corte costituzionale sia sul merito, cioè sulla
necessità effettiva di adottare l’atto, sia sul contenuto sembrano non porre problemi pratici.
L’unico dubbio è sulle eventuali conseguenze degli effetti prodotti in caso, poi, di mancata conversione
parlamentare.
- Decreti legislativi, il Parlamento resta presente ma in maniera molto più marginale alla produzione di
questi atti: non ha il potere di approvare il decreto governativo ma solo di fissare i parametri della delega.
I decreti legislativi penali si ritengono validi solo quando la legge di delega sia stata valutata coma
sufficientemente dettagliata dalla Corte costituzionale la quale, poi, mantiene un potere di controllo sulla
conformità del decreto alla delega.
- Leggi regionali, nonostante la legge regionale abbia pari forza di quella statale, in virtù dell’art. 117 cost.
la competenza penale è esclusivamente statale.
Per quelle materie di competenza regionale che necessitano di tutela penale lo Stato può rifarsi alla
normativa regionale all’interno delle proprie norme penali con un rinvio recettizio o formale.
Sono da escludere categoricamente i regolamenti indipendenti e delegati, nonché le consuetudini sia a livello
positivo che negativo, cioè sia per creare che per abrogare fattispecie penali.
Le consuetudini possono svolgere funzioni integranti quando sono richiamate da un elemento di una
fattispecie, come ad esempio i vari richiami a concetti come il comune sentimento di pudore, cose poste per
consuetudine alla fede pubblica, ecc…
Infine la delega speciale in caso di guerra ex art. 78 cost. può attribuire al Governo poteri normativi in
materia penale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina 30. L'ambito della riserva di legge
Per stabilire l’ambito della riserva occorre chiedersi: ma la riserva di legge opera su tutte le norme penali?
Si può dire che opera su tutte le norme sfavorevoli, a causa della sua funzione garantista rispetto al diritto di
libertà, per quel che riguarda invece quelle favorevoli occorre fare una distinzione:
- Cause di non punibilità e cause di estinzione della punibilità, in questi casi il disvalore del reato è intatto
ma l’ordinamento preferisce non punire il reo per interessi del tutto simili a quelli tutelati dalla norma
incriminatrice.
Si ha così una vera e propria deroga alla norma incriminatrice che può essere effettuata solo da una norma di
pari rango o superiore, sia in virtù della gerarchia delle fonti che a garanzia di abusi da parte di poteri extra-
legislativi che si esonerassero dalla responsabilità penale.
In questo casi, quindi, la riserva di legge resta perfettamente valida.
- Cause di giustificazione, solo situazioni in cui un interesse è ritenuto superiore a quello tutelato dalla
norma incriminatrice.
In questi casi l’esonero dalla responsabilità penale può arrivare anche da fonti extra-legislative e in tali casi,
quindi, la riserva di legge non si applica.
Ad oggi la riserva di legge ha subito una notevole relativizzazione in quanto, da un lato la legge ha perso
forza democratica a causa della crisi della rappresentanza parlamentare, dall’altro l’espandersi di ambiti
tecnici e scientifici ha reso sempre più centrale il ruolo dell’esecutivo.
La soluzione per evitare questa sempre più opprimente ingerenza dell’esecutivo sul diritto penale sarebbe
quella di escludere dall’area penale le materie più tecniche, che richiedono massicci interventi da parte delle
amministrazioni, e affidarle al diritto amministrativo punitivo.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Diritto penale: principi e disciplina