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Le cause di giustificazione per il sottoposto/agente


L’autorità risponde sempre del reato per determinazione o istigazione psicologica sul soggetto agente, cioè la sua responsabilità è incondizionata.
Il sottoposto/agente è esente da responsabilità solo se caduto in errore o se l’ordine era insindacabile.
Ciò in quanto il rapporto di gerarchia non elimina la libertà di autodeterminazione dei soggetti sottoposti.
Questi possono non agire senza incorrere in responsabilità verso l’autorità superiore quando l’ordine è illegittimo o se presumono che lo sia.
Le cause di giustificazione per il sottoposto/agente sono:
- errore, quando creda, erroneamente, nella legittimità dell’ordine.
L’erronea previsione di una causa di giustificazione è già prevista in generale come esimente del dolo, ma in questo caso, data la più rigida sottoposizione presente nel rapporto gerarchico, è esclusa anche la responsabilità per colpa quando l’errore è colposo e il reato posto in essere è previsto anche nella forma colposa;
- insindacabilità dell’ordine, in alcuni settori, in cui le esigenze di celerità sono preminenti, può avvenire che alle autorità pubbliche sia concesso di impartire ordini insindacabili, in quanto all’esigenza di evitare comportamenti illegittimi è preferita la tutela della celerità delle operazioni.
In questi casi i sottoposti/agenti non sono responsabili salvo che l’illegittimità dell’ordine non fosse manifesta: perché palesemente criminosi o evidentemente viziati nella forma.
Può capitare che ordini impartiti da certe autorità di uno Stato risultino conformi col proprio diritto interno ma non con quello internazionale.
Lo Statuto di Roma all’art. 33 consente alla Corte penale internazionale di utilizzare l’esimente completa, senza previsione di reato in forma colposa, ai sottoposti/agenti che:
- sono in gerarchia con l’autorità;
- errano sulla legittimità dell’ordine;
- l’ordine non è manifestamente illegale.
Si dà rilievo al solo profilo dell’errore come esimente.
L’unico appiglio per un’esimente anche a causa di insindacabilità dell’ordine si ha, in modo indiretto, in quanto sono considerati manifestamente illegali solo gli ordini di genocidio e crimini contro l’umanità.
Con questa presunzione di illegalità si reputano non manifestamente illegali gli ordini di crimini di guerra e contro la pace, i quali sono spesso eseguiti in ambito militare dove le gerarchie sono strette e gli esecutori non possono disobbedire agli ordini.

Guardando dall’ottica dei fondamenti, legittima difesa e stato di necessità sono entrambe composte da:
- soggettivamente, uno stato di necessità cogente conosciuto al soggetto agente che ne limita la libertà di autodeterminazione.
Ovviamente questo stato di necessità cogente non deve essere stato provocato dal soggetto agente stesso;
- oggettivamente, un bilanciamento tra interessi che fa sorgere il c.d. requisito di proporzionalità.
In queste due situazioni si ha una contrapposizione di interessi dove uno, in pericolo, può essere salvato solo col sacrificio di un secondo.
L’interesse da sacrificare deve essere di minore o pari dignità di quello da salvare.
La concretizzazione di questo aspetto viene fatta dal giudice.
Di solito si considerano più meritevoli di tutela i beni da salvare nella legittima difesa, in quanto messi in pericolo da un comportamento criminoso del titolare del bene da sacrificare, che in stato di necessità, in quanto il titolare del bene da sacrificare è solitamente estraneo alla causa del pericolo sul bene da salvare.

Tratto da DIRITTO PENALE: PRINCIPI E DISCIPLINA di Stefano Civitelli
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