Appunti di filosofia antica. Una lunga carrellata dei maggiori filosofi che hanno condizionato il pensiero dell'umanità, dai naturalisti dell'antico oriente al neoplatonismo di Plotino. Dopo gli atomisti, l'avvento delle grandi scuole, Platone e Aristotele, i rispettivi discepoli e lo stoicismo di Zenone. Si discute dei gradi della conoscenza umana, della natura divina, della società perfetta.
Filosofia antica
di Carlo Cilia
Appunti di filosofia antica. Una lunga carrellata dei maggiori filosofi che hanno
condizionato il pensiero dell'umanità, dai naturalisti dell'antico oriente al
neoplatonismo di Plotino. Dopo gli atomisti, l'avvento delle grandi scuole,
Platone e Aristotele, i rispettivi discepoli e lo stoicismo di Zenone. Si discute dei
gradi della conoscenza umana, della natura divina, della società perfetta.
Università: Università degli Studi di Catania
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Filosofia antica1. Oriente e nascita della filosofia
Qual è il sapere che deve essere ricercato? E quali sono gli strumenti attraverso i quali si può raggiungere? E
quali sono gli obiettivi e le ragioni di questa ricerca? Sono queste le domande che all’origine del pensiero
venivano messe in gioco. Sappiamo che la filosofia nacque primariamente in Oriente ma fu in Grecia che il
sapere stesso era divenuto oggetto d’indagine. Certamente sarà l’Occidente con l’utilizzo del latino e del
greco che attraverso formazioni verbali che non si trovano in altre lingue possono sviluppare concetti
universali e astratti. Ma furono anche le credenze religiose un altro punto di forza per lo sviluppo del
pensiero in Occidente. La Grecia non riconosce un libro sacro attraverso il quale imporre credenze e pratiche
cultuali. Nel corso di generazioni allora si erano venuti sviluppando i miti, racconti concernenti le divinità e
il loro rapporto con gli uomini. Sarà nel V secolo a.C. che queste teorie verranno considerate pericolose non
tanto per la loro veridicità, ma per i risvolti che hanno a livello etico e politico. Ricordiamo inoltre che sarà
Platone per la prima volta a parlare esplicitamente di “mito”.
La nascita della filosofia
E’ nel IV secolo a.C. che nasce la figura del filosofo, un uomo che studia se stesso e il mondo che lo
circonda. I primi passi sono stati compiuti dalla filosofia nelle colonie della Ionia a Mileto ed Efeso in
Turchia: questo fu dovuto al fatto che le colonie meglio si predisponevano ad accogliere realtà diverse
dovendo ricominciare da capo, mentre le grandi città erano più vincolate dalla politica e dalla religione
tradizionali.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 2. Naturalisti ionici. Talete, Anassimandro e Anassimene
TALETE Nacque e visse a Mileto tra il VII e il VI sec. Le sue questioni più importanti sono di ordine
matematico: altezza delle piramidi e distanza delle navi in mare. Principio di tutte le cose è L’acqua, sia per
l’importanza che ha nei processi della vita, sia per l’importanza che assume nell’orizzonte del filosofo il
mare.
ANASSIMANDRO E’ forse un allievo di Talete anch’egli vissuto tra il VII e il VI sec. Egli fu il primo a
scrivere un’opera in prosa poi intitolata Sulla Natura. La poesia cessa di essere l’unico veicolo per la
diffusione di idee. Egli è anche il primo a disegnare in Grecia una carta geografica del mondo allora
conosciuto. Egli non ravvisa in ciò che è tangibile all’uomo il principio di tutto perché arriva alla
conclusione che questo principio deve trascendere il mondo fisico: lo chiama apeiron ossia “senza limiti” e
lo colloca alla periferia dell’universo sferico. Da esso si sono generati in primo luogo i contrari (caldo e
freddo, secco e umido). Ogni cosa è dunque caratterizzata dal limite.
ANASSIMENE E’ anch’egli originario di Mileto vissuto nella seconda mtà del VI sec. Anch’egli scrisse
un’opera successivamente intitolata Sulla Natura. Per lui il principio è L’aria anch’essa importante, ancor
più dell’acqua per i processi vitali. Per spiegare la formazione delle cose dall’aria parte dai due processi: la
rarefazione e la condensazione. Ecco da dove i gradi diversi di densità delle cose. Il mondo è così ricondotto
ad un’unità omogenea.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 3. Naturalisti ionici. Eraclito e il logos
ERACLITO Nacque invece ad Efeso tra il VI e il V secolo. Egli si estraniò dalla vita politica a causa
dell’esilio di un amico. Scrisse un libro intitolato successivamente Sulla Natura che volle conservare in un
tempio, per via della sacralità del suo scritto e per la garanzia di conservazione che un tempio assicurava. Il
punto di partenza è il concetto di logos che assume una molteplicità di significati: discorso, ma anche
ragione enunciata attraverso il discorso; sviluppando infine il concetto di logos cosmico: esso è comune a
tutti ma la maggior parte degli uomini non sono in grado di comprenderlo: essi sono coloro che dormono in
contrapposizione a coloro che son desti. Egli riconduce il suo pensiero al concetto delfico del “conosci te
stesso” attraverso il quale è possibile scendere nel profondo dell’anima e distinguere il logos che
contrassegna la propria anima e il logos comune universale.
Il mondo non è il prodotto di dei o uomini, ma un ordine universale unico ed eterno: egli lo paragona al
“fuoco sempre vivente” che ora abbassa la sua intensità ora la aumenta. Egli allora non si limita a fondare il
fuoco come principio i tutte le cose ma stabilisce l’ordine attraverso la misura; non si tratta allora di una
successione degli opposti, bensì di un’armonia superiore basata sull’unità e identità degli opposti. Il risultato
delle cose allora proviene dall’unità degli opposti nel loro perenne contrasto. Da Platone in poi, attraverso il
personaggio di Cratilo nel dialogo omonimo, Eraclito sarà considerato il filosofo del divenire: pànta rei In
realtà questa espressione non risulta dai suoi scritti. Anche sulla figura del fiume famosa per la concezione
del continuo fluire delle, in realtà potrebbe più saltare agli occhi l’intenzione da parte del filosofo di voler
mostrare la simultaneità e compresenza di stati opposti. Siamo noi infatti che simultaneamente in questo
fiume sempre diverso ci troviamo e non troviamo immersi, siamo e non siamo.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 4. Naturalisti ionici. Pitagora
PITAGORA E’ l’esempio di un sapere che non si sviluppò solo nelle colonie della Ionia: nato a Samo
dovette spostarsi a causa della tirannide di Policrate. Si spostò a Crotone dove istituì una comunità insieme
politica e religiose caratterizzata da una forte vita comune. Gli insegnamenti erano per la maggior parte
impartiti oralmente. Fu in questo contesto che nacque l’espressione ipse dixit. I membri della comunità
dovevano tacere sugli insegnamenti acquisiti. L’insegnamento era impartito gradualmente: il primo
momento era quello degli “acusmatici” ossia gli ascoltatori. Il momento successivo si rivolgeva ai
“matematici” colore che avrebbero acquisito le conoscenze più alte. Ma punto cruciale degli insegnamenti
era il destino dell’anima che dopo una serie di reincarnazioni sarebbe passata ad una vita beata. Tanti erano
gli influssi dell’orfismo (serie di pratiche che dovevano assicurare la salvezza dell’anima: tra queste c’era il
vegetarianesimo, praticato anche dai pitagorici).
Aristotele attribuisce ai Pitagorici la dottrina secondo la quale i numeri costituiscono l’essenza di tutte le
cose. Ora, partendo dal presupposto che l’aritmetica antica non conosce lo zero l’uno era considerato entità
indivisibile e veniva chiamati parimpari ossia né pari né dispari. Da questo principio utilizzando delle pietre
per la formazione di figure essi potevano compiere calcoli e trarre conclusioni anche attraverso le forme che
venivano a crearsi: il 10 era un numero eccezionale perché rappresentante l’intero universo attraverso la
“tetraktys” (gruppo di quattro). Esso è inoltre la somma di primi quattro numeri.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 5. Naturalisti ionici. Senofane
SENOFANE Nasce metà del VI secolo. Egli era un rapsodo, ossia recitava versi propri o di altri di fronte ad
un pubblico. Il punto cruciale della sua filosofia è la rappresentazione antropomorfica degli dei. Egli si
scaglia contro queste concezioni perché le considera troppo relative alle varie culture, ma non per questo
nega la divinità. Egli anzi li pone per primo ad oggetto della riflessione: nasce la teologia (discorso sulla
divinità). Il vedere, l’udire il pensare nella divinità si esplicano in maniera diversa per cui essa non utilizza
un organo bensì tutta se stessa: in questo modo egli conferisce al divino un controllo sulle cose impossibile
all’uomo.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 6. Naturalisti eleati. Parmenide, "Sulla natura"
PARMENIDE Scrisse un poema in esametri intitolato poi Sulla Natura. Il protagonista è lo stesso
Parmenide che racconta di un viaggio da lui compiuto sotto la guida della divinità. Essa lo conduce a
valicare la porta che divide la luce dalle tenebre e li incontra una dea che lo istruisce: egli allora impara che
non si tratta più di partire da ciò che l’uomo può vedere per arrivare a ciò che non può vedere, ma di partire
dal dominio di ciò che può essere detto e pensato per opporlo a ciò che non può esserlo. L’avvio è dato dalla
disgiunzione: è o non è. Non è possibile affermare una terza cosa. Per cui la via consistente nel dire e
pensare “ciò che è”, è quella percorribile; mentre la via che consiste nel dire e pensare “ciò che non è”, è una
via non percorribile dall’uomo perché è impossibile dire o pensare “ciò che non è”. Attraverso questa
considerazione intuisce che spesso il parlare degli uomini è scorretto perché fa riferimento solo i sensi:
parlare di vita e di morte sembra essere chiaro ai sensi ma non lo è alla ragione: per vivere bisogna prima
non essere e per morire bisogna prima essere. In realtà dietro il concetto di essere parmenidiano ci stanno
una molteplicità di significati, per cui va stabilito un legame necessario tra essere, linguaggio e pensiero.
Volendo dimostrare quali sono le cose per cui si può dire e pensare che sono, egli applica il procedimento
deduttivo ed in particolare la dimostrazione per assurdo. Mediante questo ragionamento egli dimostra che
l’essere è immutabile, immobile, indivisibile, uno e finito.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 7. Naturalisti eleati. Zenone
ZENONE Fu discepolo di Parmenide nato all’inizio del V sec. Egli scrisse soprattutto con l’intento di
difendere le opinioni del maestro: per questo Aristotele lo considerò inventore della dialettica: anche Zenone
utilizza la dimostrazione per assurdo: ma ad essa affianca un’altra tecnica il regresso all’infinito. Egli allora
costruisce alcune teorie sulla molteplicità e sul movimento che verranno poi chiamati paradossi
(proposizioni contrarie alla doxa, cioè all’opinione comune). Ma la cosa da notare è che Zenone non prende
come principio primo la disgiunzione è, non è ma utilizza la regressione all’infinito fondata sulla nozione di
divisibilità delle grandezze.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 8. Naturalisti eleati. Melisso
MELISSO Il problema dell’infinito è anche per lui centrale: egli però non è di Elea ma si Samo. Questo
mostra che le idee di Parmenide avevano ben presto preso a circolare anche fuori dalla loro origine
geografica, raggiungendo l’altro polo della Grecia. Nato nel 480 partecipò alla guerra contro Mileto e Atene.
Dapprima gli ateniesi instaurarono a Samo la democrazia, ma dopo poco ebbe luogo una rivolta oligarchica
che tuttavia ebbe vita breve. Questi eventi sembrano confermare una propensione di Melisso all’oligarchia,
in conformità al suo maestro Parmenide. Anch’egli, come il quasi contemporaneo Zenone, scisse un’opera
in prosa intitolata Sulla natura o sull’essere. Secondo Aristotele Melisso perse il significato di essere nella
sua sostanza logica identificandolo con la natura. Melisso pensa allora all’essere come una sostanza estesa
nello spazio e nel tempo. Anche per Melisso l’essere è uno immutabile e immobile, ma di esso si può dire
non solo che è, ma anche che era e che sarà. L’essere allora è eterno nel senso del suo essere infinito, senza
limiti anche nel tempo e nello spazio. A queste considerazioni egli arriva con un procedimento per assurdo.
(T.119)
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 9. Fisici pluralisti. Empedocle, amore e odio
EMPEDOCLE Nasce ad Agrigento verso il 490 a.C. Anch’egli scrisse in esametri Sulla Natura. L’oggetto
delle sue riflessioni torna ad essere il mondo, tenendo conto delle teorie di Parmenide: gli uomini parlano
erroneamente di nascita e morte. Per capire meglio il mondo bisogna evidenziare la presenza di radici o
elementi: terra acqua aria e fuoco. Tutto allora cade sotto il dominio del molteplice. Qualunque cosa è il
risultato della mescolanza dei 4 elementi e questo è dovuto sia al fatto che essi sono soggetti al movimento,
sia perché sono soggetti a forze in grado di aggregare e disgregare. Le due forze motrici sono AMORE e
ODIO. La loro azione avviene nel tempo e secondo gradi diversi. Se prevale Amore, prevale l’aggregazione
quindi la pace, se prevale Odio si ha la disgregazione dunque il caos primordiale. Anche gli uomini e i loro
rapporti non sono che il frutto di queste 2 forze in lotta. Egli in questo orizzonte era in grado di cogliere ciò
che in questo processo aggregativi-disgregativo permane: è l’anima, che compie una sorta di trasmigrazione
nella ciclicità degli eventi, fin quando non ritorna ad un grado di aggregazione massimo, venuto a mancare
per una colpa commessa all’origine, vittima dell’Odio, la forza disgregatrice.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 10. Grecia nel V secolo a.C. Oligarchia e democrazia
I pensatori del VI secolo avevano soprattutto insistito sull’unicità e uniformità dell’ordine cosmico e
qualcuno addirittura di Dio (Senofane). Nel V secolo si continua su questa scia ma cresce la consapevolezza
delle diversità culturali politiche e religiose. La vittoria della Grecia sulla Persia eliminò il pericolo di una
possibile cancellazione del pensiero greco, ma soprattutto mise più drasticamente in luce la differenza tra il
mondo ellenico e quello dei barbari. Tratto diffuso di questo secolo fu allora il riconoscimento della
relatività dei nomoi, ossia delle tradizioni degli usi e dei costumi. Le forme di governo più diffuse sono
l’oligarchia e la democrazia: Atene diventa l’emblema di quest’ultima. La filosofia entra ad Atene: tranne
alcuni momenti critici di cui furono vittima Anassagora e Protagora, Socrate e Aristotele, Atene rimarrà la
sede per eccellenza della filosofia.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 11. "Sulla natura" di Anassagora
ANASSAGORA Nasce a Clazomene nella Ionia e nel 462 a.C. va ad Atene: qui rimane per trent’anni.
Verso il 438 l’indovino e interprete di sogni Diorite fa approvare in Atene un decreto, in base al quale sono
processabili coloro che insegnano cose empie sui fenomeni celesti: Anassagora viene allora processato per
aver affermato che il sole è un corpo incandescente e la luna un corpo terroso: queste dottrine vennero
interpretate come un chiaro attacco alle credenze religiose: accettando queste tesi non si potevano
considerare i fenomeni celesti come segni inviati dalla divinità. Il suo trattato Sulla natura veniva venduto a
poco prezzo e circolava molto facilmente soprattutto in un periodo di espansione della cultura: il libro allora
non era più visto come deposito di un sapere eccezionale che doveva essere occultato ai più (come avveniva
con Eraclito).
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 12. Anassagora, semi delle cose e omeomerie
Anassagora affronta il problema di come si sia costituito il mondo nel quale viviamo. Essa è una matrice
indistinta di tutti i materiali da cui risultano costituite le cose: essi sono chiamati semi. Egli afferma come gli
eleati che questi semi non nascono ne periscono ma rimangono costanti. Riprendendo il concetto di
mescolanza introdotto da Parmenide e contemporaneamente utilizzato da Empedocle, afferma che tutto è
mescolanza di carne, ferro etc.. Egli arrivava a tale conclusione forse partendo dal processo di crescita
dell’uomo: il pane che mangia si trasforma diventando carne, ossa, muscoli facendo crescere l’uomo che
“partecipa” di ciò che mangia. E i ogni mescolanza prevale un certo tipo di semi: in base a questa
proporzione noi distinguiamo le cose. Ogni cosa possiede in sé anche solo una minimissima parte di tutte le
sostanze principali; in questo modo ammette la possibilità all’infinito, senza che sia mai possibile
raggiungere un minimo.
Aristotele chiamerà i semi di Anassagora omeomerie ossia entità le cui parti sono simili al tutto: non esiste
nessuna entità omogenea tale che sia simili se non identica al tutto. Dalla totalità originaria indistinta
Anassagora ammette la possibilità della formazione di altri mondi diversi dal nostro: il mondo cessa così di
essere al centro del tutto, e con esso coloro che lo abitano.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 13. Anassagora e intelletto cosmico
Rimane il problema di come fosse stata possibile la transizione dalla totalità originaria alla pluralità di
mondi dato che questa transizione richiede un movimento: introduce il concetto di intelletto cosmico ossia
il nous, come agente dell’impulso originario di questo movimento: dal vortice che si crea si produce una
separazione e differenziazione progressiva, che dà luogo alla formazione delle singole cose. Non è chiaro
come mai chiamasse questo principio “intelletto”: esso a differenza dei semi, non è mescolato con nessuna
cosa: esso non è cmq necessariamente identificato con la divinità: anche se egli lo chiama “principio” non
gli attribuisce la funzione di progettualità che tende verso il meglio. E’ questa la lacuna che gli verrà
rimproverata da Platone e Aristotele.
L’intelligenza umana non è dotata della stessa potenza di quella cosmica: il sapere umano è acquisito
gradualmente e la sequenza si articola in esperienza, memoria, sapienza e tecnica. La sensazione avviene per
contrari (avverto il caldo attraverso il freddo), dalla sensazione e osservazione ripetuta si giunge
all’esperienza, conservata successivamente attraverso la memoria: in questo modo è possibile costruire un
sapere. E’ indicativo che alla fine del processo indichi la tecnica concepita come esclusiva dell’uomo: da
qui forse deriva l’attribuzione da parte di Aristotele ad Anassagora della concezione che ammette la
superiorità dell’uomo sugli altri animali, non dotati di intelligenza.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 14. Pensiero di Diogene di Apollonia
DIOGENE DI APOLLONIA Operante verso la metà del V secolo scrisse anch’egli un trattato Sulla natura.
Ricollegandosi ad Anassimene riconosce nell’aria il principio di tutte le cose: anche nel suo caso
determinante è il ruolo della respirazione, identificando inoltre l’aria con l’intelligenza che presiede
all’ordinamento del cosmo: essa dispone le cose nel modo migliore possibile. Ma anche Diogene, pur
orientandosi per una soluzione monista, è sensibile al problema delle differenziazioni: egli sostiene infatti
l’esistenza di infiniti mondi che nascono e si riformano. Diogene divide altresì il mondo in zone climatiche
dove l’aria si presenta in diverse qualità così come gli esseri viventi si presentano in una diversa struttura
anatomica: dato che l’intelligenza dipende dalla qualità dell’aria presente, gli uomini si differenziano per la
loro intelligenza anche in base al clima in cui vivono. In uno scritto medico intitolato Aria acque luoghi egli
suggerisce ai medici che solitamente vanno di città in città a prestare il loro servizio, di tener conto della
situazione climatica e geografica in cui si trovano ad operare. Ad esempio in Asia dove non ci sono grandi
sbalzi climatici, il clima non influisce eccessivamente sulla struttura corporea degli individui, rendendoli
così molli: si intravede qui in un certo senso un tentativo di spiegare la superiorità dei Greci sui Persiani. In
Grecia invece, un clima con nette differenziazioni stagionali, gli individui sono sottoposti a repentini
mutamenti rendendoli attivi e desti.
Infine il filosofo dà parecchia importanza al nomos ossia alle istituzioni: il dispotismo coopera con il clima a
rendere gli orientali inetti e con nessun tipo di interesse a combattere per il despota: i Greci invece sono più
desti per la salvaguardia della loro libertà.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 15. L'avvento dei sofisti
A partire dalla metà del V secolo varie città della Grecia sono attraversate da nuovi personaggi: i sofisti. Il
termine sofista significa letteralmente colui che fa professione del proprio sapere. E’ soprattutto a partire da
Platone che con questo nome sono designate figure intellettuali che come tratto comune hanno quello di
viaggiare per le città del mondo greco mettendo a disposizione il proprio sapere dietro compenso; spesso
mostrano interesse per il mondo umano e le sue istituzioni (leggi, religione) e ne sottolineano la relatività. Al
centro della loro attenzione è soprattutto il linguaggio in quanto strumento di discussione e persuasione, a
prescindere dalla verità che esso può trasmettere; questa figura si sviluppò soprattutto in ambito giudiziario e
politico, dal omento che le assemblee erano basate sulla discussione. Platone contrappone a questa figura di
falso filosofo, quella del vero filosofo, ricercatore della verità. Si tratta insomma del sapere che consente di
prendere parte con successo alla vita pubblica della città, di amministrare bene la propria casa e gli affari
della città. In questo senso i sofisti si presentano come maestri di virtù. E’ questa allora una filosofia che può
riguardare anche un piccolo artigiano, ma che chiaramente include coloro che nella città vogliono stare ai
primi posti: se non fosse soprattutto per gli alti compensi che l’insegnamento richiede, che esclude
automaticamente coloro che vivono con poco. Essi però non appartengono ad una scuola e non possiedono
perciò un indirizzo unitario.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 16. Protagora, l'uomo è misura di tutte le cose
PROTAGORA Nasce in una città della Tracia nel 480 a.C. Era un filosofo itinerante: nel 411 diede pubblica
lettura ad Atene del suo scritto Sugli dei e come Anassagora fu accusato di empietà e cacciato dalla città.
Egli fu autore di diversi scritti: Discorsi demolitori o la verità, Le antilogie, Sull’essere. Protagora è
sostenitore di una tesi famosa, poi ripresa da Platone nel Teeteto: l’uomo è misura di tutte le cose, di quelle
che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono. Una delle difficoltà maggiori è posta
dal significato del termine uomo: quasi sicuramente si tratta dell’individuo nella sua singolarità; ciascuno è
misura di ciò che percepisce con i sensi, quindi se un malato ritiene che un cibo sia amaro, quella è la sua
verità, se un sano ritiene che sia dolce non dice il falso ma afferma quanto i sensi gli dettano, dunque
nuovamente una sua verità. Ma il significato di misura non si riduce solo all’esperienza sensibile, ma
all’esperienza umana in genere; questo lo porta ad affermare che esistono argomenti di cui non si può
parlare, ad esempio gli dei: sia per l’oscurità dell’argomento sia per la brevità della vita, io non ho la
possibilità di accertare nè che sono né che non sono.
Dato che l’esperienza personale si differenzia in maniera eclatante, egli interpreta la città come un
complesso apparato educativo che ha l’obiettivo di custodire e tramandare i valori che ne stanno alla base.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 17. Protagora, tecnica politica e linguaggio
Non potendo relazionare l’uomo alla divinità egli lo relaziona agli animali ed afferma una superiorità di
questi ultimi sui primi, per le doti naturali. L’uomo però è riuscito a capovolgere questa situazione attraverso
le tecniche: sopra fra tutte sta la tecnica politica, che è prerogativa di tutti i membri di una comunità. Ma le
diversità tra gli uomini, le tradizioni e le opinioni non escludono la possibilità di un accordo: compito del
sofista allora sarà quello di costruire un consenso sul quale si basa una democrazia. Lo strumento
fondamentale di cui deve servirsi è il linguaggio. Esso può avere efficacia persuasiva contrapponendo non
vero a falso quanto buono a dannoso per il singolo e per la comunità. Il punto non è stabilire e distinguere il
vero dal falso, poiché quello deriva da un giudizio personale scaturente da una precisa esperienza che quindi
non può non essere vera. Si tratta invece di stabilire (ed è la comunità a doverlo fare) ciò che è buono per il
singolo e per la città.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 18. Gorgia e la persuasione del linguaggio
GORGIA Nasce nel 480 a Leontini (Lentini). Anche Gorgia fu autore di vari scritti, orazioni come il
Discorso olimpico che doveva incitare i Greci ad abbandonare le loro discordie per affrontare uniti i barbari,
o l’Epitafio per onorare gli ateniesi caduti in guerra. Scrisse la sua opera più importante Del non essere o
Della natura. Il titolo capovolge intenzionalmente quello dell’opera dell’eleate Melisso di Samo. Le tesi
enunciate da G. sono state poi conservate in rielaborazioni fatte successivamente, le quali utilizzano il
procedimento per assurdo:
L’essere non è
Anche se fosse non sarebbe conoscibile
Anche se fosse conoscibile, tale conoscenza non sarebbe comunicabile
La conclusione allora è che il linguaggio non ha nulla a che fare con la verità; il linguaggio possiede un solo
compito: la persuasione. Il linguaggio esercita la sua funzione nell’apparato emotivo degli ascoltatori, non
su quello intellettivo. La potenza della parola è paragonata alla potenza dei farmaci o degli incantesimi
magici: porta l’interlocutore ovunque essa voglia. Il retore è superiore a chiunque: ad esempio egli meglio
del medico è in grado di persuadere un malato a prendere una medicina sgradevole. Le condizioni sono due:
riuscire a comprendere lo stato d’animo per stabilire il momento opportuno (kairos) e utilizzare un tipo di
discorso appropriato alla circostanza.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 19. Prodico di Ceo e i sinonimi nel linguaggio
Da questo sistema di pensiero nacquero anche delle ricerche grammaticali: Prodico di Ceo dedicò ad
esempio particolare attenzione allo studio dei sinonimi per insegnare e distinguere bene nell’impiego dei
termini.
Le leggi allora sono istituite dagli uomini, in base alle condizioni storiche e culturali in cui si trovano: al
carattere artificiale ed arbitrario delle leggi, è contrapposto da parte di alcuni sofisti il piano universale della
natura. Ciò che sussiste sul piano della physis vale universalmente per tutti gli uomini, o almeno per quanti
sono veri uomini, ossia i Greci maschi adulti liberi.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 20. Ippia e la mnemotecnica
IPPIA Nasce a Elide nel 440 a.C. e a differenza degli altri sofisti sull’importanza di una cultura
enciclopedica: egli si presenta come possessore di un sapere universale; è in grado di costruirsi da sé vestiti,
anelli, calzature. Il suo sapere si basa sulla mnemotecnica: ma il suo sapere non può essere fine a se stesso
ma gli serve per avere completa autosufficienza nei confronti degli altri uomini. Il filosofo è allora colui che
sa badare a se stesso, che è libero e rende libero tutti gli uomini: le leggi, rispetto alla natura, spesso non
lasciano spazio all’uomo nella sua totalità negando ad esempio diritti al “non cittadino” che il cittadino
invece detiene. In questo modo nega quei legami di sangue e di parentela che esistono a prescindere dalle
leggi. In questo atteggiamento del filosofo si possono intravedere atteggiamenti del cosmopolita. Il sapiente
allora non dipende dalla comunità: egli può vivere ovunque.
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica 21. Antifonte e la legge come accordo
ANTIFONTE Visse ad Atene nella seconda metà del V secolo. In lui è ancor più accentuato il carattere
egualitario. Scrisse Sulla Verità, Sulla concordia, Il politico. Le leggi sono frutto di un accordo, tanto è vero
che un individuo che le infrange ma non è scoperto, non subisce alcun danno. Le norme dettate dalla natura
invece se infrante danneggiano colui che le infrange. Ancora una volta egli nota come le leggi della
comunità entrino i contrasto con le leggi della natura: sia Greci che barbari respirano attraverso le narici e la
bocca. Questo da una parte rivendicava l’uguaglianza naturale tra gli uomini, ma non implicava
obbligatoriamente un’uguaglianza politica, dunque democratica anche perché la democrazia ateniese faceva
comunque una netta distinzione tra liberi, schiavi e meteci (stranieri abitanti di Atene).
Carlo Cilia Sezione Appunti
Filosofia antica