Plotino e neoplatonismo. Filosofia come esegesi

Gli storici moderni hanno introdotto il termine neoplatonismo per indicare la forma specifica assunta da quelle teorie che hanno ripreso la filosofia di Platone a partire dal III secolo sino al VI. I caratteri più importanti sono l’accentuazione della dimensione teologica e la completa espulsione della dimensione politica dal pensiero platonico. Essendo questi secoli di grandi lacerazioni, la filosofia di Platone appare l’unica in grado di superarle restituendo alla realtà la sua unità e il suo significato. Plotino nacque nel 204 e seguì le orme di quello che diventò poi il suo maestro Ammonio Sacca. Dopo la morte di Sacca egli istituì una scuola e qui vi entrò a far parte Porfirio nel 263. fu proprio lui colui che curò l’edizione degli scritti del maestro, secondo un ordine sistematico, raggruppandoli per temi secondo una sequenza che espone l’itinerario del filosofo dal mondo sensibile a quello degli dei. Si pensa che Plotino sia il primo filosofo che scrive di sua mano e non attraverso dettatura agli amanuensi. Egli non rileggeva mai le opere e non si preoccupava dell’ortografia. Le Enneadi non danno una un’esposizione sistematica del suo pensiero, ma partono sempre da problemi singoli. Secondo P. la filosofia è innanzitutto esegesi, ricerca del significato presente dei testi (si riferisce soprattutto a quelli di Platone). Ma egli interpreta la sua attività filosofica soprattutto come esplicazione di ciò che nei testi di Platone è implicito. In questo modo egli va ben oltre il testo, dandone una interpretazione personale. Ciò non per giungere all’originalità (che non sembra portare con sé alcun merito) ma soprattutto perché è importante richiamarsi ad un’autorità. Ma in questo però non va visto da parte di Plotino una fedeltà alla tradizione quanto un interesse per la verità e la sapienza racchiusa nei testi di Platone.