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Platone. "Sofista" e sommi generi


Ma Platone si spinge oltre: si accorge che problematica è anche la relazione tra le idee stesse: ognuna rappresenta un’unità ma insieme formano il molteplice: allora in che rapporto stanno visto che insieme sono uno e molti? La seconda parte del Parmenide è dedicata alla discussione di tutte le ipotesi possibili.
A questa indagine trova compiuto svolgimento nel Sofista: egli prende in considerazione quelli che chiama sommi generi ossia idee generalissime come essere, quiete moto, identico e diverso (T 121). L’eraclitismo secondo cui tutto è moto, e l’eleatismo secondo cui tutto è quiete, immobilità mostrano la loro unilateralità e per cui sono entrambe da respingere. Dire infatti che il moto è, e che la quiete è, significa affermare contemporaneamente che entrambi sono l’essere e quindi che coincidono! In questa opera Platone compie un vero e proprio parricidio nei confronti di Parmenide: egli infatti distingue l’essere dal diverso: “non” non vuol dire “non essere assoluto” (il nulla) ma vuol dire “è diverso da”; affermare che un genere non è l’altro non vuol dire negarne l’esistenza ma riconoscere che il non essere coincide con il diverso. Questa scoperta è cruciale soprattutto per l’obiettivo principale che egli si pone, ossia distinguere il vero dal falso. Infatti nel momento in cui, come Parmenide sosteneva, non si può pensare e dire ciò che non è si arriva alla conclusione che non si può dire il falso; il falso infatti è dire ciò che non è. Cadrebbe in questo modo la figura del filosofo che per Platone è colui che ricerca la verità. Ma Platone attacca queste tesi perché esse creano una verità apparente che il sofista si costruisce per avere ragione e passare per uno che sa.

Tratto da FILOSOFIA ANTICA di Carlo Cilia
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