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Etica epicurea


È l’etica, ossia la terza parte della filosofia, ad essere in grado di liberare dal timore del dolore e dell’irraggiungibilità della felicità (T 156). Il piacere è allora il fine ultimo dell’uomo, ma a differenza di come lo aveva concepito Platone nel Gorgia, il piacere non è contrario al dolore ma è ad esso contraddittorio, cioè se c’è l’uno non può esserci l’altro. Inoltre E. concepisce il piacere come assenza  di dolore, piacere che è caratteristica naturale dell’uomo. Egli però distingue tra piacere cinetico o in movimento il quale accompagna un processo ed è sempre mescolato al dolore e un piacere catastemaico o stabile proprio invece di uno stato privo di dolori. Quello da raggiungere è chiaramente il secondo, a differenza dei pirenaici che indicavano il piacere del momento quello da raggiungere. Il piacere coincide con il completo soddisfacimento del desiderio; ma esistono desideri necessari e non necessari: è ai primi che un uomo sapiente deve tendere e deve raggiungere in pieno, perché i secondi non potranno mai essere soddisfatti. Epicuro è un edonista solo nella misura in cui vede il piacere come fine della vita, non come fine a se stesso e quindi senza regole (anzi tutto il contrario).

Tratto da FILOSOFIA ANTICA di Carlo Cilia
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