Il corso di Filosofia del diritto si divide in due parti.
Nella prima parte del corso si parla dell’idea di università, spiegata dal punto di vista della filosofia analitica, contrapposta alla fenomenologia. Gli autori di riferimento sono Russell e Wittgenstein. Il corso procede analizzano i concetti di filosofia analitica, linguaggio umano e linguaggio giuridico.
Nella seconda parte del corso vengono spiegate le tre teorie del diritto: Giusnaturalismo, positivismo giuridico e realismo giuridico.
Filosofia del diritto
di Francesca Morandi
Il corso di Filosofia del diritto si divide in due parti.
Nella prima parte del corso si parla dell’idea di università, spiegata dal punto di
vista della filosofia analitica, contrapposta alla fenomenologia. Gli autori di
riferimento sono Russell e Wittgenstein. Il corso procede analizzano i concetti
di filosofia analitica, linguaggio umano e linguaggio giuridico.
Nella seconda parte del corso vengono spiegate le tre teorie del diritto:
Giusnaturalismo, positivismo giuridico e realismo giuridico.
Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
Facoltà: Giurisprudenza
Corso: Giurisprudenza
Esame: Filosofia del diritto
Docente: Prof. Andrea Rossetti1. Immanuel Kant, Il conflitto delle Facoltà (1798)
Immanuel Kant è uno dei principali protagonisti della storia della filosofia, iniziata 25 secoli fa in Grecia
con Aristotele e Platone. Egli è nato e vissuto nell’odierna Lituania.
Era un convinto sostenitore della teoria della generazione spontanea della vita (quando la luce tocca una
zona umida si crea una nuova vita). Vietava al servo di rifare il letto, perché con la luce potevano entrare le
cimici nel letto – tesi corroborata dal fatto che le aveva in stanza.
L’opera maggiore di Kant è La critica della ragion pura: studio della ragione indipendentemente da qualsiasi
condizionamento essa possa avere.
Opera minore: Il conflitto delle facoltà (1798) Kant parla dell’idea di università.
La prima università è nata a Bologna, poi Parigi (studi giuridici a partire dal VIII-IX sec. a Pavia attraverso
gli studia).
L’idea che abbiamo noi di università nasce tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 in Germania. Nasce
all’interno del preciso contesto storico dello Stato tedesco, nel quale già a inizio secolo c’era un’unione dal
punto di vista linguistico.
L’università diventa un organismo dello Stato, con caratteristiche particolari rispetto alle altre
organizzazioni che popolano l’idea di Stato.
Le facoltà di cui parla Kant sono quelle universitarie:
Università = realizzazione pubblica, pagata con soldi pubblici e formata da un insieme di dotti (esperti che
studiano un particolare argomento) questo garantisce all’università una certa autonomia.
Chi sono le persone che compongono l’università?
Nell’università antica gli alunni pagavano i professori. Ha una struttura abbastanza simile a quella attuale, in
ordine decrescente:
1.Laureati
Tra questi ci sono coloro che vogliono continuare gli studi universitari:
2.Dottorato (di circa due anni)
Qui termina il livello di discente/studente.
3.Assegno di ricerca
Qui inizia il livello di docenza universitaria.
4.Professore (associato/ordinario)
Ogni passaggio da uno step all’altro prevede un esame, interrogati da qualcuno che ha studiato tutta la vita
quel determinato argomento.
L’ idea di razionalità si può spiegare partendo dal concetto di università (non universitas della fine del
medioevo, ma come viene concepita tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’800).
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto Immanuel Kant, Il conflitto delle Facoltà (1798): l’università deve essere pubblica, comunità di dotti,
autonoma (i dotti hanno diritto a decidere chi saranno gli altri dotti); la ragione è per sua natura libera e non
accetta nessun ordine di considerare qualcosa come vero. Kant parla della facoltà di filosofia, che ha il
potere di parlare in nome della ragione (oggi diremmo materie letterarie, umanistiche).
La ragione è autorizzata a parlare in pubblico, ogni discorso argomentato è un discorso ammissibile e non
c’è nessun limite a questo esercizio della razionalità (se no sarebbe, secondo Kant, negare la razionalità
stessa). Università la ragione si rende pubblica.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 2. Jacques Derrida, L’università senza condizione (2002)
Jacques Derrida, L’università senza condizione (2002): l’università moderna dovrebbe essere senza
condizione, è un’istituzione che si può dare negli Stati di tipo democratico (negli Stati non democratici non è
ammesso il libero uso della ragione), è distinta da tutte le istituzioni di ricerca (in quanto le altre istituzioni
di ricerca, per es. farmacie, hanno scopo economico).
Università libertà incondizionata di interrogazione e di proposizione (il diritto di insegnare), però
un’università senza condizione non esiste di fatto.
L’università delineata è consustanziale alla democrazia.
Professare = dichiarare apertamente (nella professione conta l’impegno e la persona di chi la fa). Al di là
della competenza c’è un impegno testimoniale (fede nell’università).
Quindi, università:
1. Professori (dotti), che hanno professato il loro impegno di libertà
2. Luogo del rispetto del reale (ricerca autentica della verità)
3. Soggetto pubblico (resiste in nome della verità)
Abbiamo a che fare con un sapere razionale.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 3. Logica: definizioni
Logica in senso tradizionale studi compiuti da Aristotele: sistema formale e formalizzato nel quale la verità
delle conseguenze dipende unicamente dalla forma dell’inferenza che sto conducendo.
Tutti gli uomini (A) sono mortali (B)
Tutti gli italiani (C) sono uomini (A)
Tutti gli italiani (C) sono mortali (B)
Sillogismo, strutture logiche di questo genere sono studiate già da Aristotele. Tutti i C sono B.
Questa inferenza è valida se si inseriscono due premesse, diventa vera se le due premesse sono vere.
Insiemistica di Venn (C sottoinsieme di A che è sottoinsieme di B).
Concezione semantica della verità parlare di verità = parlare di linguaggio (verità è ciò che si predica di una
proposizione).
La verità è una relazione che c’è tra una qualunque proposizione P e la verità. “Oggi c’è il sole”, è vero se e
solo se oggi c’è il sole.
P deve essere un enunciato descrittivo. Quindi se un comando non è una proposizione descrittiva (“vieni!”),
non posso dire se è vero o falso. La verità o la falsità si predica unicamente agli enunciati descrittivi. La
logica si applica unicamente ad enunciati descrittivi.
Le norme però non sono enunciati descrittivi (una norma è più simile ad un comando). Quindi non ha senso
dire se è vera o falsa. La teoria semantica di Aristotele non si può applicare al diritto.
Nel 1850 si pensa che tutte le relazioni formali che ci sono tra enunciati linguistici, possano essere espresse
in forma numerica. George Boole diceva che anziché fare sillogismi si potessero fare addizioni e sottrazioni.
Sottrarre o aggiungere è come produrre un sillogismo, quindi il parlare degli esseri umani è riconducibile
alla matematica o al sillogismo. Con questo metodo se ho due risultati diversi derivanti da enunciati di due
persone diverse o hanno sbagliato entrambi o uno ha sbagliato, ma di sicuro non hanno entrambi detto una
cosa giusta
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 4. Gottlob Frege e Bertrand Russell sul concetto di logica
Gottlob Frege scrive un libro fondamentale in questa idea di logica, dimostra che tutti i ragionamenti
matematici sono rappresentabili tramite il formalismo della logica.
I simboli usati dalla logica moderna (,..) sono stati introdotti da Giuseppe Peano.
Frege sostiene che tutta la matematica abbia un linguaggio specifico, quello della logica.
Il libro più famoso: I fondamenti dell’aritmetica.
Frege non ha alcun successo accademico (non va oltre il rango di ricercatore). Il suo libro ha un immediato
successo e viene subito letto da Bertrand Russell. Russell trova che la tesi sostenuta da Frege avesse un
errore al suo interno; Frege fa ritirare tutte le copie del suo libro e fa aggiungere in fondo la lettera di Russell
(quindi riconosce la critica e la pubblica, non ha problemi a riconoscere che il suo sistema abbia un limite
interno).
Il problema: un paese in cui c’è un unico barbiere, sulla vetrina di questo barbiere c’è un’insegna “rado tutti
coloro che non si radono da sé”; ma chi rade il barbiere, affinché la proposizione possa essere vera? Non vi è
risposta, è un paradosso logico. Una teoria paradossale non è una buona teoria.
Il paradosso di Epimenide cretese: “tutti i cretesi mentono”; Epimenide sta mentendo o no? Non c’è risposta,
è un paradosso.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 5. Ludwig Wittgenstein sul concetto di logica
Ludwig Wittgenstein è un allievo di Russell. Va a scuola con Hitler, diventa ingegnere e va in Inghilterra a
trovare Russell.
Russell entra in aula e dice “in questa aula non c’è alcun elefante” e Wittgenstein risponde “dimostri che
non c’è (non solo mostrare, ma dimostrare)” e Russell non riesce.
Russell inizialmente sostiene che sia pazzo, poi dice che da lui ci si aspettano grandi passi avanti in ambito
filosofico.
Wittgenstein poi torna in Austria per combattere la prima Guerra Mondiale, dove conclude la sua prima
opera filosofica: Tractatus logicus-philosophicus. Circola in tutta Europa; è particolare l’idea che lui ha di
proposizione, l’idea che egli ha della relazione tra proposizione e gli stati di cose. Il suo discorso si applica
principalmente agli stati scientifici (la scienza dell’inizio del secolo era la fisica – Einstein, Bohr,..).
Wittgenstein propone una metafora per spiegare la proposizione: una proposizione è una rappresentazione di
uno stato di cose, così come una foto è la rappresentazione di ciò che viene ritratto in essa. C’è una relazione
strettissima tra l’immagine di qualcosa è le proposizioni descrittive. Descrivere uno stato di cose è come
fotografarlo.
L’idea di verità come corrispondenza è evidente. C’è una relazione tra la struttura del mondo e la struttura
del linguaggio (relazione non accidentale, in quanto le strutture del mondo sono analoghe a quelle del
linguaggio). Studiare strutture linguistiche è come studiare la struttura del mondo. Questo è l’assunto
fondamentale della filosofia analitica come noi la intendiamo.
Wittgenstein appartiene ad una famiglia ricchissima; rinuncia all’eredità e va a fare il giardiniere in un
monastero. Russell manda un ragazzo a Wittgenstein (che era omosessuale) per convincerlo ad abbandonare
l’orto. Torna così ad Oxford e inizia ad insegnare.
Sraffa era l’unico amico di Wittgenstein gli racconta la teoria del linguaggio.
Così Wittgenstein capisce che la sua teoria ha a che fare con enunciati descrittivi.
Almeno parzialmente la struttura del linguaggio può essere rappresentata dalla logica, quindi la verità di
un’inferenza dipende dalla forma dell’inferenza e non dalla verità degli enunciati. Non importa di quale tipo
di numero io stia parlando, si può ricondurre ad un numero naturale (insieme schema dei numeri reali,..).
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 6. Kurt Gdel e il teorema di incompletezza
Il progetto di Wittgenstein fallisce con una dimostrazione di Kurt Gdel, che dimostra il teorema di
incompletezza.
Si introduce il concetto di dimostrazione: si dimostra che la tesi non è in contraddizione con nessun’altra
proposizione. La verità matematica è una verità per non contraddizione. L’enunciato è vero se io posso
dimostrare che non contraddice nessun altro dei teoremi del sistema assiomatico.
Gdel dimostra che ci sono delle proprietà dei numeri razionali che non sono dimostrabili. Sgancia il concetto
di dimostrabilità da quello di razionalità: ci sono proposizioni vere ma non dimostrabili.
È il fallimento del progetto di aritmetizzazione del linguaggio matematico, anche un sistema nel quale tutti i
termini vengono definiti alla partenza in realtà non è fondante e ha al suo interno delle cose che possono
essere mostrate come vere, ma non possono essere dimostrate come vere.
In generale ogni sistema che vuole definirsi logico connette la validità delle inferenze alla forma e non al
contenuto.
Vi è una differenza tra l’idea di logica e l’idea di razionalità.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 7. Percorso della logica in filosofia dopo Frege
La logica, dunque, dà origine al pensiero filosofico; il primo che ne parla è Aristotele (V sec. a.C.). Questa
idea rimarrà pressoché immutata fino al 1850, anno in cui Boole dimostrerà che la logica può essere spiegata
attraverso l’artimetica e poi con Frege.
Da Frege in poi la logica prende due cammini:
-Tentativo di applicare la logica al linguaggio ordinario. Wittgenstein: idea dell’enunciato descrittivo idea
della fotografia (vera quando rappresenta uno stato di cose = un enunciato è vero quando rappresenta uno
stato di cose). Il progetto di Wittgenstein fallisce per colpa di Sraffa.
-Tentativo di fare della logica il linguaggio della matematica: tutta la matematica è riconducibile alla logica.
Anche questo progetto fallisce, perché Godel dimostra che la logica in sé stessa non si auto fondante:
differenza fra dimostrare e mostrare. Un teorema si dimostra (regole del sistema assiomatico); ci sono
formule vere, ma non si può dimostrare che lo siano. Anche un sistema altamente formalizzato, come quello
matematico, in realtà non è auto fondante, ha al suo interno dei buchi.
Dimostrare: una formula non è in contraddizione con altre formule del sistema (è vero tutto ciò che non
contraddice qualcosa già presente nel sistema – verità per non contraddizione).
Le prime geometrie non euclidee (il 5° postulato di Euclide: rette parallele) vengono dimostrate per 5 secoli
fino a che non si è scoperto che lo spazio che ci circonda è rappresentabile attraverso una geometria non
euclidea.
La maggior parte dei fenomeni che avvengono si rappresentano attraverso geometrie non euclidee.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 8. Logica: proposizioni descrittive
Proposizioni descrittive (p;q), per es “ho i capelli neri” è descrittiva anche se non è vero.
P e Q possono essere veri o falsi (tavola di verità):
p q |p & q | p V q | p q
v v | v | v |v
v f |f | v | f
f v |f | v | v
f f |f | f | v
Vel almeno una delle due proposizioni deve essere vera, ma anche entrambe lo possono essere.
Implicazione (): il modello logico non corrisponde al solito utilizzo di “se.. allora”.
Ci sono 4 tipi di proposizioni descrittive:
1.A (universali affermative “tutti gli uomini sono mortali”),
2.E (universali negative “nessun uomo è mortale”),
3.I (particolari positive “alcuni uomini sono mortali”),
4.O (particolari negative “alcuni uomini non sono mortali”).
Quadrato di opposizione:
A ———— E
| \ / |
| \ / |
| \ / |
I ————- O
• Dalla verità di un enunciato derivo la falsità dell’altro, ma dalla falsità dell’altro non posso derivare né la
verità né la falsità del primo contrarietà. A – E
A | E
v | F
F | ?
• Quando una è vera, l’altra è falsa e viceversa contraddittorietà. A – O, E- I
A | O
V | F
F | V
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 9. Logica: proposizioni di carattere deontico
Proposizioni di carattere deontico. Verbo greco deon (dovere). Ce ne sono 4 tipi:
1.O = obbligatorio
2.P = permesso
3.V = vietato
4.F = facoltativo
Per rendere facoltativa bisogna dire che non è obbligatoria
Per dire che una cosa è permessa: non è obbligatorio non farla
Per rendere obbligatorie:
Vp O ¬ p (= O non p)
Fp ¬ Op
Pp ¬ O ¬ p
Enunciato apofantico: di esso posso predicare la verità o la falsità = enunciato descrittivo.
“Sono bionda” enunciato descrittivo vero. È un enunciato apofantico, si può controllare che sia vero o falso.
Con un enunciato prescrittivo non posso predicarne la verità o la falsità. Gli enunciati prescrittivi sono
anapofantici. Se parliamo di enunciati normativi, sono prescrittivi.
Per es. l’eunciato “è vietato fumare” ha valore diverso in base a chi lo pronuncia:
Pronunciato da chiunque: si descrive uno stato di cose deontico (c’è un divieto).
Pronunciato da chi ha il potere: pone un divieto, non sta descrivendo.
Il linguaggio del diritto è intrinsecamente pragmatico: non posso ignorare colui che dice una cosa (a seconda
di chi dice l’enunciato la forza dell’enunciato può cambiare).
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 10. Von Wright e la logica deontica
Dottrina giuridica: descrizione del diritto, non ha forza giuridica di per sé.
Logica deontica: tentativo di trovare regole meccaniche per far funzionare gli enunciati prescrittivi così
come funzionano regole meccaniche per enunciati descrittivi.
Filosofo di riferimento: Von Wright, uno degli ultimi allievi di Wittgenstein.
Non si può parlare di logica aristotelica nel diritto: per questo si distingue fra logica e razionalità.
Nel 1991 nella prima edizione di un convegno, Deon, dice che forse si è sbagliato: il progetto di una logica
deontica (sostanzialmente ampliata rispetto alla logica classica di Aristotele) non serve davvero a
rappresentare il modo in cui i giuristi pensano.
La logica deontica ha una funzione direttiva, ma non è realmente possibile una formalizzazione del discorso
giuridico.
Il diritto ha a che fare con i comportamenti che teniamo ogni giorno, quindi necessariamente il linguaggio
del diritto è quantomeno basato sul linguaggio ordinario (sull’ontologia che gli esseri umani usano tutti i
giorni). Quindi non si può formalizzare un sistema giuridico nella logica deontica.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 11. John Searle e Hegel sul concetto di logica
John Searle (filosofo americano ancora vivente) ha scritto Occidente e multiculturalismo discorso
sull’università, istruzione superiore.
Il concetto di razionalità come concetto fondamentale dell’istruzione superiore in occidente.
Razionalità: ha a che fare con il linguaggio, fenomeni fondamentalmente linguistici (logoidali).
Georg Wilhelm Friedrich Hegel: tutto il reale è razionale e tutto il razionale è reale quello che noi
sosteniamo è l’opposto.
Logos, parole: di per sé non hanno nulla a che fare con la realtà.
Es. teoremi dei giudici: fanno dei discorsi che reggono logicamente, ma non hanno applicazione nella realtà
(supposizioni vs prove).
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 12. Primo principio di razionalità di Searle: le rappresentazioni
La realtà esiste indipendentemente dalle rappresentazioni umane
Supponiamo di essere rinchiusi in una stanza senza finestre e di potere vedere la realtà che ci circonda
tramite una telecamera, che però mostra tutte le cose verdi in rosso: non ho modo di sapere come è in realtà
fatto il mondo. Questo è un modello di come funziona la percezione generale del mondo.
Cartesio risolve questo problema (corrispondenza fra percezioni realtà) dicendo che c’è Dio.
Si può mostrare con difficoltà, ma si presuppone che la realtà ci sia. E non dipende dal modo in cui la si
percepisce.
Quindi le cose che esistono in linea di massima non dipendono dal modo in cui le rappresentiamo.
Il linguaggio serve a vedere le cose nel mondo: la maniera in cui le varie popolazioni spezzettano le
percezioni, danno referenti diversi. Per es. studiare una lingua: se imparo a memoria tutto potrei comunque
non capire i discorsi, perché la comprensione della lingua dipende dalle conoscenze enciclopediche (non è
scritto nel linguaggio stesso).
Alcune realtà sono dipendenti dalle rappresentazioni sociali: per es. le entità sociali (il danaro,..).
Il diritto presuppone una realtà che è condivisa da tutti (per es. l’impronta digitale è una prova,..).
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 13. Secondo principio di razionalità di Searle: il linguaggio
Almeno una delle funzioni del linguaggio è quella di comunicare
Che la realtà esiste indipendentemente dalle nostre rappresentazioni è importante per le traduzioni o per farsi
capire in un discorso.
Es. gli eschimesi usano 19 parole per indicare la neve: per loro è più importante.
Ma questo non influenza la vita di tutti i giorni.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 14. Terzo principio di razionalità di Searle: la verità
La verità è un problema di accuratezza
Nella maggior parte dei casi nel linguaggio comune non è necessario produrre enunciati descrittivi fondati
(“quando il sole è sorto il mio gatto mi ha svegliata”: tutti capiamo, ma in realtà è falso, perché il sole non
sorge, ma è la terra che gira – però è irrilevante).
Nei discorsi giuridici è necessaria la massima accuratezza possibile.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 15. Quarto principio di razionalità di Searle: la conoscenza
La conoscenza è oggettiva
Non dipende dai sentimenti soggettivi che hanno gli osservatori.
La validità di un argomento non dipende dai punti di vista (dipende dal discorso stesso), è indipendente da
qualsiasi considerazione che riguardi credenze religiose, ideologiche, sessualità,..
Sesso: descrive attributi di carattere ideologico; genere: comportamenti sessuali che uno ha (una persona
può essere di sesso maschile e genere femminile). In molti paesi del mondo si dice terzo genere. Il genere è
un attributo giuridico.
Per es. in Nuova Zelanda i diritti dei nativi locali sono molto riconosciuti: ogni volta che il Capo dello Stato
supremo deve andare nel loro parlamento (Regina di Inghilterra), dato che sono ammessi solo maschi: si
emana un decreto che dice che la Regina Elisabetta è maschio.
Quindi può entrare nel parlamento perché dal punto di vista giuridico è maschio.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 16. Quinto principio di razionalità di Searle: la logica
Logica e razionalità sono formali
La verità di un’inferenza e la razionalità di un’argomentazione: dipendono esclusivamente dalla forma di
questa argomentazione.
La validità di un’argomentazione non dipende dal contenuto. Noi sappiamo valutare un argomento anche
indipendentemente dal contenuto.
“Gli uomini sono mortali”: non dipende dal contenuto, ma dalla forma del sillogismo. Conta quindi il modo
in cui si compie un’inferenza. Le regole di inferenza sono simili, le variazioni che ci sono, sono minimali.
Se due periti hanno pareri contrastanti, decide il giudice quale dei due ha ragione (anche se non sa nulla
dell’argomento).
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 17. Sesto principio di razionalità di Searle: gli standard intellettuali
Gli standard intellettuali non sono alla portata di tutti
Non tutti i discorsi che vengono fatti da tutte le persone hanno il medesimo grado di razionalità (non tutti
sono giusti), ma almeno nella maggior parte dei casi si riesce ad individuare il tipo di inferenza corretto (o
almeno il più corretto).
Il diritto diventa l’arbitrio di colui che è più forte, se non gli diamo un impianto fondamentalmente
razionale.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 18. Il dilemma di Jørgensen
Non si possono creare catene inferenziali logiche in molti ambiti, ma non vuol dire che non si possano
applicare altri metodi.
Un esempio di fallace applicazione di sillogismo: filosofo danese Jørgen Jørgensen ha proposto un dilemma
(qualcosa di simile al paradosso).
Dilemma di Jørgensen (linguaggio e logica non stanno insieme): l’inferenza che dal punto di vista logico
non funziona, è comunque accettata da tutti.
Prendiamo come premessa maggiore l’enunciato “Tutti i facchini devono portare la valigia” (enunciato
prescrittivo, anapofantico).
Premessa minore: “Pippo è un facchino” (enunciato descrittivo).
Conclusione: “Pippo deve portare le valigie”.
Dal punto di vista logico non funziona, perché le proposizioni sono: la prima anapofantica e la seconda non
si capisce cosa sia, quindi dall’incertezza/falsità delle prime proposizioni non si può arrivare alla certezza
dell’ultima. In nessun sistema formale si può rappresentare questo miscuglio di proposizioni.
Inferenza logicamente fallace, ma che dal punto di vista del linguaggio comune funziona perfettamente.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 19. La retorica in Chaim Perelman
È un fenomeno molto vicino alla retorica (topos, figure della retorica): le figure retoriche in realtà sono in
grado di trasmettere discorsi che siano razionalmente corretti.
Questa concezione della retorica si deve ad un autore belga: Chaim Perelman (Nouvelle rhetorique = nuova
retorica). Si cerca di dare conto ad una serie di giustificazioni che non sono inferenziali (argomenti che non
sono logici in senso tecnico): questo partendo dal dilemma di Jørgensen.
Argomentazione intesa come retorica.
Induzione: dal particolare al generale (contrario di deduzione).
Il processo induttivo si basa su una serie di osservazioni ripetute (passa un piccione, è bianco, ne passa un
altro: è bianco, tutti i piccioni sono bianchi). Si osserva una serie di eventi singoli e quando ne ho osservato
un gran numero produco un enunciato generale.
Esempio:
La legge della caduta dei corpi galileiana è matematica (si può dimostrare con la meccanica razionale). I
gravi sulla terra cadono ad una certa velocità.
Tutti i piccioni sono bianchi: non è dimostrabile, perché un attimo dopo può passarne uno nero.
La verità che discende da proposizioni di fondazione induttiva deve essere sempre espressa in termini
probabilistici.
Perelman sostiene che in molto ambiti non si possano produrre deduzioni formalmente corrette, né
induzioni; ma si possono produrre discorsi la cui efficacia possiamo misurare secondo l’adesione o meno
che ottengono da coloro a cui sono stati rivolti. Quindi si tratta di vedere se il discorso ha convinto il
destinatario (idea base di retorica).
La retorica non è qualcosa di negativo in questa concezione.
I sofisti trasmettevano le conoscenze necessarie per avere ragione nell’agorà (insegnavano tecniche con le
quali ottenere i consensi del popolo).
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 20. Definizione di argomentazione: Irving Copi e Carl Cohen
1. La definizione di argomentazione tratta da un testo di logica di Irving Copi e Carl Cohen (Introduzione
alla logica): “Abbiamo a che fare con un’argomentazione ogniqualvolta una o più tesi preliminari (dette
premesse) vengono citate a sostegno di una certa tesi (detta conclusione)”.
Le argomentazioni devono essere logiche in senso tecnico (argomentazione è diverso da dimostrazione).
Nella maggior parte dei casi usiamo schemi argomentativi (“metto il maglione perché fa freddo”).
Differenza sostanziale fra logica e argomentazione (parlando di entità linguistiche): nell’argomentazione si
può sempre sostenere una controtesi.
Nella logica se due enunciati sono contrastanti uno è sbagliato o entrambi sono sbagliati (uno dei due alla
fine riconosce l’errore).
Se due argomentazioni sono contrastanti si può sostenere un’antitesi per contrastare la tesi.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 21. Definizione di argomentazione: Chaim Perelman e Lucie
Olbrechts – Tyteca
2. L’argomentazione enunciata da Chaim Perelman e Lucie Olbrechts – Tyteca (Trattato
dell’argomentazione. La nuova retorica – 1958): “Constatammo che, negli ambiti in cui si tratta di stabilire
ciò che è preferibile, ciò che è accettabile e ragionevole, i ragionamenti non sono costituiti né da deduzioni
formalmente corrette, né da induzioni che vanno dal particolare al generale, ma da argomentazioni di ogni
genere, intese a ottenere l’adesione di coloro alla cui approvazione le tesi vengono”.
Quindi l’attenzione è sulla finalità dell’argomentazione: convincere l’interlocutore di avere ragione.
Per es. la politica: contesto in cui uomini sostengono argomentazioni diverse con il fine che la propria
ottenga la maggioranza. Però nessuno può sostenere quale sia quella giusta.
Definizione della scuola olandese dell’interpretazione (Van Eemeren, Grootendorst, Kruiger):
“L’argomentazione è un’attività sociale, verbale, intellettuale, che serve a giustificare o a confutare
un’opinione, costituita da una costellazione di asserzioni e volta ad ottenere il consenso di un uditorio”.
È quindi volta ad un pubblico (sociale), fatta con parole (verbale) aventi un fondamento concettuale
(intellettuale). Opinione, perché non siamo più nel campo delle asserzioni scientifiche, ma della doxa.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 22. Definizione di argomentazione: Lo Cascio
3. Definizione data da Vincenzo Lo Cascio: “Un’argomentazione è un macro atto linguistico dal punto di
vista comunicativo. In questo senso essa mira a rivelare le intenzioni del parlante e a provocare specifiche
reazioni negli ascoltatori”.
Un’argomentazione mira a rivelare le intenzioni del parlante ed a provocare reazioni negli ascoltatori.
Sono definizioni molto generiche, nelle quali vi sono numerosi atti linguistici.
Logica: la verità è vera a prescindere dal fatto che sia riconosciuta come tale.
Argomentazione: è vera se riconosciuta come tale dall’interlocutore.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 23. Norberto Bobbio, "La logica giuridica di Eduardo Garcia
Maynez" (1954)
Norberto Bobbio, 1954 pubblica il saggio La logica giuridica di Eduardo Garcia Maynez.
Il libro che dà il via alle osservazioni sulla logica deontica è di Von Wright, Deontic logic, ed è del 1951.
Bobbio non conosceva Von Wright.
Negli anni ’50 il riferimento filosofico dell’Italia era la Germania (Kant). Quindi il mondo quando parlava di
filosofia guardava la Germania, l’Austria.
Bobbio intuisce che uno dei problemi di quel tempo era la relazione fra logica (in senso formale) e diritto.
Quindi distingue 3 tipi di relazione fra logica e diritto:
1. logica dei giuristi: è lo studio delle regole di inferenza valida tra norme di un sistema giuridico dato.
Il sistema giuridico viene concepito come un sistema di assiomi, quindi ogni sistema normativo ha o può
avere inferenze valide diverse. Per es. i criteri di risoluzione delle antinomie contenuti nelle Preleggi. Queste
sono forme di inferenza specifiche di un ordinamento, potrebbero non esistere (dal punto di vista logico non
fanno differenza). Le regole di inferenza sono determinate dall’ordinamento.
2. logica del normativo: è lo studio della struttura formale del diritto concepito come insieme di norme.
Si studia la struttura delle norme, che non varia da ordinamento a ordinamento. Quindi si cerca di catturare
ciò che non varia da un ordinamento all’altro.
3. logica simbolica applicata al diritto: è l’applicazione della logica simbolica al diritto.
Si tratta di applicare la logica tradizionale al diritto, presupponendo che enunciati descrittivi e prescrittivi
siano omogenei dal punto di vista inferenziale (non considerando il fatto che enunciati prescrittivi non siano
apofantici). Smentisce il fatto che la logica si può applicare al diritto anche se le proposizioni normative
sono anapofantiche.
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 24. Struttura della frase in linguistica
La linguistica considera una frase, distinguendo:
Enunciato: considerare una frase come enunciato significa considerarla nei suoi aspetti sintattici. “Fuori
piove” 2 parole: “fuori” e “piove”. Quindi non si considerano gli enunciati come entità portatrici di
significato, ma come oggetti materiali (enunciato = suppositio materialis). Si può valutare la correttezza. “Io
è mangiato” non è corretto, il verbo non si accorda al soggetto. Ogni lingua ha le regole che dicono come si
compone un enunciato.
Proposizione: considerare una frase nel suo significato. Quindi si considera il nesso fra una realtà linguistica
e la realtà. Si può valutare la verità.
Enunciazione: considera ciò che una persona vuole fare affermando tale enunciazione. “Oggi piove” = metti
il giubbotto. Perciò l’effetto di un’enunciazione varia da contesto a contesto. Produrre la medesima
enunciazione in contesti diversi può avere effetti diversi. Si può parlare di felicità (un’enunciazione è felice
quando raggiunge lo scopo per la quale è stata prodotta).
Si può esprimere la medesima proposizione con enunciati diversi, per es. nelle traduzioni (enunciati diversi
in diverse lingue, per dire la stessa cosa).
“Oggi c’è il sole”:
- enunciato: frase composta da cinque parole
- proposizione: la frase è vera
- enunciazione
Francesca Morandi Sezione Appunti
Filosofia del diritto 25. Teoria standard del significato
La nozione di significato nasconde due differenti livelli, si può scomporre in:
1. riferimento: l’oggetto o lo stato di cose a cui il segno linguistico rinvia nella realtà (“La sedia è nera”: la
sedia è l’oggetto a cui ci si riferisce).
2. senso: il modo in cui si indica un oggetto (“La sedia è nera” = è un oggetto di colore nero che serve a
sedersi).
Per es.: Venere per molti secoli è stata ritenuta una stella: il senso del termine stella del mattino e stella della
sera era diverso, il senso era diverso ma il riferimento era lo stesso, perché si trattava comunque di Venere.
Per es.: “Creature coi reni” e “Creature con il cuore”: il senso è diverso, ma il riferimento è lo stesso.
Questa distinzione si riflette nel dualismo:
1. estensione: per rispondere in maniera estensiva si mostra l’oggetto (“Cosa è un gatto?” prendo un gatto e
lo mostro).
2. intensione: per rispondere da un punto di vista dell’intensione si dà una definizione (“Cosa è un gatto?”: è
un animale, ha i baffi,..).
Questa distinzione si applica a
- singoli termini “Andrea Rossetti”
- predicati “Essere calvo”
- proposizioni estensione: trovarne il valore di verità
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Filosofia del diritto