Questi appunti sono dedicati a due testi che trattano il diritto della previdenza sociale.
La prima parte riguarda il volume "Il rapporto previdenziale" di Cinelli. Si apre con le origini e i fondamenti della previdenza sociale; si prosegue con la presentazione delle nozioni, struttura e contesto del rapporto giuridico previdenziale e la costituzione e autonomia di tale rapporto. Si riassumono poi le modalità di erogazione delle prestazioni (infortuni sul lavoro e malattie professionali, invalidità, pensioni, assicurazioni minori) e del rapporto contributivo. Altro tema riguarda lo statuto dei diritti previdenziali e il rapporto di previdenza complementare.
La seconda parte degli appunti riassume il testo di Cinelli e Giubboni "Il diritto della sicurezza sociale in trasformazione". I temi trattati sono: la sicurezza sociale e la flessibilità/mobilità dei lavoratori; il ruolo della flessibilità previdenziale nelle politiche dell'occupazione; il federalismo la sussidiarietà e il modello di sicurezza sociale; il welfare italiano tra solidarietà e concorrenza; i vincoli comunitari e le politiche nazionali nella protezione sociale; il diritto della sicurezza sociale e la lotta all'esclusione in un confronto Italia-Europea; lo strumento della pensione e la sfida demografica.
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della
sicurezza sociale
di Stefano Civitelli
Questi appunti sono dedicati a due testi che trattano il diritto della previdenza
sociale.
La prima parte riguarda il volume "Il rapporto previdenziale" di Cinelli. Si apre
con le origini e i fondamenti della previdenza sociale; si prosegue con la
presentazione delle nozioni, struttura e contesto del rapporto giuridico
previdenziale e la costituzione e autonomia di tale rapporto. Si riassumono poi
le modalità di erogazione delle prestazioni (infortuni sul lavoro e malattie
professionali, invalidità, pensioni, assicurazioni minori) e del rapporto
contributivo. Altro tema riguarda lo statuto dei diritti previdenziali e il rapporto di
previdenza complementare.
La seconda parte degli appunti riassume il testo di Cinelli e Giubboni "Il diritto
della sicurezza sociale in trasformazione". I temi trattati sono: la sicurezza
sociale e la flessibilità/mobilità dei lavoratori; il ruolo della flessibilità
previdenziale nelle politiche dell'occupazione; il federalismo la sussidiarietà e il
modello di sicurezza sociale; il welfare italiano tra solidarietà e concorrenza; i
vincoli comunitari e le politiche nazionali nella protezione sociale; il diritto della
sicurezza sociale e la lotta all'esclusione in un confronto Italia-Europea; lo
strumento della pensione e la sfida demografica.
Università: Università degli Studi di Firenze
Facoltà: Giurisprudenza
Esame: Diritto della Previdenza Sociale, a.a. 2008/2009
Titolo del libro: Il rapporto previdanziale - Il diritto della
sicurezza sociale in trasformazioneAutore del libro: Maurizio Cinelli - Maurizio Cinelli e Stefano
Giubboni1. La protezione sociale del lavoro: un’esigenza risalente
L'esigenza di provvedere di una particolare protezione chi vive prestando il proprio lavoro può essere
considerata espressione della naturale vocazione sociale dell'uomo.
Lo sviluppo di un complesso organico di istituti e situazioni giuridiche specificamente destinati a soddisfare
la suddetta esigenza di protezione sociale del lavoro è strettamente legato ad una ben precisa vicenda del
nostro tempo: quella che ha accompagnato la trasformazione in senso sociale dell'organizzazione
costituzionale dello Stato moderno di matrice liberale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 2. L’ industrializzazione e la “questione sociale”
I fattori che hanno determinato la nascita dello Stato sociale sono plurimi ma tutti in qualche modo collegati
alla cosiddetta questione sociale.
Con tale espressione si fa riferimento, come noto, ai fenomeni sociali, economici ed etici, conseguenti alle
profonde trasformazioni determinate dalla rivoluzione industriale: le nuove, estese forme di povertà; lo
sfruttamento delle cosiddette "mezze forze" (donne e fanciulli) e, in genere, del lavoro umano; la
progressiva ingravescenza del problema sociale e umano indotto dagli infortuni sul lavoro; il peso assunto
dall'opinione pubblica più sensibile ed aperta ai problemi sociali del lavoro, e, soprattutto, dal fenomeno
spontaneo dell'associazionismo operaio.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 3. Sviluppo e finalità della legislazione sociale
Tale complessa vicenda ha indotto l'introduzione lo sviluppo della cosiddetta legislazione sociale: cioè di
quell'eterogeneo complesso normativo con il quale lo stato ottocentesco, abbandonando a poco a poco la sua
posizione di "neutralità", sia determinato ad intervenire a tutela dei lavoratori.
La legislazione sociale, nel suo nucleo storico, è rappresentativa della fase "originaria" del diritto del lavoro.
Almeno per una prima fase della legislazione in materia di interventi normativi hanno risposto
essenzialmente alla logica dell'ordine pubblico.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 4. Le forme della tutela sociale del reddito da lavoro
In particolare, per quanto specificamente riguarda l'esigenza di tutela del lavoratore in presenza di eventi
che, privandolo temporaneamente o definitivamente, in tutto o in parte, della capacità di produrre reddito, lo
sospingono in una situazione di bisogno, astrattamente si apriva, all'epoca, più di una possibilità operativa:
accollare i relativi oneri direttamente allo Stato; affidare la tutela forme di autoprotezione, concepite allo
scopo di finalizzate dalle stesse categorie interessate; intervenire sullo stesso schema del contratto di lavoro,
imponendo al datore di lavoro specifiche obbligazioni aggiuntive, di stampo sociale.
In concreto nel nostro paese la scelta è caduti ma, fin dalle origini, sulla seconda delle possibilità suindicate:
è stato, cioè, prescelto lo strumento assicurativo.
Questo avrebbe ben presto costituito il nucleo stesso del diritto della previdenza sociale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 5. Le ragioni della scelta del modello assicurativo
Favorirono la scelta del modello "assicurazione sociale", in primo luogo, fattori di ordine tecnico-
economico.
Tra questi, ha di certo contribuito il perfezionamento raggiunto dagli studi statistici dell'epoca. Nelle
L'ambito amministrativo divenne possibile calcolare, con sufficiente approssimazione su precise basi
tecniche, rischi e premi, riducendo l'alea strutturalmente insita nel contratto di assicurazione e rendendo
possibile, per i pubblici poteri, assumerne la gestione con minori preoccupazioni.
Ma è da ritenere che determinante sia stato soprattutto il fatto che, per mezzo dell'impiego di tale strumento,
la tutela sociale veniva sostanzialmente mantenuta all'interno delle regole proprie del commercio.
In tal modo, si impediva che la relativa regolamentazione potesse rappresentare una fonte di turbativa della
disciplina economica.
Non secondaria influenza nel determinare tale scelta ebbero anche ragioni di carattere politico-ideologico:
l'assicurazione sociale, oppure assoggettata a gestione pubblica, rimaneva sostanzialmente uno strumento di
autoprotezione, i soggetti destinatari della tutela venivano socialmente assistiti ma non deresponsabilizzati.
E dal suo canto, la gestione pubblica dello strumento ne garantiva l'impiego da parte dei pubblici poteri
come incisiva forma di controllo sociale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 6. Origine e primi svolgimenti del sistema previdenziale: il principio
del rischio professionale
In Italia l'intervento dello stato venne riconosciuto necessario ma in via complementare, non sostitutiva
dell'iniziativa privata: cioè in una prospettiva, fin da allora di sussidiarietà.
A determinare tale caratteristica contribuì sicuramente la preesistenza nel nostro Paese di una ricca
esperienza di autoprotezione: quella delle società di mutuo soccorso e delle casse di risparmio.
Il primo concreto intervento statale, che segna ufficialmente l’introduzione delle assicurazioni sociali in
Italia e, quindi, la nascita del diritto della previdenza sociale, fu quello rappresentato dalla l. 80/98, che
avesse obbligatoria per i datori di lavoro del settore industriale l'assicurazione contro gli infortuni.
Che ciò si rese possibile perché si fece idealmente leva sul principio del rischio professionale: cioè, su di un
criterio di imputazione della responsabilità civile che, rivelatosi inadeguato alle nuove esigenze quello
tradizionale basato sulla colpa sul dolo, si fondava, in via oggettiva, sull'accollo del danno in capo chi tra i
vantaggi dall'attività in relazione al cui esercizio il danno si produce, ed astrattamente idoneo, quindi, a far
gravare sull'imprenditore la responsabilità di tutti i danni subiti dal lavoratore in occasione dello
svolgimento dell'attività lavorativa.
È evidente, però, che, nel momento stesso in cui la responsabilità si traduce in obbligo assicurativo, la carica
eversiva di detto innovativo criterio di imputazione veniva di fatto neutralizzata.
Tuttavia, fu proprio grazie a tale espediente concettuale che, come è stato osservato, si rese materialmente
possibile traghettare la reazione al danno da infortunio sul lavoro dai territori della responsabilità civile a
quello dell'assicurazione sociale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 7. Duttilità e versatilità: le ragioni della “fortuna” del modello
assicurativo
In epoca successiva sono gli stessi suindicati motivi e hanno favorito l'introduzione delle assicurazioni
sociali, ad averne decretata la perdurante fortuna.
La naturale duttilità della struttura "assicurativa" consente di far sì che l'onere finanziario complessivo possa
essere variamente distribuito tra le varie categorie direttamente interessate: salvo il dosaggio da parte del
legislatore, a seconda delle esigenze e delle circostanze, del sussidiario intervento della finanza statale, cioè
della solidarietà generale.
Lo strumento si fonda, si, su istanze di solidarietà, ma si prospetta idoneo anche alla costituzione e al
mantenimento di forme sostanzialmente "separate" di tutela, in una prospettiva di pluralismo previdenziale:
cioè, in una situazione che consente forme di i distinte e strutturate per categorie professionali.
Ma, per contrapposto l', il medesimo strumento si presta anche ad attrarre sotto un unico regime categorie
disomogenee.
È quanto è avvenuto, in particolare, con le categorie "sotto protette" dei piccoli imprenditori, la cui tutela
previdenziale, a partire dagli anni tra il 1957 e il 1966, è stata posta a parziale carico solidaristico della
gestione dei lavoratori subordinati: né è risultata accreditata, così, una visione intercategoriale del principio
di solidarietà.
Infine, fattore di detto protratto successo è anche la versatilità dell'assicurazione sociale: cioè la sua capacità
di farsi portatrice di contenuti "diversi".
Le caratteristiche di quel "modello" ne ha hanno consentito un agevole impiego anche come strumento di
politica economica.
È proprio tale versatilità ha consentito, per altro verso, di assumere il sistema delle pensioni come sede
elettiva, in aggiunta alla leva fiscale, per la politica di redistribuzione della ricchezza.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 8. Inquadramento sistematico e ambito soggettivo delle
assicurazioni sociali
È opportuno sottolineare, a questo punto, due aspetti caratterizzanti dell'inquadramento delle assicurazioni
sociali nel sistema della protezione sociale in generale.
In primo luogo, le assicurazioni sociali, pur essendo tradizionalmente destinate alla tutela sociale del lavoro
subordinato, non sono a questo pregiudizialmente legate.
In secondo luogo, va tenuto ben presente che dette assicurazioni sociali non esauriscono l'azione sociale
dello Stato.
Quanto al primo aspetto va considerato che irrilevante è, in via di principio, la qualificazione giuridica del
rapporto di lavoro concretamente interessato.
La tutela previdenziale è stata ben presto estesa ai piccoli imprenditori e, progressivamente, ai liberi
professionisti e ai lavoratori autonomi in genere.
In effetti, va ricordato come, in tempi recenti si sia realizzata la progressiva estensione della tutela
previdenziale innanzitutto a vicende che non coinvolgono la produzione del reddito, quale il danno
biologico, inserito da ultimo nell'ambito dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro; ma
anche ad attività non rivolte al mercato, come quella delle casalinghe o, più in generale, dei soggetti che
assumono responsabilità di cura del nucleo familiare.
Quanto al secondo aspetto è considerato come l'azione sociale dello Stato non si esaurisca nelle
assicurazioni sociali, ma sia parallelamente rivolta a garantire i diritti sociali al cittadino in sé considerato.
Ne risulta, così, costituito e definito l'ambito di un distinto settore di intervento di detta azione: quello
dell'assistenza sociale.
Le politiche di protezione sociale si realizzano anche attraverso misure diverse dalle prestazioni economiche
individualizzante (pensioni, assegni, rendite, indennità, sussidi), il circuito delle strutture pubbliche quali, in
particolare, le misure di prevenzione, l'erogazione di servizi a diretto carico finanziario dell'erario, l'si crediti
o esenzioni fiscali; e non soltanto attraverso strutture pubbliche, ma anche attraverso strutture ed iniziative
private (sia pur delegate o controllate o promosse dalla mano pubblica); o attraverso interventi destinati ad
incidere sulla stessa autonomia privata, come nei casi in cui, di fatto, la legge imponga al datore di lavoro
obbligazioni di natura prettamente sociale (così, ad esempio, la stessa prescrizione di "sufficienza" della
retribuzione).
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 9. Previdenza e assistenza: criteri distintivi e fattori di interazione
Già sulla base di quanto sin qui schematicamente esposto si può affermare che, da un punto di vista
strutturale, l'elemento distintivo e qualificante della "previdenza sociale", rispetto materie contigue tra le
quali l'assistenza sociale, è rappresentato da un dato apparentemente "estrinseco": l'assoggettamento a regole
di istituti giuridici appositamente concepiti e strutturati.
E tra questi ultimi predomina, naturalmente, l'assicurazione sociale.
Per altro verso, però, si pone il problema di come collocare quegli interventi di protezione sociale che si
realizzano fuori dalle strutture delle assicurazioni sociali.
È quanto avviene, in particolare, con l'assegno sociale (già pensione sociale) erogato dall'INPS.
E come collocare, per contrapposto, i regimi privati di previdenza complementare?
Le difficoltà non si superano neppure se ci si colloca nella prospettiva dei destinatari della tutela.
Infatti, si è già avuto modo di considerare come elemento definitorio dell'ambito dei "soggetti protetti" non
possa esser la semplice condizione di cittadino, ma non lo possa essere neanche quella di "produttore di
reddito da lavoro".
Il fatto è che solo considerando la struttura degli strumenti di intervento appare possibile identificare
elementi affidanti per la delimitazione della materia.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 10. La prospettiva finalistica: la sicurezza sociale
Invece, da un punto di vista finalistico e funzionale i vari interventi forme dell'azione sociale dello stato,
appartenendo ad una comune matrice, sono inevitabilmente destinati ad integrarsi e combinarsi l'un l'altro, di
modo che i bisogni, che, in ipotesi, non possano essere integralmente soddisfatti in un campo, possono
trovare compensazione nell'altro: in un contesto di sostanziale fungibilità di tecniche ed interventi.
Alla luce di tali considerazioni risulta più facile giustificare il fatto che, storicamente, a più o meno
contingenti occasioni di contrazione del ruolo delle assicurazioni sociali abbia fatto e faccia da contrappeso
un estensione degli interventi di assistenza sociale e, dunque, un maggiore impegno della finanza erariale.
Tale articolata e composita situazione, risultante dal concorso di forme diverse e in reciproca interazione
dell'azione sociale dello Stato, va comunemente sotto il nome di sicurezza sociale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 11. Il disegno costituzionale: la concezione dualistica e monistica
nella previdenza sociale
Per effetto dei precetti costituzionali, la tutela di chi versa in condizioni di bisogno è destinataria di una
garanzia "forte", espressiva di una esigenza solidaristica, e trova realizzazione non già attraverso una attività
graziosa della pubblica amministrazione, bensì attraverso il riconoscimento in capo a ciascun interessato di
diritti soggettivi e prestazioni specifiche (cosiddetti diritti pretensivi).
Tuttavia, pur convenendosi sull’avvenuto accoglimento da parte del costituente dell'idea della sicurezza
sociale, si dividono in campo due diverse concezioni circa il modello secondo il quale il costituente abbia
recepito detta idea.
A quella che fa leva sul connotato tradizionale, e considera il modello attuativo di tale obiettivo come la
risultante dell'integrazione tra iniziative dei privati e iniziative dei pubblici poteri e postula, dunque,
un'interpretazione dualistica dell'art. 38 Cost., si contrappone alla concezione monistica, secondo la quale,
proprio alla luce di quegli stessi precetti costituzionali, il concreto modello operativo postula un servizio
pubblico concettualmente unitario, destinato alla soddisfazione dei bisogni essenziali di tutti i cittadini: con
conseguente assunzione dell'intero carico finanziario relativo da parte dell'erario.
Al di là dei concreti termini di quella polemica, alla luce delle più recenti esperienze appare difficilmente
contestabile che la garanzia di libertà dal bisogno richieda l'adozione da parte dell'ordinamento di iniziative
di carattere positivo, indirizzate ad un fine specifico.
Così com'è non sembra contestabile il fatto che, attraverso la realizzazione dei diritti sociali dei singoli,
trova soddisfazione un interesse pubblico, sicché la soddisfazione dell'uno è, in qualche modo, strumentale
alla soddisfazione degli altri.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 12. L’opzione per il modello "aperto" nel diritto della previdenza
sociale
Tuttavia quanto sopra non implica anche, come sembra altrettanto evidente, pregiudiziale monopolio da
parte della struttura pubblica degli strumenti per il perseguimento dell'obiettivo.
Deve restare ferma, peraltro, la garanzia pubblica: ai compiti in questione devono provvedere "organi ed
istituti predisposti o integrati dallo Stato", dispone, infatti, l'art. 38 Cost.
Nella suddetta prospettiva può assumersi, in conclusione, che il modello prefigurato in proposito dalla
Costituzione e un modello "aperto".
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 13. Centralità del “rapporto previdenziale”
È proprio la matrice assicurativa del diritto della previdenza sociale ad aver contribuito a determinare
l'assunzione del "rapporto giuridico previdenziale" h nozione centrale del sistema previdenziale.
Detta nozione sconta l'origine contrattuale delle forme di protezione sociale dei lavoratori e la ideale
riconduzione delle assicurazioni sociali ad un modello che presuppone una interdipendenza tra obbligo
contributivo e diritto alla prestazione.
Tale è, d'altra parte, l'indicazione che appare doversi ricavare dalle norme che il codice civile dedica
specificamente alla materia della previdenza obbligatoria.
L’art. 1886 c.c. dispone che in mancanza di norme speciali, anche alle assicurazioni sociali si applica la
disciplina che il diritto privato riserva le assicurazioni; l’art. 2110 c.c. che stabilisce le provvidenze a favore
del lavoratore in caso di sospensione del rapporto per infortunio, malattia, gravidanza o puerperio.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 14. L’apporto del diritto comunitario nel diritto della previdenza
sociale
Non si può omettere di ricordare l'apporto del diritto comunitario.
Sebbene la sicurezza sociale non sia considerata nel Trattato di Roma del 1957, istitutivo della Comunità
economica europea, come oggetto di autonomo e specifico intervento comunitario, ma, piuttosto, come
mezzo di garanzia della libera circolazione delle forze di lavoro, e dunque come "strumento" per la
realizzazione di tale fondamentale obiettivo, l'avvento di una disciplina è di un ordinamento comunitari ha
avuto ed ha un grande rilievo per lo svolgimento della disciplina nazionale in materia di previdenza sociale.
Nel Trattato la materia qui in esame viene presa in considerazione essenzialmente sotto i due profili del
coordinamento e dell'armonizzazione.
Il coordinamento delle varie discipline nazionali l'obiettivo che il Trattato si propone, in funzione
dell'esigenza di assicurare la libera circolazione dei lavoratori.
Invece, l'azione di armonizzazione ha come obiettivo quello di promuovere il miglioramento e delle
condizioni di vita di lavoro, attraverso una opportuna politica sociale, da concordarsi tra i paesi membri, ed
un ravvicinamento delle rispettive discipline nazionali.
L'azione sociale della Comunità, comunque, interviene soltanto quando e nella misura in cui gli obiettivi di
quell'azione non possano essere sufficientemente realizzati in via diretta dagli Stati membri, oppure quando
possano essere realizzati meglio a livello comunitario (principio di sussidiarietà).
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 15. La nozione di "rapporto previdenziale"
Con l'espressione "rapporto previdenziale" si è soliti far generico ed omnicomprensivo riferimento a quel
complesso di situazioni, attive e passive, strumentali o finalistiche, ad efficacia immediata o ad efficacia
differita, le quali, pur non essendo diretta espressione del rapporto di lavoro o della disciplina giuridica
dell'attività lavorativa, in genere, trovano nello svolgimento del lavoro la loro giustificazione sostanziale.
L'obiettivo finale e comune è la tutela di chi, esercitando un’attività lavorativa, venga a trovarsi in
condizioni che pregiudicano o interrompono la normale prosecuzione di quella attività e, comunque, il
reddito da essa ricavabile.
Lo Stato, avvalendosi di quei particolari istituti giuridici, che sono le assicurazioni sociali, e dell'opera di
appositi organismi strumentali alla propria azione, gli enti previdenziali, provvede ad allestire, su di un
versante "esterno" al rapporto di lavoro, forme e strumenti di tutela degli interessi di chi vive del proprio
lavoro.
Il riferimento al rapporto giuridico previdenziale, però, rivela tutta la sua intrinseca complessità e
problematicità quando si voglia dar conto di quanto specificamente lo caratterizza, e cioè della intima
struttura, della sua relazione con l'attività lavorativa e con le relative tipologie, delle caratteristiche di quanto
ne costituisce l'oggetto.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 16. Il rapporto intercorrente tra enti previdenziali e soggetti protetti
Dal punto di vista tecnico, la condivisione della più moderna concezione implica il riconoscimento anche di
una sostanziale divaricazione materiale e giuridica tra il "momento" contributivo e il "momento"
dell'erogazione delle prestazioni.
È, infatti, soltanto attraverso quest'ultimo che, insieme al diritto dei soggetti protetti, trova effettiva
soddisfazione l'interesse pubblico, e si realizza, dunque, l'obiettivo finale del servizio alla collettività.
L'altro, invece, svolge un ruolo essenzialmente strumentale, perché funge da mezzo per la "provvista" delle
risorse finanziarie del sistema stesso.
Il fatto che "il rapporto giuridico previdenziale", cui riconoscere una peculiare fisionomia ed una
indiscutibile centralità nel sistema, sia quello intercorrente tra gli enti previdenziali ed i soggetti protetti per
l'erogazione delle prestazioni, di per sé non esclude la possibilità di riconoscere l'appartenenza alla
medesima categoria concettuale anche al rapporto che ha ad oggetto l'obbligazione contributiva (oltre a
comportamenti strumentali all'adempimento di questa, come subito vedremo), o, addirittura, al rapporto
intercorrente con un ente non previdenziale.
Tale distinto rapporto, infatti, se anche non impostato sulla base di un nesso di stretta interdipendenza
giuridica rispetto all'altro, ha sicuramente con quello una comunanza di fine.
Tra i due suddetti rapporti elementari, dunque, sussiste, per questo primo motivo, una innegabile
interrelazione, dalla quale non può prescindersi nell'analizzare il complessivo fenomeno.
Ma oltre a ciò rileva anche un ulteriore aspetto del medesimo fenomeno: quello relativo al momento
costitutivo di ciascuno dei due suddetti "rapporti elementari".
Il rapporto intercorrente tra enti previdenziali e soggetti protetti può essere denominato anche rapporto
erogativo, quantomeno per contrapporlo al rapporto che assicura la "provvista", cioè al rapporto
contributivo.
Ebbene, detto rapporto, in realtà, nonostante quanto possa apparire, non si instaura nel momento in cui
maturano i requisiti del diritto a quelle prestazioni, ma in un momento precedente.
Ed in effetti è necessario distinguere tra il vincolo (cioè il rapporto) e i suoi effetti (l'acquisizione del diritto
alle prestazioni e il relativo godimento) e, soprattutto, tra il momento costitutivo del primo e il momento in
cui vengono a maturazione i secondi.
Il vincolo, cioè il "rapporto", si instaura ben prima dell'effetto finale: e tanto risulta da quelle situazioni in
cui la legge riconosce al soggetto potenziale destinatario della prestazione posizioni giuridiche attive,
sicuramente "strumentali", ma tuttavia configurabili come veri e propri diritti soggettivi, cui si
contrappongono, a carico degli enti previdenziali, obblighi legalmente coercibili.
Per il momento, basti qui far riferimento, esemplificativamente, all'obbligo, che grava sull'ente
previdenziale, di comunicare al lavoratore i dati relativi alla propria posizione previdenziale e pensionistica
e alla relativa responsabilità contrattuale in caso di informazioni inesatte; o al diritto del lavoratore di
pretendere che l'ente previdenziale faccia valere (nei confronti del datore) il proprio credito contributivo,
onde evitarne la prescrizione.
Si tratta di relazioni che non avrebbero senso e giustificazione alcuna se non potessero essere considerate
espressione di un rapporto tra gli stessi già costituito: il "rapporto erogativo".
In conclusione si deve considerare superata la configurabilità di un "rapporto giuridico previdenziale" di
struttura trilaterale e, dunque, "unico".
Ma, nello stesso tempo, si deve anche riconoscere che, sul lato delle erogazioni, "rapporto previdenziale"
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della non è "unicamente" quello che ha ad oggetto le prestazioni previdenziali, bensì l'intero "programma" e di
prestazioni e controprestazioni o, più in generale, di posizioni attive e passive, strumentali o meno, al carico
delle parti del rapporto stesso.
Va preso atto che il fenomeno giuridico che qui si considera è caratterizzato dalla concorrenza di una
pluralità di rapporti, i quali, nel complesso, si richiamano ad un’unica matrice concettuale ed ad un'unica
finalità.
Ad essi, per questo motivo, va riconosciuta una reciproca interconnessione.
All'esame di tale articolata varietà di tipi, di contenuti e di reciproche interrelazioni, sono destinate le pagine
che seguono.
A detto esame, tuttavia, non appare opportuno dedicarsi senza aver prima dato brevemente conto di quanto
sta "intorno" ai rapporti in questione: cioè dell'ambito dei soggetti protetti e delle strutture e dei mezzi
attraverso i quali a quelli si provvede.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 17. La struttura "complessa" del rapporto giuridico previdenziale
Il principale fattore che concorre a rendere problematica la definizione del rapporto previdenziale si collega
con l'origine stessa della previdenza sociale: cioè con il momento in cui, sul finire del 1800, è stata operata
la scelta a favore dell’impostazione assicurativa.
Le assicurazioni sociali, infatti, hanno palesemente mutato dalle assicurazioni commerciali l'interdipendenza
tra pagamento del contributo (lì del premio) e diritto alle prestazioni. Si
Significativa, d'altra parte, è la perdurante applicabilità ad esse, sia pure in via residuale, della disciplina
generale delle assicurazioni.
Era quasi inevitabile che il rapporto giuridico previdenziale venisse qualificato quale rapporto "trilaterale":
cioè intercorrente tra un assicurato (il lavoratore subordinato), un assicurante (il datore di lavoro) è un ente
assicuratore (l'ente previdenziale).
In realtà, quella concezione, così come la stretta logica "assicurativa" del sistema previdenziale, appaiono
storicamente datate e ormai largamente superate.
Infatti, l'evoluzione della legislazione ordinaria, ma, soprattutto, i nuovi valori costituzionali, rendono
evidente il collegamento ideale della struttura dei lavoratori ad un'esigenza di carattere pubblico, rispetto
alla quale la soddisfazione degli interessi individuali rileva essenzialmente come mezzo, piuttosto che come
fine.
È evidente come, a differenza della concezione tradizionale o assicurativa, quella per così dire
"pubblicistica" concettualmente postuli un limite al livello di protezione sociale garantito dall’art. 38 Cost.:
precisamente il limite rappresentato dalla rilevanza sociale dell'interesse da soddisfare (o stato di bisogno cui
reagire), oltre il quale la garanzia costituzionale non si spinge, non avendo più reale giustificazione.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 18. Le parti del rapporto previdenziale: i soggetti protetti
Pur essendo innegabilmente a vocazione universalistica, il sistema delle assicurazioni sociali ha fatto fatica
diffondersi oltre i confini del lavoro subordinato.
Solo molto di recente la "previdenza sociale" è pervenuta ad abbracciare tutte le manifestazioni dell'attività
produttiva dell'uomo.
Per la verità, il fenomeno previdenziale, per la connessione con determinate situazioni di rischio e con
determinate categorie professionali e relative strutture organizzative, si è voluto in maniera frammentaria e
con profondo difformità di ambiti e discipline.
In effetti, si deve dare atto che, fin dalle origini, la tutela previdenziale è stata prevalentemente rivolta a
favore del lavoro subordinato.
L'estensione esplicita al lavoro autonomo si è realizzata soltanto per quelle categorie che, per la particolare
debolezza socio-economica, potevano essere considerate del tutto contigue, nella materialità dei fatti, al
lavoro subordinato.
Comunque, il processo di generalizzazione della tutela previdenziale al lavoro autonomo è stato assai lento
ed incerto.
Soltanto in anni recenti, infatti, si è concretizzata la scelta di attrarre nel medesimo ambito protettivo tutti i
produttori di reddito di lavoro, genericamente considerati.
Ed, infatti, in aggiunta alle ipotesi risalenti di lavoro associato, di attività piccolo-imprenditoriale, di attività
libero professionale, l'obbligo assicurativo è stato progressivamente esteso ai lavoratori autonomi cosiddetti
parasubordinati, e, più in generale, ai "soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non
esclusiva, attività di lavoro autonomo", agli incaricati delle vendite a domicilio, ai promotori di servizi
finanziari, ecc…
La legge di riforma pensionistica del 1995 ha esteso il sistema delle assicurazioni sociali a quelle categorie
di liberi professionisti forniti di albo ma fino a quel momento prive, a differenza delle categorie storiche
(notai, avvocati, commercialisti, ingegneri, medici, ecc…), di un’autonoma cassa di previdenza e, dunque,
prive di una specifica tutela sociale. Il
E la tutela è stata in prosieguo estesa persino a categorie non produttrici di reddito diretto (come le
casalinghe) generatrici di lavoro non destinato al mercato, ma di ricchezze indirette.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 19. Organizzazione dello Stato e ripartizione di competenze in
materia previdenziale
Sebbene non si è escluso nel settore l'intervento dei privati, si può affermare che nell'ordinamento vigente la
previdenza e l'assistenza sociali sono concepiti come compiti specifici e necessari dello Stato nelle sue
articolazioni.
All’iniziativa privata è riservato un ruolo meramente complementare, anche quando ne siano previste e
regolamentate per legge le modalità costitutive e di intervento.
Per la ripartizione delle competenze, sia legislative che amministrative, fondamentale è quanto disposto
dall’art. 117 Cost.
La potestà legislativa in materia di previdenza sociale da quella norma costituzionale è attribuita in via
esclusiva allo Stato.
Le Regioni, invece, hanno potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute e in materia di
previdenza complementare e integrativa.
A livello statale le funzioni di amministrazione attiva e di vigilanza in materia di sicurezza sociale sono
ripartite tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'economia delle finanze, il
Ministero della salute e il Ministero degli interni.
Le funzioni amministrative sono attribuite a Comuni, Province e Città metropolitane, oltre che alle Regioni e
allo Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 20. L’organizzazione amministrativa in merito alla previdenza
sociale
In concreto, l’organizzazione amministrativa attraverso la quale vengono materialmente assolti i compiti di
previdenza sociale è articolata per enti.
Concorre, innanzitutto, a formare detta organizzazione amministrativa per enti un ordinamento su base
istituzionale affidato in prevalenza ad enti pubblici.
Questo si compone di un regime generale, il quale comprende sia l'assicurazione generale dei lavoratori
subordinati del settore privato, che le connesse gestioni speciali delle categorie di lavoratori autonomi;
nonché di più regimi, definiti speciali (fondi speciali o sostitutivi o integrativi) rispetto a quello.
Strutturati su base prevalentemente associativa sono, viceversa, enti distinti dai suddetti, che gestiscono
specifici regimi di categoria, o fondi autonomi.
Si tratta in gran parte di enti che, dopo essere stati pubblici, hanno acquisito soggettività privata.
Va segnalato, infine, come in alcuni casi particolare la legge abbia affidato la tutela addirittura ai fondi
aziendali di determinate imprese (ovviamente per il relativo personale), con esonero, quindi, delle stesse
dall'obbligo dell'assicurazione sociale (cosiddetti fondi esonerati), o direttamente alle imprese stesse
(cosiddetti fondi esclusivi), per lo più banche e istituti di assicurazione in quanto in condizioni di poter
assicurare agli iscritti una tutela almeno equivalente a quella del regime generale obbligatorio.
Espressione di detto "frazionamento" e degli interessi che lo hanno determinato è il cosiddetto pluralismo
previdenziale.
Con l'assetto organizzativo ripartito per categorie si intreccia, comunque, un assetto organizzativo ripartito
per eventi.
Esemplare, a tal proposito, è la tutela contro gli infortuni e le malattie professionali.
Infine, per effetto dell'assunzione della previdenza integrativa o complementare tra le componenti strutturali
del sistema previdenziale, oramai si deve tener conto anche dell'altro "pilastro" di quel sistema,
rappresentato dalle forme di organizzazione privata della previdenza sociale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 21. Gli enti previdenziali e i loro compiti
Attualmente, all'esito di un processo di sfoltimento e razionalizzazione operano, quali "enti necessari", oltre
l'istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), l’istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL) e l’istituto nazionale di previdenza per i dipendenti delle pubblica
amministrazioni (INPDAP), che sono i principali, le varie casse nazionali di previdenza e assistenza dei
liberi professionisti, le casse marittime (trasformate nell’IPSEMA), gli enti nazionali di previdenza e di
assistenza degli impiegati dell'agricoltura (ENPAIA), dei rappresentanti di commercio (ENASARCO),
l’istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI), l’ente di previdenza dei lavoratori dello
spettacolo (ENPALS).
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 22. Funzione dell'INPS
Dei tre principali enti pubblici previdenziali, merita di essere ricordato, innanzitutto, per la vastità dei
compiti e il numero degli iscritti, l'INPS.
Detto istituto provvede, tramite distinte assicurazioni, alla tutela per i casi di invalidità, vecchiaia e di morte
per i lavoratori subordinati (con distinte gestioni, per alcune categorie di lavoratori autonomi), di
disoccupazione involontaria, di tubercolosi, nonché per le assicurazioni facoltative, individuali e collettive
per l'invalidità e la vecchiaia; eroga, altresì, l'assegno sociale ai cittadini ultrasessantacinquenni sprovvisti di
reddito, l'assegno per il nucleo familiare, la pensione alle casalinghe e, più in generale, per le persone che
svolgono lavori non retribuiti derivanti da responsabilità familiari, l'integrazione dei guadagni, l'indennità di
mobilità, nonché le prestazioni economiche di malattia sia già erogate dall’INAM, poi soppresso, e dalle
altre parimenti disciolte casse mutue, le prestazioni assistenziali di invalidità civile per conto dello Stato, e,
tramite il Fondo di garanzia, il trattamento di fine rapporto e le ultime mensilità di retribuzione in caso di
insolvenza del datore di lavoro.
A decorrere dal 1996, alle tre gestioni speciali per i piccoli imprenditori (coltivatori diretti, coloni e
mezzadri, artigiani, commercianti) si è aggiunta un ulteriore gestione separata (cosiddetta "quarta gestione")
per l’assicurazione dei soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di
lavoro autonomo, dei lavoratori parasubordinati, degli incaricati alla vendita a domicilio, degli esercenti
attività di lavoro autonomo occasionale, degli associati in partecipazione.
Il regime previdenziale gestito dall'INPS è definito generale, in quanto si riferisce tendenzialmente a tutti i
lavoratori subordinati con contratti di lavoro di diritto privato, ai dipendenti pubblici del parastato, alle
suindicate categorie di lavoratori autonomi, ai precari dello Stato, alle categorie di liberi professionisti prive
di un proprio regime previdenziale.
Tuttavia, per alcune categorie "forti" di lavoratori quella medesima tutela viene gestita da soggettività
giuridiche distinte, che operano con fondi sostitutivi dell'INPS (così per i giornalisti l’INPGI e per i
lavoratori dello spettacolo l’ENPALS).
L’INPS, tuttavia, conserva la gestione delle assicurazioni "minori", cioè quelle per la disoccupazione, per la
tubercolosi, ecc…
L’organizzazione amministrativa dell'ente è centrale e periferica, strutturata, per quanto riguarda la seconda,
in unità funzionali a competenza territoriale.
Di particolare rilievo e importanza sono i poteri di controllo, vigilanza e accertamento che la legge ha
attribuito agli addetti al servizio di vigilanza dell'INPS.
Le varie competenze dell'ente, come già anticipato, sono accorpate in gestioni, dotate di propria autonomia
economico-patrimoniale nell'ambito della gestione complessiva: il Fondo pensioni lavoratori dipendenti (per
l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti); la Gestione prestazioni
temporanee ai lavoratori dipendenti (e per l'assicurazione contro la disoccupazione e quella contro la
tubercolosi e, gli assegni familiari, le integrazioni salariali, le indennità di mobilità, il Fondo di garanzia per
il trattamento di fine rapporto, i trattamenti economici di malattia e di maternità, ecc...); le Gestioni speciali,
già ricordate; la Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali o GIAS, che
provvede alle prestazioni, in tutto o in parte, assistenziale.
L'INPS, infine, gestisce alcuni fondi speciali di previdenza (dei quali una parte "integrativi"
dell'assicurazione generale obbligatoria, altri "sostitutivi").
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 23. Funzione dell’INPDAP
L’INPDAP si pone, sul versante dell'impiego pubblico, come omologo dell'INPS.
Detto ente gestisce i regimi pensionistici, rispettivamente, dei dipendenti dello Stato, degli enti locali e
assimilati, dei sanitari ospedalieri, degli insegnanti di asilo e scuole elementari parificate, degli ufficiali e
aiutanti ufficiali giudiziari.
A tale ente sono stati trasferiti anche i compiti degli enti già deputati ad erogare ai dipendenti pubblici dei
vari settori le prestazioni di fine servizio, contestualmente soppressi.
All’INPDAP sono iscritti anche i dipendenti di alcuni enti del parastato che hanno esercitato il diritto di
opzione a favore dell'iscrizione a tale istituto, anziché all'INPS.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 24. Funzione dell’INAIL
Anche l’INAIL si struttura operativamente su base centrale e periferica.
L'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali da esso gestita, si articola nelle
gestioni dell'industria, dell'artigianato, del terziario e delle attività varie.
L'ente ha competenza generale, tanto nel settore privato che in quello pubblico, salvo che per alcune
categorie.
Menzione meritano, infine, le soggettività private, cui la legge attribuisce compiti essenziali nel settore.
In proposito, vanno ricordati, innanzitutto, gli enti privatizzati, cioè gli enti previdenziali di categoria, quali
l'INPGI, per i giornalisti, e le varie casse dei liberi professionisti, i quali, sebbene non più pubblici,
mantengono inalterato il compito di realizzare la garanzia di cui all'art. 382 Cost. a favore delle rispettive
categorie.
Di categoria, o addirittura di impresa, sono poi i fondi di previdenza complementare.
Per completezza, infine, vanno ricordati gli Istituti di patronato e di assistenza sociale, persone giuridiche di
diritto privato costituite per l'esercizio, in forma gratuita, dell'assistenza dei lavoratori e dei loro aventi
causa, all'atto della richiesta in sede amministrativa delle prestazione di qualsiasi genere previste da leggi,
statuti e contratti regolanti la previdenza ha e l'assistenza sociali in genere.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 25. Funzioni e contenuto del rapporto di previdenza sociale
La funzione delle prestazioni di competenza degli istituti di previdenza sociale consiste non già nella
eliminazione di un danno, sia pure convenzionalmente valutato (concezione indennitaria), ma,
essenzialmente, nella reazione ad una situazione di bisogno socialmente rilevante.
Il bisogno, proprio perché deve essere "socialmente rilevante", va inteso come stato di carenza di beni
essenziali della vita.
Esso, dunque, non deve necessariamente essere oggetto di un accertamento individualizzato, ma è
sufficiente che sia apprezzato sulla base di criteri convenzionalmente predeterminati.
D'altra parte, l'obiettivo di protezione sociale può essere realizzato anche attraverso la combinazione di
forme di tutela individualizzante, quelle che si concretizzano attraverso l'erogazione delle prestazioni
economiche proprie delle assicurazioni sociali, e forme varie di tutela non individualizzata, o servizi resi alla
cittadinanza.
Ed, anzi, il trend evolutivo del complessivo sistema di welfare appare sempre più indirizzato verso
un'equilibrata combinazione di dette due essenziali tipologie di intervento.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 26. La nozione di: stato di bisogno, eventi protetti, rischio
Lo stato di bisogno, cui l'ordinamento previdenziale dà rilievo e offre tutela, non è "generico": tale è soltanto
quello che consegue al verificarsi dei cosiddetti eventi protetti.
"Eventi protetti" sono sicuramente quelli espressamente indicati dall’art. 382 Cost.: l'infortunio, la malattia,
l'invalidità, la vecchiaia, la disoccupazione.
Ciò non vuol dire che, tuttavia, che a detta elencazione possa essere riconosciuto valore tassativo.
Ormai da tempo sono acquisite alla coscienza sociale forme di tutela ulteriori, riconosciute dalla legislazione
ordinaria quali: la tutela previdenziale dei familiari superstiti di lavoratore assicurato; la tutela di quella
particolare situazione generatrice di bisogno, che è rappresentata dai carichi di famiglia; quella che
garantisce dall'insolvenza del datore di lavoro i crediti retributivi (cioè redditi già maturati) dei lavoratori.
Tale progressiva estensione della tutela previdenziale ad eventi ulteriori e diversi, rispetto a quelli, per così
dire "tradizionali" o, comunque, espressamente nominati dalla norma costituzionale, è indice dello sviluppo
col di più accentuata sensibilità nei confronti di particolari situazioni di rilevanza collettiva.
Proprio per che l'"evento" viene considerato (cioè protetto) in quanto fatto obbiettivo che genera un bisogno
socialmente rilevante, è ad esso estraneo il concetto di rischio.
Invero, non ha ragione di trovare applicazione nella materia previdenziale la disposizione di diritto comune
che dichiara nullo il contratto di assicurazione, se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima
della conclusione del contratto stesso.
Quindi, la precostituzione al rapporto assicurativo previdenziale della condizione oggettiva (o evento),
prevista dalla legge, cosiddetto rischio precostituito, non rende nullo il rapporto è di per sé non impedisce,
conseguentemente, il godimento delle prestazioni previdenziali da parte dell'assicurato.
Per le stesse ragioni di rilevanza obiettiva dello stato di bisogno socialmente rilevante, il diritto alla tutela
non resta impedito, in via di principio, dal fatto che a determinare l'evento considerato abbiano concorso
fatti colposamente provocati od aggravati dall'assicurato stesso.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 27. Il problema dell’adeguatezza delle prestazioni previdenziali
Ai sensi dell'art. 38 Cost., oggetto della tutela sono i mezzi adeguati: cioè prestazioni che siano di
caratteristiche ed entità tali da soddisfare, nel loro complesso, le esigenze di vita del lavoratore e della sua
famiglia.
Si deve ritenere che la prestazione adeguata sia l'oggetto della garanzia costituzionale attraverso la quale si
soddisfa una istanza di sollievo dal bisogno e, insieme, di promozione sociale: in sostanza un interesse non
esclusivo dell'immediato destinatario, bensì assunto e condiviso da tutta la collettività organizzata a Stato.
Le difficoltà che si incontrano nel determinare in concreto l’adeguatezza sono l'effetto combinato della
oggettiva relatività del termine e di una certa ambiguità della norma che lo contiene.
Sembra certo, comunque, che la suddetta garanzia, sebbene non limitata alle prestazioni di mera sussistenza,
non possa estendersi fino al punto di postulare un trattamento strettamente rapportato al livello retributivo
raggiunto.
Infatti, anche se è lo stesso rilievo istituzionale del lavoro a reclamare che i pensionati vengano trattati
secondo il "merito" maturato da "cittadini attivi", il rilievo del profilo meritocratico può essere solo
tendenziale, posto che la ratio della norma costituzionale esprime al proposito non è quella della
"conservazione", bensì, come già esposto, di sostegno e promozione sociale (dunque di "redistribuzione").
Il problema concettuale della "prestazione adeguata", dunque, va affrontato essenzialmente all'interno dello
"specifico" previdenziale: cioè, restando rigorosamente all'interno della logica degli artt. 2 e 3 Cost.
(principio di solidarietà e di parità sostanziale), cui l'art. 382 Cost. idealmente si collega.
Nei fatti, peraltro, il problema è stato affrontato e risolto dal legislatore ordinario con molto pragmatismo.
In numerosi, rilevanti casi, infatti, la legge ordinaria risulta protesa a garantire la conservazione del livello di
reddito raggiunto durante il periodo di normale svolgimento della vita lavorativa.
Tanto si verifica, ad esempio, nella disciplina dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, in quella di
tutela della disoccupazione, ma, soprattutto, nel sistema delle pensioni.
Il legislatore, comunque, si preoccupa di garantire nel tempo e nell'oggetto l’effettività della tutela.
A garantire l'effettività nel quantum delle prestazioni economiche ha storicamente provveduto l’integrazione
al minimo delle prestazioni pensionistiche, che consiste essenzialmente in ciò: quando il periodo
assicurativo è particolarmente breve, o ridotto l'apporto contributivo, viene comunque assicurato un importo
minimo della pensione, a patto che, ovviamente, ricorrano i minimi assicurativi e di contribuzione; e,
comunque, l'assicurato non sia titolare di redditi annui rilevanti ai fini IRPEF, di importo superiore a un
determinato limite, perché ciò, escludendo lo stato di bisogno, renderebbe ingiustificato l'intervento
solidaristico.
Invero, la riforma pensionistica del 1995 ha abolito detta misura: il ruolo già svolto dell'integrazione al
minimo dovrebbe essere assicurato, d'ora in poi, dall'assegno sociale, cioè dalla prestazione pensionistica di
natura assistenziale che viene riconosciuta a tutti i cittadini (lavoratori e non) ultrasessantacinquenni che
siano sprovvisti di reddito.
Il secondo strumento diretto a garantire l'effettività della tutela, questa volta nel tempo, è rappresentato dalla
perequazione automatica dell'importo delle prestazioni economiche alle variazioni del costo della vita.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 28. Il ruolo dei regimi di previdenza complementare
Nell'ambito del processo di riforma previdenziale realizzato nel corso degli anni '90, il legislatore ha assunto
una scelta particolarmente innovativa: incardinare le forme di previdenza complementare nel sistema
pensionistico generale, come sua componente strutturale.
In tal modo a detta forma di previdenza, nel momento stesso in cui è stata chiamata a concorrere alla
realizzazione dell'obiettivo di cui all'art. 382 Cost., cioè a rendere effettiva l'adeguatezza della tutela, sono
stati formalmente riconosciuti ruolo e dignità corrispondenti a quelli della previdenza di base.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 29. L’automatica costituzione dei rapporti previdenziali
Il momento costitutivo delle relazioni giuridiche di natura previdenziale è unico ed automatico:
precisamente, il momento stesso in cui si costituisce il rapporto di lavoro subordinato o ha inizio l'attività
lavorativa autonoma.
Tali situazioni, infatti, sono dalla legge considerati come presupposto fattuale necessario e sufficiente per
l'instaurarsi di quella situazione complessa che, appunto, va sotto il nome di "rapporto previdenziale".
Ciò è quanto si intende esprimere, quando si dichiara che rapporto previdenziale è obbligatorio: determina la
costituzione di detto rapporto non un atto di volontà, bensì il materiale verificarsi del fatto presupposto dalla
legge.
L'intervento di uno specifico atto dell'ente previdenziale, che "certifichi", in qualche modo, l'assicurazione,
assume mero valore ricognitivo di un rapporto la cui costituzione è già venuta.
Quanto sopra vale per il rapporto contributivo: esso incontestabilmente insorge, appunto, nel momento
stesso in cui inizia l'attività lavorativa.
Ma altrettanto vale anche per il rapporto che ha ad oggetto finale l'erogazione delle prestazioni: il rapporto
erogativo.
Oggi si è reso manifesto che i soggetti protetti dal sistema previdenziale risultano destinatari di forme di
protezione, per così dire, "intermedie", rispetto a quella "finale" rappresentata dall'erogazione della
prestazione previdenziale "istituzionale".
Quanto qui si sta esponendo naturalmente riguarda soltanto il rapporto previdenziale di base, non anche la
rapporto previdenziale complementare, la cui costituzione è, viceversa, subordinata a un atto di autonomia
privata (cioè facoltativo), che risponde a logiche in gran parte diverse.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 30. Il principio di automaticità delle prestazioni e il suo fondamento
Tra il rapporto avente ad oggetto le prestazioni di rapporto avente ad oggetto la contribuzione non sussiste
uno stretto nesso di interdipendenza: nel senso che il diritto alle prestazioni matura (almeno in via di
principio) anche in assenza di puntuale adempimento all'obbligazione contributiva.
In altri termini, l'ente previdenziale non può porre al lavoratore, quale soggetto protetto, l'inadempimento
contributivo del datore di lavoro.
Ciò è quanto suole esprimersi quando si invoca il principio di automaticità delle prestazioni.
Originariamente introdotto nell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e
progressivamente estesa, la regola dell'automaticità delle prestazioni acquisite effettiva rilevanza generale
solo quando la sua operatività è stata riconosciuta anche nell’assicurazione generale per l'invalidità, la
vecchiaia e la morte gestita dall'INPS.
Peraltro, seppure esteso a tutte le forme di tutela, il principio di automaticità delle prestazioni previdenziali
resta appannaggio del solo lavoro subordinato.
All'applicazione di detto principio, infatti, rimane estranea, per una evidente giustificata ragione di
autoresponsabilità, la vasta platea dei lavoratori autonomi.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 31. Limiti del principio di automaticità e relativi rimedi
Va, però, tenuto conto anche del fatto che il principio di automaticità delle prestazioni non ha valenza
assoluta, neppure laddove esso propriamente opera.
Il principio in esame, infatti, trova attuazione solo all'interno dell'arco temporale di prescrizione dei
contributi.
In altri termini, l'ente previdenziale, pur non potendo, in via generale, opporre al lavoratore l'inadempimento
contributivo del datore, può opporre gli effetti di quell'inadempimento relativamente ai contributi per i quali,
nel frattempo, sia decorso il termine di prescrizione; anzi, deve opporli dato il principio di irricevibilità dei
contributi prescritti.
Tale limite al principio di automaticità non ha motivo di essere avvertito per tutte quelle prestazioni
previdenziali, il diritto alle quali non sia subordinato al raggiungimento di una determinata anzianità
assicurativa o contributiva (o, comunque, sia subordinato ad un requisito di anzianità assicurativa e
contributiva di durata inferiore al termine di prescrizione).
Diversamente accade, invece, per le prestazioni pensionistiche.
L'effettività del principio risulta comunque sensibilmente rafforzata anche nel regime generale
dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, per effetto della norma ai sensi
della quale in caso di assoggettamento del datore di lavoro a procedura esecutiva concorsuale, il lavoratore,
purché abbia fornito la prova con "documenti di data certa" della effettiva esistenza e della durata del
rapporto di lavoro, può richiedere all'istituto di previdenza che, "ai fini del diritto e della misura delle
prestazioni, vengano considerati come versati i contributi omessi e prescritti".
Tale rafforzamento, tuttavia, è subordinato al previo infruttuoso esperimento nei confronti dell'imprenditore
dell'azione di risarcimento del danno per mancata o irregolare contribuzione, o alla mancata costituzione da
parte di costui della rendita vitalizia prevista dalla norma speciale.
Detta disciplina viene riservata ai soli lavoratori dipendenti da imprese soggette a procedure concorsuali.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 32. La relazione tra obbligazione contributiva e trattamento
previdenziale
Come risulta dal suddetto principio di automaticità delle prestazioni, non sussiste un rapporto sinallagmatico
tra obbligo contributivo e diritto alle prestazioni.
D'altronde, stante il fatto che la gestione finanziaria del sistema è basata sul criterio della ripartizione, la
spesa pensionistica corrente viene affrontata con la contribuzione corrente, il cui carico, dunque, viene
opportunamente calibrato è ripartito sugli attivi in relazione a quella, la contribuzione rileva ai fini tanto
della maturazione (requisito contributivo minimo) quanto della "misura" del diritto alla pensione di colui in
favore del quale la stessa viene tempo per tempo versata, ma non serve a "pagare" la pensione di costui.
Ciò non significa, tuttavia, che non ricorrano relazioni di interdipendenza tra le due situazioni; anzi, tale
interdipendenza è del tutto evidente nel calcolo contributivo delle pensioni: quanto assoggettato a
contribuzione (base imponibile) influisce sulla determinazione delle quantum del trattamento pensionistico.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 33. I criteri di calcolo della pensione
Il sistema di calcolo contributivo è caratterizzato dal fatto di fondarsi su di un predeterminato rapporto tra il
totale della contribuzione versata e l'importo totale della pensione da erogare, quale, cioè, risultante dalla
somma teorica di tutti i ratei futuri della stessa.
La legge stabilisce che, come prima operazione, venga determinato il montante contributivo individuale.
Ciò non vuol dire, però, che vi sia un rapporto di derivazione diretta tra il suddetto montante e la pensione,
né che la pensione rappresenti il rendimento dell'accantonamento di quegli specifici contributi.
Le risorse finanziarie destinate al pagamento della pensione continuano ad essere gestite con il criterio della
ripartizione: cioè ad essere alimentate non dal reddito prodotto da contributi accantonati ed investiti, bensì
dal complesso dei contributi correnti versati dai soggetti attivi (cosiddetta solidarietà tra generazioni).
Come seconda operazione, in rapporto al suddetto montante contributivo e con riferimento al dato generale
rappresentato dalla speranza di vita media residua (calcolata sulla base di criteri statistico attuariali), viene
determinato l'importo teorico complessivo della pensione individualmente spettante, sulla base di un
coefficiente di trasformazione che tiene conto dell'età del singolo pensionando e, dunque, del tempo per il
quale lo stesso prevedibilmente usufruirà della prestazione.
Invece, nel sistema di calcolo retributivo, che si basa sulla media delle retribuzioni percepite in un
determinato periodo di riferimento assunto come parametro (o retribuzione pensionabile), la retribuzione
soggetta ad imposizione contributiva vale anche agli effetti del calcolo della prestazione pensionistica (e con
importo massimo della pensione pari al 80% della retribuzione pensionabile).
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 34. L’autonomia del rapporto di lavoro
La pretesa che a fondamento nelle norme che disciplinano il rapporto previdenziale deve ritenersi che trovi
soltanto l'occasione nel rapporto di lavoro e non anche la causa petendi.
Tale condizione di autonomia rileva a anche quando si faccia questione dell'adempimento delle obbligazioni
contributive del datore di lavoro.
"Quando la legge, relazione al concreto svolgimento di una attività dei privati pone un obbligo ispirato
superiori esigenze di natura sociale che stabilisce che esso non è derogabile con private convenzioni ed è
anzi penalmente sanzionato, è errato giuridicamente affermare che l'obbligo trova la sua causa nel contratto,
mentre questo è servito solo a costituire la situazione avente valore di presupposto perché si determini in
concreto lo svolgimento di quella attività presa in considerazione dalla legislazione sociale".
Anche la norma dell'art. 1374 c.c. relativo alla integrazione del contratto, quando afferma che il contratto
obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano
secondo la legge, non può riferirsi alle norme giuridiche cogenti, rispetto alle quali sarebbe meramente
pleonastico; ma allora, se l'obbligo di versare i contributi agli enti di assicurazione e prevenzione sociale non
discende dalla regolamentazione pattuita e non è effetto integrativo del contratto di lavoro ai sensi dell'art.
1374 c.c., deve necessariamente dedursi che esso obbligo contrattuale non è.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 35. Le manifestazioni del rapporto di lavoro
L'autonomia del rapporto previdenziale dal rapporto di lavoro si manifesta fin dal momento, per così dire,
"generico".
Tanto evidenzia il disposto in materia di prestazione di fatto, di cui all'art. 2126 c.c.: l'eventualità che il
contratto concretamente posto in essere sia inidonea a costituire un valido rapporto di lavoro non impedisce
la valida costituzione del rapporto previdenziale, per tutto il periodo in cui, di fatto, la prestazione lavorativa
si sia svolta.
Una ulteriore, evidente manifestazione di detta autonomia sia nell'ipotesi di transazione.
Infatti, il negozio transattivo tra datore e lavoratore, che risolva il dubbio sulla natura autonoma o
subordinata del rapporto, non pregiudica il credito contributivo dell'ente previdenziale: a che ciò avviene
non per effetto del disposto di legge che sanziona con la nullità dei patti diretti ad eludere gli obblighi
previdenziali, ma per l'autonomia del rapporto previdenziale sul quale quella transazione (anche ove diretta
a dare assetto alle conseguenze derivanti da un pregresso rapporto di lavoro, ivi compresi, in ipotesi, gli
aspetti contributivi) non può assumere alcuna influenza.
Il principio dell'autonomia dei due rapporti trova manifestazione e applicazione anche in tema di
retribuzione imponibile: "la base imponibile per il calcolo dei contributi dell'assicurazione obbligatoria è
costituita dalla retribuzione "dovuta", per legge o per contratto collettivo o individuale, sicché non rilevo alla
circostanza che il lavoratore abbia volontariamente accettato dal datore di lavoro una retribuzione inferiore a
quella spettante".
Manifestazione di autonomia è anche la sostanziale indifferenza della norma previdenziale nei confronti del
titolo, del regime giuridico o della natura dell'attività che il soggetto protetto è chiamato a svolgere.
Non si vuol certo sostenere qui che alla diversa qualificazione giuridica del rapporto di lavoro l'ordinamento
previdenziale non riconnetta determinati effetti: che, anzi, come ben noto, dalla qualificazione di detto
rapporto come autonomo, anziché come subordinato o parasubordinato, dipendono, in particolare, un
diverso livello dell'onere contributivo ed anche differenze quanto a disciplina delle prestazioni.
Si vuole affermare, piuttosto, che la disciplina del rapporto di lavoro della disciplina del rapporto
previdenziale, anche a tal proposito, non necessariamente rispondono alle medesime logiche.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 36. Asimmetrie tra rapporti erogativi e rapporti contributivi
A titolo di premessa, innanzitutto va sottolineato che non sempre vi è specularità tra "rapporto erogativo" e
"rapporto contributivo".
Si danno casi, come ad esempio nell'assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi, di "fiscalizzazione"
della contribuzione (cioè di trasferimento dell'onere contributivo a carico della finanza statale).
Inoltre, va ricordato che la nozione di rapporto erogativo, che qui si assume, è quella comprensiva dell'intero
programma di situazioni a attive e passive, anche strumentali, che la legge pone a carico delle parti del
rapporto stesso.
Nelle pagine che seguono, peraltro, si darà conto essenzialmente di quanto attiene all'adempimento
dell'obbligazione previdenziale.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 37. Occasioni e ragioni di concorso nei rapporti previdenziali
La medesima situazione di fatto, l'instaurarsi di un rapporto di lavoro, determina di regola l'insorgenza in
capo al medesimo soggetto non di un solo rapporto assicurativo, bensì di una pluralità di rapporti del
medesimo genere.
Nel vigente ordinamento, infatti, la tutela previdenziale trova attuazione per mezzo di una rete di
assicurazioni sociali distinte per eventi: le assicurazioni per l'invalidità, la vecchiaia e la morte, per gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali, per la disoccupazione involontaria, per la tubercolosi, per i
carichi di famiglia, per l'insolvenza del datore di lavoro.
Quanto sopra vale tanto per i lavoratori del settore privato, che per i dipendenti delle pubbliche
amministrazioni.
Soltanto per i lavoratori autonomi l'detta possibilità di concorso di più rapporti ha carattere eccezionale.
Va comunque precisato che, poi che dette assicurazioni sociali non hanno tutte carattere generale, la
consistenza numerica effettiva dei rapporti assicurativi che insorgono all'atto stesso dell'inizio dell'attività
considerata dalla legge dipende dai caratteri della specifica attività della quale si tratta.
Va tenuto conto anche di un'altra circostanza: un medesimo rapporto previdenziale può coinvolgere più
soggetti.
È quanto avviene, in particolare, nell'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti e nella
assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nelle quali soggetti protetti sono
anche i familiari del lavoratore, in quanto destinatari iure proprio della tutela previdenziale per il caso di
morte del congiunto, e, per la seconda, anche in vita del medesimo se sono sottoposti al medesimo "rischio
ambientale" del capofamiglia.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 38. La tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali
L’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro in Italia è stata la prima a vedere la luce.
Istituita in forma obbligatoria nei 1898 per il settore dell'industria è stata estesa nel 1917 anche al settore
dell'agricoltura e ad essa nel 1929 si è affiancata quella contro le malattie professionali.
Connotati, come l’automaticità delle prestazioni e la corrispondenza della durata del prestazione economica
alla durata dell'evento limitativo dello stato di salute del lavoratore, hanno storicamente rappresentato tratti
specifici ed originali di tale assicurazione.
Di particolare rilievo pratico sono successive innovazioni: l'estensione della tutela antinfortunistica anche ad
attività lavorative non svolte per il mercato, come quella delle casalinghe; in secondo luogo l'estensione
dell'ambito dei danni indennizzabili con cui il legislatore ha posto a carico dell'assicurazione anche
l'indennizzo del danno consistente nella "lesione dell'integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico
legale, della persona del lavoratore", cioè il danno biologico, il cui ristoro va ad aggiungersi a quello per il
danno patrimoniale.
Inoltre, il legislatore ha dettato anche una nuova disciplina dell'infortunio in itinere, risolvendo alcune
incertezze interpretative che fino a tempi recenti avevano alimentato un nutrito contenzioso.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 39. Rischio professionale e responsabilità
Il rapporto che si instaura con l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali presenta una fisionomia particolare nel panorama generale del nostro sistema previdenziale,
essenzialmente per effetto della rilevanza che per tale via viene attribuita al rischio professionale del
lavoratore.
L'impostazione dell'obbligo assicurativo presuppone fin dall'origine una responsabilità dell'imprenditore per
rischio professionale.
In tal senso, il concetto di rischio professionale riguarda l'imprenditore ed è giustificativo di uno specifico
criterio di imputazione della responsabilità per danni, di stampo oggettivo: si imputa la responsabilità
all'imprenditore, in quanto soggetto che ricava i benefici propri dell'attività dannosa.
Ma nel momento stesso in cui il legislatore, per evidenti finalità di giustizia sociale ha stabilito l'accollo ai
datori di lavoro dell'intero onere finanziario dell'assicurazione e l'intervento di questa anche nel caso in cui
la responsabilità dell'evento lesivo sia imputabile a colpa del lavoratore danneggiato, sull'opposto fronte il
medesimo ha disposto la riduzione all'essenziale sia delle condizioni di intervento dello specifico strumento
di tutela, sia dell'entità degli indennizzi (finalità cosiddetta transattiva).
In altre parole, ai lavoratori assicurati restano accollati non solo i possibili infortuni o le malattie o danni in
genere non coperti dall'assicurazione, ma anche parte degli effetti dannosi degli infortuni e delle malattie
professionali indennizzabili: precisamente, gli esiti che, in considerazione della loro modesta rilevanza la
legge espressamente dichiara non coperti dall'assicurazione, e comunque il danno che ecceda quello
risarcibile sulla base delle tabelle specificamente previste dalla legge.
Per il ristoro di quanto non coperto dall'assicurazione per i limiti intrinseci dell'indennizzo (cosiddetto danno
differenziale), o perché ad essa estraneo (cosiddetto danno complementare), a detti lavoratori non restano
che i rimedi previsti dal diritto comune, cioè l'azione di responsabilità civile per danni nei confronti del
datore di lavoro.
Contraltare della tutela assicurativa del lavoratore è l’esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile.
Si tratta, peraltro, di norma speciale, riferibile soltanto alle ipotesi di concreta operatività dell'assicurazione,
e, dunque, relativa soltanto al cosiddetto "danno differenziale".
Dove, invece, l'assicurazione non opera, cade l'esonero, con conseguente integrale applicazione del diritto
comune per il ristoro del "danno complementare".
Tuttavia, detto esonero non opera neppure in riferimento al "danno differenziale" quando, con sentenza
penale o civile, si accerti che l'evento si è verificato per fatto costituente reato perseguibile d'ufficio,
commesso o da lo stesso datore o da un qualsiasi lavoratore suo dipendente.
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Il rapporto previdenziale e le trasformazioni del diritto della 40. Le attività e i soggetti protetti
La tutela assicurativa in esame trova applicazione soltanto per quelle lavorazioni o attività protette che il
legislatore ritiene esposte più intensamente al rischio di infortunio.
Allo scopo valgono alcuni criteri generali ben definiti.
Innanzitutto, per lavoro pericoloso si intende quello delle persone addette "a macchine mosse non
direttamente dalla persona che le usa, ad apparecchi a pressione, ad apparecchi e impianti elettrici e termici"
(cosiddetto criterio della macchina isolata).
Ma pericoloso, in secondo luogo, viene considerato anche quel lavoro che si svolge all'interno di un opificio,
nel quale la macchina, l'apparecchio o l'impianto di cui sopra sia inserito: quindi, con tutela non già riferita
ai soli addetti, ma estesa a tutti coloro che sono comunque occupati in quel medesimo opificio (cosiddetto
criterio del rischio ambientale).
Infine, sono considerate convenzionalmente pericolose, indipendentemente dalla utilizzazione o dalla
presenza in fabbrica di macchine, alcune specifiche lavorazioni, tassativamente indicate (precisamente 28,
tra le quali, in particolare, le attività edilizie, i lavori di bonifica, le attività di carico e scarico) e quelle ad
esse complementare o sussidiarie.
La legge all'interno di quelle lavorazioni riferisce la sua tutela a specifiche categorie di lavoratori, del pari
tassativamente indicate.
Per l'agricoltura valgono criteri particolari, che di fatto estendono la tutela praticamente a tutto l'arco delle
attività agricole.
Stefano Civitelli Sezione Appunti
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