Appunti di storia nei quali si analizza il percorso di crescita del terriitorio italiano fino a oggi. Dopo un breve excursus sulla situazione degli staterelli prima dell'Unità, ci si concentra sui fattori decisivi del 900 che hanno formato il paese dal punto di vista economico, industriale e finanziario.
Storia economica contemporanea
di Barbara Pavoni
Appunti di storia nei quali si analizza il percorso di crescita del terriitorio italiano
fino a oggi. Dopo un breve excursus sulla situazione degli staterelli prima
dell'Unità, ci si concentra sui fattori decisivi del 900 che hanno formato il paese
dal punto di vista economico, industriale e finanziario.
Università: Università Politecnica delle Marche
Facoltà: Economia
Docente: Augusto Ciuffetti1. Italia terriroriale nel Medioevo. Staterelli e amministrazione
L’Italia territoriale era diversa da quella intesa oggi. Nel Medioevo l’Italia era lo stato degli uomini di
cultura e si identificava l’Italia come il posto dove si parlava l’italiano.
Non c’era quindi uno stato ma diversi staterelli come
Granducato di Toscana,
Stato Pontificio,
Regno delle Due Sicilie
Regno di Sardegna
Regno Lombardo Veneto
Con l’unità d’Italia ci sono stati dei fallimenti nell’unità dal punto di vista amministrativo.
Si sono mancate occasioni di forte unità nazionale.
Dal 1100 al 1400 l’Italia era all’avanguardia economica e tecnologica. Il settore tessile era trainante così
come la navigazione, il commercio, le banche.
L’intera Europa guardava all’Italia come “il sole che illumina la terra”. Come ci si era riusciti?
Dopo la decadenza feudale ci si risolleva dopo il 1000 (e fino al 1300 anni della peste nera) grazie ai
miglioramenti nell’agricoltura (anche al fattore climatico) e a livello tecnologico (es. mulino, filatoio a
ruota, telaio orizzontale). Il sovrappiù agricolo fu di sostegno alla crescita della popolazione.
Il cambiamento più importante è stato appunto quello istituzionale dai feudi alle città. Le forme che assume
lo Stato sono fondamentali per le forme economiche (vedi l’unità d’Italia con lo sviluppo industriale –
mercato, infrastrutture).
Lo sviluppo dell’arte segue lo sviluppo economico.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 2. Decadenza dell'Italia nel 1600 e motivazioni
Dopo il 1300 l’Italia esportava manufatti ed importava materie prime.
Nel 1600 inizia ad esportare generi alimentari e semilavorati: grano, olio e seta grezza.
Inizia la decadenza. La causa più conosciuta è la scoperta dell’America ma non solo. C’è anche un problema
di capacità di stare sul mercato, la concorrenza di Inghilterra ed Olanda che propongono prezzi più bassi.
L’Italia non è più competitiva c’è il declino.
Motivazioni:
Irrigidirsi delle corporazioni: Le corporazioni fissavano i salari, le lavorazioni. Non furono elastiche nel
comprendere il cambiamento del mercato cioè che aumentavano gli acquisti da parte di cittadini con meno
denaro pertanto occorreva produrre prodotti meno costosi e quindi di qualità meno raffinata. Allora per
ovviare si delocalizzava la lavorazione dalla città alle campagne dove le corporazioni non arrivavano e
l’attività per i contadini era secondaria, di integrazione del reddito primario agricolo pertanto con pretese
inferiori.
Polarizzazione della ricchezza nelle mani di pochi con conseguente uso improduttivo di tale ricchezza
nell’acquisto di palazzi, di opere d’arte.
Mentalità aristocratica cioè che occuparsi di attività commerciali era disdicevole. Si dovrebbe vivere di
rendita. Anche i mercanti arricchiti tendevano ad immobilizzare e non svolgere più la loro attività. (es.
Medici di Firenze).
Assenza di uno Stato Unitario. L’Italia era divisa in staterelli e terreno di conquista
Teatro di guerre, carestie, epidemie. Nel 1300 la peste nera. Le ultime nel 1600 ci furono solo in Italia e
Spagna che declinarono.
Crescita demografica con domanda crescente di grano e conseguente aumento del prezzo ed anche del pane
(più forte che nel resto d’Europa). Questo incentivò all’investimento nella terra invece che nel mercantile
che era più rischioso.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 3. Rifeudalizzazione e agricoltura nel 1600 in Italia
Si parla di una sorta di rifeudalizzazione, con declino delle grandi città del centro nord.
L’Italia in realtà prima della peste nera si stava quasi preparando ad una precoce unificazione economica.
Poi con queste vicende e fino al 1600 quando riprendono gli scambi ha ormai perso il controllo delle
esportazioni che passa al nord Europa.
L’arretratezza dell’Italia era infatti particolare, non come quella (es.) dei paesi balcanici, arretrati da sempre.
L’Italia aveva elementi di forza come ad esempio l’esportazione di agrumi, di tartufi.
Si sperimentano ad esempio conduzioni capitalistiche, con il passaggio dalla mezzadria alla affittanza (es.
Emilia Romagna). Il risveglio comunque partirà dalla coltura del gelso, l’allevamento dei bachi ed
esportazione di seta grezza (invenzione di un particolare mulino “alla bolognese” copiato anche in
Inghilterra per attivare innumerevoli fusi)
L'Agricoltura italiana è solida con molti elementi che la legano ad un passato feudale: i nobili erano
proprietari terrieri e vivevano di rendita, senza investimenti.
Non si evolvevano verso forme di capitalismo. Esportavano: loro prodotti come grano dal sud (nell'Italia del
sud l'esportazione del grano dal 1600 in poi declinò perché non c'erano investimenti e l'innovazione non
riuscirà a garantire la stessa produzione. Se scende la produzione non ci sono eccedenze da esportare).
Il sud produce vino, olio, agrumi.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 4. Agricoltura avanzata in Lombardia dal 1600. Produzione seta nel
1700
C'è un'area italiana invece con agricoltura avanzata che anticipa la rivoluzione agraria europea successiva: la
Lombardia. Qui dal 1600 (dopo la peste) e fino a tutto il 1800 si ha agricoltura avanzata grazie alla
disponibilità di acqua (lombardia e arco pedemontano delle alpi) e anche grazie al clima con un'alta
piovosità.
Infatti l'agricoltura lombarda era un'agricoltura umida e non secca come al sud e ciò permette di
sperimentare cicli colturali nuovi, impossibili al sud.
Al sud prevale il latifondo, la coltura estensiva, invece in Lombardia prevale la coltura intensiva, non si
lascia più a maggese che viene sostituito dal foraggio proprio per una maggiore presenza di acqua.
Il foraggio serve per l'alimentazione animale gli animali sono usati nell'agricoltura le mucche producono il
concime ed il latte con cui si fa il formaggio aumenta la produttività.
I nobili lombardi poi sono molto più dinamici di quelli del sud, attenti alle innovazioni e investono di più.
Quindi in questa fase di declino c'è comunque un'agricoltura dinamica che è quella pedemontana (attenzione
non padana che è più paludosa).
Sempre in Lombardia e Piemonte i proprietari terrieri introducono la coltivazione del gelso che venivano
usati come piante di sostegno per i filari delle viti che erano coltivate “alte” ed accoppiate a delle piante in
genere olmo o gelso. Inoltre il gelso forniva l'alimento principale del baco da seta.
Aumenta la produzione della seta che viene tessuta, inizia così la manifattura della seta e si aprono le prime
filande a partire dal 1700.
La seta non veniva lavorata fino al prodotto finito: facevano solo il primo processo detto trattura della seta,
con cui si otteneva il filato grezzo da esportare all'estero, in particolare in Francia e sopratutto a Lione.
Non sarà un caso che, dopo l'Unità d'Italia, partirà dalla Lombardia e Piemonte lo sviluppo economico.
Infatti la ricchezza accumulata prima gli permetterà di aprire le manifatture tessili e poi le prime fabbriche
meccaniche.
Il grano del sud era esportato nell'Europa settentrionale.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 5. Manifattura e cultura in Italia nel 1700
Un altro motivo che consente il ripartire dell'Italia è la manifattura: infatti l'Italia del 1600 e 1700 conserva
nelle città importanti manifatture (anche se è un'Italia in declino) che erano nate nel basso medioevo. Erano
state indebolite dalle corporazioni. Alla fine del 1800 si ripartirà da qui: manifatture tessili e di metalli
(c'erano poche materie prime ma quelle poche venivano usate), meccaniche, cartiere (sito protoindustriale
tra Umbria e Marche – Fabriano, Foligno).
Anche intorno a Napoli ce ne erano diverse.
Non era una vitalità comparabile a quella Europea ma permise la rinascita poi.
Infine la cultura: alla fine del 1400 perde il suo ruolo di centro ma ancora fino al 1700 ci sono studiosi,
pensatori, economisti che trattano politiche economiche. Serviranno per l'illuminismo e lo sviluppo
industriale dell'Italia poi.
Pongono le basi culturali all'industrializzazione Antonio Genovesi, Filangeri, Cesare Beccaria (che fu anche
economista).
La borghesia è debole in Italia anche se pian piano cresce, si emancipa nel 1700 e poi diventa l'artefice dello
sviluppo industriale di fine 1800.
In questo quadro generali occorrono delle puntualizzazioni sui singoli territori.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 6. Dualismo nord-sud. Stati Sardi e Lombardoveneto
Il dualismo tra nord e sud rimarrà fino ad oggi.
Stati Sardi: Il Regno di Sardegna era composto da Piemonte, Liguria e Sardegna. L'isola era la parte più
arretrata del territorio. In Sardegna la feudalità (non quella medioevale) venne abolita solo nel 1830. Prevale
il grande latifondo con pochi aristocratici che controllavano il territorio.
Però la Sardegna era l'unica o una delle poche aree con risorse minerarie che saranno sfruttate a fine 1800
(carbone, lignite). Poche ma c'erano rispetto alle altre aree d'Italia. Tutte queste risorse sono sfruttate
generalmente da compagnie straniere belghe, francesi, inglese e tedesche. Gli unici italiani saranno i
genovesi.
Piemonte e Liguria avevano nobili intraprendenti e vivaci che investivano nelle proprie tenute e
realizzavano anche strade e canali. La borghesia era forte e capace, derivavano da antiche famiglie del
medioevo e metterà a frutto le sue capacità sopratutto nel settore bancario già nel 1600, in piena crisi. Le
banche liguri trattano in tutta Europa.
Dal 1830 al 1860 la Sardegna si caratterizza per una politica pubblica molto attenta all'economia, a
differenza degli altri regni italiani.
Camillo Benso di Cavour fu anche ministro dell'agricoltura prima del 1861 e fece piani per lo sviluppo
economico del proprio paese. Era un proprietario terriero e favorì le prime linee ferroviarie e di canali, la
costituzione di un sistema bancario nazionale degli Stati Sardi (la Banca d'Italia poi).
Il Regno di Sardegna è la locomotiva dell'economia italiana.
Lombardoveneto: era un connubio tra proprietari terrieri, imprenditori privati e Stato. L'amministrazione
pubblica favorì lo sviluppo economico con le sue politiche.
Lo Stato qui è l'impero asburgico (austriaci) ben consapevole delle capacità produttive di queste regioni in
agricoltura. Favorisce quindi lo sviluppo economico con la costruzione di canali, strade, collegamenti.
Uno dei centri più importanti dell'illuminismo è l'Austria.
Molte delle innovazioni dell'illuminismo trovano applicazione nell'impero asburgico per esempio il catasto
(dei proprietari terrieri ai fini fiscali), uno dei primi fu quello austriaco poi applicato in Lombardia e Veneto.
Era importante per conoscere la realtà agraria di un territorio e le sue modalità di coltura, è un censimento
del territorio anche per fare programmi di sviluppo mirati.
Oltre al catasto innovazioni nell'irrigazione furono molto importanti per il foraggio e la seta.
La produzione manifatturiera è molto diversificata: non c'era solo il settore tessile ma anche fonderie,
ferriere spesso di stranieri (svizzeri, austriaci).
Nel bresciano si produce armi, a Lecco le ferriere, a Sesto S.Giovanni le ferriere sono di un tedesco, Falck.
Si segnala la diffusione dell'istruzione tra il 1700 ed il 1800 che aumenta la capacità di sostenere lo sviluppo
economico.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 7. Dualismo nord-sud. Veneto e Toscana
Veneto: In parte presentava dinamiche uguali alla Lombardia ma era diversa l'aristocrazia che era meno
dinamica e meno innovativa perché i nobili vivevano a Venezia, lontano dalla terraferma dove avevano le
proprietà terriere e le ville palladiane usate solo per la villeggiatura.
Inoltre il Veneto pagava lo scotto di Venezia che era stata uno dei centri più importanti del basso Medioevo.
Pur mantenendo l'indipendenza (trattato di Campoformio) declina il suo ruolo.
Importante era l'arsenale, poi sostituito da quelli esteri (Olanda, Inghilterra, Francia). Rispetto alla
Lombardia non c'era diversificazione manifatturiera. Nel veneto le manifatturiere erano quasi tutte tessili
(es.Schio nel vicentino poi rilevata da Rossi di Vicenza).
Il settore tessile che trainava lo sviluppo d'Italia dopo il 1861 è proprio a Schio, quello meccanico a Milano,
filande lombarde, banche genovesi. Sono esperienze che hanno radici nel 1700.
Toscana: stato a sé stante (Granducato) controllato dagli austriaci, ramo degli Asburgo-Lorena, protagonista
di una politica di riformismo illuminista: catasto, innovazioni agricole e manifatture.
Lo stato e l'apparato amministrativo funzionano bene come nel Piemonte e Lombardoveneto. L'agricoltura è
molto florida sin dal basso Medioevo, le città comunali, Firenze, Pisa (più commerciale) avevano un
contado molto fertile.
C'era un sistema mezzadrile con un continuo controllo del territorio da parte dei proprietari terrieri nobili ma
attenti alle loro proprietà. Ad esempio uno dei maggiori fu Casoli che sarà uno dei primi fondatori della
tradizione viti-vinicola del Chianti che esporterà.
La manifattura è meno florida e diversificata dalla Lombardia. Ci sono poche manifatture e tradizionali che
creeranno un successivo ritardo rispetto al triangolo industriale: tessili (gelso seta grezza), cartiere di
Pistoia, ferro dall'isola d'Elba usato nelle ferriere di Follonica, porcellane a Firenze per mano del marchese
Ginori che poi venderà alla milanese Richard, e lignite in maremma poi sfruttate a fine 1800 dalla
Montecatini.
Come mai la manifattura era di qualità ma poca? Perché in Toscana c'era una forte tradizione liberista infatti
i governi toscani del 1700 (unica regione in Italia) non adottavano dazi in difesa della propria manifattura in
quanto puntavano a loro volta sull'esportazione (materie prime lavorate e semilavorate di ferro e lignite).
Invece per favorire lo sviluppo industriale e proteggere le manifatture servono le tariffe doganali come
avvenne in Piemonte.
Tra le altre risorse toscane c'era l'acido borico, risorsa del sottosuolo sfruttata da un profugo francese De
Landerel che lo esporta. Il suo sarà il centro di produzione più importante.
Il porto di Livorno è dichiarato porto-franco ed è un riferimento per le attività mercantili. Le navi inglesi
portano alimenti e esportano prodotti toscani.
La Toscana è infine pronta per il salto della rivoluzione industriale ma comunque indietro rispetto al
Piemonte ed al Lombardoveneto.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 8. Dualismo nord-sud. Stao Pontificio e Regno delle due Sicilie
Stato Pontificio: composto da Marche, Lazio e Umbria è uno stato arretrato e così si presenterà al 1861
anche se ci sono delle distinzioni tra Marche ed Umbria dove c'è un sistema mezzadrile ed il Lazio dove
invece c'è il latifondo.
Il sistema mezzadrile è legato alle rendite, non c'è innovazione ma è produttivo. Le Marche erano il granaio
di Roma. Grazie al patto mezzadrile l'agricoltura era così produttiva da essere esportata. Riguardo il
latifondo, come al sud i proprietari terrieri sono nobili che vivono a Roma, lontani dalle loro proprietà,
vivono di rendita, sono disinteressati (una agricoltura detta “di rapina”).
La manifattura è composta da cartiere, seta grezza (Fossombrone, Ascoli, Osimo). Tendenzialmente nel
corso del 1600 e fino al 1800 sono regioni che si ripiegano su se stesse, non riescono ad iniziare percorsi di
sviluppo perché lo stato, il governo pontificio non ha mai saputo introdurre politiche e riforme economiche,
non ha svolto il ruolo piemontese, austriaco.
La corte pontificia consumava molte risorse dello stato. Il problema vero era l'incapacità di gestire le risorse
e l'economia del territorio.
Ancona nel 1700 è un punto di riferimento come Livorno per il commercio ma queste eccellenze erano
soffocate dal resto.
Fossombrone con il suo setificio era molto importante, esportava fino in Inghilterra.
Regno delle due Sicilie: L'agricoltura è basata sul latifondo, con immense proprietà terriere in mano a pochi
aristocratici, baroni che le gestiscono con mentalità feudale. I latifondi si configurano come stati nello Stato,
al di là delle leggi generali. I nobili avevano prerogative di amministrare la giustizia. Nei latifondi era usato
il lavoro salariato, i braccianti (invece al centro Italia c'era la mezzadria ed al nord l'affittanza). Con i
braccianti aumenta il divario tra ricchi e poveri e le vittime di ingiustizie.
I baroni vivevano a Napoli, lontani dalle terre e si disinteressavano, volevano solo vivere di rendita. Il grano
veniva esportato ma il denaro era usato per lo stile di vita aristocratico e non per investire (come era invece
in Toscana o in Piemonte). Quindi l'agricoltura diventa improduttiva perché non investiva.
L'agricoltura era secca ed aveva bisogno di canali per l'irrigazione che non vennero fatti. Aumentano invece
le produzioni specializzate come agrumi e legumi che vengono esportate ma questa agricoltura realizzata in
aree ristrette non era in grado di dare sviluppo.
Mancavano le infrastrutture, strade, collegamenti, sistemi di comunicazione. C'erano aree industriali di
filande presenti intorno a Napoli, Caserta, Salerno e coste campane ma le manifatture erano quasi tutte
straniere (svizzere, tedesche, inglesi). Questa rete manifatturiera aveva una sua vivacità di esportazioni ma
era fragile, protetta da dazi doganali, ma destinata a scomparire con il 1861 perché non in grado di reggere la
concorrenza del nord. L'equilibrio precario fu rotto dall'Unità d'Italia, paradossalmente non fu uno stimolo
ma la fine della fragile struttura manifatturiera capace di creare quel poco di ricchezza.
La ricchezza infatti veniva da esportazioni alimentari e della seta.
Le cartiere di Amalfi e le industrie meccaniche erano protette dai dazi che finirono con l'Unità d'Italia, un
danno per loro.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea Nell'Italia meridionale c'è assenza di un attivo ceto borghese. Anche nello Stato Pontificio ma un ceto
borghese minimo si crea. Al nord è forte, non al sud.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 9. Affitto proprietà e agricoltura di rapina. Regno d'Italia nel 1861
Alcuni baroni del sud iniziarono a dare in affitto alcune loro proprietà : chi le affittò fu il ceto borghese.
Questo sarebbe potuto diventare un ceto autonomo se avesse investito, invece i borghesi che prendono in
affitto si comportano come gli aristocratici: sono assenteisti e cercano solo le rendite per il loro stile di vita.
Con l'agricoltura di rapina (sfruttamento incisivo e duro di braccianti detti “gabellotti” (vedi il Verga ed il
Gattopardo).
Non è un problema di assenza di risorse ma di gestione: lo Stato incapace di amministrare in maniera
razionale il territorio, il ceto borghese incapace di investire e innovare. Mentre in Toscana a gestire
l'esportazione di grano erano i proprietari terrieri, i mercanti del luogo, al sud erano controllate dagli inglesi.
I livelli di alfabetismo e istruzione erano bassissimi, i più bassi d'Italia.
Nel marzo del 1861 viene proclamato il Regno d'Italia ma ci sono economie diversificate. Però riesce a
intraprendere un percorso di sviluppo economico e industriale che la porta a collocarsi al centro
dell'economia del capitalismo europeo, ma con un percorso lungo per l'Italia in sé e breve per i livelli di
partenza rispetto agli altri stati europei: l'Inghilterra impiega 2 secoli mentre l'Italia 1 (dalla fine del 1800 a
metà del 1900). Infatti i paesi ritardatari hanno tempi di sviluppo più rapidi perché sanno già che strada
seguire.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 10. Sviluppo industriale nel Regno d'Italia. Mortalità, igiene,
alimentazione
Questo sviluppo industriale non è stato autopropulsivo: non si autoalimenta ma è necessario uno Stato che
programmi e pianifichi per favorirlo.
I dati di tale sviluppo: tra il 1861 e il 1981 (piena maturità industriale italiana) dal punto di vista
demografico si raddoppia sia per la natalità/mortalità che per il consistente flusso migratorio (VEDERE
SUL LIBRO).
Cosa tipica dei paesi industriali.
E' raddoppiata anche la vita media, prima era 30 anni nel 1981 è di 75 anni. Oggi 77 anni. Sulla vita media
così bassa incideva la mortalità infantile dovuta ad arretratezza, povertà, scarso igiene e scarsa
alimentazione. L'Italia era prima per mortalità infantile, poi i valori si equiparano velocemente a quelli degli
altri paesi europei.
Inoltre guardando i censimenti della popolazione, che dal 1861 si sono fatti insieme a quelli industriali o
agricoli, si vede che l'Italia ha il suo primo decollo industriale tra fine 1800 e inizio 1900 ma fino al II
dopoguerra gli addetti dell'agricoltura erano molti più dell'industria o servizi. L'Italia resta quindi un paese
essenzialmente agricolo almeno fino al 1950.
La definitiva transizione a paese industriale si realizza dopo la II guerra mondiale per numero di addetti al
settore.
L'industrializzazione rimase infatti a lungo concentrata nel triangolo industriale Lombardia, Piemonte e
Liguria, per il resto è per lo più agricolo in termini di addetti.
Dal 1950 in poi l'industria va in Veneto, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Friuli cioè le regioni della III
Italia (piccola e media impresa), poi si passò anche al terziario.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 11. Agricoltura e bonifica nell'Italia del 1800
AGRICOLTURA E SQUILIBRI REGIONALI
Il territorio
Alcune parti d'Italia avevano conosciuto opere di bonifica anche prima dell'unificazione (Piemonte e
Lombardia avevano creato canali negli anni 30 e 40 del 1800 con eccellenze idrauliche tecniche).
Siccome le aree paludose erano in Toscana, Lazio e Sud, si inizia ad intervenire lì.
Altro problema: tra la fine 1700 e inizio 1800 l'Italia conosce la fase di massimo disboscamento tanto che il
paesaggio cambiò radicalmente sopratutto sugli Appennini che erano più accessibili delle Alpi. Questo
selvaggio disboscamento porta un dissesto idrogeologico che dura ancora oggi.
Quindi le bonifiche già alla fine del 1800 avevano anche motivo di porre riparo a questo dissesto, non solo
per creare campi da coltivare.
Il dibattito fu complesso ma ad una legge per la bonifica si arriva solo nel 1881, la legge Baccarini. Essa
diede l'impulso alla bonifica in area Padana (Polesine, Ferrara) perché diede il contributo maggiore
all'agricoltura.
Molti interventi furono fatti in Maremma, a Roma, Puglia, Calabria, Sicilia ma i risultati furono deludenti
perché era più difficile.
Continuarono nel periodo giolittiano sopratutto al sud e furono fatte molte opere pubbliche, acquedotti,
strade, dighe, laghi, reti fognarie, case coloniche per garantire la presenza contadina sul territorio.
Però ad una definitiva bonifica del territorio agrario si arriverà solo nel ventennio fascista, fu la bonifica
integrale e funzionò. Sopratutto nell'Italia meridionale (tavoliere delle puglie e agropontino (latina, lazio
meridionale) dove c'erano solo paludi malariche e inaccessibili).
Si fondarono città nuove come la stessa Latina.
Il fascismo lo fa perché fa politica autarchica, l'Italia doveva essere autosufficiente e il modo per farlo era
l'agricoltura, non l'industria.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 12. Catasti in Italia dal 1800
Però questo processo fu favorito dal progressivo avanzare dell'accatastamento, annotazione delle proprietà
terriere in modo da avere un quadro del territorio e permettere l'imposizione fiscale.
I catasti risalgono al periodo Medioevale (1300) ma erano descrittivi cioè ogni proprietario andava al catasto
e denunciava le sue proprietà descrivendole. Non erano quindi misurate in modo oggettivo. Erano perciò
strumenti imprecisi, non davano dimensioni né se avevano alta o bassa resa agraria (i proprietari
sottostimavano per pagare meno tasse). I controlli erano scarsi e difficili.
Alla fine 1700 e inizio 1800 sono adottati i primi catasti geometrico-particellari: iniziano i sovrani austriaci
(lombardo-veneto).
Consistevano in catasti geometrici, cioè si misuravano i terreni, si indicava il nome, il luogo, l’estensione. Il
perito agrimensore inoltre lo stimava dandone una valutazione precisa (pianeggiante, boscoso, seminativo,
alberato..) perché il potere pubblico non si fida più delle dichiarazioni del proprietario.
Inizia già prima dell’Unità: nell’Italia centrale il primo fu il catasto geometrico-particellare Gregoriano tra il
1830 e il 1835 (Umbria, Marche, Lazio). E lo stesso fanno Toscana, Piemonte, Lombardoveneto. Tranne il
Sud.
Potenzialmente c’era già una catastazione del territorio ma non erano confrontabili perché adottavano
diverse unità di misura e anche le monete erano diverse tra gli stati pre-unitari. Occorreva uniformarli.
Riguardavano solo i terreni e non i fabbricati.
Se dal punto di vista tecnico si fanno le bonifiche, si ricomincia a fare il nuovo catasto: l’impianto finale è
del 1956 e fu un successo perché fu un’operazione complessissima, ci furono 2 guerre mondiali di mezzo.
La bonifica si completa negli anni 30 del 1900.
L’imposizione fiscale è più equa.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 13. Metodi di coltivazione. Pianura Padana e montagna nel 1800
Risultati produttivi e metodi di coltivazione
Perché l’agricoltura è importante per lo sviluppo di un paese e per lo sviluppo industriale?
1) Perché l’agricoltura nel momento in cui si sviluppa determina l’emergere di industrie che lavorano i
prodotti dell’agricoltura: ad esempio la barbabietola da zucchero, oppure l’allevamento di bovini con latte
carne e formaggio.
2) L’agricoltura è luogo di raccolta di capacità industriali e imprenditoriali di investimento: gelso baco da
seta seta grezza vestiti. La base è l’agricoltura.
Gli agricoltori e i proprietari terrieri imparano ad essere imprenditori e le conoscenze poi possono estendersi
in altri comparti.
3) Se l’agricoltura si sviluppa si ha meccanizzazione, occorrono macchine agricole come trebbiatrici,
mietitrici, falciatrici. Ciò dà l’impulso all’industria e serve meno manodopera. Non genera disoccupazione
perché la forza lavoro disponibile va nel sistema di fabbrica nascente (processi migratori dal su dal 1950).
4) L’agricoltura produce rendite per i proprietari terrieri e redditi per i lavoratori che possono spendere sul
mercato, così aumenta la domanda di beni di consumo prodotti dall’industria. Fino alla gran parte del 1800 e
1900 i contadini non compravano i vestiti, li facevano da soli, mentre con la crescita dei redditi iniziarono a
comprare: sono prodotti dalle industrie tessili che sono così sostenute. Si ha diversificazione del lavoro.
Alcuni storici teori teorizzano l’esistenza di una rivoluzione agricola fino agli anni 1860 prima della
rivoluzione agricola.
Anni successivi al 1861: quadro merceologico della produzione agricola.
a) Pianura Padana:
Cereali (ancora oggi) compreso il riso (es. Vercelli).
Barbabietola da zucchero, lino, foraggi.
Alta produttività. Dal punto di vista agricolo era l’area più avanzata già nella seconda metà del 1800
b) Aree collinari del Nord:
Coltura specializzate come uva (industria vitivinicola), frutta, olio
Fiori in Liguria
c) Colline del Centro-sud:
Cereali, coltura maritate a olio e vino (non cereali+olio perché l’ulivo ha bisogno di terreno più acido
Ortaggi, leguminose, tabacco (Umbria)
d) Montagna: non è coltivata, si sfrutta il bosco ed il pascolo
Questo quadro rimarrà così.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 14. Assetti istituzionali e squilibri regionali in Italia nel 1800
L'assetto istituzionale
Le trasformazioni si devono anche a variazioni negli assetti istituzionali: ogni processo è collegato a
privatizzazioni (o sdemanializzazioni) perché l'agricoltura produce di più se sostiene non le persone che ci
lavorano ma il mercato.
Fino alla fine dell'1800 c'erano gli usi civici e le comunanze agrarie (specie in alta collina ed in montagna).
Il capitalismo deve entrare nel mondo agricolo per avere più rese.
Nel 1860 e 1870 si fecero delle leggi per permettere ai privati di acquistare le terre anche perché l'Italia era
in deficit di bilancio. Lo Stato voleva creare una classe di contadini proprietari terrieri che bilanciassero le
tenute dei nobili ed ecclesiastici (anche precedentemente requisite). Visto che erano scomparsi gli usi civici
serviva anche a compensare i contadini. Gli usi civici erano ad esempio la spigolatura (sia nei terreni
pubblici che privati). Altri erano la raccolta delle castagne nei terreni pubblici. Però i contadini non avevano
risorse necessarie per cui le terre finiscono ai soliti.
La stessa rivoluzione industriale inglese è preceduta da uno sviluppo dell'agricoltura che era data dalla
privatizzazione (da open fields ad enclosures).
Le conseguenze di questa privatizzazione furono sì un pareggio del bilancio ma non si formò una piccola
proprietà contadina.
I rapporti di conduzione delle terre erano di diversi tipi:
Mezzadri, grandi affitti nel nord, borghesi che affittano dai nobili (fanno lavorare i braccianti ed hanno un
ritorno). Questi intermediari apportano novità e miglioramenti. C'è però una rigidità: il mezzadro dà la terra
che la coltiva e poi si divide a metà (circa). Anche nella mezzadria compaiono gli intermediari ad esempio il
fattore che fa i contratti e tratta (ed a volte chiede prestazioni aggiuntive o omaggi).
Nel Lazio settentrionale ci sono i mezzadri, nel meridione il latifondo. Gli intermediari si chiamano mercanti
di campagna e sono interessati al denaro della gestione.
La mezzadria è quasi come un feudo, meglio dei braccianti ma comunque a volte svantaggiato.
Alla fine del 1800 si sviluppano le migrazioni transoceaniche perché si è liberata manodopera non assorbita
dall'industria.
Queste conduzioni fanno aumentare la disponibilità di credito agrario (Casse di Risparmio, B.Popolari)
sopratutto al centro e nord. Nel sud funzionano anche i monti di pietà ed i monti frumentari (con grano).
Antiquato rispetto alle banche.
Alcune tesi sulla persistenza degli squilibri regionali
Al Nord l'agricoltura è intensiva e ricca, ci sono più trasporti nella pianura padana. Più diffusione di istituti
di credito, lavorazioni proto-industriali (es. seta). Più dinamico.
Il Centro è tranquillo con mezzadri stabili. Il credito è meno diffuso e ci sono meno infrastrutture.
Al Sud è peggio i contadini sono braccianti. L'agricoltura è specializzata.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea In che modo si poteva armonizzare? Aumentando la complementarietà. Agricoltura del Sud e Centro
complementari al Nord. Il Centro al Sud. Se la seta era prodotta al Nord, grano e cereali al dovevano essere
prodotti altrove. Invece ogni area andava per conto proprio. Non ci fu Unità in tal senso.
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea 15. Agricoltura, industria e mercato internazionale tra 1800 e 1900
L'Agricoltura ha un alto livello di mercantilizzazione, poco inferiore a quello Usa, non è solo per
l'autosussistenza. E' un'economia rivolta la mercato nelle aree più industrializzate d'Europa.
Lo storico economico Giovanni Federico dice che l'autoconsumo del settore agricolo era solo il 25% della
produzione totale (poco!).
Questo significa che l'agricoltura è tutt'altro che arretrata.
Il problema però tra fine 1800 e inizio 1900 era duplice:
l'autoconsumo dei contadini era così basso perché consumavano poco, vivevano al limite della sussistenza.
Quindi l'alto livello di mercantilizzazione era dovuto alla contrazione dei consumi ed allo sfruttamento dei
contadini. No consumavano il pane bianco ma quello integrale, o di cereali minori. Consumavano per lo più
il mais (polenta, crescia di granoturco)
la contraddizione tra lo sviluppo agricolo e la povertà si spiega anche perché fino agli anni 1850 c'è un
eccessivo carico demografico: ci sono troppi contadini per l'agricoltura italiana. Negli Usa stavano meglio
perché erano meno. Il passaggio da mondo agricolo a industriale è più lento e si compie solo negli anni 1950
(età Giolittiana).
Il carico demografico sull'agricoltura consistente causava la coltura di terreni a resa bassa per esempio quelli
montani. La forte domanda di cereali ne ha fatto coltivare troppi anche dove non era adatto il terreno, e non
ci coltivano prodotti agricoli specializzati.
Anche in questo quadro ci sono diversificazioni importanti: l'agricoltura italiana era precocemente rivolta al
mercato ed è condizionata dal mercato internazionale. Però alla fine del 1800 in Europa e sopratutto in Italia
c'è una profonda crisi agraria (1880) dovuta all'arrivo sui mercati europei di cereali che costano molto meno
di quelli italiani, cioè da Russia e Usa.
Costano poco perché l'Usa è più produttiva ed ha meno contadini, costa meno la forza lavoro, è
precocemente meccanizzata quindi pochi contadini = meno spese per il salario. Nella navigazione
internazionale si inaugura il vapore per la propulsione, non il vento quindi si trasportano enormi quantità di
grano. Si abbattono così i costi di trasporto che prima causavano un alto costo del grano Usa. Lo stesso vale
per la Russia.
La profonda crisi agraria in un certo senso “sana” perché porta subito ad una diminuzione dei suoli coltivati
a cereali perché non conviene più. Pertanto i proprietari terrieri capiscono che devono cambiare strategia ed
iniziano ad effettuare coltura specialistiche come girasoli per l'olio, barbabietole per lo zucchero, agrumi,
ulivo e vite, a seconda delle realtà del terreno.
I proprietari terrieri diventano quindi degli imprenditori che modificano l'organizzazione delle loro tenute
agricole.
Capiscono che la manodopera deve diminuire e questa manodopera andrà nelle fabbriche ed emigrerà in
Usa ed al nord Italia.
Molti proprietari terrieri capiscono che dovevano investire nell'industria perché l'agricoltura non assicura più
Barbara Pavoni Sezione Appunti
Storia economica contemporanea