Cultura dell'industria italiana. Populismo solidaristico
L'ambiente industriale italiano e la sua cultura
Si dà per scontato che tutti seguano la scelta industrialistica.
In Italia si voleva evitare il percorso fatto in Gran Bretagna (per via dei conflitti).
C'era chi non voleva l'industrializzazione come i proprietari terrieri dicendo che lo sviluppo doveva derivare dall'esportazione di prodotti agricoli.
Anche gli industriali erano un po' scettici.
Un economista storico Alexander Gerschenkron dice che in Italia non c'era uno stimolo ideologico allo sviluppo industriale.
In realtà non c'è una unica ideologia, percorso culturale, ma almeno 3 filoni:
Populismo solidaristico (paternalismo industriale secondo il professore):
gli industriali sono scettici (non nei termini inglesi). Occorre salvaguardare i rapporti tra i ceti. Operare secondo la logica del buon padre di famiglia.
Ideale tecnocratico: Sono industriali senza i sopraddetti principi sociali. L'industria per loro era tecnologia (e sviluppo tecnologico).
Prestigio nazionale-economico: di chi voleva lo sviluppo solo per il prestigio nazionale
Populismo solidaristico: Seguito dopo l'unità d'Italia, molti imprenditori tessili costruiscono vicino alle fabbriche (che erano dislocate fuori mano) un dormitorio prima, casette poi, infine un villaggio (con scuole, chiese, mense, ambulatori). Esempio Crespi d'Adda (patrimonio dell'umanità per l'Unesco), Schio.
Gli imprenditori si rendono conto che se forniscono case, orti, ambulatori ecc. si crea consenso verso la fabbrica e verso l'imprenditore eliminando lo scontro sociale ed i conflitti. Si ottiene inoltre una sorta di controllo (leader paternalistico).
[anni della rerum novarum, impegno della chiesa nel sociale, oratori di Don Bosco]
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Dettagli appunto:
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Autore:
Barbara Pavoni
[Visita la sua tesi: "L'evoluzione della valutazione nel pubblico impiego"]
- Università: Università Politecnica delle Marche
- Facoltà: Economia
- Docente: Augusto Ciuffetti
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