In questi appunti si presenta una panoramica sulla lingua italiana vista nelle sue caratteristiche linguistiche.
Ci si sofferma sulle influenze lessicali provenienti da greco, latino e altre lingue straniere. Si analizza l'aspetto morfologiche e strutturale della lingua.
Infine si verificano le modalità di insegnamento e apprendimento dell'italiano attraverso i vari tipi di dizionari esistenti. Appunti utili per l'esame di Linguistica Applicata.
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana
di Domenico Valenza
In questi appunti si presenta una panoramica sulla lingua italiana vista nelle
sue caratteristiche linguistiche.
Ci si sofferma sulle influenze lessicali provenienti da greco, latino e altre lingue
straniere. Si analizza l'aspetto morfologiche e strutturale della lingua.
Infine si verificano le modalità di insegnamento e apprendimento dell'italiano
attraverso i vari tipi di dizionari esistenti. Appunti utili per l'esame di Linguistica
Applicata.
Università: Università degli Studi di Catania
Esame: Linguistica Applicata - a.a. 2008/09
Titolo del libro: Le parole dell'italiano
Autore del libro: Carla Marello
Editore: Zanichelli - Bologna
Anno pubblicazione: 19961. Il parlante e il linguista di fronte alla parola
La parola è l’unità linguistica a cui sono associati una funzione grammaticale e un significato, separata
graficamente dalle altre da spazi e dotata di coesione interna, per cui non si possono inserire altri elementi al
suo interno, né si può mutare l’ordine degli elementi che la costituiscono.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana 2. L'alfabeto italiano
L’alfabeto è composto di ventun lettere, a cui vanno aggiunte j, k, w, x, y. Queste cinque lettere, che oggi gli
italiani sono abituati ad associare alla grafia dei prestiti stranieri, hanno invece storie diverse. La w non
compare nell’alfabeto latino né in quello greco, e in italiano si trova solo in nomi propri stranieri. La lettera
k si trova invece già nelle prime attestazioni scritte di italiano; è entrata attraverso germanismi nei secoli
VIII, IX e X ed è stata usata per il suono che oggi scriviamo c.
Fino all’inizio del secolo ventesimo si usava j per la doppia i dei plurali in –io e più raramente per la i
semivocalica. Ora la si trova in prestiti dal francese e dall’inglese. Le lettere x, y sono spesso usate nella
grafia dotta di parole greche o latine o di tali derivazioni.
Si può affermare che la grafia delle parole italiane non è cambiata molto dal Cinquecento, quando le prime
edizioni a stampa imposero uno standard comune. Basta però sfogliare un testo a stampa di 400 anni fa per
individuare delle differenze, come la mancata distinzione tra u e v, cosa che portava ad avere nei dizionari
un ordine alfabetico misto. La loro separazione è ottocentesca.
Fra le combinazioni possibili dei suoi trenta fonemi, l’italiano, e così le altre lingue, si è ritagliato quelle
pronunciabili e fra queste ne ha privilegiate alcune, distinguendosi dalle altre lingue.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana 3. La parola nella lingua italiana
I lemmi sono le forme scelte convenzionalmente per la trattazione di una parola nel dizionario, e sono
l’infinito per i verbi, il maschile singolare degli aggettivi, ecc. Se i nomi hanno le forme maschile e
femminile, il lemma sarà al maschile singolare. L’insieme dei lemmi è detto lemmario.
Nel Dizionario di Macchina dell’Italiano (DMI) la lunghezza media dei lemmi è di 9,36 caratteri. Questo
conferma l’impressione che gli stranieri hanno della nostra lingua come “lingua con parole molto lunghe”.
In realtà l’italiano condivide ciò con il francese, altra lingua neolatina. Va detto, però, che il francese ha una
pronuncia più lontana dalla grafia, e che molte parole non si sentono.
Le vocali a, i, o, e, u costituiscono da sole più del 45% dei caratteri che compongono il lemmario del DMI,
però anche nel lemmario francese si arriva a una percentuale del 45%. Nuovamente bisogna però distinguere
tra ciò che si osserva e ciò che si sente: in francese buona parte delle lettere e non accentate sono mute. I tre
caratteri più frequenti dell’italiano sono i, a ed e.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana 4. Le sillabe nella lingua italiana
Nella lingua italiana i confini delle sillabe fonetiche non sempre corrispondono alle sillabe fonologiche e
grafiche della tradizionale divisione in sillabe; ciò che interessa il lessicografo è comunque la sillaba grafica.
La sillaba è costituita da un nucleo e una periferia. Il nucleo, o centro o apice della sillaba è una vocale
caratterizzata da un picco di prominenza o intensità sonora; attorno al nucleo si possono raggruppare altri
fonemi consonantici o semiconsonantici come nel caso dei dittonghi. La periferia può anche mancare, se la
sillaba è costituita da una sola vocale.
Le sillabe più comuni in italiano sono di due lettere, seguono quelle di tre lettere e una sola lettera
(ovviamente una vocale). Mediamente la parola italiana è formata da quattro/cinque sillabe.
A differenza del francese e dello spagnolo, la parola italiana, come la giapponese e, di meno, quella
finlandese, termina in vocale, eccezion fatta per i prestiti stranieri e per le parole che hanno subito elisione e
troncamento. L’elisione fa cadere la vocale atona di una parola seguita da un’altra che comincia per vocale.
Il troncamento può far cadere un’intera sillaba, come in quel cane.
L’accento considerato normale in italiano è quello sulla penultima sillaba che contraddistingue le parole
piane, ed essendo normale non è mai marcato. Le parole sdrucciole che hanno accento sulla terzultima
sillaba, sono il 21, 63%, mentre le bisdrucciole (màsticare) sono più rare (0,65%). Quando ai verbi si
attaccano dei clitici (calcolatelo), si possono avere delle trisdrucciole. Di fatto, la mancanza di indicazioni
sulla sillaba tonica nella grafia italiana è una difficoltà per gli stranieri e talvolta anche per gli italiani, come
dimostrano le pronunce popolari di mollica, edile, persuadere.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana 5. I morfemi nella lingua italiana
La lunghezza delle parole è considerata uno svantaggio: chi deve scrivere titoli di articoli o slogan invidia la
maneggevolezza dell’inglese. Tale corposità è dovuta alla ricchezza di morfemi.
Il morfema è l’unità linguistica minima fornita di un suo significato; può costituire una parola (morfema
libero) o esser parte di una parola (morfema legato). I morfemi grammaticali o flessivi sono i morfemi che
portano informazioni sul numero, sul genere dei nomi e degli aggettivi, o dei pronomi, o su tempo, modo,
persona, diatesi dei verbi.
Tra i linguisti è dibattuta la questione se il morfema lessicale sia ner-o o nero. Accettando la seconda ipotesi,
si suppone che quando il morfema lessicale nero viene a contatto con il morfema flessivo –o, si ha
un’elisione della vocale tematica, detta così perché vocale che unita alla radice dà il tema della parola.
Questa soluzione presenta dei vantaggi quando il morfema lessicale senza vocale tematica potrebbe essere
attribuito a parole diverse: pizz-, morfema lessicale di pizza o pizzo. D’ora in avanti, si indicherà il morfema
lessicale con la vocale tematica tra parentesi.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana 6. Parole derivate mediante affissi
Da una parola già esistente, base, possono derivare altre parole con l’aggiunta di affissi. Le basi italiani sono
perlopiù nomi aggettivi e verbi. Gli affissi sono di soliti morfemi legati e si distinguono in prefissi, se
preposti alla base, suffisi, se posposti ad essa e infissi o interfissi, quando sono inseriti nella base, In italiani,
da alcuni viene considerato un infisso er in fuocherello.
Derivati mediante prefissi. I derivati con prefissi appartengono alla stessa categoria grammaticale della base.
I più produttivi in italiano sono a-, di-, de-, in-. I verbi parasintentitici sono formati da basi nominali e
aggettivali con l’aggiunta di un prefisso: addentare, incenerire, ecc.
Derivati mediante suffissi. I derivati mediante suffissi appartengono di solito a una categoria lessicale
diversa da quella della base: i nomi denominali sono un caso particolare e si formano con suffissi come –aio,
-iere, -ista e con suffissi propri delle nomenclature scientifiche (-ite, -ema, ecc.). I più comuni suffissi
italiani producono: nomi d’azione come –zione, -mento; nomi d’agente, di mestiere come –tore/-trice,
ante/ente; aggettivi deverbali, come –bile, -evole, ecc.
Un caso particolare di derivazione, detta con suffisso 0, è quella in cui il derivato non aggiunge nulla alla
base, assumendone la morfologia flessiva. Tipi comuni sono il passaggio da aggettivo a verbo (scuro,
scurire), da nome a verbo (sci, sciare), da verbo a nome (comandare, comando).
Alterati. Un tipo di suffissi che non cambia la categoria grammaticale della base sono i suffissi alterativi.
L’italiano ne è la lingua neolatina più ricca. Essi possono indicare dimensioni più grandi o più piccole, o
qualità negative, ma più spesso servono a segnalare l’informalità della situazione.
I suffissi diminutivi più comuni sono –ino,-etto, -ello, -uccio; il suffisso accrescitivo è –one. Suffissi
peggiorativi sono -accio e –astro. L’uso di alterati è frequente anche come risorsa neologica in italiano. Fra i
neologismi più recenti segnaliamo ruotino (piccola ruota di scorta) e telefonino.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana 7. Parole composte nella lingua italiana
Altro modo in cui il lessico si espande è la composizione: due o più parole già esistenti vengono
giustapposte. Mentre vi sono lingue come il tedesco in cui il composto può entrare in nuovo composto, fino
a formare treni di parole, in italiano il composto tipico ha due costituenti. Fra i procedimenti compositivi il
più produttivo è V + N; abbiamo poi N + A, A + N, PREP + N, N + N, V + V, V + AVV, AVV + PART.
Gli aggettivi composti sono formati da A + A, N + A, A + N, AVV + A.
Per spiegare meglio la natura dei composti richiamiamo la nozione di sintagma e di testa del sintagma. Il
sintagma è un gruppo o unità linguistica, di solito formata da più di una parola. La testa del sintagma è
l’elemento la cui presenza motiva la presenza degli altri componenti. Perciò in un sintagma nominale la testa
è il nome, e così via.
Vengono detti composti endocentrici quelli in cui la parola composta condivide le caratteristiche
morfologiche e semantiche della testa del composto. Tutti i nomi composti formati da V + N sono quindi
esocentrici. Altra grande fonte di composti sono i calchi di parola inglesi composte che danno origine a
locuzioni formate da due o più parole, separate o unite con trattino.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana 8. Elementi di composizione nella lingua italiana
Parole come mini- o fono- non si trovano come parole autonome nel lessico italiano e sono di altre lingue,
greco o latino ma anche lingue moderne. Nei dizionari sono indicati come “elementi di composizione” e si
specifica se sono primi o secondi, cioè se stanno all’inizio o al fondo della parola. Tali elementi sono ormai
produttivi e compaiono anche al di fuori dei lessici tecnico-scientifici.
Scalise (1994) osserva che nelle composizioni formate da una parola in prima posizione e da un elemento di
composizione di origine greca in seconda la vocale finale della parola viene mutata in o (musica + logia =
musicologia), se latina si ha un riaggiustamento in i (erba + voro = erbivoro).
Domenico Valenza Sezione Appunti
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana 9. Conversione nella lingua italiana
Altro fenomeno di arricchimento lessicale è il passaggio di una parola da una parte del discorso a un’altra.
Caratteristico fenomeno di conversione è la possibilità di sostantivare l’aggettivo (il povero, il ricco, ecc.) e
l’infinito: bere, il bere. In qualche caso tali infiniti sostantivati hanno raggiunto una tale autonomia da aver
acquisito anche la flessione nominale al plurale (doveri).
I participi presenti e passati sono diventati spesso degli aggettivi e dei sostantivi: divertente, risultato. Un
tipo di arricchimento lessicale a metà tra conversione ed ellissi è quello che porta da computer portatile a
portatile. Ulteriore fonte di conversione viene dall’accesso da parte delle donne a professioni prima
appannaggio degli uomini. Poiché alcuni dei morfemi come –essa sono sentiti in senso comico-spregiativo,
ora accanto a presidentessa si sta affermando la presidente.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana 10. Il lessico italiano non deve anglicizzarsi
Dai dati del LIP risulta che il vocabolario dei testi parlati per il 99,7% è fatto di parole radicate nel suolo
italiano. E’ questa la risposta alla preoccupazione più grande dei cultori di lingua italiana: la minaccia
dell’itanglese, formato da una sintassi italiana semplificata e dall’ampio uso di lessico anglo-americano. Il
miglior modo per difendere l’italiano non è alzare barriere di protezionismo linguistico, ma insegnarlo bene,
farlo amare, farne capire le strutture.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana 11. Sviluppo futuro della lingua italiana
Vediamo quali sono le linee di sviluppo per l’italiano. Fra le classi suffissali in espansione ci sono le più
internazionali, come –ista, -ismo, -izzare, -ale, -zione e -mento, che hanno forme simili in in-glese, francese,
ecc. La derivazione a suffisso zero si sta diffondendo oltre l’ambiente burocratico.
Berruto osserva che, per quel che riguarda il lessico, la norma e il sistema dell’italiano paiono orientarsi
verso tre tendenze: la preferenza per espressioni sintetiche e non analitiche, l’azione di fatti economici
(abbreviazioni, sigle) e la spinta a confrontarsi a uno Standard Average European (prendendo dalle lingue
europee di cultura, specie l’inglese, alcuni moduli lessicali, e incre-mentando quelli già propri del sistema
italiano con un parallelo in inglese, francese, tedesco, ecc.)
Le parole nuove sono assegnate ai paradigmi più frequenti: la coniugazione in –are per i verbi, il maschile in
–o pl. –i e il femminile in –a, pl. –e per i nomi. Talvolta si verifica la resurrezione di un suffisso: ad es. –ile
sembrava cristallizzato, non più produttivo quando sulla scorta di canile si è formato gattile. Tuttavia, ciò
appare più un processo di imitazione che una vera riscoperta.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana 12. Le parole straniere nella lingua italiana
Rispetto al francese e allo spagnolo, l’italiano accoglie più facilmente le parole straniere e in particolare le
parole dell’angloamericano. L’acclimatazione di un prestito straniero è spesso graduale. Un tempo si
adattava alle regole grafiche dell’italiano anche la forma scritta della parola: adesso l’adattamento è solo
nella pronuncia mentre la grafia è mantenuta, anche a costo di errori.
Insieme all’adattamento fonetico c’è un ambientamento morfologico, sia per le parole di lingue che non
hanno genere come l’inglese, sia per quelle che ce l’hanno. Il genere scelto è spesso l’originale, ma talvolta
è il genere di una parola italiano vicina per senso o suono al prestito.
La parola viene di solito presa al singolare e considerata invariabile: le occorrenze di films sono sempre
meno. Se la parola proviene da lingue neolatine, ad es. spagnolo, tendono a mantenersi i plurali originali,
come aficionados. Con le particolarità grafiche l’uso è variabile: ad esempio gli accenti del francese sono
mantenuti, ma le maiuscole dei nomi tedeschi tendono a cadere.
Un successivo ambientamento dei prestiti si ha quando diventano basi di derivati con suffissi italiani
(handicappato). I prestiti composti o sono presi di peso (juke-box) o danno luogo a calchi che obbediscono
all’ordine sintattico italiano (disco rigido). Quanto al versante del significato, se il prestito arriva con un
oggetto sconosciuto ha in italiano il significato che aveva nella lingua di origine, salvo assumerne poi degli
altri: bypassare, da by pass, significa oggi superare un ostacolo.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana 13. Le parole italiane nelle lingue straniere
L’italiano ha smesso da tempo di esportare parole in grande quantità. Dopo il periodo della fioritura bancaria
fiorentina e genovese, del commercio veneziano, del prestigio medievale e rinascimentale, oggi esportiamo
pochi termini: quasi tutti di cucina, moda, sport e malavita.
La presenza di comunità di emigrati non ha avuto un’influenza decisiva in tal senso. La scarsa prenotazione
di italianismi è stata determinata sia dalla bassa scolarità degli emigrati, che general-mente conoscevano un
dialetto più che l’italiano, sia dal disinteresse che caratterizzava fino a un decennio fa la politica estera
culturale dell’Italia nei confronti delle comunità di italiani all’estero.
Il plurale degli italianismi è all’inglese (pizzas), a meno che la parola non sia stata accolta al plurale come
agnolotti. Il suffisso italiano –ola, che si riscontra per marchi famosi (Motorola) è produttivo anche nello
slang inglese britannico e dà luogo a parola formate da basi inglesi come payola, bustarella. L’italiano è poi
in credito verso l’inglese nei nomi propri femminili: Claudia, Laura, ecc.
L’incidenza di italianismi nel lessico del tedesco è più equilibrata rispetto all’angloamericano, ed a favore
dell’italiano. Col francese restiamo in debito, nonostante la sua recente perdita di prestigio. Va poi detto che
la vicinanza delle due lingue porta a produrre un calco francese per espressioni italiane che in altre culture
hanno dato luogo a prestiti: repenti, parrain per pentito, padrino.
La maggior parte degli italianismi penetrarono nello spagnolo nei secoli XVI e XVII quando le relazioni fra
i due paesi erano intense. Le nostre odierne esportazioni linguistiche in Spagna seguono soprattutto i canali
commerciali, turistici e aziendali e riguardano quindi termini di linguaggi settoriali. Si può dire che i nostri
scambi con lo spagnolo sono alla pari, anche se il suo crescente prestigio come lingua internazionale e
soprattutto il ruolo delle comunità ispano-americane negli Stati Uniti potrebbero in un futuro far crescere gli
ispanismi in italiano.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Morfologia, lessico e struttura della lingua italiana