Appunti utili per l'esame - Intermediari Finanziari - anno 2009
Il sistema finanziario è l’insieme organizzato di mercati, intermediari e strumenti finanziari. Rappresenta la struttura attraverso cui, in un’economia moderna, si svolge l’attività finanziaria, cioè la produzione e l’offerta dei servizi finanziari.
Il sistema finanziario
di Alessia Chiovaro
Appunti utili per l'esame - Intermediari Finanziari - anno 2009
Il sistema finanziario è l’insieme organizzato di mercati, intermediari e strumenti
finanziari. Rappresenta la struttura attraverso cui, in un’economia moderna, si
svolge l’attività finanziaria, cioè la produzione e l’offerta dei servizi finanziari.
Università: Università degli Studi di Palermo
Facoltà: Economia
Esame: Intermediari Finanziari
Titolo del libro: Il sistema finanziario
Autore del libro: G. Forestieri - P. Mottura
Editore: EGEA
Anno pubblicazione: 20091. Le funzioni del sistema finanziario
Insieme di strumenti, mercati e istituzioni che assicurano la creazione e la movimentazione dei mezzi di
pagamento, rendendone possibile il trasferimento dalle unità in surplus (in avanzo) a quelle in deficit (in
disavanzo)
Gli strumenti finanziari sono una particolare categoria di contratti aventi per oggetto diritti e prestazioni di
natura finanziaria.
I mercati finanziari sono mercati specializzati nella negoziazione di strumenti finanziari.
Gli intermediari finanziari sono una speciale classe di imprese che svolgono essenzialmente attività
finanziaria, un’attività cioè basata sulla produzione e sulla negoziazione di strumenti finanziari e sull’offerta
di servizi connessi con la circolazione degli strumenti stessi.
Data la natura dell’attività svolta, il funzionamento del sistema finanziario avviene in un contesto di regole e
controlli. La quarta componente della struttura del sistema è quindi costituita dalle autorità di vigilanza.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 2. La natura e le caratteristiche degli strumenti finanziari
Gli strumenti finanziari sono contratti che, fondamentalmente incorporano diritti patrimoniali (credito,
proprietà, etc); in alcuni casi contengono anche diritti non patrimoniali (come accade per le azioni e i relativi
poteri amministrativi).
In termini generali, gli strumenti finanziari costituiscono una forma di rappresentazione della ricchezza, una
forma che ne rende enormemente più semplice la detenzione e il trasferimento.
Ad es. un titolo azionario è una quota di partecipazione al capitale proprio di una società; una forma di
partecipazione “cartolare” alla proprietà di un complesso aziendale che è fatto per sua natura di cespiti reali.
La detenzione della ricchezza reale attraverso gli strumenti finanziari rappresenta un passaggio
fondamentale della nascita dell’economia moderna e del parallelo sviluppo del sistema finanziario.
Funzioni degli strumenti finanziari:
denominazione della ricchezza. Il singolo investitore ha di norma fondi disponibili che sono una piccola
frazione del valore complessivo di un’azienda produttiva; se questo valore viene incorporato in strumenti
finanziari, diviene possibile regolare il loro rapporto unitario per un ammontare sufficientemente piccolo in
modo che il loro acquisto sia accessibile anche per l’investitore più modesto.
Trasferimento della ricchezza. La circolazione degli strumenti finanziari avviene in modo molto più rapido e
semplice rispetto a quanto accade per la ricchezza reale. La conseguenza più importante è che gli investitori
godono di un grado più elevato di liquidità dei loro impieghi (possibilità di comprare e vendere in un
mercato) e possono quindi rivedere continuamente le loro scelte.
Diversificazione del rischio. Gli strumenti finanziari rappresentano quote di ricchezza reale (di aziende
produttive o della spesa pubblica di un governo). In quanto tali sono intrinsecamente rischiosi: gli investitori
vedranno soddisfatti i loro diritti patrimoniali solo se le attività finanziarie avranno risultati positivi assunti
nelle previsioni, L’esposizione al rischio è più sopportabile se ogni investitore può ripartire la propria
ricchezza tra un numero ampio di impieghi, piuttosto che destinare tutto a un singolo investimento reale. Gli
strumenti finanziari sono alla base di questa possibilità di distribuzione della ricchezza tra una molteplicità
di impieghi.
Separazione del rischio. Si fa riferimento in questo caso alla possibilità che ogni strumento finanziario sia
definito e costruito contrattualmente in modo da incorporare specifiche dosi di rischio. Si possono disegnare
strumenti a bassissimo rischio (titoli di stato a breve termine), oppure strumenti ad alto rischio come le
azioni di una società con prospettive molto incerte, ma che, in caso di successo può fare profitti straordinari.
Tra questi estremi si colloca una gamma pressocché infinita di tipologie di strumenti; la regola fondamentale
che governa la loro distribuzione è: rischi più alti devono essere associati ad aspettative di reddito a loro
volta più alte. Questa gamma di alternative corrisponde alla necessità di soddisfare categorie di investitori
che si distinguono proprio per la loro propensione al rischio.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 3. Le funzioni svolte dal sistema finanziario
Il sistema finanziario realizza, attraverso la produzione e l’offerta di servizi finanziari, tre fondamentali
processi del funzionamento di un’economia moderna:
- il regolamento degli scambi.
- l’accumulazione del risparmio e il finanziamento degli investimenti.
- il trasferimento e la gestione dei rischi.
Si tratta di attività di natura finanziaria strettamente connesse ai processi tipici dell’economia reale: scambi
commerciali, investimenti, produzione; in tal modo questi processi possono svilupparsi in una dimensione
più ampia e con un livello di efficienza superiore rispetto all’ipotesi di assenza di attività finanziaria.
L’offerta di strumenti di regolamento di scambi. Un sistema economico come quello attuale che basa la sua
funzionalità sulla specializzazione e sulle diversità di posizioni deve disporre di meccanismi di scambio e di
regolamento degli scambi molto sviluppati ed efficienti. Uno dei fattori alla base della funzionalità degli
scambi è il sistema di pagamenti e quindi l’adeguatezza degli strumenti monetari attraverso cui le
transazioni commerciali e non, possono essere regolate. Si può facilmente comprendere quale progresso sia
stato possibile passando da un’economia di baratto a un’economia monetaria.
L’evoluzione storica della moneta segue un percorso che accompagna lo sviluppo della specializzazione e
degli scambi: dalla moneta “merce”, il cui valore corrisponde al valore intrinseco (per es. le monete in
metallo prezioso) alla moneta “segno” (il cui valore è definito in termini nominali (per es le banconote),
dalla moneta “bancaria” alla moneta elettronica. Il filo conduttore di questa evoluzione è stata la ricerca di
nuovi mezzi di pagamento idonei a ridurre il costo delle transazioni e a renderne più sicuro (meno rischioso)
il regolamento.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 4. Il trasferimento delle risorse finanziarie
La crescita di un sistema economico è basata sul volume e sulla natura degli investimenti realizzati in un
determinato arco di tempo. Il volume di investimenti finanziabili è condizionato dalla capacità di
accumulazione del risparmio; la natura degli investimenti dipende – almeno in parte - dalle scelte di
allocazione del risparmio investito in forma finanziaria (non utilizzato direttamente come autofinanziamento
degli investimenti e/o non impiegato in “beni rifugio”).
Accumulazione e allocazione del risparmio costituiscono due aspetti fondamentali dell’attività del sistema
finanziario. Presuppongono che il sistema crei le condizioni più favorevoli:
- alle decisioni di risparmio (propensione all’accumulazione) da parte dei soggetti con surplus di reddito sui
consumi
- alle decisioni di investimento del risparmio (scelta di quali modalità di impiego del risparmio adottare)
- alle decisioni di finanziamento dei soggetti in deficit (scelta di quali forme di finanziamento adottare)
“Condizioni più favorevoli significa dunque offrire ai risparmiatori e agli utilizzatori finali delle risorse
finanziarie, gli incentivi più forti non solo perché sia massimizzato il volume delle risorse disponibili, ma
anche perché si attivino forme e circuiti di trasferimento che rendano finanziabili, tra tutti quelli possibili, gli
investimenti con redditività attesa più alta, dato un certo livello di rischio (si usa il termine “rischio” per
indicare il grado di incertezza relativo al rendimento futuro di un investimento). La realizzazione di questo
risultato rientra nel concetto di efficienza allocativa.
Anche in questo caso, la funzione di trasferimento delle risorse del sistema finanziario si innesta in una
condizione di “diversità” di posizione dei soggetti dell’economia:
- i risparmiatori (coloro che detengono un reddito superiore a quello da destinare ai consumi) e i detentori di
ricchezza: dispongono al presente di “potere di acquisto” in eccesso (rispetto al fabbisogno per spese di
investimento e di consumo) e sono disposti a scambiarlo con “potere di acquisto” futuro, a patto che i
termini contrattuali (scadenza, etc) siano adeguati e che ne derivi un vantaggio economico (rendimento)
senza sopportare rischi troppo alti.
- altri soggetti si trovano in una posizione opposta: hanno un deficit di “potere di acquisto”, che possono
risolvere utilizzando risorse altrui, procurate attraverso contratti di finanziamento. L’incentivo a utilizzare
“risorse esterne” deriva dall’opportunità di fare investimenti reali di ammontare superiore
all’autofinanziamento disponibile o dal desiderio di anticipare consumi rispetto all’attuale capacità di spesa.
Se il reddito atteso dagli investimenti (o l’utilità dei consumi) sarà adeguato, questi soggetti saranno disposti
a pagare il costo delle risorse (e quindi il rendimento per i risparmiatori).
Le “diversità di posizione giustificano quindi un “utile” processo di trasferimento delle risorse all’interno
del sistema economico.
Il trasferimento dei soggetti in surplus ai soggetti in deficit richiede che vi sia un certo grado di
finanziarizzazione dell’economia, che sia cioè possibile incorporare il reddito non consumato e la ricchezza
accumulata in appositi contratti che rappresentano:
* per il creditore, una forma di investimento finanziario;
* per il debitore, un modo per raccogliere risorse finanziarie aggiuntive rispetto alle proprie autonome
capacità di risparmio.
La finanziarizzazione produce due risultati fondamentali ai fini dell’organizzazione dell’attività economica:
* la ricchezza reale (tra cui il capitale produttivo), se rappresentata da strumenti finanziari, ha un grado di
liquidità e di trasferibilità enormemente più elevato.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario * i soggetti con funzione di investimento reale (le imprese, per esempio) possono mobilitare risorse
finanziarie ben oltre la capacità individuale.
Si potrebbe immaginare una soluzione in cui i soggetti in surplus ricercano direttamente le loro controparti,
cioè potenziali utilizzatori di fondi, compatibili per importo e condizioni di scambio. Come nell’economia di
baratto, la possibilità di matching non appare semplice e comunque si dovrebbero affrontare costi di ricerca
altissimi e accettare un’incertezza sull’esito finale altrettanto elevata.
Un’ulteriore difficoltà nella ricerca del risultato desidearato (cioè la massimizzazione del volume e della
qualità del trasferimento delle risorse finanziarie) dipende dal fatto che il trasferiemento delle risorse si
svolge attraverso “accordi” che incorporano un certo livello di rischio: si tratta di accordi a prestazioni
differite nel tempo che comporta per il creditore (o per chi offre la prestazione immediata) il rischio relativo
al buon fine della controprestazione futura da parte del debitore.
Il sistema finanziario opera in diversi modi al fine di rendere funzionale ed efficiente il processo di
trasferimento delle risorse: la definzione delle forme contrattuali, lo sviluppo dei mercati, la produzione di
“informazioni di prezzo”, la presenza di intermediari. Ciò configura un meccanismo attraverso cui si
realizza un accentramento delle risorse provenienti da una moltitudine di risparmiatori e la redistribuzione
delle stesse tra i diversi possibili utilizzatori. Le economie moderne sono basate su forme organizzative
(società di capitali, istituzioni pubbliche, etc) che hanno dimensioni di investimento e quindi fabbisogno
finanziario, ben superiori alla capacità del singolo risparmiatore. E’ quindi importante frazionare tali
investimenti, consentendo così la partecipazione più numerosa e la limitazione del rischio. Questo processo
comporta una funzione di trasferimento nel tempo e nello spazio delle risorse finanziarie; il sistema
finanziario crea le condizioni (forme contrattuali, mercati, imprese specializzate) perché ciò avvenga in
modo efficiente.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 5. Le funzioni del sistema finanziario nell’ambito del trasferimento
delle risorse
Le modalità attraverso cui il sistema finanziario rafforza e rende più efficiente il processo di trasferimento
delle risorse finanziarie sono:
* L’informazione. Se il rischio percepito dal datore dei fondi è quello relativo al rimborso alla scadenza,
diventa fondamentale il meccanismo dell’informazione; in quanto è necessario avere informazioni accurate
sulla controparte per valutarne l’affidabilità, ed è inoltre necessario continuare a raccogliere informazioni
dopo la stipula del contratto al fine di monitorare l’utilizzo corretto dei fondi. Al tempo stesso è necessario
mettere a punto contratti che incorporino i termini dell’accordo tra creditore e debitore e rappresentino il
mezzo di pressione per il rispetto dell’accordo stesso. Gli intermediari finanziari e i mercati organizzati
hanno appunto la funzione di ridurre il gap di informazione cui è esposto il creditore e possono farlo (perché
specializzati e perché operano su larga scala) in termini economicamente convenienti. Sono rilevanti in
questo caso due contributi informativi:
- quello che serve per affrontare il problema della misurazione del rischio (selezione ex ante e monitorino ex
post), rischio che può limitare la circolazione delle risorse da un finanziatore potenziale (avverso al rischio e
poco informato) all’utilizzatore finale.
- quello che deriva dalla funzione di “informazione di prezzo” – peculiare nei mercati organizzati- e che
consente un processo allocativo decentrato guidato dai segnali di “convenienza” espressi attraverso la
quotazione degli strumenti finanziari; è quanto accade normalmente in una borsa, dove il prezzo delle azioni
quotate rappresenta il punto di riferimento rispetto al quale venditori e compratori potenziali valutano la
convenienza a vendere o comprare.
Anche la messa a punto dei contratti (preparazione, emissione e circolazione di ciò che si indicherà col
termine di “strumenti finanziari”) è un’attività che richiede informazioni, competenze specifiche e strutture
operative. Proprio in relazione alla messa a punto della “scrittura dei contratti”, un aspetto essenziale delle
funzione integratrice del sistema finanziario nel trasferimento delle risorse riguarda la moltiplicazione e la
standardizzazione delle forme contrattuali. Ogni forma contrattuale è una combinazione particolare di
elementi tecnici (scadenza, modalità di remunerazione, garanzie, modalità di rimborso, diritto di voto in
assemblea, etc) che determinano i diritti/impegni patrimoniali e non patrimoniali per le controparti.
I contenuti tecnici ed economici del contratto possono essere riassunti in 2 dimensioni fondamentali del
contratto stesso:
- il rendimento (il costo per il debitore)
- il rischio (del creditore), che aumenta all’aumentare della scadenza
Sulla base della combinazione rendimento/rischio i contratti finanziari possono essere classificati lungo
un’ideale curva del mercato in cui, per rischi crescenti si hanno rendimenti attesi più elevati.
In pratica si riconosce un premio di rendimento per unità aggiuntive di rischio. Così un contratto azionario è
considerato più rischioso di un contratto di credito (infatti la remunerazione –dividendo- è discrezionale e
subordinata alla copertura dei rischi dei creditori); nell’ambito dei contratti di credito quelli a cadenza più
lunga sono normalmente più rischiosi, in funzione della crescente incertezza che caratterizza eventi da
prevedere (rimborso) via via più lontani nel tempo.
L’ampiezza delle forme contrattuali disponibili nel sistema finanziario facilità la “copertura” degli svariati
schemi di preferenza espressi da creditori e debitori: da quelli più avversi al rischio a quelli che ricercano
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario un’alta esposizione al rischio.
Seppure con diversa intensità, a seconda del tipo di contratto, la “produzione di informazione” (per colmare
il gap di cui soffre il datore di fondi rispetto al prenditore) rappresenta un elemento essenziale di ogni
scambio finanziario e di ogni forma contrattuale.
* La liquidità. Se il rischio percepito dal creditore è quello di avere bisogno di riutilizzare il risparmio
investito prima della scadenza del contratto, allora diventa importante il requisito della “liquidità”, della
possibilità cioè di smobilizzare l’investimento prima della data di rimborso fissata contrattualmente. Questa
è appunto una delle funzioni dei mercati finanziari e si svolge attraverso il sistema di negoziazione e
scambio degli strumenti finanziari.
La liquidità è in funzione:
- della natura degli strumenti finanziari, che possono essere negoziabili o non negoziabili; nel primo caso
hanno un grado di liquidità che deriva, oltre che dalla durata residua (la liquidità è più alta in corrispondenza
delle scadenze più brevi), dalla possibilità di negoziare gli strumenti in un mercato.
- del tipo di strumento in quanto la liquidità può essere influenzata dal rischio e dalla scadenza, oltre che dal
grado di standardizzazione dello strumento stesso.
- della presenza di mercati organizzati, in cui lo scambio può avvenire con costi di transazione molto bassi e
prezzi trasparenti
Si può quindi assumere che la presenza di meccanismi di liquidità (negoziabilità e standardizzazione degli
strumenti finanziari, mercati organizzati) contribuisca a ridurre i rischi per il datore di fondi, a ridurre i rischi
per il datore di fondi, a ridurre in corrispondenza il premio di rendimento richiesto e a rendere più agevole
l’incrocio di scambi con i prenditori di fondi.
* La trasformazione del rischio. Se i creditori (avversi al rischio) ritengono non finanziabile quella parte dei
prenditori che presentano livelli di rischio più elevato, il sistema finanziario può ovviare a questa difficoltà
operando una trasformazione del rischio, realizzata attraverso 2 meccanismi principali:
- un intermediario finanziario si interpone tra datore e prenditore di fondi, assumendo sul proprio bilancio
una parte dei rischi del prenditore. La trasformazione del rischio presenta allora due aspetti distinti: il primo
è connesso con la trasformazione delle scadenze; il secondo deriva dal fatto che il datore di fondi ha come
controparte un intermediario finanziario, cioè un soggetto normalmente meno rischioso rispetto alla maggior
parte dei prenditori di fondi considerati individualmente.
- i datori di fondi impiegano il risparmio sotto forma di partecipazione a un portafoglio di strumenti
finanziari di diversi emittenti. In questo modo il rischio che il datore assume è quello relativo a un insieme
diversificato di prenditori di fondi e normalmente è un rischio più basso rispetto a quello del singolo
prenditore.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 6. La gestione dei rischi
Il rischio è l’essenza dell’attività finanziaria. Il sistema finanziario, oltre la trasformazione del rischio svolge
anche una funzione di gestione dei rischi in forma più diretta di quanto non derivi dai fattori (informazione,
liquidità, trasformazione).
Vi sono 2 componenti essenziali di questa attività:
1. I contratti a termine, che comprendono una vasta gamma di applicazioni: da quelle sulle merci a quelle
sugli strumenti finanziari.
La negoziabilità a termine delle merci è un modo per favorire lo sviluppo degli scambi. Attraverso le
transazioni a termine (regolamento a data futura ad un prezzo fissato oggi), un operatore può gestire il
rischio che affronta in relazione alla sua posizione per quella determinata merce. Il problema è rilevante, in
particolare in relazione all’andamento futuro del prezzo della merce stessa. In questo senso la gestione del
rischio può essere fatta attraverso appositi contratti a termine negoziati in mercati organizzati. Il
collocamento in un mercato organizzato ha, tra l’altro, la funzione sia di ridurre i rischi degli operatori
(relativamente a garanzie e liquidità) sia quella di limitare i costi di ricerca delle controparti.
I mercati a termine di strumenti finanziari, sono una derivazione abbastanza stretta dei mercati delle merci:
l’ oggetto è il rischio nelle diverse forme in cui si manifesta nell’attività finanziaria. Può dunque riguardare
il rischio derivante a un operatore dall’andamento futuro di una molteplicità di grandezze finanziarie: il
cambio delle valute, il prezzo ei titoli, i tassi di interesse, l’indice di borsa.
2. L’attività assicurativa, è una speciale area di attività del sistema finanziario che ha per oggetto la
negoziazione dei cosiddetti rischi puri, cioè quelli che si manifestano sotto forma di perdite o danni futuri e
non definibili nella frequenza e nella gravità.
La gestione dei rischi puri tramite una polizza assicurativa comporta il trasferimento del “rischio” ad un
intermediario specializzato (compagnia di assicurazione): l’assicurato trasforma un evento futuro dannoso e
incerto nella gravità e nella frequenza (e quindi nel costo) in un costo certo (premio della polizza). La
compagnia è in grado di far fronte ai suoi impegni di risarcimento attraverso un processo di pooling,
assumendo cioè un numero sufficientemente alto e diversificato di rischi, per il complesso dei quali è
possibile prevedere con buona approssimazione il costo complessivo.
L’attività assicurativa in quanto sistema di gestione del rischio è un fattore dello sviluppo economico perché
rende sopportabile per gli individui il rischio di molte attività: favorisce quindi l’iniziativa imprenditoriale e
promuove un sistema di relazioni stabile e ordinato.
In termini strettamente finanziari il trasferimento del rischio puro ha come contropartita il pagamento di
premi che vengono investiti in riserve (in genere di investimenti finanziari), da cui verranno prelevati i fondi
necessari per compensare gli assicurati.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 7. Le funzioni del sistema finanziario: dal baratto all’economia
monetaria
La storia della moneta ha origini lontane ed è espressione del continuo progresso economico, sociale e
culturale.
Oggi la moneta può essere definita come l’insieme dei mezzi generalmente accettati come strumento di
pagamento; in termini più precisi si può dire che la moneta è rappresentata da tutti i beni di natura reale e
finanziaria che nell’ambito di un determinato assetto istituzionale svolgono di diritto o di fatto la funzione di
mezzo di scambio.
In questo contesto siamo abituati a considerare diversi generi di moneta, visto che lo scambio di beni e
servizi viene regolato con differenti mezzi di pagamento: dalla moneta legale (banconote e monete
metalliche), all’emissione di assegni, alle carte di credito, etc..).
In un economia primitiva gli scambi erano basati sul baratto delle merci, che richiedeva una doppia
coincidenza di preferenze: le 2 controparti devono offrire beni di reciproco interesse e i beni devono essere
divisibili. Si può intuire che i “costi di ricerca” della controparte e delle condizioni più favorevoli in un
sistema di baratto sono particolarmente elevati.
La soluzione si trova quando i beni cominciano a essere scambiati a fronte di un corrispettivo, cioè un bene
di generale accettazione. Nasce in questo modo la funzione dei “beni-moneta”, rispetto ai quali vengono
definiti i valori degli altri beni da scambiare: essi diventano cioè quella che oggi si chiamerebbe un’”unità di
conto”.
A seconda delle civiltà e dei tempi storici questi beni hanno avuto un valore intrinseco o un valore
simbolico. Se essi sono utilizzati in modo diffuso e quindi riconosciuti e accettati in una certa comunità
diventano un “mezzo di pagamento”.
Il passaggio dal baratto puro allo scambio regolato da un mezzo di pagamento è importante perché si
accresce la possibilità di scambio, che a sua volta consente di aumentare il numero dei fabbisogni
soddisfatti; inoltre, vengono ridotti i tempi e i costi dello scambio; e la possibilità di scambio incentiva la
produzione -> permettendo un passaggio da un’economia di autoconsumo verso un’economia di scambio.
Questa a sua volta è il presupposto perché le attività economiche possano essere organizzate sfruttando il
principio della specializzazione (se ogni soggetto si specializza nell’attività in cui riesce meglio sviluppando
esperienze e competenze relativamente a quell’attività, è probabile ottenere risultati complessivi più
soddisfacenti in termini di qualità e/o produttività dell’output prodotto).
“Economia monetaria” è quindi un termine che si utilizza con riferimento all’organizzazione di un sistema
economico in cui gli scambi di beni e servizi sono regolati attraverso la moneta.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 8. L’evoluzione della moneta nel tempo
L’evoluzione della moneta è segnata fondamentalmente dal passaggio dalla moneta-merce alla moneta-
segno.
L’evoluzione si spiega considerando che i beni sono maggiormente efficaci come mezzo di pagamento se
possiedono requisiti come l’essere poco ingombrante rispetto al valore intrinseco, durevoli nel tempo,
omogenei, verificabili in quanto a valore.
La moneta-merce è inizialmente un bene, nel tempo questo ruolo viene svolto sempre più da metalli
preziosi. Tuttavia la simmetria tra valore facciale e valore intrinseco si può perdere per diverse ragioni (es.
caso di frodi, delle leghe o della “tosatura” o quando il valore relativo -rispetto agli altri beni- del metallo di
conio si modifica). Ciò comporta l’esigenza di effettuare verifiche e raccogliere informazioni ai fini
dell’accertamento della qualità della moneta (in particolare corrispondenza tra valore intrinseco e valore
facciale); il suo utilizzo determina quindi costi e rischi elevati.
Il passaggio fondamentale verso la moneta-segno si ha allorché si ha la possibilità di sostituire la moneta-
merce con titoli rappresentativi della stessa, ottenendo una riduzione dei costi (di informazione e di
trasporto) e dei rischi (qualità, furti e smarrimenti).
La sostituzione della moneta merce con titoli rappresentativi si verifica in origine per ragioni pratiche: i
mercanti del Rinascimento trovarono più economico e sicuro fare uso di certificati di deposito
(rappresentativi della moneta-merce depositati presso i banchieri) piuttosto che trasferire fisicamente la
moneta stessa.
Un altro passaggio chiave si verifica allorché i banchieri si rendono conto che la circolazione di certificati
non richiede l’integrale copertura di moneta metallica; è infatti mollo improbabile che tutti i depositanti si
presentino simultaneamente a ritirare il loro deposito, consentendo cosi di fare “prestito”. Il conto
economico della banca si trasforma: i ricavi a fronte dei servizi di deposito vengono integrati dagli interessi
sui prestiti.
Nel tempo la funzione di emettere titoli utilizzabili come moneta diviene un monopolio degli Stati, nasce
così la moneta cartacea con corso legale, cioè riconosciuta in appositi dispositivi normativi.
Anche in questo caso si sviluppa la ricerca di procedure e di titoli alternativi alla moneta legale, ad esempio i
saldi dei depositi in conto corrente ne sono un esempio: i saldi in essi contenuti possono essere trasferiti
tramite emissione di assegni o altri strumenti proprio con funzione di mezzo di pagamento. Per la banca non
è necessario tenere una scorta di moneta legale pari all’ammontare dei depositi, dato che questi non saranno
ritirati tutti contemporaneamente. In questo modo, oltre i vantaggi di sicurezza e di costo già visti quando la
moneta metallica è stata sostitutiva dai titoli rappresentativi, si riduce al minimo l’impiego della ricchezza in
attività infruttifere come la moneta legale.
Nasce così la cosiddetta moneta bancaria. La sua diffusione ha come presupposto la fiducia del pubblico
nell’affidabilità dei debiti bancari (depositi) come mezzo di pagamento (la quale dipende a sua volta dal
grado di stabilità raggiunto dalle banche).
Negli ultimi anni, lo sviluppo della tecnologia informatica e della telecomunicazione ha reso possibile un
uso più efficiente della moneta bancaria, infatti ciò che prima avveniva attraverso la circolazione di
strumenti cartacei ora si regola con transazioni elettroniche basate su una carta di pagamento (moneta
elettronica).
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 9. I fattori che influenzano l’evoluzione della moneta
L’evoluzione storica degli strumenti di pagamento è influenzata da alcuni fattori, tra cui i principali sono:
* il costo, cioè gli oneri da sostenere in relazione alla produzione, all’utilizzo e al mantenimento della
moneta (trasferimento, sicurezza, perdita di valore reale, costo-opportunità) -> l’evoluzione è segnata dalla
ricerca di mezzi con costi di produzione e di transazione sempre più bassi
* il rischio, quindi la possibilità che l’uso e la detenzione di un determinato mezzo di pagamento possano
generare perdite, come nel caso di furti, frodi o insolvenze.
* la funzionalità, cioè la capacità del mezzo monetario di rendere un «servizio» in termini di tempo di
esecuzione dello scambio, affidabilità, informazione.
Le funzione della moneta.
Dal punto di vista economico la moneta svolge almeno tre differenti funzioni:
* Moneta come «mezzo di scambio» (definizione restrittiva di moneta)
* Moneta come «unità di conto» (l’unità di misurazione del valore delle attività reali e finanziarie e degli
scambi)
* Moneta come «riserva di valore», che si riferisce alla possibilità di trasferire il valore nel tempo e di
poterla riutilizzare per l’acquisto di beni e servizi. (presupposto per la sua accettabilità)
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 10. Che cos’è oggi la moneta
Si sono naturalmente evolute le strutture tecniche e organizzative che fanno da supporto all’uso della
moneta. Complessivamente, è sempre meno netta la separazione tra moneta e altre attività finanziarie; ciò
anche in relazione al continuo accrescersi della rapidità e della facilità di conversione tra le diverse forme di
detenzione della ricchezza. In senso più restrittivo, la definizione di moneta comprende il “circolante”, cioè
la moneta legale detenuta dal pubblico e i depositi monetari, cioè i depositi che per la natura del contratto
consentono un utilizzo come mezzo di pagamento (emissione di assegni, per es.). Nel gergo economico
statistico è l’aggregato M1
L’innovazione finanziaria (in particolare la tecnologia) influenza la composizione di M1. Per esempio la la
diffusione della rete si sportelli bancari e successivamente della rete di sportelli automatici consente una
progressiva riduzione del circolante (delle scorte di moneta legale) detenuto dal pubblico. Nello stesso
tempo altre innovazioni altre innovazioni come le carte di pagamento e i circuiti elettronici aumentano
enormemente l’efficienza nell’utilizzo delle scorte monetarie. Il circolante e l’aggregato M1 si riducono
sempre più rispetto ai parametri dell’economia reale: nei principali paesi industrializzati, il circolante non
rappresenta ormai che un valore molto basso (tra il 3 e l’8% del PIL); è comunemente compreso tra il 10 e il
30% del PIL.
Il secondo aggregato monetario utilizzato è M2, cioè la somma di M1 e dei depositi con scadenza a 2 anni.
La componente aggiunta è rappresentati da strumenti finanziari (compresi i certificati di deposito) che non
consentono un diretto utilizzo come mezzo di pagamento, ma possono essere convertiti rapidamente in
moneta (o perché sono vista o comunque a scadenza breve oppure perché sono negoziabili). Pur non
essendo mezzi di pagamento, la loro dimensione è rilevante ai fini della stima del “potere d’acquisto”
effettivamente nelle mani del pubblico, il quale potere di acquisto si fonda non sulla moneta in senso stretto
ma sulla possibilità di acquisirne rapidamente la disponibilità.
Infine M3 rappresenta un aggregato ancora più esteso, fino a ricomprendere componenti quali i titoli di
mercato monetario, le quote di fondi comuni monetari e le obbligazioni con durata fino a 2 anni.
I conclusione gli aggregati rappresentano versioni più o meno restrittive delle “attività finanziarie liquide”
rilevanti per il controllo dell’equilibrio macroeconomico tra potere di acquisto disponibile presso il pubblico
e fabbisogno di regolamento degli scambi.
Il pubblico ricerca le combinazione più vantaggiose rispetto alle esigenze di liquidità e rendimento: la
moneta legale è senza rendimento (e in molti paesi anche i depositi in c/c); passando ad aggregati più ampi
(comprendenti titoli a breve termine ad es) la natura diretta di mezzo di pagamento non esiste più,in
compenso vi è un vantaggio di rendimento.
Uno dei tratti dell’innovazione finanziaria è di offrire strumenti finanziari che sono sempre più efficaci nel
combinare liquidità e rendimento.
M1 = Moneta circolante + depositi monetari
M2 = M1 + depositi con scadenza a due anni
M3 = M2 + titoli di mercato monetario, quote di fondi comuni monetari + obbligazioni con durata fino a due
anni
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 11. I circuiti reali e i circuiti monetari
L’utilizzo della moneta nel regolamento degli scambi comporta uno sdoppiamento dei circuiti economici;
ogni scambio si caratterizza cioè per 2 flussi di segno opposto:
* quello dei beni/servizi dal venditore al compratore
* quello della moneta dal compratore al venditore
Questi 2 flussi non sono necessariamente simultanei, il regolamento monetario potrebbe essere posticipato
(credito del venditore) o –più raramente- anticipato (credito del compratore).
Produttori e utilizzatori (dei beni e dei servizi) sono collegati da un duplice circuito, uno di natura reale e
uno di natura monetaria.
- circuito dei beni/servizi e dei fattori produttivi (circuito reale)
- circuito dei prezzi (ricavi)e delle remunerazioni del lavoro e del capitale (circuito monetario)
Si può osservare un’ulteriore distinzione tra:
- circuito dei beni/servizi, costituito dai prodotti che vengono venduti agli utilizzatori finali (flusso reale) e
dai ricavi corrispondenti sotto forma di prezzo pagato ai produttori (flusso monetario)
- circuito dei fattori produttivi, rappresentato dalle prestazioni di lavoro o dagli apporti di capitale (flusso
reale) e dai redditi pagati come compenso delle prestazioni stesse (flusso monetario)
I valori risultanti da questi 2 circuiti sono equivalenti, cioè il valore dei beni/servizi prodotti e venduti
corrisponde alla somma delle remunerazioni (compresi i profitti) pagate per la loro produzione (reddito
nazionale). Questi sono anche due possibili metodi per misurare il valore dell’attività produttiva di un paese
in un certo arco di tempo.
Il prodotto finale (Y) può, quindi, essere visto come somma del valore dei beni e servizi destinati al
consumo (C) e del valore dei beni di investimento utilizzati nelle attività produttive (I):
Y = C + I
La misura più comune di questo fenomeno è quella del Prodotto Interno Lordo (PIL), cioè di un aggregato
rappresentativo la produzione finale del paese e riferibile alle unità produttive operanti all’interno del paese
stesso.
Il Reddito Nazionale equivalente può essere visto nella sua ripartizione tra spesa per consumi (C) e quota di
reddito non consumata, cioè Risparmio (S):
Y = C + S
Il risparmio accumulato nel sistema è alla base delle spese d’investimento.
in un’economia chiusa, deve essere S = I, vale a dire che la formazione del capitale reale (I) è vincolata
all’accumulazione di risparmio e che la produzione deve essere sostenuta, oltre che dalla domanda per
consumi (C), da una domanda per investimenti (I) che corrisponde al pieno utilizzo del risparmio (S).
in un’economia aperta, la formazione del capitale si raccorda con l’accumulazione di S e con il saldo degli
scambi del paese nei confronti dell’estero. Ci sono due casi:
S < I (l’economia può avere un surplus di investimenti I rispetto al capitale disponibile S): in tal caso la
differenza sarà finanziata con risorse risparmiate in altri paesi, e ciò corrisponde al saldo negativo delle
partite correnti della bilancia dei pagamenti (importazioni > esportazioni)
S > I, che indica l’impiego di una parte del risparmio nazionale da parte di altre economie (saldo positivo
della bilancia dei pagamenti)
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 12. La struttura finanziaria dell’economia : alcuni concetti di base
Il risparmio e il patrimonio delle attività economiche
Ogni soggetto (famiglia, impresa, ente) in un dato intervallo di tempo presenta un equilibrio economico
espresso dalla differenza tra ricavi (entrate) e costi (uscite). Tale differenza, se positiva, costituisce il
risparmio.
Se il soggetto è una famiglia, il risparmio è la differenza tra i redditi percepiti (stipendi e altri) e spese per
consumi.
Se si tratta di un’impresa, è la differenza tra ricavi e costi di esercizio
Se si tratta di un ente della Pubblica Amministrazione, il risparmio misura la differenza tra entrate e uscite
correnti.
On ogni caso quindi il saldo richiama l’idea di reddito non utilizzato per fini correnti (consumi o uscite) e
perciò destinabile a incremento del “patrimonio” del soggetto (patrimonio familiare o capitale netto a
seconda che si parli di famiglia o impresa).
Come abbiamo visto a livello di sistema, il reddito (Y) si distribuisce quindi tra spesa per consumi (C) e
risparmio (S). Y= C+S.
L’ipotetico soggetto può essere descritto in maniera più completa se, accanto al suo «conto economico», si
rappresenta la sua “situazione patrimoniale”.
Il patrimonio netto è la voce collegata al conto economico, in quanto in essa si accumulano (in positivo e in
negativo) i risultati di esercizio, cioè il saldo “risparmio”.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 13. La variabile stock e la variabile flusso
Il collegamento tra conto economico e situazione patrimoniale fa emergere i concetti di stock e di flusso.
Il risparmio è una variabile flusso, cioè misura la dimensione di un fenomeno nel corso di un determinato
intervallo di tempo. Il patrimonio è una variabile stock, cioè la misura di un fenomeno in un dato momento.
Questi concetti valgono in generale per tutte le grandezze economiche e finanziarie e non solo per il caso di
risparmio e patrimonio.
Attività e passività finanziarie. Il comportamento di ogni unità economica sarà caratterizzato, oltre che da
accumulazione di ricchezza (patrimonio netto), da investimenti in attività reali e da investimenti sotto forma
di crediti; d’altra parte il finanziamento di queste due classi di investimento non è necessariamente ristretto
al patrimonio netto, ma può essere fatto con il ricorso ai debiti.
Il riferimento a crediti/debiti porta a introdurre il concetto più generale di attività e passività finanziaria.
Riprendiamo la definzione di strumento finanziario (contratto che prevede prestazioni di natura patrimoniale
e che intercorre tar un emittente (debitore) e un investitore (creditore). Per l’investitore tale strumento può
essere visto cme un diritto patrimoniale (assieme ad altri diritti); esso assume quindi la natura di Attività
finanziaria (Af): cioè l’investitore vanta un diritto nei confronti del reddito e della ricchezza presenti e futuri
dell’emittente (debitore) dello strumento finanziario, il quale a sua volta ha un impegno a soddisfare questo
diritto.
Il concetto di passività finanziaria (Pf) è speculare a quello di attività finanziaria: lo stesso strumento
finanziario, visto dal lato dell’emittente (debitore, emittente di azioni, controparte di contratti di copertura di
rischi), rappresenta un impegno patrimoniale (impegno di rimborso e di remunerazione o impegno a una
prestazione), cioè appunto una passività finanziaria.
È utile sottolineare la distinzione tra attività reali (Ar) e attività finanziarie (Af).
Le Ar sono beni aventi un valore intrinseco, in quanto possono produrre servizi di utilità reale e immediata
per il possessore, mentre le Af non hanno un valore intrinseco, ma rappresentano beni reali; sono facilmente
trasferibili (al contrario delle Ar); generano redditi per il possessore ma per l’economia nel suo complesso
tali redditi non corrispondono a produzione di beni/servizi. Non rappresentano quindi produzione di nuova
ricchezza, ma sono un modo poco costoso di mantenere/trasferire i diritti sulla ricchezza e sul reddito.
Se i mercati finanziari sono ben funzionanti, attraverso la rappresentazione della ricchezza reale nelle Af si
può sviluppare il processo allocativo delle risorse.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 14. Il concetto di saldo finanziario
Lo schema delle fonti e degli usi di fondi
* Usi:
Variazione attività reali Ar
Variazione attività finanziarie Af
* Fonti:
Variazione passività finanziarie Pf
Variazione patrimonio netto S
Nb: Le grandezze flusso sono calcolate come differenza tra due grandezze stock riferite a date diverse.
Vincolo contabile dell’uguaglianza tra “fonti di fondi” e “usi di fondi”: I + Af = Pf + S
Il saldo finanziario (SF) di un’unità economica può è definito come divario tra risparmio e investimento:
SF = S – I
In questo modo si vuole misurare il surplus o il deficit di risorse a fronte dei fabbisogni per investimenti
(rispettivamente SF > 0; SF < 0).
Il caso SF > 0 caratterizza quelle che saranno chiamate unità in surplus; il caso SF < 0 le unità in deficit.
La qualificazione “finanziario” si riferisce al fatto che, date le grandezze in gioco, un SF > 0 comporta
necessariamente un riequilibrio “fonti-usi” attraverso nuovi investimenti in attività finanziarie; un SF < 0
comporta un ricorso a nuove passività finanziarie.
Dati il vincolo di bilancio (I) e [SF = S-I] vale necessariamente: SF = Af - Pf
IL SF misura l’equilibrio tra disponibilità di risorse (risparmio) e utilizzo di risorse (investimenti reali). Ciò
può essere visto sia come equilibrio tra grandezze reale (risparmio e investimenti) sia come speculare
equilibrio tra grandezze finanziarie (flussi di Af e Pf)
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 15. I settori istituzionali
Abbiamo fatto riferimento finora a un generico concetto di “unità economica”, che potrebbe essere una
famiglia, un’impresa, o un ente della pubblica amministrazione.
Per capire fenomeni come quello della distribuzione e dell’impiego del reddito o quello dei circuiti
finanziari, ragionare con riferimento all’economia nel suo complesso non serve perché non saremmo in
grado di rappresentare e studiare le relazioni tra parti dell’economia. Bisogna necessariamente semplificare.
Un modo per farlo è quello di rappresentare l’economia attraverso pochi “soggetti”: alcune classi in cui si
aggregano i soggetti caratterizzati da una relativa omogeneità di comportamento. In questo modo la
complessità dell’informazione e, nello stesso tempo, l’omogeneità nella composizione delle classi non farà
perdere di significato i “comportamenti”. Le classi sono definite come raggruppamenti di unità economiche
che, oltre ad essere omogenee, manifestano autonomia e capacità di decisione in campo economico-
finanziario; sono normalmente indicate come “settori istituzionali” dell’economia.
* Società non finanziarie, che includono le società e quasi-società private e pubbliche (per quasi-società si
intendono le società di persone, le società semplici e di fatto e le imprese individuali con più di 5 addetti)
* Società finanziarie, che comprendono i soggetti che costituiscono il sistema finanziario: gli intermediari
finanziari, e le Autorità di controllo come Banca d’Italia, CONSOB e ISVAP
Amministrazioni pubbliche, si articolano nei tre sottosettori dell’Amministrazione centrale, delle
amministrazioni locali e degli Enti di previdenza
* Famiglie e istituzioni senza scopo di lucro, comprende gli individui o i gruppi di individui nella loro
funzione di consumatori
* Resto del mondo, comprende i soggetti non residenti con i quali l’economia del paese ha rapporti
economici e finanziari
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 16. La struttura dei saldi finanziari settoriali
Se il saldo finanziario indica il surplus/deficit di risorse di un settore, la rappresentazione della struttura dei
saldi finanziari aiuta a capire, all’interno dell’economia, da dove provengono le risorse (settori con SF > 0) e
dove vengono destinate (settori con SF < 0). Si può cioè avere un’idea dei trasferimenti finanziari
nell’economia. Evoluzione storica della struttura dei saldi finanziari in Italia:
Le famiglie rappresentano il settore in surplus per eccellenza, mentre imprese e amministrazioni pubbliche
sono settori in deficit; le risorse finanziarie sono quindi trasferite dal primo verso gli altri due settori ; il
saldo del “resto del mondo” indica, se negativo, un deflusso netto di risparmio dall’economia del paese
verso l’estero; se positivo, un afflusso netto.
nel tempo i SF si riducono progressivamente; nel caso delle famiglie diminuisce l’accumulazione di
risparmio e, corrispondentemente, le imprese aumentano la capacità di autofinanziamento (risparmio) e le
amministrazioni pubbliche riducono il deficit di bilancio. In entrambi i casi si riduce il fabbisogno di
finanziamento.
in prima approssimazione, SF decrescenti corrispondono a un minore fabbisogno di trasferimento di risorse
finanziarie dai settori in surplus a quelli in deficit.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 17. I limiti nel significato dei saldi finanziari settoriali
I saldi finanziari presentano diversi limiti conoscitivi, che sono strettamente legati alla metodologia di
costruzione dei saldi medesimi. In ogni caso non fanno perdere il loro significato fondamentale che consiste
nel descrivere l’articolazione del processo di risparmio e di investimento. (con relativi equilibri/squilibri) tra
grandi comparti dell’economia.
L’osservazione principale riguarda la natura dei dati. La rappresentazione dei SF settoriali è basata su dati ex
post: cioè dati che registrano ciò che è accaduto, in che misura vi è stato trasferimento di risorse e con quali
strumenti; nulla ci dice, invece, circa le motivazioni ex ante; circa il fabbisogno di trasferimento, per es.
Dunque tra dati di comportamento ex post e fabbisogno ex ante possono esservi divari significativi. Perché e
con quali conseguenze? Le ragioni possono essere diverse:
le unità finali (risparmiatori e investitori) possono cercare strumenti finanziari che il mercato non offre
vi può essere divergenza di aspettative: ad es. il risparmiatore è disposto a investire in azioni se il
rendimento atteso, è almeno il 15% annuo mentre il mercato propone performance più basse; o un’impresa è
disposta a fare investimenti se il costo dei finanziamenti non supera il 7% ma il mercato richiede tassi
superiori.
Se si verifica qualcosa di questo genere, le conseguenze sono:
effetto di quantità: alcuni operatori modificano le preferenze ex ante: rinunciano a risparmiare, per es.
oppure rinunciano a investimenti programmati
effetto composizione: il mix delle Af e/o delle Pf degli operatori che non trovano gli strumenti desiderati
viene cambiato.
Ne deriva una conclusione importante: il sistema finanziario, attraverso la capacità di soddisfare la domanda
delle unità finali, svolge un ruolo chiave per le performance dell’economia reale (livello del risparmio e
degli investimenti e scelta degli investimenti).
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 18. Attività e passività finanziarie dei settori
Un ulteriore contributo informativo viene dalla considerazione della composizione delle “attività
finanziarie” e delle “passività finanziarie” dei settori. La composizione indica rispettivamente le scelte di
investimento delle risorse finanziarie disponibili (quali strumenti e in che misura sono stati preferiti) e le
scelte di finanziamento (quali strumenti di provvista di fondi sono stati adottati).
Riguardo alla composizione delle attività finanziarie delle famiglie:
Analisi storica. Vi è una radicale trasformazione delle preferenze delle famiglie, cui corrisponde uno
spostamento di peso dai circuiti bancari verso quelli di mercato.
Analisi comparata tra paesi. Vi è una diversità di composizione delle attività finanziarie (prevalenza di
depositi, investimenti azionari, o investitori istituzionali – Fondi Comuni e fondi pensione., e differenza nei
livelli di finanziarizzazione delle economie (rapporto tra attività finanziarie e PIL)
Le stesse chiavi di lettura (analisi storica per lo stesso paese e analisi comparata tra paesi) possono essere
adottate per la composizione delle passività finanziarie delle imprese, tipicamente settore in deficit.
Anche in questo caso emergono trasformazioni strutturali nel caso italiano, come la progressiva diminuzione
della dipendenza del debito (in particolare, la riduzione del debito a breve) e il corrispondente aumento del
capitale di rischio (azioni e partecipazioni).
Il confronto tra paesi a sua volta evidenzia diversità importanti quanto a peso degli strumenti di mercato
(azioni e obbligazioni) più alto in Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia e, specialmente, il peso dei debiti
verso intermediari creditizi, più alto in Germania, Spagna, Giappone.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 19. I parametri di valutazione della struttura finanziaria
dell’economia
La struttura finanziaria dell’economia rappresenta un fenomeno riassumibile nell’insieme degli elementi che
descrivono il comportamento finanziario delle unità economiche finali (settori) e nell’insieme dei caratteri
strutturali e funzionali del sistema finanziario.
E’ un fenomeno difficile da rappresentare attraverso parametri molto semplificati; tuttavia alcune
conclusioni possono trarsi dai seguenti indicatori.
-> il grado di separazione tra funzione di risparmio e funzione di investimento
( |SFi/PIL|). La sommatoria in valore assoluto dei SF dei diversi settori dell’economia esprime la misura
della dissociazione delle due funzioni; dato il risparmio nazionale, la sua concentrazione presso le unità che
non investono comporta una funzione di trasferimento più ampia
-> il rapporto di interrelazione finanziaria (Af/Ar), che indica il grado di sviluppo dell’economia finanziaria
e sottintende l’ipotesi di una relazione significativa tra sviluppo economico e sviluppo finanziario.
-> il rapporto di intermediazione finanziaria (AfIf/Af), che misura l’importanza relativa delle attività
finanziarie emesse da intermediari rispetto al totale delle attività finanziarie; segnala quindi il peso degli
intermediari nei circuiti finanziari.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 20. La struttura finanziaria dell’economia e l’intermediazione
finanziaria
I fattori determinanti del livello dei saldi finanziari.
Il livello dei saldi è alla base del fabbisogno di trasferimento delle risorse finanziarie in un sistema
economico.
In termini generali, si può dire che ogni settore occupa una posizione che si colloca fra due estremi:
* equilibrio finanziario con S=I e quindi SF = 0
* divergenza finanziaria con S=0 e quindi SF = I
oppure I=0 e quindi SF = S
La dimensione dei saldi settoriali è tanto più elevata quanto più ci si avvicina alle situazioni del secondo
tipo. A sua volta ciò dipende dalle condizioni strutturali della distribuzione del reddito tra settori tra settori e
da altri fattori istituzionali (sistema previdenziale, etc).Per es. se il reddito di impresa è elevato, le imprese
avranno una forte capacità di autofinanziamento e il saldo finanziario del settore tenderà a 0, se non a valori
positivi.
La dimensione dei saldi finanziari e il fabbisogno di trasferimento.
Una situazione di divergenza finanziaria sottintende una “specializzazione” settoriale: che alcuni settori si
caratterizzano per la funzione di accumulazione del risparmio, altri per la funzione d’investimento; si
verifica quella che viene chiamata “dissociazione risparmio-investimento”, che indica una situazione per
cui:
* chi ha le risorse non le impiega direttamente in investimenti reali
* chi fa gli investimenti (reali) non ha le risorse (risparmio) sufficienti per finanziarli
Le due posizioni sono quindi strettamente complementari: si tratta di metterle in relazione. Nasce così la
condizione fondamentale per lo sviluppo di “circuiti finanziari” tra unità in surplus e unità in deficit e cioè
un processo allocativo efficiente. La funzione allocativa è una delle ragion d’essere del sistema finanziario.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 21. Fattori esplicativi del volume di attività finanziaria
Ci si deve domandare a questo punto, se le posizioni settoriali di equilibrio finanziario (SF=0) annullino il
fabbisogno di trasferimento e se in un’economia con una struttura di saldi finanziari settoriali nulli venga
meno una delle funzioni del sistema finanziario. La risposta è che vi sarebbe comunque fabbisogno di
trasferimento (e più in generale di servizio finanziario) per diverse ragioni:
-> le attività finanziarie hanno, oltre a funzioni di finanziamento/investimento, anche una funzione
monetaria, che provoca una domanda di tali attività
-> le attività finanziarie svolgono anche funzioni di gestione di rischi
-> SF = 0 indica un equilibrio nel settore, ma non dice nulla circa la distribuzione dei saldi delle singole
unità che compongono il settore. Cioè, a livello di infrasettore vi può essere un bisogno di trasferimento
importante che nel dato settoriale scompare per la compensazione tra posizioni negative e positive
In ogni caso, un’unità economica con SF=0 può avere ugualmente fabbisogno di trasferimento. Il vincolo
del bilancio “fonti e usi” (Pf + S = Af + I) chiarisce che può esservi un circuito finanziario, dato da Pf e Af
in contropartita indipendentemente dallo squilibrio tra S e I.
Inoltre un’unità economica, pur con SF = 0 o addirittura con Af = 0 e Pf = 0 può avere un fabbisogno di
servizio finanziario (trading sui mercati) per gestire lo stock (ricomposizione di portafoglio): sostituzione di
attività detenute con altre e/o analoga sostituzione tra passività.
Il fabbisogno di trasformazione delle risorse finanziarie. Nel caso in cui i portafogli di Af e Pf dei settori
hanno composizioni fra loro incompatibili, ad esempio le Af preferite dalle unità in surplus (famiglie) sono a
breve termine mentre la domanda di fondi (Pf) dei prenditori (imprese) è prevalentemente a lungo termine, il
trasferimento delle risorse non può avvenire in modo diretto con l’emissione di uno strumento finanziario da
parte delle imprese da collocare presso le famiglie. Avviene allora quella che è definita trasformazione delle
risorse finanziarie, che può fare riferimento a diverse funzioni dei sistemi finanziari:
trasformazione delle scadenze, che serve per risolvere l’incompatibilità di preferenze delle unità in surplus e
quelle in deficit.
trasformazione dei rischi, generata dal fatto che le unità in surplus non sono necessariamente disponibili a
investire in strumenti finanziari emessi direttamente dalle unità in deficit (un tale investimento comporta
infatti l’assunzione diretta del rischio dell’emittente –ad es. un’impresa-, cioè, del rischio associato al suo
andamento economico e quindi alla sua capacità di rimborso)
La presenza degli intermediari finanziari riduce questa difficoltà: il risparmiatore investendo in uno
strumento finanziario emesso dall’intermediario “trasforma” il rischio cui è esposto. Infatti lo strumento
sottoscritto rappresenterà un dato portafoglio di Af (un insieme di strumenti finanziari emessi da una
pluralità di unità in deficit) e ciò normalmente è il presupposto per ridurre il rischio assunto dall’investitore.
Circuiti diretti e circuiti indiretti. Il trasferimento delle risorse dalle unità in surplus a quelle in deficit, può
avvenire attraverso un:
* circuito finanziario diretto, cioè attraverso strumenti finanziari che rappresentano un rapporto contrattuale
tra l’investitore (datore di fondi) e l’emittente (prenditore di fondi)
* circuito indiretto, cioè l’inserimento tra le unità finali di uno o più intermediari
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 22. Il sistema dei controlli sul sistema finanziario: fondamenti,
assetti istituzionali e obiettivi
I fondamenti dei controlli sul sistema finanziario.
Il sistema finanziario è una parte dell’economia sottoposta a un insieme articolato di controlli da parte dei
pubblici poteri. Anche nei paesi tradizionalmente caratterizzati da un forte orientamento ai principi del
“libero mercato”, possiamo osservare la presenza di sistemi di regolamentazione e di vigilanza che sai
rivolgono, seppur con intensità e metodi non sempre uniformi, all’attività finanziaria: ai mercati e agli
intermediari finanziari, così come agli operatori non finanziari (imprese) quando questi si rivolgono ai
risparmiatori.
Le ragioni fondamentali del controllo pubblico sul sistema finanziario sono riconducibili ai 4 punti seguenti:
1) La funzione monetaria e il governo “monetario” dell’economia
La parte del sistema finanziario rappresentata dalla banche è alla base dell’offerta di moneta. La moneta cioè
è costituita –oltre che dalla moneta legale (emessa dalla Banca centrale), dalla moneta scritturale (o moneta
bancaria), vale a dire da speciali forme di debito delle banche (depositi a vista) che sono comunemente
accettate come mezzo di pagamento. La moneta bancaria rappresenta, anzi, la componente di gran lunga più
importante dell’offerta complessiva di moneta.
Vi è un interesse generale:
- al buon funzionamento del sistema dei pagamenti (e quindi della funzione monetaria), sia per ragioni di
sicurezza e stabilità sia per ragioni di efficienza.
- nel regolare la quantità di moneta a disposizione dell’economia (equilibrio domanda/offerta) e/o governare
altre grandezze chiave della condotta della politica monetaria (base monetaria, tassi di interesse, etc)
Questi due aspetti aiutano a spiegare l’esigenza (o comunque l’utilità) del controllo delle banche, cioè di
quella parte del sistema finanziario che svolge la funzione di produzione e di offerta della moneta.
2) La tutela del risparmio e la protezione degli investitori:
Il sistema finanziario svolge una seconda importante funzione consistente nella mobilizzazione e nel
trasferimento del risparmio finanziario dalle unità in surplus veso quelle in deficit. Questa attività richiede
una forte componente fiduciaria, la quale è inevitabile in un contesto caratterizzato da incertezze e rischi.
Vi è un interesse nel fare in modo che il risparmiatore rafforzi la propria fiducia nei confronti dei prenditori
di fondi (tra essi, in primis, gli intermediari finanziari); a tal fine è opportuno fissare regole cui devono
sottostare i soggetti (intermediari o operatori non finanziari) che offrono strumenti di investimento ai
finanziatori; tali regole servono a rafforzare l’affidabilità dei debitori (prenditori di fondi) e ad accrescere la
capacità di valutazione da parte dei creditori (datori di fondi).
3) Le esternalità negative:
Se i debitori che si considerano sono le banche, la crisi e l’insolvenza assumono un rilievo che va al di là
della tutela dell’interesse del singolo investitore.
La crisi bancaria può provocare esternalità negative per il sistema economico, sotto forma di “contagio”
verso altre istituzioni finanziarie, sfiducia e panico dei depositanti, corsa gli sportelli per il ritiro dei depositi.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario Una crisi bancaria, o in senso più ampio “una crisi finanziaria” possono determinare instabilità nella stessa
economia reale.
4) L’asimmetria informativa e il fallimento del mercato:
L’assunto di base è che il rapporto tra creditore e debitore è intrinsecamente caratterizzato da un difetto di
informazione a danno del creditore; ne deriva un limite all’efficace selezione dei prenditori di fondi; in
particolare l’informazione non è sufficiente a stabilire una graduatoria di rischio e, quindi, a definire il
prezzo del credito in funzione del rischio.
Le carenze informative, quindi, possono determinare il fallimento del mercato. Lo scambio di beni come gli
strumenti finanziari (per i quali il prezzo è strettamente legato all’informazione) non può raggiungere un
equilibrio se è lasciato alle “libere forze del mercato”; ne consegue l’interesse delle pubbliche autorità a
fissare regole per rafforzare lo spessore e la qualità dell’informazione disponibile agli investitori
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 23. L’assetto istituzionale delle autorità di controllo
L’attenzione da parte dei pubblici poteri sull’attività finanziaria si traduce in interventi ai diversi livelli dei
poteri dello Stato:
Legislativo, per quanto attiene alla normativa primaria, volta a creare un quadro di regole base per tutte le
aree componenti il sistema finanziario: bancaria, mobiliare, assicurativa
Esecutivo, con riguardo ai poteri di intervento attribuiti al Governo (o a comitati di ministri o a singoli
ministri) che si traducono o in politiche di indirizzo, o in normazione secondaria.
Amministrativo, rappresentato dalle Autorità di controllo, competenti per le specifiche materie e che
operano fondamentalmente sul terreno tecnico, attraverso le politiche e gli strumenti di regolamentazione e
vigilanza.
Gli ordinamenti garantiscono l’indipendenza della Banca centrale dal Governo. La ragione fondamentale è
che la Banca centrale è l’istituzione cui spetta la “tutela del valore della moneta” (ciò può avvenire per es,
perseguendo in modo rigoroso politiche monetarie non inflazionistiche). Il governo può avere una diversa
sensibilità a questo obiettivo; la sua politica di spesa pubblica (raccomandabile sul piano sociale) potrebbe
essere discutibile sul piano della stabilità monetaria.
Il quadro delle autorità di controllo del sistema finanziario
L’assetto istituzionale del sistema finanziario italiano prevede la presenza di diverse Autorità di controllo:
- la Banca d’Italia, concentra diverse funzioni che riguardano l’attuazione della politica monetaria (in via
sussidiaria rispetto alla Banca Centrale Europea), la vigilanza creditizia e finanziaria, la tutela nella
concorrenza nel mercato del credito
- la Consob (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa), ha il compito di controllare il settore
mobiliare, i mercati, l’attività di intermediazione mobiliare, gli obblighi informativi delle società quotate e le
offerte al pubblico di strumenti finanziari, la nascita di nuovi mercati, il comportamento dei soggetti vigilati.
- l’Isvap (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse collettivo), esercita il controllo
del mercato e delle imprese di assicurazione, attraverso le sue funzioni di regolamentazione, vigilanza e
autorizzazione.
- la Covip (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione), è chiamata ad assicurare la funzionalità del
sistema di previdenza complementare e, a tale scopo, vigila sulla corretta e trasparente amministrazione e
gestione dei fondi. (art. 16 del D.lgs. 124/1993)
- l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), a cui compete la sorveglianza e la repressione
dei comportamenti (intese, posizioni dominanti, concentrazioni) che mettono in discussione la libertà di
concorrenza
La relativa complessità del sistema dei controlli fa sorgere il problema del coordinamento e
dell’integrazione delle competenze e delle funzioni delle diverse autorità, quando queste hanno poteri di
intervento nei confronti dello stesso oggetto: per es, controllano a vario titolo lo stesso intermediario
finanziario o la stessa tipologia di attività finanziaria. La situazione è complessa perché i confini tra aree di
competenza e attività non sono netti. Per es. le banche possono svolgere attività di intermediazione
mobiliare, entrano quindi nel campo in cui la Consob deve vigilare; oppure le banche possono distribuire
prodotti assicurativi presso i propri sportelli.
Chi è competente a vigilare? Il D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materie di
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario intermediazione finanziaria) stabilisce che:
- alla Banca d’Italia viene riservata la responsabilità dei controlli di stabilità degli intermediari (sentita la
Consob)
- alla Consob (sentita la Banca d’Italia) viene riservata l’attività di controllo ai fini della trasparenza e della
correttezza (art.5)
- “la Banca d’Italia, la Consob, e l’Isvap collaborano tra loro anche mediante lo scambio di informazioni, al
fine di agevolare le rispettive funzioni”.
Inoltre sebbene i fini dell’AGCM appaiano complementari rispetto a quelli di vigilanza, tuttavia vi sono
anche aspetti conflittuali. Per es, l’interesse della BI per la stabilità del sistema bancario potrebbe portare –
in linea teorica – all’accettazione di livelli di concentrazione del mercato elevati. Si sono dovute stabilire
quindi delle regole per disciplinare il rapporto tra le banche e le assicurazioni e l’AGCM).
Per dare ordine a questi rapporti, occorre stabilire un campo di competenza per ognuna delle autorità. In tal
senso ci si può basare sulla scelta di diversi criteri di ripartizione, che metteremo via via in evidenza
analizzando le differenti aree di intervento della vigilanza.
- istituzionale (per categorie di soggetti vigilati)
- funzionale (per tipo di attività svolta)
- per finalità della vigilanza.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 24. Gli obiettivi del controllo del sistema finanziario
Gli obiettivi del controllo si articolano nei due grandi ambiti degli obiettivi della politica monetaria, e degli
obiettivi della regolamentazione e vigilanza.
I primi rientrano nel quadro più generale degli obiettivi della politica economica, i secondi sono identificati
negli obiettivi di stabilità e di efficienza del sistema finanziario.
La stabilità risponde alle esigenze di: tutela del risparmiatore, di funzionalità del sistema dei pagamenti e di
efficacia del governo monetario dell’economia.
Efficienza è intesa nella duplice accezione di:
* efficienza operativa, che fa riferimento alla minimizzazione del costo per l’economia reale dell’attività
finanziaria
* efficienza allocativa, che indica la qualità del processo di distribuzione delle risorse verso gli impieghi
alternativi. Il questo caso il grado di efficienza corrisponde alla capacità di selezionare gli impieghi secondo
una priorità data dal livello della redditività attesa. In un mondo di risorse scarse, se queste vengono
concentrate sugli investimenti più produttivi, l’economia nel suo complesso raggiunge le performance più
alte.
Gli obiettivi di stabilità e di efficienza sono interdipendenti; si tratta di un trade-off: massimizzare i risultati
da un lato (stabilità) comporta costi crescenti dall’altro (efficienza).
Tuttavia, efficienza e stabilità, possono essere viste anche in un rapporto di complementarità; in qualche
misura ciò avviene quando la regolamentazione dell’informazione sul mercato finanziario assicura le
condizioni di corretto ed efficiente funzionamento del mercato stesso e limita anche i pericoli di eccesso di
volatilità dei prezzi, volatilità che potrebbe tradursi in crisi di sfiducia da parte degli investitori. In senso più
ampio, nel lungo termine, il rafforzamento dell’efficienza degli intermediari finanziari è condizione
necessaria per accrescerne la capacità competitiva e quindi la stabilità (in quanto dipende dal successo
concorrenziale). In questa visione dunque la competizione e l’efficienza sono presupposti per la stabilità.
In Italia, la regolamentazione, con il passaggio dalla legge bancaria del 1936 al TUB (1993), ha spostato il
peso della sua azione dall’obiettivo della stabilità a quello dell’efficienza.
Dietro questo spostamento vi è un percorso storico che segna lo sviluppo di un sistema finanziario da un
modello “Primitivo” a un modello più articolato e aperto alla concorrenza internazionale. In origine il ruolo
dominante del sistema bancario nell’ambito del sistema finanziario, portò a dare enfasi alle ragioni della
stabilità; nello stesso senso operò l’esigenza, naturale in quello stadio dello sviluppo, di consolidare la
fiducia delle banche da parte del risparmiatore.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 25. Le autorità di controllo del sistema finanziario
La Banca d’Italia:
La Banca d’Italia nasce nel 1893 a un trentennio dall’unificazione politica, come risultato della fusione di tre
delle sei banche che allora operavano come “istituti di emissione” (Banca Nazionale del Regno, Banca
Nazionale Toscana, e Banca Toscana di Credito).
L’atto di nascita conclude una fase di profonda instabilità economica e finanziaria, nel corso della quale
poco o nulla era stato fatto per promuovere lo sviluppo delle strutture bancarie e creditizie, le quali in gran
parte riflettevano ancora le segmentazioni regionali preunitarie; non vi era un ordinamento giuridico
uniforme, le operazioni svolte erano molto limitate sia sul piano tecnico sia su quello della clientela, non
esisteva un sistema di controlli.
Intorno alla funzione di “istituto di emissione”, la Banca d’Italia sviluppa progressivamente una serie di altre
attività che la trasformano nella più complessa figura di “banca centrale”; rientrano in questo processo
diversi momenti di sviluppo sia di natura istituzionale sia di contenuto funzionale:
* l’unificazione della funzione di emissione e controllo della moneta (nel 1926 furono esclusi da tale
funzione del Banco di Napoli e Banco di Sicilia)
* il passaggio dalla forma giuridica privata a quella di istituto di diritto pubblico “anomalo”
* l’estensione delle attività svolte dal Tesoro
* la progressiva messa a punto delle funzioni di controllo sul sistema creditizio
* il consolidamento della funzione di banca centrale con responsabilità di governo della stabilità monetaria
Le funzioni della banca d’Italia possono essere classificate in 4 principali aree funzionali:
- come istituto di emissione, la BI, in quanto parte del SEBC, si occupa non solo dell’emissione e del
controllo della moneta legale, ma esercita un ruolo centrale nell’ambito del “sistema dei pagamenti”.
- come banca centrale, la BI concorre a definire gli indirizzi della politica monetaria e ad attuarne
l’esecuzione, in base al principio di sussidiarietà
- come organo di vigilanza, l’attività della BI è finalizzata a determinare condizioni di stabilità e di
efficienza del sistema finanziario; in parte queste funzioni si integrano con gli interventi di competenza di
altri organi di controllo, come la Consob e l’Isvap
- come organo di tutela della concorrenza, la BI ha il compito di sorvegliare la condotta di mercato delle
istituzioni finanziarie e di accertare eventuali situazioni e comportamenti lesivi della concorrenza; in
quets’ambito sul piano funzionale vi è uno stretto legame con gli interventi di vigilanza; sul piano
istituzionale vi è un’integrazione con l’attività dell’AGCM a cui competono in via generale i poteri in
materia antitrust.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 26. La CONSOB
CONSOB. E’ stata istituita nel 1974 con il compito di controllare il mercato mobiliare e svolge un’attività
orientata alla tutela degli investitori e al miglioramento dell’efficienza e della trasparenza del mercato. La
sua attività si articola su diverse modalità e poteri d’intervento:
- Regolamentazione, ha competenze in merito alla prestazione dei servizi di investimento da parte degli
intermediari, agli obblighi informativi delle società quotate e alle offerte al pubblico di strumenti finanziari
- Autorizzazione, i suoi poteri riguardano la pubblicazione dei prospetti dei documenti relativi alle offerte
pubbliche; l’istituzione di nuovi mercati regolamentati; l’esercizio delle attività di gestione accentrata degli
strumenti finanziari
- Vigilanza, ha per oggetto le società di gestione dei mercati regolamentati; il funzionamento ordinato e
trasparente delle negoziazioni; la trasparenza e la correttezza di comportamento degli intermediari e dei
promotori finanziari
Controllo, si riferisce alle informazioni fornite al mercato dalle società quotate e da chi promuove offerte al
pubblico di strumenti finanziari
- Monitoraggio, riguarda le eventuali anomalie nell’andamento delle negoziazioni, soprattutto in relazione
all’eventuale abuso di informazioni privilegiate (insider trading) e all’aggiotaggio
-> Le grandi aree di intervento della Consob possono essere riassunte nei seguenti punti:
- sollecitazione all’investimento. Con questo termine si intende ogni offerta o messaggio promozionale
rivolti al pubblico finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari
- gli obblighi di trasparenza degli emittenti di strumenti finanziari quotati. Questi si distinguono a loro volta
a seconda che riguardino la trasparenza dell’attività societaria (eventi rilevanti nell’attività dell’emittente,
operazioni straordinarie, eventi di carattere periodico), oppure la trasparenza della proprietà azionaria.
- i mercati regolamentati e i soggetti che li gestiscono. Le funzioni della Consob riguardano essenzialmente
l’autorizzazione dei mercati e la vigilanza sulle società di gestione dei mercati stessi.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 27. L'ISVAP
L'ISVAP. Nasce con legge nel 1982 e assorbe una parte delle funzioni di indirizzo e di controllo del
comparto assicurativo fino ad allora svolte direttamente dal ministero dell’Industria. Le sue funzioni sono:
- Vigilanza, ha il compito di esercitare il controllo sulle imprese di assicurazione e più in generale sugli
operatori del mercato assicurativo (agenti, broker), per monitorarne la gestione tecnica, finanziaria e
patrimoniale e per verificarne l’osservanza alla normativa. Concorre poi alla formazione dei provvedimenti
del Ministero in materia di autorizzazione per l’esercizio dell’attività e di quelli riguardanti la gestione delle
crisi.
- Analisi e Ricerca, in quanto svolge una funzione di ricerca sul settore assicurativo sia al fine del controllo
delle tariffe, sia per fornire supporto tecnico agli orientamenti e ai provvedimenti di competenza del
ministero dell’Industria
- Tutela della concorrenza: vi è una competenza in materia attribuita all’Isvap; tuttavia il rapporto con
l’Autorità garante è regolato in modo diverso da quanto accade per la BI per il settore bancario-finanziario.
In quest’ultimo caso la BI assume i provvedimenti “sentito il parere dell’Autorità garante”. Per il settore
assicurativo invece il meccanismo è capovolto; e cioè previsto che l’Autorità garante decida “sentito il
parere dell’Isvap”. (legge del 1990).
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 28. La COVIP
La COVIP. E’ prevista dal D.lgs. del 1993 che traccia le linee fondamentali della riforma della previdenza e
istituisce i fondi pensione. Alla Commissione sono riservate le seguenti funzioni:
- Vigilanza: l’attività comprende sia poteri propri (per es. tenuta del’albo dei fondi pensione, attività
ispettiva, regole per la tenuta dell’informazione contabile, definizione di regole per la trasparenza nei
confronti dei partecipanti) sia ambiti di intervento che sono complementari a quelli del ministero del Lavoro
e della previdenza sociale (per es nel caso di autorizzazione all’esercizio dell’attività o nel caso di crisi dei
fondi pensione).
- Analisi e ricerca: ci si riferisce ad analisi e previsioni sull’andamento delle attività previdenziali utili sia ai
fini di conoscenza generale, sia come supporto per le proposte di modifica legislativa e regolamentare.
L’attività di vigilanza in particolare comporta rapporti e scambi fi informazioni con le altre autorità di
controllo. Quelli previsti espressamente riguardano l’AGCM e gli enti di controllo degli intermediari che
possono assumere la funzione di gestione per conto dei fondi pensione (banche, SIM, e imprese di
assicurazione)
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 29. L’AGCM
L’AGCM. E’ stata istituita nel 1990 con il compito di vigilare su 3 aspetti rilevanti del funzionamento delle
regole di mercato:
a. le intese restrittive della concorrenza
b. gli abusi di posizione dominante
c. le operazioni di concentrazione tra imprese che comportino il pericolo di una riduzione della concorrenza.
Gli obiettivi sottostanti queste attività sono sostanzialmente due:
1. garantire condizioni di libertà di impresa e quindi di accesso al mercato e di pari opportunità
2. tutelare i consumatori facendo in modo che la libera concorrenza si traduca in prezzi e qualità dei prodotti
più favorevoli.
Per quanto riguarda in particolare i settori bancario e assicurativo, le competenze dell’AGCM si incrociano
con quelle della Banca d’Italia e dell’Isvap. La Banca d’Italia ha il compito di applicare la normativa a tutela
della concorrenza nell’ambito del settore bancario.
L’iter procedurale prevede l’obbligo di richiedere all’AGCM il parere (non vincolante) sui casi esaminati.
Per il settore assicurativo, la situazione è rovesciata: la competenza di autorità garante è dell’AGCM che è
tenuta a chiedere il parere (non vincolante) dell’Isvap.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 30. La Banca Centrale e la politica monetaria
La politica monetaria rientra (assieme alla politica dei redditi e alla politica di bilancio) nell’ambito della
politica economica, cioè nel sistema di strumenti di governo dell’economia avente come obiettivi finali: la
crescita del reddito, l’occupazione, la stabilità interna della moneta (livello dei prezzi) e l’equilibrio della
bilancia dei pagamenti.
Si potrebbe dire che la politica monetaria si riassume nella regolazione della quantità di moneta e del livello
dei tassi di interesse per raggiungere obiettivi di politica economica.
Ragioni per le quali il tema della politica monetaria è rilevante per il sistema finanziario:
obiettivi di stabilità del sistema finanziario. E’ vero che la stabilità è principalmente assegnata alla politica di
vigilanza; tuttavia i due campi d’azione, quello monetario e quello di vigilanza, non sono sempre nettamente
separabili.
il sistema finanziario –in particolare il sistema bancario – è una canale di trasmissione della politica
monetaria
la politica monetaria si svolge all’interno di un contesto più generale, che è quello della struttura finanziaria
dell’economia, e ne viene condizionata.
Lo schema logico può essere esemplificato considerando le relazioni finanziarie che intercorrono tra Banca
centrale, banche e settori finali (famiglie e imprese).
Un aumento dei finanziamenti della Banca centrale alla banche (creazione di base monetaria) incrementa le
riserve bancarie. --> Da ciò consegue la possibilità di allargare il credito alle imprese; la liquidità che viene
così immessa in circolazione crea i presupposti per generare nuovi depositi. --> Maggiori crediti e depositi
rappresentano per imprese e famiglie un incremento di liquidità disponibile in grado di influenzare
positivamente la domanda (investimenti e consumi).
In conclusione, da un impulso sotto forma di base monetaria (strumento) si passa quindi a un aggiustamento
della capacità delle banche di fare nuovo credito all’economia (obiettivi operativi e intermedi) e,
potenzialmente, a un effetto sui comportamenti dell’economia reale (investimenti e consumi).
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 31. La Banca Centrale Europea, l‘Eurosistema e il Sistema Europeo
di Banche Centrali
Con la terza fase dell’Unione economica e monetaria (iniziata il 1° gennaio 1999) le funzioni di politica
monetaria sono passate dalle Banche centrali nazionali (BCN) alla Banca centrale europea (BCE) e al
Sistema europeo di banche centrali (SEBC).
Il governo monetario dell’economia che siamo abituati a vedere storicamente nella sua espressione
rigorosamente nazionale, viene trasformato in un sistema sovranazionale, sia per quanto riguarda le
istituzioni responsabili sia per l’ambito di riferimento (12 Paesi aderenti alla Terza fase). In pratica, i paesi
partecipanti all’area euro rinunciano alla loro sovranità monetaria nazionale e la trasferiscono a istituzioni
sovranazionali.
Ciò è avvenuto prima con la fissazione dei tassi di cambio irrevocabilmente fissi fra monete nazionali e poi
con l’adozione della moneta unica (euro). Parallelamente si predispone un sistema di coordinamento delle
politiche di bilancio e di rafforzamento delle politiche regionali.
La Terza fase dell’Unione economica e monetaria ha rappresentato il completamento di un iter complesso,
quasi decennale:
Nella 1a (1° luglio 1990-fine del ’93) -> i risultati perseguiti sono stati: liberalizzazione del mercato dei
capitali, allineamento dei cambi nella banda stretta del Sistema monetario europeo, divieto di finanziamento
monetario del Tesoro e quindi rafforzamento dell’autonomia delle banche centrali e infine coordinamento
delle politiche monetarie e valutarie
Nella 2a (1994-1998) -> sono stati predisposti e attuati programmi pluriennali di convergenza in materia di
finanza pubblica e di stabilità dei prezzi ed è stato costruito l’Istituto monetario europeo, che rappresenta il
soggetto che prepara la nascita della BCE. Il Trattato di Maastricht (febbraio 1992) rappresenta lo strumento
attraverso cui sono state promosse le innovazioni istituzionali (nascita della BCE) e il coordinamento delle
politiche economiche (criteri di convergenza per l’ammissione alla fase finale della moneta unica)
Dal punto di vista strutturale, le istituzioni europee sono organizzate in un sistema articolato in tre 3 diverse
entità:
- la Banca Centrale Europea (BCE) rappresenta il vertice istituzionale ed operativo del sistema; gli organi
decisionali della BCE governano il SEBC e l’Eurosistema
- il Sistema Europeo di Banche Centrali (SEBC) che è composto dalla BCE e dalle BCN dei paesi che (in
quella fase) facevano parte dell’Unione Europea
- l’ Eurosistema che è composto dalla BCE e dalle BCN dei paesi che hanno adottato la moneta unica. Di
fatto la politica monetaria riguarda solo i Paesi dell’Eurosistema.
La distinzione tra Eurosistema e SEBC deriva dal fatto che la gestione della politica monetaria comune si
applica ai paesi che hanno adottato la moneta unica. I paesi “fuori dall’euro” (“in deroga”) non hanno poteri
in campo della politica monetaria unica; essi sono peraltro rappresentati in uno degli organi del sistema, il
Consiglio generale.
Dal punto di vista funzionale, il SEBC è un organismo complesso disegnato sul modello di altre autorità
monetarie federali (tra queste il Federal Riserve System negli stati Uniti e la Deutsche Bundesbank nel
modello tedesco); la complessità deriva soprattutto dal fatto che devono convivere due esigenze
contrapposte:
- l’accentramento decisionale, (ricercato attraverso l’unicità di direzione di cui sono espressione la BCE e il
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario governo del SEBC da parte degli organi direttivi della BCE).
- il decentramento delle attività di analisi e delle operazioni di esecuzione della politica monetaria
Dal punto di vista organizzativo, il sistema opera sotto la guida di tre organi decisionali:
1. il Consiglio direttivo. E’ l’organo decisionale più importante. E’ composto dal Comitato esecutivo e dai
Governatori delle BCN dei paesi partecipanti alla moneta unica. Le sue competenze riguardano le decisioni
fondamentali della politica monetaria, in particolare la definizione degli indirizzi, le direttive per
l’implementazione e la supervisione dell’attuazione della politica monetaria (che è in gran parte decentrata
presso le BCN)
2. il Comitato esecutivo comprende il Presidente e il Vicepresidente della BCE e altri 4 membri. Tutti sono
scelti dai governi dei paesi partecipanti “tra le persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale
nel settore monetario o bancario”. Il Comitato ha il compito di dare attuazione alle decisioni di indirizzo di
politica monetaria formulati dal Consiglio: esso rappresenta l’organo di gestione ordinaria della BCE
3. il Consiglio generale. E’ composto dal Presidente e Vicepresidente della BCE e dai Governatori di tutte le
BCN dei paesi dell’UE (anche di quelli non aderenti all’Euro). Non ha competenze di politica monetaria
nell’area euro e la sua funzione è limitata al coordinamento tra autorità monetarie nazionali soprattutto verso
i paesi “in deroga”. In quanto tale, non può essere considerato in senso stretto un organo decisionale.
I compiti istituzionali del SEBC sono stabiliti dal Trattato di Maastricht in 4 punti:
1) definire e attuare la politica monetaria della comunità
2) svolgere le operazioni sui cambi
3) detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta degli Stati membri
4) promuovere e regolare il funzionamento dei sistemi di pagamento
Il compito fondamentale della politica monetaria è combinato con altre competenze che, in qualche misura
sono complementari allo svolgimento del primo. La politica dei cambi e la gestione delle riserve ufficiali
sono rilevanti non solo sul piano tecnico ma anche rispetto all’obiettivo della stabilità dei prezzi.
Il funzionamento dei sistemi di pagamento rientra nei compiti storici delle banche centrali, nate come istituti
di emissione e chiamate a sorvegliare la stabilità e l’efficienza dell’offerta di moneta. Nel caso specifico,
compito del SEBC è stato quello di realizzare un “sistema transeuropeo automatizzato di regolamento lordo
in tempo reale” (denominato Target), un sistema cioè che consente di gestire le posizioni di liquidità dei
grandi operatori, con attività di arbitraggio su tutta l’area euro. La tendenza che ne deriva versi la creazione
di un vero mercato monetario europeo con tassi di interesse uniformi, a sua volta, favorisce l’efficacia della
condotta della politica monetaria.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 32. Gli obiettivi del Sistema Europeo di Banche Centrali
Il trattato di Maastricht stabilisce in modo netto che l’obiettivo principale (prioritario) del SEBC (attraverso
l’Eurosistema) è il mantenimento della stabilità dei prezzi; solo in subordine il SEBC può operare per il
sostenimento delle politiche economiche generali della Comunità. (art.2: “la Comunità ha il compito di
promuovere uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche, una crescita sostenibile, non
inflazionistica, che rispetti l’ambiente, un elevato grado di convergenza dei risultati economici, un elevato
livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore della qualità della vita, la coesione
economica e sociale e la solidarietà tra gli Stati membri)
La preminenza dell’obiettivo della stabilità dei prezzi ha diverse spiegazioni sia di carattere teorico sia di
carattere pratico e contingente, tra cui l’influenza esercitata dal modello tedesco nel disegno del SEBC,(la
Bundesbnak è stata storicamente ancorata all’obiettivo della stabilità dei prezzi) sia il fatto che il progetto
dell’Unione economica e monetaria prende forma in un periodo successivo in cui ancora ben presente il
ricordo delle ondate inflazionistiche tra il 1970 e 1990.
In linea generale l’azione della Banca Centrale per la stabilità dei prezzi si può tradurre in un sostegno per
obiettivi economici più generali, come il tasso di crescita e le migliori prospettive di occupazione. Ciò
significa che le variazioni nell’offerta di moneta sono destinate ad avere effetti sulle variabili nominali
(livello generale dei prezzi), ma non direttamente su quelle reali (prodotto, occupazione). La politica
monetaria può cioè contribuire alla crescita reale attraverso le condizioni più favorevoli rappresentate dalla
stabilità dei prezzi. Sono invece le altre politiche (fiscali, di bilancio) a sostenere gli obiettivi reali a medio
termine.
I meccanismi di trasmissione della politica monetaria.
Bisogna vedere in che modo la politica monetaria influenza l’economia e in particolare i prezzi; quali sono
cioè i meccanismi di trasmissione degli interventi di politica monetaria.
Il punto di partenza è rappresentato da una variazione (rialzo) dei tassi ufficiali della BCE sulle operazioni di
rifinanziamento del sistema bancario (immissione di moneta nell’economia).
Gli effetti di questa variazione, si manifestano nei confronti di tassi di interesse del mercato monetario; per
le banche diventa, cioè, più costoso procurarsi le riserve di base monetaria (emessa dalla BCE), e esse
trasferiscono questo maggiore costo sul credito (sottoforma di attivi più elevati). Le imprese e gli altri
soggetti debitori subiscono così l’impatto dell’azione di politica monetaria.
La decisione della Banca centrale ha inoltre effetti di “annuncio” (influenza sulle aspettative della futura
politica monetaria) influenzando i tassi di interesse e m/l termine. E’ da attendersi poi che gli effetti si
estendono ai tassi di cambio, ai prezzi delle attività finanziarie e alle aspettative di inflazione, al mercato dei
beni e del lavoro. Tutti questi effetti sono destinati a loro volta che comportano un’influenza sull’andamento
generale dei prezzi.
Se è vero che nel lungo periodo la moneta non influenza la crescita reale dell’economia è importante tuttavia
che l’offerta di moneta sia in equilibrio con il fabbisogno dei mezzi di pagamento corrispondente ai beni
disponibili e ai prezzi, in quanto un eccesso di offerta di moneta porterebbe a una domanda insoddisfatta di
beni e quindi ad un rialzo dei prezzi; mentre una carenza di offerta avrebbe effetti restrittivi sull’attività
economica.
Dal punto di vista operativo, la capacità della Banca Centrale di attuare il suo disegno di politica monetaria
si basa sulla determinazione del livello dei tassi a breve, livello che a sua volta è strettamente legato alla
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario liquidità del mercato monetario. Quest’ultima condizione è sotto il controllo della Banca centrale, dato il suo
potere di emettere base monetaria attraverso le operazioni di rifinanziamento e attraverso le operazioni di
mercato aperto.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 33. Gli strumenti di controllo dell’offerta di base monetaria
La base monetaria è un’attività finanziaria per la quale si può ragionare in termini di mercato, i cui soggetti
sono la Banca centrale (che regola la “funzione di offerta”) e le banche (che esprimono un fabbisogno di
riserve, e quindi una “funzione di domanda”); il prezzo è rappresentato dai tassi di interesse a brevissimo
termine (i tassi ufficiali delle operazioni della Banca centrale e i tassi del mercato interbancario).
La BCE opera attraverso 2 categorie di operazioni, (nello svolgimento delle quali la Banca deve seguire
come principio generale le regole del mercato e della libera concorrenza):
1) le operazioni di mercato aperto. si tratta di operazioni di pronti/termine (quindi con effetti temporanei) in
cui la Banca è acquirente di titoli a pronti quando vuole immettere base monetaria e venditore a pronti
quando vuole ridurre la base monetaria disponibile al sistema bancario; in altri casi si tratta di operazioni di
acquisto o vendita a titolo definitivo, che comportano quindi una correzione permanente nella base
monetaria.
Dal punto di vista tecnico, si distinguono:
Operazioni di rifinanziamento principale; con durata di una settimana, frequenza settimanale e modalità
competitiva (asta standard). Rappresentano la modalità principale con cui la BCE regola l’indirizzo di medio
termine della politica monetaria; il tasso su queste operazioni rappresenta uno dei “tassi ufficiali” della BCE
e costituisce un segnale importante per la formazione delle aspettative del mercato.
Operazioni di rifinanziamento a più lungo termine; con durata di 3 mesi, frequenza mensile e modalità
competitiva (asta standard); sono la modalità attraverso cui la BCE soddisfa il fabbisogno strutturale di base
monetaria.
Operazioni di fine tuning; con durata e frequenza non standardizzate e svolte sia in modalità competitive, sia
con negoziazione bilaterale
Operazioni strutturali, con durata e frequenza non standardizzate e svolte sia con modalità competitive, sia
con negoziazione bilaterale
2) le operazioni su iniziativa delle controparti. Si tratta di finanziamento marginale o di deposito marginale
di durata overnight e con la frequenza a discrezione delle controparti. Hanno lo scopo di consentire alle
singole banche di risolvere momentanee carenze/eccessi di base monetaria (scadenza overnight, ovvero a 24
ore), senza influenzarne in modo significativo il volume complessivo, ed evitando che gli squilibri si
traducano in eccessiva volatilità dei tassi interbancari.
I tassi su queste operazioni rappresentano gli altri “tassi ufficiali” della BCE (con quello sul rifinanziamento
principale) e vanno a determinare una sorta di corridoio entro cui vengono contenute le variazioni del tasso
interbancario overnight: non c’è infatti ragione perché un banca cerchi fondi sul mercato interbancario a un
tasso superiore a quello del finanziamento marginale della BCE o che impieghi a un tasso inferiore a quello
del deposito marginale.
La domanda di base monetaria del sistema bancario.
Le banche sono al centro del sistema dei pagamenti, cioè di una complessa rete di transazioni monetarie che
servono al regolamento degli scambi sia dell’economia reale (acquisto/vendita di beni e servizi all’ingrosso
e al dettaglio), sia dell’economia finanziaria (acquisto/vendita di attività finanziarie).
La partecipazione al sistema dei pagamenti comporta quindi la gestione di flussi di incasso e di pagamento
cui corrispondono entrate ed uscite di base monetaria.
E’ comprensibile che ogni banca debba garantire sistematicamente la propria capacità di far fronte a tutte le
richieste di pagamento delle controparti; ciò sarà in parte possibile attraverso l’incrocio con i flussi di base
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario monetaria generati dagli incassi; ma data l’irregolarità e la non prevedibilità dei flussi questo matching
ideale non basterà. Sarà quindi necessario detenere scorte monetarie adeguate rispetto alle previsioni di
fabbisogno, che saranno detenute direttamente come disponibilità di cassa presso i centri operativi delle
banche (sede e sportelli) e, più signitificativamente, come depositi interbancari o come depositi presso la
Banca centrale.
Tali scorte (detenute per motivi operativi) costituiscono una parte delle “riserve bancarie” considerate nel
modello del moltiplicatore e rappresentano dunque una componente del fabbisogno di base monetaria che le
banche manifestano. L’altra parte della domanda di base monetaria è data dalla riserva di liquidità
obbligatoria, si tratta di un vincolo di riserva minima che le banche devono detenere presso la Banca
centrale (nel caso specifico presso le singole BCN) in una determinata percentuale (attualmente 2%) delle
passività con durata inferiore ai 2 anni.
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario 34. La regolamentazione e la vigilanza del sistema finanziario
La nozione di ordinamento delle attività finanziarie.
Con il termine ordinamento si intende l’insieme organico e complessivo delle norme che disciplinano le
attività e le istituzioni dell’intermediazione finanziaria in un dato contesto politico-amministrativo, che in
genere coincide con lo Stato, oppure con un contesto più ampio (come per esempio l’Unione Europea).
Nel caso del nostro paese, e tenendo conto della sua appartenenza comunitaria, tali norme possono avere
origine:
Comunitaria (le c.d. “direttive comunitarie”). La normativa comunitaria non ha diretta applicazione nel
territorio dello Stato se non attraverso un atto di recepimento attuazione,
Statale (leggi e decreti del Parlamento, decreti legislativi emanati dal governo per delega del Parlamento).
La norma legislativa viene detta primaria e si propone essenzialmente il fine di disegnare il quadro
istituzionale complessivo
di origine inferiore (istituzioni e regolamenti emessi da organi espressamente previsti e delegati dalla legge,
come per es. la Banca d’Italia, la CONSOB, l’ISVAP e la COVIP). La norma emanata da organi delegati
viene definita secondaria (subordinata) e assume e realizza finalità di regolamentazione più specifica e
quindi di vigilanza.
Nel contesto italiano, coerentemente con l’impostazione condivisa a livello comunitario, l’intermediazione
finanziaria viene disciplinata per segmenti o tipologie di attività, a ognuna delle quali corrisponde un
ordinamento specifico:
- Ordinamento delle attività bancarie e creditizie
- Disciplina dei mercati di strumenti finanziari
- Ordinamento delle attività di gestione dei servizi di investimento
- Ordinamento delle attività di gestione collettiva del risparmio
- Ordinamento dell’attività assicurativa
L’obiettivo politico-istituzionale dell’UE consiste nella creazione di un ambito amministrativo in cui sia
consentita la libera circolazione di persone, informazioni, capitali, merci e servizi. In tale prospettiva si
collocano il concetto di mercato unico dei servizi finanziari e tutte le azioni preordinate a istituirlo e
realizzarlo.
Storicamente gli Stati aderenti all’UE avevano sviluppato differenti ordinamenti.
La differente disciplina e il diverso grado di regolamentazione degli intermediari nei diversi paesi
comunitari avrebbero determinato situazioni
* di disparità concorrenziale,
* di disparità nella tutela dei soggetti in rapporto contrattuale con gli intermediari.
L’azione comunitaria si è perciò preposta l’obiettivo prioritario e preliminare di realizzare un livello
sufficiente di armonizzazione minima fra gli ordinamenti vigenti negli Stati membri, disciplinando i
seguenti profili degli intermediari finanziari:
- elenco delle attività esercitabili
- capitale minimo iniziale
- controllo sugli assetti proprietari e sulle partecipazioni
- modalità di calcolo del patrimonio di vigilanza e dei coefficienti di solvibilità
- vigilanza su base consolidata
- controllo della concentrazione dei rischi (grandi fidi)
Alessia Chiovaro Sezione Appunti
Il sistema finanziario - sistema di garanzia dei depositi
- regole di accertamento dei rischi di mercato
- modalità di contabilizzazione e di consolidamento
- pubblicità dei documenti contabili delle succursali estere di enti creditizi e finanziari
Si può quindi affermare che i fondamenti dell’ordinamento “concordato” a livello comunitario sono:
1. non specializzazione degli intermediari per tipi di attività svolta (quindi possibilità di svolgere
congiuntamente attività di intermediazione creditizia, mobiliare e di servizio finanziario secondo un modello
di banca universale)
2. attribuzione delle attività di investimento collettivo in valori mobiliari a titolo di riserva esclusiva, a
organizzazioni specializzate
3. regolazione del grado di separatezza tra banca e impresa industriale sia a monte (partecipazioni industriali
nel capitale bancario) sia a valle (partecipazioni del capitale bancario nel capitale industriale).
In forza degli accordi comunitari, ogni Stato aderente è tenuto (entro dati termini) a recepire nella
legislazione nazionale le direttive comunitarie e a darvi attuazione. Nell’esercizio del dovere di
recepimento-attuazione agli Stati comunitari sono riconosciuti alcuni gradi di discrezionalità che possono
essere usati per “adattare” la norma alla situazione nazionale (ordinamento preesistente).
Ovviamente il livello di discrezionalità consentito non può essere utilizzato in modo opportunistico e non
deve contrastare il superiore criterio o principio dell’armonizzazione minima, che è la condizione necessaria
affinché gli ordinamenti nazionali, per così dire uniformati, possano condividere i principi di “libertà di
prestazione di servizio” e di “libertà di stabilimento” di ogni intermediario autorizzato nel territorio
comunitario e quindi convivere nel mercato unico dei servizi finanziari.
Tali principi si realizzano mediante il criterio del mutuo riconoscimento, nel senso che (salvo eccezioni)
ogni ordinamento deve riconoscere la possibilità di ogni intermediario esterno all’ordinamento stesso (ma
comunitario) di operare in esso, in forza dell’autorizzazione dell’ordinamento di appartenenza/provenienza.
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Il sistema finanziario 35. Gli strumenti di vigilanza
Si è adottata una classificazione che si basa sulla natura degli interventi e, in parte, tiene conto delle finalità
cui ogni strumenti in primis si rivolge. La classificazione prevede 4 categorie di strumenti:
1. Vigilanza strutturale. Si tratta di un approccio alla regolazione e al controllo del sistema finanziario che ha
come campo di intervento la struttura del mercato. In altre parole, si propone di determinare la
configurazione di mercato (n° di imprese, quote di mercato, campo di attività di ogni impresa, assetto di
controllo del capitale proprio, ecc) più idonea a perseguire gli obiettivi propri della vigilanza, e ha come
campo di intervento la struttura del mercato.
Regolando la struttura del mercato si può –in linea teorica- influenzare il livello di stabilità ed efficienza
(che sono gli obiettivi finali delle vigilanza in generale).
In altre parole, nei caratteri della struttura del mercato (per es. la concentrazione) si trovano elementi
importanti da cui dipende la condotta concorrenziale (comportamenti collusivi piuttosto che competitivi).
D’altra parte l’intensità del confronto concorrenziale è uno dei fattori che spiega la ricerca di performance
sempre migliori, che è uno dei modi in cui può essere rappresentato l’obiettivo di efficienza della vigilanza;
d’altra parte l’intensità della concorrenza, funzionale all’efficienza, non favorisce la stabilità; anzi nel breve
periodo accentua le potenziali situazioni di crisi. [trade off efficienza – stabilità].
Non è questo l’unico trade-off che emerge nell’ambito della vigilanza strutturale; gli interventi sulla
struttura del mercato possono essere funzionali a generare la migliore combinazione possibile tra:
1. dimensione e mix produttivo dei singoli intermediari, condizioni da cui deriva la possibilità di
ottimizzazione rispetto alla funzione di costo (posizionamento sul livello minimo dei costi medi)
2. il grado di soddisfazione più elevato per gli utilizzatori dei servizi finanziari.
In linea di principio, le due finalità non sono necessariamente compatibili. Per es. dal punto di vista della
minimizzazione dei costi, date certe condizioni (economie di scala e di scopo), l’assetto ottimale potrebbe
essere quello delle dimensioni massime e quindi della concentrazione dell’offerta fino, al limite, a una
situazione di monopolio; tuttavia ciò comporterebbe un potere di mercato altissimo nelle mani dei produttori
e il pericolo dello sfruttamento di tale potere per aumentare i margini di profitto (o attraverso le politiche di
prezzo o attraverso la minore qualità dell’offerta), che dal punto di vista della domanda non sarebbe la
migliore delle soluzioni.
Fondamentalmente la vigilanza strutturale si propone di regolare la struttura dell’offerta in un determinato
mercato (tenendo conto della natura del prodotto e della struttura di domanda) con lo scopo di disegnare una
configurazione che massimizzi la dialettica competitiva (con il vincolo di non superare un accettabile livello
di instabilità);
Tra gli strumenti di intervento che rientrano nella vigilanza strutturale, i più importanti sono quelli che
toccano le seguenti aree:
- l’entrata nel mercato (intermediari di nuova costituzione, o che aprono una nuova sede, o che offrono
servizi senza sede fisica)
- l’assetto organizzativo degli intermediari operanti (operazioni di fusione, incorporazione, passaggio di
controllo, etc)
- la gamma delle attività che ogni categoria di intermediari (ogni singolo intermediario) può svolgere
- i requisiti degli azionisti degli intermediari e l’assetto di controllo societario
- gli interventi sulle quantità e sui prezzi degli intermediari
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Il sistema finanziario 2. Vigilanza prudenziale. Si tratta di strumenti di vigilanza che assumono la forma di “criteri di gestione”
cui gli intermediari devono attenersi e che sono finalizzati al controllo a alla delimitazione dei rischi. La
distinzione fondamentale che si può osservare rispetto agli strumenti strutturali è relativa al rispetto delle
regole di mercato:
gli interventi strutturali entrano con alta discrezionalità nelle condizioni di mercato e, in qualche modo,
arrivano fino a “gestire” il mercato (es: autorizzare o meno l’entrata nel mercato o lo svolgimento di una
determinata attività, fissare i limiti in via amministrativa alle decisioni di quantità e prezzo);
gli interventi di natura prudenziale evitano invece di condizionare direttamente il mercato; esprimono delle
“regole del gioco” che riguardano il “come” si opera nel mercato stesso; non intervengono direttamente sulla
“struttura del mercato” (i soggetti, le attività, i prezzi); sono regole oggettive e neutrali tra i diversi soggetti
dell’offerta; sono trasparenti e stabiliti ex ante così da guidare in forma di incentivo e/o vincolo gli
intermediari verso equilibri economico-finanziari-patrimoniali desiderabili.
I principali strumenti di vigilanza prudenziale (la BI adotta il termine “vigilanza regolamentare”)
comprendono:
i coefficienti di bilancio e i requisiti patrimoniali applicati agli intermediari. possono essere rivolti a diversi
obiettivi che rientrano in una più generale finalità di controllo e limitazione dei rischi assunti nella gestione:
- la solvibilità della controparte
- le variazioni di valore del portafoglio non immobilizzato
- le variazioni di valore connesse alle posizioni in cambi e su opzioni
- la concentrazione dei rischi
- le trasformazioni delle scadenze
- l’esposizione al rischio di tasso di interesse
- l’investimento in attività non liquide (immobili e partecipazioni)
- altri rischi derivanti dall’operatività.
- l’adeguatezza organizzativa, intendendo con ciò:
- la dimensione delle risorse tecniche, professionali, manageriali che un intermediario deve possedere a
fronte di programmi di attività che comportano l’entrata in aree di mercato complesse e rischiose (es
gestione delle partecipazioni industriali, il market making nei mercati organizzati, l’attività nei mercati
derivati, etc) o che rappresentano investimenti impegnativi (es, espansione territoriale, acquisizione di
concorrenti, ecc)
- la presenza di strumenti operativi che permettano di rispettare il principio dell’indipendenza organizzativa
e gestionale tra aree di attività dell’intermediario per le quali vi siano potenziali conflitti di interesse (per es.
il criterio della separatezza organizzativa e contabile che si applica nell’intermediazione mobiliare).
- i requisiti di onorabilità, di competenza e di esperienza, che devono possedere i soggetti che assumono
posizioni nell’ambito degli organi amministrativi e di controllo o che rivestono responsabilità di direzione.
3. Vigilanza informativa. Che comprende tutti gli strumenti di comunicazione ed informazione che, a vario
livello, possono contribuire a ridurre le asimmetrie informative tipiche dell’attività finanziaria. Vi sono
diversi ambiti di applicazione e diversi contenuti informativi:
- le operazioni finanziarie, nel senso delle caratteristiche tecniche su cui può essere basato un primo livello
di valutazione economica e di rischio
- gli emittenti i titoli che formano oggetto dell’operazione (o il soggetto debitore); su questi elementi si basa
un 2° livello importante di valutazione del rischio.
- gli intermediari che, eventualmente, intervengono nei confronti di emittenti e investitori (se si tratta di
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Il sistema finanziario un’operazione di mercato mobiliare); per gli investitori finali la valutazione dell’intermediario proponente
può essere di grande importanza ai fini della valutazione del rischio, e gli intermediari d’altra parte sono
tenuti a informare gli investitori dell’esistenza di particolari condizioni che possono far nascere un conflitto
di interesse potenzialmente dannoso per l’investitore stesso.
- gli intermediari (questa volta) nei confronti delle autorità di vigilanza, interessate a controllare il buon
andamento della gestione
- gli organismi responsabili del funzionamento e della gestione dei mercati mobiliari, chiamati a informare:
da un lato il “mercato” (emittenti, investitori, intermediari, analisti, etc) circa l’andamento tecnico (prezzi e
quantità negoziati); dall’altro lato le autorità di vigilanza sul mercato stesso.
Il risultato atteso da questa serie di interventi di vigilanza informativa si colloca nell’area della trasparenza e
della correttezza informativa per il mercato e per gli organismi di controllo (condizioni di base per lo
sviluppo di un sistema di rapporti contrattuali in cui il pricing si avvicina ai requisiti dell’”efficienza del
mercato”, che prevedono che la quotazione degli strumenti finanziari rifletta in modo completo tutta
l’informazione disponibile.
L’importanza degli interventi di vigilanza informativa è apprezzabile soprattutto se si parte dall’ipotesi
(normale in qualsiasi rapporto di credito) che gli investitori e i creditori si trovino in una condizione di
svantaggio informativo rispetto ai soggetti finanziati; e da questa asimmetria derivano comportamenti che
possono portare al fallimento del mercato. In particolare, i finanziatori, consapevoli di non essere capaci di
valutare pienamente il rischio dei loro prestiti, recuperano il costo delle perdite con un rialzo generalizzato
dei tassi di interesse applicati; da ciò deriva la probabile conseguenza che i prenditori di fondi di migliore
qualità, sentendosi penalizzati ingiustamente dal rialzo, rinuncino al finanziamento. Il portafoglio prestiti
subirebbe un degrado qualitativo che di tradurrebbe in un tasso di perdita più alto, quindi in un ulteriore
rialzo dei tassi.
Il processo (noto come adverse selection) potrebbe continuare fino a un impoverimento insostenibile degli
scambi di mercato. L’interruzione di questo circuito negativo richiederebbe che i finanziatori, supportati da
informazioni di qualità e spessore adeguati, fossero in condizione di valutare il rischio di perdita di ogni
prestito e, quindi, di applicare un tasso aggiustato per il rischio.
4. Vigilanza protettiva. Che fa riferimento a strumenti di vigilanza applicati con finalità di gestione delle
situazioni di crisi degli intermediari, il termine evoca l’esigenza di far fronte al principio della tutela del
risparmiatore. Questo di principio è di per sé di grande rilevanza sociale ed economica e costituisce uno dei
fondamenti della regolamentazione dei sistemi finanziari; in più vi l’ulteriore considerazione che l’attività
finanziaria è profondamente influenzata dal contenuto fiduciario che caratterizza buona parte dei rapporti
contrattuali (questa condizione è più delicata nei rapporti che coinvolgono soggetti che si potrebbero
definire “risparmiatori non consapevoli”).
L’importanza della gestione accurata delle situazioni di crisi (e possibilmente della loro prevenzione) si
ricollega al problema delle “esternalità”: una situazione di crisi del singolo intermediario, attraverso
fenomeni di contagio, può estendersi a una vasta area del sistema finanziario trasformando un problema
circoscritto in una condizione di instabilità sistemica. La sfiducia generalizzata verso il sistema finanziario
comporterebbe allora costi per l’economia reale, dovuti sia alla crisi dei circuiti di finanziamento, sia alle
disfunzioni del sistema dei pagamenti.
In linea generale tutto lo strumento della vigilanza in quanto rivolto a un’obiettovo di stabilità, ha funzioni
“protettive” (di tutela) dell’interesse del risparmiatore; quini bisogna precisare la specificità degli strumenti
che rientrano nella categoria della vigilanza protettiva.
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Il sistema finanziario Vi sono 2 principali ambiti di intervento:
1) quello destinato alla prevenzione, cioè a evitare che situazioni aziendali di temporanea difficoltà possano
degenerare in uno stato di crisi grave, non recuperabile. Gli strumenti principali relativi a quest’ambito sono:
- i flussi di documentazione che intercorrono tra intermediario e organo di vigilanza, che costituiscono la
base della valutazione dello stato di salute degli intermediari e su cui possono innestare tecniche di “allarme
preventivo”.
- le situazioni di illiquidità delle banche (che possono essere affrontate attraverso gli interventi di
rifinanziamento della Banca centrale)
- le situazione di difficoltà più serie, non solo nel profilo della liquidità (posto che non siano irreversibili)
che possono dare luogo a provvedimenti come l’”amministrazioni straordinaria” (che comporta, tra l’altro,
la sostituzione degli organi amministrativi e di controllo in carica).
2) quello attivato quando la crisi si rivela irreversibile, e dunque l’unica soluzione è quella della messa in
liquidazione dell’intermediario. Le crisi irreversibili che conducono alla liquidazione prevedono l’intervento
dei “fondi di garanzia” (come il Fondo interbancario di tutela dei depositi, attualmente operante per le
banche italiane), strumenti che si propongono di tutelare i creditori degli intermediari messi in liquidazione,
facendo così fronte a 2 esigenze:
la tutela del risparmiatore, generalmente più forte se classificabile nella categoria del “risparmiatore non
consapevole”
la limitazione del rischio sistemico: si può assumere cioè che i risparmiatori non perdano la sfiducia nel
sistema proprio perché possono contare sulla garanzia del recupero del loro credito; ciò è il presupposto per
evitare fenomeni di contagio (il pericolo cioè di estensione incontrollata della crisi, alimentata da un’ondata
di ritiro dei depositi).
La funzione stabilizzatrice dei “fondi di garanzia” è rilevante anche nelle situazioni di crisi temporanea
(questa volta il fenomeno è essenzialmente aziendale e non di sistema) per evitare che il prelievo
generalizzato dei depositi aggravi la situazione.
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Il sistema finanziario 36. L’ordinamento dell’attività bancaria e creditizia
Le fonti normative principali e fondamentali al riguardo sono:
- il D.lgs. 1° settembre 1993, n.385 ( noto come “Nuova legge bancaria” o “testo Unico delle leggi in
materia bancaria e creditizia”)
- il D.lgs. 14 dicembre 1992 n.481, che ha dato attuazione della Direttiva CEE relativa al coordinamento
delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l’accesso all’attività degli enti
creditizi e il suo esercizio.
La definizione di banca e di attività bancaria. Viene definita “banca” l’impresa che è autorizzata
all’esercizio dell’attività bancaria, tale definizione chiarisce che:
1. la banca è un’impresa, coerentemente con la norma di recepimento della prima direttiva comunitaria delle
legislazioni bancarie (del 1985)
2. la banca esiste e opera in forza di un’autorizzazione formale delle autorità competenti
3. la definizione di banca rinvia direttamente alla nozione di attività bancaria
A sua volta la norma (d.lgs del 1993 art.10) afferma che la raccolta del risparmio e l’esercizio del credito
(congiuntamente e non separatamente) costituiscono l’attività bancaria, la quale ha quindi natura
necessariamente composita.
Inoltre l’esercizio dell’attività bancaria è riservato alle banche. Questa fondamentale “riserva d’attività” è
coerente con il fatto che l’attività bancaria sia subordinata ad autorizzazione e sia regolata da una normativa
specifica.
Infine l’art.10 aggiunge che le banche esercitano, oltre all’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria,
nonché attività connesse e strumentali (come per es. la produzione di servizi informatici per proprio uso).
Sono salve le riserve di attività previste dalla legge. (v. attività riservate a SGR, SICAV)
Le altre attività finanziarie esercitabili dalla banca sono quelle ammesse al “mutuo riconoscimento”. Con
tale dizione la norma intende identificare le attività finanziarie che le banche possono esercitare
(direttamente o indirettamente tramite società controllate nella forma del gruppo bancario) in qualsiasi paese
comunitario, in forza dell’autorizzazione ricevuta nel paese di origine (principio dell’home country control).
Secondo la norma vigente le attività ammesse al mutuo riconoscimento, il cui esercizio separato per altro
non costituisce attività bancaria sono:
* raccolta di depositi o di altri fondi con obbligo di restituzione. In via generale la raccolta del risparmio tra
il pubblico è vietata ai soggetti diversi dalle banche, salvo –in via particolare- casi espressamente previsti
(ad es. emissione di titoli di debito da parte degli Stati comunitari e l’emissione di obbligazioni da parte
delle S.p.a o società in accomandità per azioni, S.a.p).
* operazioni di prestito (compreso in particolare il credito al consumo, il credito con garanzia ipotecaria, il
factoring, le cessioni di credito pro soluto e pro solvendo, il credito commerciale incluso il forfaiting)
* leasing finanziario
* servizi di pagamento
* emissione e gestione di mezzi di pagamento (carte di credito, travellers cheque, lettere di credito)
* rilascio di garanzie e di impegni di firma
* operazioni per proprio conto o per conto della clientela in:
- strumenti di mercato monetario (assegni, cambiali, certificati di deposito, etc)
- cambi
- strumenti finanziari a termine e opzioni
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Il sistema finanziario - contratti su tassi di cambio e tassi di interesse
- valori mobiliari
* partecipazioni alle emissioni di titoli e prestazioni di servizi connessi
* consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e di questioni connesse,
nonché consulenza e servizi nel campo delle concentrazioni e del rilievo delle imprese.
* servizi di intermediazione finanziaria del tipo money broking
* gestione o consulenza nella gestione di patrimoni
* custodia e amministrazione di valori mobiliari
* servizi di informazione commerciale
* locazione di cassette di sicurezza
* altre attività di rilievo minore.
Definita la nozione giuridica di banca, per differenza si forma la nozione giuridica di “intermediario
finanziario”, cioè un soggetto operante nel settore finanziario ed esercente attività finanziaria secondo
modalità che non integrano la definizione di attività bancaria. (esercizio nei confronti del pubblico delle
attività di: assunzione partecipazioni, concessioni di finanziamenti sotto qualsiasi forma, prestazione di
servizi di pagamento e di intermediazione dei cambi).
E’ importante rilevare che la definizione giuridica di intermediario finanziario è difforme da quella
economica che colloca le banche nella categoria degli intermediari finanziari, intesi come imprese che
intermediano sistematicamente risorse finanziarie.
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Il sistema finanziario 37. Le condizioni dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività
bancaria
La Banca esiste ed opera in forza di un’autorizzazione formale delle autorità competenti.
L’autorizzazione viene concessa dalla Banca d’Italia quando ricorrono le seguenti condizioni:
1. la forma di società per azioni, o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata
2. il versamento del capitale minimo richiesto
3. la presentazione del programma concernente l’attività iniziale, con l’atto costitutivo e lo statuto
4. i requisiti di onorabilità stabiliti per i soci
5. la struttura proprietaria (composizione e ripartizione dei diritti proprietari) rispetti i vincoli e presupposti
per l’autorizzabilità (v. dopo)
6. i requisiti di onorabilità e di professionalità per i soggetti che svolgono le funzioni di amministrazione,
direzione e controllo
Queste condizioni vengono verificate dalla BI, che nega l’autorizzazione quando esse non garantiscono la
sana e prudente gestione; (potere/dovere autorizzativi); è inoltre necessario che la BI motivi l’eventuale
rifiuto di tale autorizzazione.
La tendenza generale delle normative comunitarie consiste nel definire poteri e responsabilità delle autorità
di controllo, e di limitarne quindi la discrezionalità di comportamento al fine di “armonizzare” negli Stati
comunitari non solo gli ordinamenti ma anche nei fatti la loro applicazione.
La partecipazione al capitale delle banche: vincoli normativi e regime autorizzativo
La legge bancaria persegue l’obiettivo di autonomia e di separatezza sottoponendo ad un’autorizzazione
preventiva (e successiva, nella forma della revoca all’autorizzazione) l’acquisizione diretta o indiretta di
partecipazioni superiori al 5% del capitale della banca, o che comportino il controllo della banca stessa.
Nella concessione di tale autorizzazione, la BI deve accertare che ricorrano le condizioni atte a garantire una
gestione sana e prudente della banca interessata.
Inoltre, la norma vieta l’acquisizione (diretta o indiretta) di partecipazioni superiori al 15% o comunque di
controllo ai soggetti che svolgono in misura rilevante attività di impresa in settori non bancari e non
finanziari.
Ai fini dell’accertamento della sussistenza dei suddetti limiti, viene fatto carico alla BI di accertare pure
l’eventuale esistenza di eventuali accordi idonei a consentire l’esercizio concentrato del diritto di voto, e
qualora tali accordi possano pregiudicare la sana e prudente gestione della banca, la BI ha il potere di
sospendere il diritto di voto dei soci partecipanti all’accordo (e eventualmente l’alienazione delle azioni per
la parte eccedente il limite autorizzabile)
Inoltre la BI ha pure facoltà di richiedere informazioni atte ad accertare la composizione della struttura
proprietaria effettiva della banca.
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Il sistema finanziario 38. Altri profili rilevanti di regolamentazione dell’attività bancaria
La normativa tende a salvaguardare l’autonomia della banca rispetto a interessi divergenti da quelli
istituzionali della banca. Il "Testo Unico" attribuisce alla BI funzioni e poteri di vigilanza, finalizzati
prevalentemente a: tutelare la sana e prudente gestione della banca, la stabilità complessiva, l’efficienza e la
competitività del sistema finanziario, cioè lo stesso principio che sta alla base dei poteri autorizzativi
demandati allo stesso organo di controllo.
Allo scopo di definire i confini dell’attività bancaria è necessario richiamare gli oggetti fondamentali della
vigilanza regolamentare che persegue appunto lo scopo di regolare alcuni profili critici dell’attività della
banca con criteri definiti "prudenziali".
La BI emana (in conformità con il CICR "Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio")
disposizioni di carattere generale avente per oggetto:
* l’adeguatezza patrimoniale
* il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni
* le partecipazioni detenibili,
* l’organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni
Questi aspetti dell’attività bancaria sono oggetto di analitiche e dettagliate "istruzioni di vigilanza" emesse
dalla BII primi 3 profili di regolamentazione concorrono a definire i confini qualitativi e quantitativi
dell’attività bancaria per quanto concerne la dimensione e la composizione della struttura dell’attivo e del
passivo della banca.
Le disposizioni riguardanti l’adeguatezza patrimoniale impongono alle banche il mantenimento di un
coefficiente minimo obbligatorio, detto “coefficiente di solvibilità”, che ha funzione di tutelare la solvibilità
della banca e fa riferimento alla composizione dell’attivo patrimoniale mediante ponderazione delle sue
diverse componenti in funzione della classe di rischio di appartenenza.
Tale coefficiente, inteso come rapporto tra patrimonio di vigilanza e attivo patrimoniale ponderato per il
rischio, deve assumere valori non inferiori all’8%; ed esso si riferisce sia alla singola banca, sia all’insieme
del gruppo bancario cui essa appartiene e in cui eventualmente funge da capogruppo (distinzione tra
coefficiente di solvibilità individuale e coefficiente consolidato). […]
Le disposizioni riguardanti il contenimento del rischio disciplinano i requisiti patrimoniali connessi con
l’assunzione di rischi specifici, secondo diverse configurazioni, che sono essenzialmente tre:
- la concentrazione dei rischi per grandi fidi. (le disposizioni relative regolano le dimensioni max individuali
e aggregate dei grandi fidi assumendo come parametro di riferimento il patrimonio.
- la trasformazione delle scadenze e l’esposizione al rischio di interesse. (v. cap 9)
- i rischi di mercato: possibilità che le attività finanziarie (principalmente valori mobiliari) possedute dalla
banca subiscano una variazione di valore per fatti di mercato.
Le disposizioni riguardanti le partecipazioni detenibili attuano in via preliminare la suddivisione fra 2
insiemi:
a. partecipazioni in banche, in società finanziarie e in imprese di assicurazione; in cui soprattutto le
partecipazioni che comportano una posizione di controllo sono disciplinate dalle norme relative al gruppo
bancario
b. partecipazioni in altri soggetti indicati come “imprese non finanziarie”; in proposto le disposizioni vigenti
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Il sistema finanziario