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Dalla misurazione al controllo del rischio nel portafoglio di negoziazione


Misurare la rischiosità di un portafoglio (per es, tramite un modello VAR) significa avere svolto solo il primo dei passi necessari al controllo e alla gestione dei rischi di mercato.
Un sistema di controllo dei rischi, infatti, traduce le misure di VAR in limiti operativi e richiede la predisposizione di una struttura organizzativa dedita alla gestione dei profili di rischio.
Per chiarire le implicazioni organizzative dell’adozione di standard di misurazione del rischio come il VAR, è necessario definire prima la struttura tipica di una sala di negoziazione.
A seguito di un processo di accentramento, le attività di negoziazione hanno fisicamente luogo in un’unica struttura, detta sala di negoziazione (o sala mercati o dealing room).
In questa sala lavorano gli specialisti dei singoli mercati, e ogni mercato ha un suo desk, cioè la parte di sala occupata dalle persone che si occupano di quel mercato ("dealer").
Ogni desk ha il suo responsabile, coadiuvato se necessario da assistenti. La prossimità fisica dei diversi desk facilita il contatto e, se necessario, lo scambio di opinioni tra operatori dei diversi mercati (infatti i diversi mercati sono spesso fortemente interrelati).
Lo strumento organizzativo che limita l’operatività dei singoli desk è quello dei limiti di posizione; tanto più alti sono i limiti di posizione, tanto più alta è l’autonomia assegnata a un desk. Si solito i limiti sono espressi in termini di massima posizione netta ammessa, cioè lo sbilancio fra posizioni di acquisto (lunghe) e posizioni di vendita (corte) su un dato strumento. Spesso inoltre si hanno anche dei limiti differenziati per le posizioni infragiornaliere e a fine giornata, con i primi tipicamente maggiori dei secondi.
In un’impostazione tradizionale, la fissazione dei limiti avviene in maniera negoziale, tramite una contrattazione fra il responsabile del desk e il responsabile della sala di negoziazione.
Tali limiti hanno però dei difetti:
- tendono a essere rigidi e poco reattivi alle condizioni di mercato
- sono poco confrontabili (fra valute diverse)
- è difficile modellare, all’interno di una struttura di limiti nominali, il beneficio della diversificazione tra diverse attività
L’applicazione di una metodologia VAR facilita la soluzione di questi 3 problemi; in quest’ottica il VAR complessivo del portafoglio può essere visto come il capitale massimo che la banca intende mettere a rischio nello svolgimento dell’attività di negoziazione.
Il VAR complessivo verrà poi suddiviso in VAR specifici per le singole attività, considerando che la somma di questi VAR individuali normalmente eccederà il VAR complessivo, grazie all’effetto della diversificazione. Il livello del VAR assegnato a ogni singolo desk, (e, a cascata, a ogni singolo operatore) che dipenderà dal grado di autonomia che a questi si vuole assegnare.
L’ultimo passaggio è quello della trasformazione dei limiti espressi in termini di VAR, in limiti di posizione; ciò avviene svolgendo a ritroso il procedimento per il calcolo del VAR.
In altre parole, si trova quel livello di posizione nominale che, data la volatilità del fattore di mercato considerato, genera un VAR coerente con quello assegnato al desk. In questo modo le lacune rilevate in precedenza vengono superate; infatti:
- i limiti nominali diventano reattivi alle condizioni di mercato; se la volatilità del fattore di mercato aumenta, si renderà necessario abbassare i limiti per mantenere inalterato il livello di VAR
- i limiti espressi in termini di VAR sono immediatamente confrontabili
il beneficio della diversificazione è quantificabile grazie all’utilizzo dei coefficienti di correlazione tra i fattori di mercato. Il VAR aggregato del portafoglio di negoziazione è inferiore alla somma dei VAR dei singoli desk.

Tratto da IL SISTEMA FINANZIARIO di Alessia Chiovaro
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