Il rischio di insolvenza della controparte
Il contratto da cui ha eventualmente origine l’insolvenza della controparte può essere un contratto di credito o un contratto di compravendita di attività finanziarie; da qui la distinzione concettuale tra rischio di credito e rischio di regolamento:
Rischio di credito. Esso consiste nell’eventualità che alle scadenze previste dal contratto il cliente finanziato si riveli insolvente in misura totale o parziale, per quanto riguarda il rimborso del capitale e/o il pagamento degli interessi maturati.
Lo stato di insolvenza così definito, cioè alla scadenza contrattuale non consente di determinare l’effettiva perdita a carico dell’intermediario (che ha concesso il finanziamento); occorre attendere il risultato delle azioni di recupero del credito e del realizzo di eventuali garanzie reali (pegno, ipoteca) o personali (fideiussione) che assistono il contratto. Pertanto la perdita definitiva può essere determinata solo dopo tempi non brevi dal momento in cui è stata inizialmente accertata la condizione di insolvenza.
Secondo le attuali normative regolanti la redazione del bilancio degli intermediari creditizi, gli amministratori sono tenuti ad accertare al termine dell’esercizio il presumibile valore di realizzo dei crediti in essere e a detrarre dal valore di carico di ognuno la perdita presunta, ancor prima che essa possa essere considerata definitiva.
Inoltre, indipendentemente dall’effetto economico, il mancato pagamento –totale o parziale - di capitale e interessi alla scadenza prevista determina il venir meno di un’entrata di cassa attesa e si configura quindi come elemento di rischio finanziario, di durata e entità ignote ex ante poiché queste dipendono dalle azioni di recupero.
Ai fini del controllo e della remunerazione del rischio di credito, gli intermediari adottano procedure e sistemi di gestione particolari, che sono inquadrati nella "politica dei prestiti dell’intermediario".
Tale politica (che assume massima importanza e articolazione nella gestione della banca) riguarda tutti i profili della gestione del portafoglio prestiti e quindi determina:
La dimensione del portafoglio, anche in senso dinamico (aumento/diminuzione)
La composizione del portafoglio e i suoi cambiamenti nel tempo
I criteri di valutazione dei singoli affidamenti (affidamenti in essere e di nuova concessione).
E’ evidente che si tratta di 3 attività strettamente interconnesse perché gli obiettivi generali della gestione riguardo la dimensione e composizione del portafoglio prestiti di fatto guidano l’attività di valutazione dei fidi, e a sua volta questa contribuisce a modificare la dimensione e la composizione del portafoglio.
Ai fini del controllo e della remunerazione del rischio di credito complessivo i profili rilevanti sono:
Il tasso di sviluppo desiderato dei prestiti in essere. Movendo dall’ipotesi che l’intermediario si proponga di minimizzare il rischio di credito complessivo, la politica dei prestiti definisce un limite o soglia di accettazione di rischio riferita alla singola posizione di affidamento (tale limite rappresenta un input essenziale e fondamentale del processo di valutazione).
La composizione del portafoglio prestiti. Governare la composizione significa diversificare le singole posizioni in funzione dei settori di appartenenza delle aziende affidate e della loro localizzazione geografica, frazionare e ripartire gli affidamenti per classi di importo e infine differenziare gli stessi dal punto di vista della forma tecnico-contrattuale specifica del prestito.
I criteri e i metodi di valutazione-selezione dei singoli affidamenti, finalizzati a controllare la capacità di rimborso del cliente finanziato prima (ex ante) e dopo (ex post) la concessione dell’affidamento.
La determinazione del prezzo (cioè il tasso di interesse applicato al credito) del credito, che deve remunerare le risorse finanziarie utilizzate (a titolo di debito e di capitale proprio), i costi operativi (lavoro, capitale non finanziario) e il rischio di perdita implicito nella concessione del credito (premio al rischio).
Il processo produttivo della concessione del credito assume come riferimenti principali di premessa gli obiettivi di dimensione e di composizione definiti dalle strategie aziendale e si sviluppa secondo un’articolazione complessa nella quale possono essere identificate una serie di fasi:
1) Ricerca di nuovi clienti
2) Raccolta e analisi dell’informazione
3) Valutazione dei risultati delle analisi
4) Attribuzione al cliente richiedente del rating e della relativa classe di rischio
5) Selezione delle richieste sulla base dei criteri accettati
6) Definizione dei profili tecnici e contrattuali
7) Determinazione del prezzo e contrattualizzazione
8) Concessione e utilizzo
9) Monitoraggio ed eventuali interventi di rinegoziazione e revoca/recupero
Ogni fase (fino alla settima) può avere esito positivo o negativo: nel primo caso essa costituisce l’input della fase successiva, mentre nella seconda ipotesi l’esito negativo determina la definitiva interruzione del processo oppure gestisce per feedback e quindi reinnesta il processo a monte.
Le fasi analisi-valutazione-selezione (denominate nella prassi bancaria Istruttoria del fido) possono essere a loro volta considerate da diversi punti di vista: le finalità conoscitive perseguite, gli oggetti di indagine, gli strumenti e i metodi di analisi.
La finalità conoscitiva ultima consistente nel determinare, riducendo l’incertezza al minimo possibile, la capacità di rimborso del capitale e di pagamento degli interessi da parte dell’impresa finanziaria rispetto alle scadenze temporali ipotizzate correlate alle durate del fabbisogno finanziario o altri parametri.
Il rimborso del capitale e il pagamento degli interessi dipendono ovviamente sia dalla volontà soggettiva del soggetto contrattualmente obbligato (profilo di "correttezza commerciale") sia dalla sua capacità oggettiva di pagare. Dando per scontata la volontà soggettiva (accertata analizzando il comportamento finanziario e commerciale del soggetto in tempi precedenti) la valutazione delle capacità finanziarie oggettive del cliente costituisce la componente essenziale e fondamentale della procedura.
Considerato che il flusso di cassa netto futuro o la capacità dell’indebitamento futuro dell’impresa non possono essere accertate in modo diretto e sicuro, in genere l’intermediario finanziatore si propone di conoscere anche variabili proxy ed elementi indiziari della capacità di rimborso (come, per es, l’evoluzione della situazione economica (redditività) e patrimoniale (sviluppo dei mezzi propri dell’impresa).
Queste analisi e simulazioni di tipo previsionale vengono sviluppate mediante i dati forniti dai piani strategici e finanziari dell’impresa, dai suoi bilanci pro forma, dai suoi preventivi di cassa e così via. Pertanto l’analisi è di tipo previsionale, visto che si cerca di avere conoscenza dei rischi di impresa e di mercato che condizionano una prestazione futura (pagamento di capitale e interessi).
Considerato che le previsioni presentano un grado di incertezza, assumono rilevanza anche le analisi mirate a valutare complessivamente l’impresa nel presente rispetto al suo posizionamento competitivo nel mercato e nel settore.
In definitiva, il processo di valutazione esamina sia l’impresa che il settore, mediante rappresentazioni sia statiche che dinamiche, assumendo come riferimento temporale sia il passato, sia il presente che il futuro e avvalendosi delle tecniche e dei metodi più svariati (analisi del settore e di bilancio, analisi dello scenario competitivo del settore e della strategia d’impresa, etc).
Tali attività di valutazione comportano costi più o meno rilevanti, la cui economicità deve essere riscontrata sia con l’effettiva riduzione delle perdite su crediti (efficienza/efficacia dei processi valutativi), sia con la dimensione dei flussi di ricavi riferiti alla posizione analizzata (dimensione/durata del finanziamento)
Per quanto riguarda la quantificazione del rischio della concessione di credito e la determinazione di un prezzo coerente del credito, facciamo un approfondimento.
L’intermediario creditizio concede crediti a un n° elevato di imprese richiedenti; questo gli consente di comporre un portafoglio di finanziamenti a clienti i cui rischi di impresa sono poco o inversamente correlati e di stabilizzare la frequenza di accadimento delle insolvenze (grazie alla regola attuariale dei grandi numeri) all’interno delle singole classi di rischio cui le singole imprese clienti vengono attribuite (attribuzione del rating).
Considerando la singola impresa cliente, alla luce delle analisi e delle valutazioni, è possibile attribuire alla stessa una probabilità di insolvenza (PD o probability of default), che ne determina l’attribuzione a una delle classi di rischio predisposte (in funzione della scala di probabilità di insolvenza) e, conseguentemente, l’attribuzione del rating corrispondente a quella classe di rischio.
Dato che la definizione dei profili tecnico-contrattuali del finanziamento può fare emergere garanzie specifiche (personali e/o reali) collaterali alla generica capacità di rimborso, è anche importante determinare la % stimata di perdita in caso di insolvenza, sul fondamento della stima di recupero dell’insolvenza (LGD o loss given default). La quantificazione della perdita attesa presuppone la conoscenza del livello di esposizione dell’impresa-cliente al momento dell’insolvenza (EAD o exposure at default).
Pertanto la perdita potenziale attesa (D o default) mediamente riferibile a quella specifica impresa-cliente appartenente a quella specifica classe di rischio, può essere calcolata ex ante nel modo seguente:
D = PD -> LGD -> EAD
Le politiche di determinazione del prezzo (pricing del credito e del suo rischio) devono tenere conto della perdita attesa. Infatti razionalmente l’intermediario creditizio dovrebbe adottare 2 principi o criteri:
che la differenziazione del pricing in funzione della diversità di rischio consegue comunque l’obiettivo che ogni finanziamento generi un uguale rendimento al netto del rischio (if o tasso di interesse risk free)
che la differenza tra il tasso di interesse effettivo applicato al prestito (ip) consenta –per differenza rispetto a if – di coprire le perdite attese nella specifica classe di rischio considerata cui appartiene l’impresa-cliente.
Tale approccio metodologico illustra come gli intermediari creditizi possano sviluppare politiche di pricing coerenti con i rischi di credito assunti. Tuttavia tale approccio esclude qualsiasi considerazione relativa alla possibile formazione di perdite inattese; l’imprevedibile componente di perdita inattesa deve quindi necessariamente trovare contropartita nell’adeguatezza del capitale proprio, la cui funzione di garanzia, per quanto residuale, si presenta necessaria e irrinunciabile.
Rischio di regolamento. Esso si configura come rischio di insolvenza della controparte obbligata a consegnare una certa somma di denaro in contropartita di predeterminati strumenti finanziari (valori mobiliari, altri titoli di credito, valute estere, strumenti derivati, etc) o viceversa (regolamento dello scambio).
In questo caso, fra le parti che scambiano sussiste un contratto di compravendita che, non ammettendo distanza temporale tra le due prestazioni previste, esclude la possibilità che fra le parti sorga un rapporto di credito/debito.
Bisogna distinguere i casi di:
Nel caso di Contestualità perfetta fra le prestazioni del contratto di compravendita a pronti, il rischio di regolamento (settlement risk) può manifestarsi ma le sue conseguenze sono limitate, poiché di fronte all’insolvenza di una delle parti, l’altra si astiene dalla propria prestazione (questa non ha alcun danno se non il costo della ricerca immediata di una nuova contropartita e l’incertezza delle nuove condizioni di scambio (variazione del prezzo).
Nell’ipotesi di un contratto di compravendita a termine, questo danno può assumere rilevanza maggiore. Infatti, il soggetto che ha acquistato a termine (con finalità di copertura o speculazione) a causa dell’insolvenza della controparte "perde la posizione" e si trova esposto all’eventuale costo derivante dalla sostituzione della controparte insolvente, a nuove condizioni di prezzo (c.d. substitution risk).
Quindi, il rischio di regolamento determina danni economico-finanziari maggiori nei contratti a termine rispetto a quelli a pronti.
In molti casi di compravendita, sia a pronti che a termine, la contestualità non esiste o è impossibile poiché varie ragioni tecniche impediscono ai contraenti di trovarsi nello stesso istante e nello stesso luogo (anche virtuale) e di effettuare la prestazione; in questo caso il rischio di regolamento si manifesta in modo asimmetrico, cioè esclusivamente a carico della parte contrattuale che anticipa la prestazione (pagamento o consegna).
Nel caso di non contestualità, il rischio di regolamento ha perciò conseguenze economico-finanziarie diverse e più gravi. Infatti, se nell’intervallo di tempo considerato, la controparte si dichiara insolvente, (o comunque non effettua la prestazione dovuta nel tempo tecnico previsto e consentito) il rischio di regolamento si trasforma in rischio di credito: la parte contrattuale solvente diventa creditrice nei confronti di quella insolvente e (oltre i danni derivanti dal rischio di regolamento) dovrà agire per l’incerto recupero del credito.
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Dettagli appunto:
- Autore: Alessia Chiovaro
- Università: Università degli Studi di Palermo
- Facoltà: Economia
- Esame: Intermediari Finanziari
- Titolo del libro: Il sistema finanziario
- Autore del libro: G. Forestieri - P. Mottura
- Editore: EGEA
- Anno pubblicazione: 2009
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