Insieme di studi e ricerche volti ad approfondire i rapporti di interdipendenza tra fenomeni economici e sociali. In particolare, per:
- Schumpeter: essa ha il compito di spiegare come le persone sono giunte a comportarsi in un certo modo, specificando che le azioni devono essere messe in rapporto con le istituzioni che sono rilevanti per il comportamento economico (come lo stato).
- Weber: una "scienza economico-sociale" studia i rapporti di interdipendenza tra fenomeni economici e sociali.
Sociologia Economica
di Antonio Amato
Insieme di studi e ricerche volti ad approfondire i rapporti di interdipendenza tra
fenomeni economici e sociali. In particolare, per:
- Schumpeter: essa ha il compito di spiegare come le persone sono giunte a
comportarsi in un certo modo, specificando che le azioni devono essere messe
in rapporto con le istituzioni che sono rilevanti per il comportamento economico
(come lo stato).
- Weber: una "scienza economico-sociale" studia i rapporti di interdipendenza
tra fenomeni economici e sociali.
Università: Università degli studi di Napoli "Parthenope"
Facoltà: Giurisprudenza
Corso: Scienze dell'Amministrazione
Titolo del libro: Sociologia Economica
Autore del libro: Trigilia
Editore: Il Mulino
Anno pubblicazione: 19981. SOCIOLOGIA ECONOMICA: confronto con l'antropologia
economica e la storia economica
La sociologia economica va analizzata insieme all'antropologia economica e alla storia economica, perchè
nonostante le differenze tematiche esse hanno pratiche di ricerca simili, infatti:
- Antropologia economica: studia le strutture economiche delle società primitive, utilizzando come maggiore
strumento l'osservazione partecipante. Tende a ricostruire i caratteri di una società concreta vista nella sua
totalità.
- Storia economica: si concentra sul passato e ha un orientamento individualizzante volto a costruire
fenomeni concreti servendosi dell'analisi documentaria. Essa vede con diffidenza le generalizzazioni
teoriche.
- Sociologia economica: l'oggetto di indagine prevalente sono le società contemporanee. I suoi strumenti
sono: analisi documentaria, indagine empirica basata su interviste o sulla raccolta diretta di informazioni
trattabili quantitativamente. Si pone in posizione intermedia tra l'ottica generalizzante dell'economia e quella
più individualizzante della storia, perché elabora maggiormente generalizzazioni teoriche sui rapporti tra
fenomeni economici e non economici, e tra industrializzazione e conflitti sociali.
Un elemento che accomuna le tre discipline è l'ottica che guarda all'attività economica come processo
istituzionalizzato, dove cioè non si parte dal singolo individuo isolato cui vengono imputate motivazioni
utilitaristiche per poi ricostruirne gli effetti aggregati sul piano della produzione e distribuzione di beni e
servizi, ma dalle istituzioni, che regolano le attività economiche.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 2. DIFFERENZE FRA ECONOMIA E SOCIOLOGIA
ECONOMICA
- L'economia privilegia modelli analitico–deduttivi in cui è possibile determinare a priori il comportamento
dell'attore. La sociologia economica privilegia un approccio più induttivo, con l'attore che non agisce solo in
base a semplici motivazioni utilitaristiche (infatti ha la tendenza a limitare le generalizzazioni). Per questi
motivi, le connessioni causali, oltre ad essere limitate, sono più empiricamente fondate.
- In sociologia si sottolinea l'influenza dei fattori sociali (valori, norme) sull'azione individuale, mentre in
economia si insiste di più sul perseguimento razionale dell'interesse individuale da parte dei soggetti.
- Le scienze sociali possono aspirare alla formulazione di modelli; costruzioni ideali di situazioni particolari;
la legge ha invece una pretesa di applicabilità generale, definite da specifiche condizioni che ne limitano la
validità nel tempo e nello spazio.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 3. DIFFICOLTÀ DELLE SCIENZE SOCIALI
L'obiettivo dello studio scientifico dei fenomeni sociali è ricostruire l'interazione tra condizioni esterne
dell'azioni e motivazioni degli attori. Si tratta di un obiettivo difficile da raggiungere, per:
a) La complessità dell'oggetto su cui si indaga: le condizioni e le motivazioni che influenzano l'azione sono
molteplici e variano nel tempo e nello spazio. Il risultato di questi vincoli è una maggiore discrezionalità
dell'interprete nel selezionare alcune condizioni e motivazioni e nel metterle in rapporto;
b) La rilevanza dei valori del ricercatore: (legati all'ampio margine di discrezionalità), visto che egli stesso è
parte della società in cui studia, ed ha a sua volta preferenze e criteri di orientamento che lo guidano nello
studio.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 4. IL PLURALISMO INTERPRETATIVO
È la coesistenza di diversi modelli interpretativi in concorrenza fra loro. Esso è una caratteristica
ineliminabile, intrinsecamente legato alla storicità della società stessa.
Il pluralismo interpretativo è alimentato dalla linea di frattura tra individualismo metodologico (cerca di
spiegare i fenomeni sociali partendo dalle motivazioni individuali) e olismo metodologico o collettivismo
(per i quale l'azione degli individui è ricondotta alle condizioni che la influenzano).
Al riguardo, Weber distingue tra:
- Relazione ai valori, per cui nella selezione del tema di ricerca e nell'individuazione delle connessioni
causali tra fenomeni, il ricercatore non può non essere guidato dai suoi valori;
- Giudizi di valore, riferiti, invece, alla desiderabilità di determinati fini, e quindi non giustificabili su base
scientifica.
Inoltre per Weber la scienza deve essere al servizio della chiarezza.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 5. ADAM SMITH : LA GRANDE SINTESI
Smith critica l'idea dei fisiocratici, per la quale il libero perseguimento dell'interesse individuale è in grado
di conciliare "naturalmente", per mezzo del mercato, benessere individuale e collettivo, perché ritiene che il
benessere collettivo sia favorito solo se il mercato e la ricerca dell'interesse sono controllati da precise regole
istituzionali.
Inoltre per Smith, l'uomo non può essere considerato ne naturalmente egoista (come riteneva Hobbes), ne
naturalmente guidato dalla ragione (come pensava Locke e i fisiocratici). L'azione sociale è piuttosto
un'azione istituzionalizzata: è cioè influenzata dai valori e dalle norme che prevalgono in una società. Le
istituzioni sono una creazione degli uomini, ma a loro volta ne influenzano il comportamento.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 6. FONDAMENTI SOCIALI DELL'AZIONE ECONOMICA
Nella teoria dei sentimenti morali, Smith vuole applicare il metodo scientifico al comportamento umano per
comprendere, facendo leva sull'osservazione e sull'esperienza diretta, come tendono a comportarsi
effettivamente gli uomini in determinate condizioni.
In particolare, l'esperienza mostra che il perseguimento dell'interesse individuale è una molla importante del
comportamento umano, che tende ad essere regolata da norme condivise dai membri della società, e quando
ciò avviene, la cura dell'interesse individuale appare un lodevole principio d'azione. Quindi, i benefici
pubblici, non derivano dai vizi privati (come teorizzato da Mandeville nella Favola delle api) ma dal
perseguimento dell'interesse individuale, in forme socialmente controllate, cioè da quello che Smith
considerava come virtù privata.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 7. SMITH: IL PROCESSO DI SOCIALIZZAZIONE
In particolare l'interesse individuale è socialmente disciplinato attraverso il processo di socializzazione (da
lui chiamato simpatia) che si basa sull'identificazione con i valori condivisi dagli altri membri della società e
si realizza per mezzo:
a) dello spettatore esterno: costituito dalle reazioni di approvazione e disapprovazione degli altri al nostro
comportamento, che ci spingono ad adeguarci alle norme sociali prevalenti;
b) dello spettatore interno (l'uomo dentro il nostro petto) : che si riferisce all'interiorizzazione delle norme
sociali che forma la coscienza morale e influenza il comportamento individuale.
In tal modo l'azione umana viene ad essere plasmata dalla società.
Perciò per Smith il comportamento economico non può essere spiegato come una naturale tendenza alla
ricerca della ricchezza: perché laddove l'azione umana è influenzata dalle norme sociali, il guadagno
individuale non deve essere considerato come un obiettivo naturale dell'uomo, ma piuttosto come uno
strumento per ottenere approvazione sociale. Infatti anche se il desiderio di migliorare le proprie condizioni
appare come un dato permanente del comportamento umano, questo non sempre si esprimerà nella ricerca
della ricchezza (come avviene in una "società commerciale"), in altre situazioni il desiderio di affermazione
individuale si esprime in forme diverse, definite dai valori dominanti (forza fisica, potere politico, capacità
militare ecc).
Questa visione dell'azione economica come socialmente determinata è coerente con la teoria dello Sviluppo
Storico, per la quale vi sono 4 stadi dello sviluppo storico che si succedono nel tempo, ciascuno
caratterizzato da un tipo di organizzazione economica prevalente, istituzioni e costumi diversi: caccia,
pastorizia, agricoltura e commercio.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 8. CONSEGUENZE CHE DERIVANO DAL DIFFONDERSI DI
NUOVI COMPORTAMENTI
Dopo aver definito una teoria generale del comportamento individuale come socialmente condizionato (nel
quale trova spazio anche l'azione economica come influenzata e vincolata dalle istituzioni), Smith esplora,
nella "Ricchezza delle Nazioni", le conseguenze economiche che discendono dal diffondersi dei nuovi
comportamenti attraverso 2 modi:
1) modalità con cui avviene la produzione dei beni e la distribuzione dei redditi in una società commerciale:
qui prevale una prospettiva di statica economica, cioè si suppone che non si crei nuova ricchezza, ma che si
usi quella esistente per soddisfare i bisogni. Qui le istituzioni capitalistiche sono considerate come date;
2) ruolo delle istituzioni nello sviluppo economico: qui prevale una prospettiva dinamica; le istituzioni
diventano delle variabili ed il mercato può avere una funzione dinamica e sostenere lo sviluppo economico
se regolato da istituzioni appropriate. Ne discende che:
- Nell'analisi del processo di sviluppo economico, le istituzioni sono variabili indipendenti;
- Le istituzioni capitalistiche sono tanto più appropriate a sostenere lo sviluppo economico, tanto più si
avvicinano a quelle del «capitalismo concorrenziale»;
- Lo sviluppo economico è lo strumento principale che consente al capitalismo concorrenziale di evitare le
tensioni tra economia e società, di tenere assieme efficienza economica e consenso sociale.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 9. PRODUZIONE DI BENI E DISTRIBUZIONE DEI REDDITI IN
UNA SOCIETÀ COMMERCIALE
In una «società commerciale» l'attività economica è regolata prevalentemente dallo scambio di mercato. In
questo senso, Smith distingue tra:
- Prezzo di mercato: che riflette le oscillazioni di breve periodo della domanda e dell'offerta;
- Prezzo naturale: ovvero il minimo necessario affinché i lavoratori possano riprodursi; si afferma nel lungo
periodo e che riflette il costo della produzione.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 10. IL LIBERO MERCATO: LA CURA DELL'INTERESSE
Per vedere come, in un contesto di libero mercato, la cura del proprio interesse porta a risultati prevedibili
dal punto di vista economico, esaminiamo 2 questioni:
A) La quantità di beni prodotti: che è strettamente collegata ai meccanismi di distribuzione del reddito tra
coloro che partecipano all'attività economica. Nel lungo periodo la quantità di beni prodotti è pari al livello
della domanda che rende possibile remunerare il costo di produzione.
B) La determinazione dei redditi distribuiti a i partecipanti dell'attività economica: a tal riguardo si suppone
l'esistenza di un prezzo definito dal mercato, per:
-salari: si formano nel mercato del lavoro, con dei meccanismi che spingono verso il prezzo naturale, come:
a) capacità di organizzazione dei lavoratori e dei datori di lavoro: per cui i primi si coalizzano per elevare il
salario, mentre i secondi per diminuirlo;
b) movimenti demografici: se i salari diminuiscono troppo, s'innesca una reazione che porta, attraverso il
calo delle nascite, alla riduzione quantitativa della forza lavoro e quindi al ristabilimento dell'equilibrio.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 11. SMITH: I SALARI
Smith ritiene che, in generale, i salari siano destinati a crescere per effetto dello sviluppo economico, che fa
aumentare la domanda di lavoro, e che quindi anche i lavoratori sono interessati oggettivamente all'aumento
della ricchezza della società.
- profitti: che sono naturalmente bassi nei paesi ricchi ed alti in quelli poveri: infatti, se nella produzione di
un determinato bene, vi è poca concorrenza, il profitto tenderà a salire, ma al crescere della concorrenza, con
l'entrata di nuovi investitori, si verificherà l'opposto.
Per Smith un basso tasso di profitto è un ingrediente necessario per stimolare la ricerca di nuovi impieghi e
la crescita della produttività. Un alto profitto è deleterio, perché distrugge la parsimonia, virtù connaturata al
carattere del mercante, e spinge verso un lusso dispendioso, che influenzerà i costumi di tutta la parte attiva
della popolazione.
- rendite: che sono indirettamente influenzate dalla crescita economica. Il prezzo pagato per l'uso della terra
tenderà infatti a corrispondere a quella parte del valore del prodotto che eccede i salari e i profitti necessari
per produrlo ai saggi medi fissati per i rispettivi mercati. Salari e profitti alti o bassi sono le cause del livello
dei prezzi; una rendita alta o bassa è l'effetto di tale livello. In una società che si sviluppa la rendita tenderà
pertanto a crescere.
Per Smith, la rendita è un residuo ed equivale, a quello che resta del valore prodotto, una volta detratti
profitti e salari necessari per la produzione.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 12. SMITH: REGOLE PER IL COMPORTAMENTO DEGLI
ATTORI
Per Smith, affinché i meccanismi di distribuzione del reddito ed i legami con la produzione possano
funzionare nella maniera indicata, occorrono nuove regole che definiscano il comportamento degli attori, in
modo che:
a) in seguito al processo di espropriazione dei contadini si formi una classe di lavoratori salariati le cui
condizioni di vita dipendano dalla vendita del loro lavoro sul mercato;
b) si affermi una classe di capitalisti che concentrano nelle loro mani le risorse necessarie ad avviare il
processo produttivo, e le cui condizioni di vita dipendano dal profitto conseguito con l'investimento del
capitale;
c) i proprietari terrieri traggano il sostentamento dalla possibilità di affittare la terra ai capitalisti agrari, che
la coltivano pagando loro una rendita.
Queste innovazioni favoriscono l'emergere di una società capitalistica, dotata di proprie istituzioni che
spingono l'economia a emanciparsi da controlli sociali e politici, e di nuove classi che su tali istituzioni si
fondano.
Smith afferma inoltre che il costo di produzione non si esaurisce nel costo del lavoro necessario a produrre
una determinata merce: se nelle società precedenti il valore del lavoro incorporato in una merce equivaleva
al suo valore di scambio, in un contesto capitalistico, il prezzo naturale delle merci viene determinato da una
calcolo dei costi che oltre al salario del lavoro deve includere anche il profitto e la rendita.
Smith ha una visione ottimistica dell'economia capitalistica perchè ritiene che, le istituzioni capitalistiche
siano le più appropriate per garantire assieme benessere ed equità, efficienza economica e consenso.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 13. RUOLO DELLE ISTITUZIONI NELLO SVILUPPO
ECONOMICO
Lo sviluppo economico è favorito quanto più le istituzioni capitalistiche si avvicinano ad una situazione di
concorrenza, perché essa determina un'allocazione efficiente delle risorse all'interno di un'attività, perché
spinge i prezzi ad avvicinarsi ai costi di produzione, e fra le diverse attività, perché spinge capitale e lavoro a
spostarsi verso gli impieghi più vantaggiosi, riducendo così le differenze di rendimento. In questo modo il
mercato concorrenziale assicura ciò che è più domandato ai prezzi più bassi possibili.
Gli economisti sono stati affascinati dalle capacità ordinatrici di questa macchina per cui ogni individuo
perseguendo il suo interesse, spesso persegue l'interesse della stessa società in modo molto più efficace di
quanto intende effettivamente perseguirlo.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 14. SMITH : RUOLO DELLE ISTITUZIONI NELLO SVILUPPO
ECONOMICO
Per meglio comprendere il ruolo delle istituzioni nello sviluppo economico, dobbiamo analizzare 2 aspetti
trattati da Smith nella "Ricchezza":
1) Vantaggi del capitalismo concorrenziale su quello monopolistico: in ogni attività produttiva vi deve
essere un numero elevato di capitalisti che investono fondi, in concorrenza tra loro, così da non essere in
grado di manipolare le quantità offerte e i prezzi.
Le condizioni di monopolio non sono vantaggiose, perché alterano i prezzi e le quantità, in modo tale che
ciò che viene domandato sia ottenuto in modo più costoso dai consumatori.
Le condizioni istituzionali che definiscono l'assetto del capitalismo concorrenziale sono:
a) L'impegno diretto del capitalista come imprenditore nella gestione dell'impresa: perchè i manager, per il
fatto di amministrare denaro non proprio, hanno meno incentivi a comportarsi in modo efficiente di quanto
non possa fare il proprietario;
b) Norme di comportamento che limitino gli effetti della concorrenza sul salario dei lavoratori: Smith
considerava negativamente le organizzazioni sindacali, per i rischi di distorsione del mercato del lavoro.
Riteneva invece opportuna, una politica unilaterale da parte degli imprenditori di alti salari, che avrebbero
indotto gli operai ad essere più attivi di quando i salari sono bassi, e incoraggiato la produttività in caso di
più elevate possibilità di mobilità sociale.
2) Ruolo dello stato nello sviluppo economico: Smith propone un limitato intervento dello stato
nell'economia: perché solo eliminando le barriere istituzionali dovute a politiche errate, la società civile si
avvierà spontaneamente verso un'imprenditorialità diffusa in grado di alimentare mercati concorrenziali.
Per Smith lo stato deve restare fuori dall'economia e limitarsi a quelle attività di estrema importanza per la
società, che non possono essere svolte adeguatamente dal settore privato (difesa nazionale; amministrazione
della giustizia), perché per lo sviluppo economico sono necessarie tutte quelle condizioni che favoriscono
basi profitti e alti salari.
Quindi, le istituzioni sono in grado di conciliare efficienza economica e consenso perchè:
a) producono più sviluppo che aumenta il benessere delle classi sociali;
b) possono facilitare la formazione di un mercato concorrenziale che riduce le disuguaglianze (porta a bassi
profitti e alti salari) di quella misura giudicata necessaria affinché il desiderio di migliorare la propria
condizione possa produrre insieme un impegno maggiore ed un beneficio collettivo.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 15. DIVISIONE DEL LAVORO
Per Smith essa è importante per la crescita della produttività (quantità di lavoro che lo stesso numero di
persone può svolgere), e quindi della ricchezza, perchè:
-accresce l'abilità di ogni singolo operaio che si può così specializzare in una mansione;
-fa risparmiare il tempo che si perderebbe passando da un lavoro ad un altro;
-facilita l'invenzione di macchine che riducono il tempo di lavoro;
Inoltre per Smith la divisione del lavoro varia con l'entità degli investimenti: infatti, quanto più questi
cresceranno, tanto più, attraverso la concorrenza verrà incoraggiata la specializzazione produttiva, e di
conseguenza la divisione del lavoro nelle unità produttive.
L'accumulazione del capitale è dunque una condizione necessaria per la crescita della produttività, perché
favorisce l'allargamento del mercato e la divisione del lavoro.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 16. STORICISMO TEDESCO
Nel corso dell'800, quando la Rivoluzione industriale, cominciata in Inghilterra, si sviluppa anche
nell'Europa continentale emergono tensioni crescenti, perché le vecchie economie tradizionali e artigianali
sono minacciate dalla concorrenza della produzione industriale. In questa situazione, la sistemazione teorica
dell'economia classica appare inadeguata perché incapace di offrire una guida valida per l'intervento.
E quindi, si hanno 2 tipi di critiche al tentativo di separare economia. e società:
A) quella dello storicismo tedesco: si concentra sulle differenze territoriali dello sviluppo economico e sulle
modalità per colmarle.
Visto che, nei primi decenni dell'800, la situazione della Germania era caratterizzata da una forte
frammentazione politica, e la società civile era poco autonoma dalle istituzioni politiche, allora, in questo
quadro, era difficile recepire un modello interpretativo come quello dell'economia classica, che
presupponeva un elevata autonomia dei meccanismi di regolazione delle attività economiche basati sul
mercato. Perciò si comprende come diversi autori della scuola storica tedesca hanno criticato l'astrattezza
degli schemi teorici dell'economia classica per l'incapacità di render conto di questa questione.
Si cercava un indagine più aderente alla realtà concreta che si servisse del metodo storico piuttosto che di
quello analitico-deduttivo.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 17. STADI DI SVILUPPO DELL'ECONOMIA
Gli storicisti tedeschi hanno proposto classificazioni di diversi "stadi di sviluppo" dell'economia, risultanti
dalla combinazione di fattori economici e istituzionali:
1) List critica l'economia classica per non aver tenuto adeguatamente conto del ruolo delle istituzioni che
condizionano l'evoluzione nel tempo delle diverse economie, e a tale scopo elabora una classificazione
basata su 5 stadi: primitivo, pastorale, agricolo, agricolo-manifatturiero e commerciale.
2) Hildebrand, alla classificazione di List, basata sulle caratteristiche della produzione, ne contrappone una
centrata sulle modalità delle transazioni economiche: economico naturale (o del baratto); monetaria; e quella
che si serve del credito. Ognuna di queste 3 forme presuppone istituzioni specifiche che ne garantiscono il
funzionamento.
3) Bucher distingue lo stadio: a) dell'economia domestica, basato sull'autoconsumo familiare;b)
dell'economia cittadina, con cui si diffonde lo scambio delle merci;c) dell'economia nazionale, con esso si
istituzionalizza il mercato come strumento di regolazione della produzione e del consumo.
Ma queste elaborazioni:
-oscillano con scarsa consapevolezza tra interpretazione teorica e descrizione empirica;
-non si individuano chiaramente i fattori che spiegano il passaggio da uno stadio ad un altro;
Per Weber lo storicismo non produce una soddisfacente sociologia economica, ma comunque accumula
materiali utili a questo fine.
B) quella del marxismo: mette in discussione l'interpretazione dei rapporti tra le classi sociali nello sviluppo
capitalistico.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 18. CONFRONTO FRA MARX E LO STORICISMO
Sia gli storicisti che Marx criticarono Malthus, Smith e Ricardo per il fatto di indagare la crescita economica
all'interno di un contesto caratterizzato dalle istituzioni economiche capitalistiche (proprietà privata dei
mezzi di produzione e lavoro salariato) senza storicizzare abbastanza la loro analisi. Ma:
-Lo storicismo insiste sulle differenze nazionali che si accompagnano allo sviluppo, Marx guarda a quelle di
classe.
-Lo storicismo resta legato alla visione idealistica dello sviluppo storico, in cui l'evoluzione culturale
condiziona l'organizzazione economica, mentre Marx individua negli aspetti culturali ed economico sociali
il motore dello sviluppo storico.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 19. MARX: TEORIA DELLO SVILUPPO STORICO
Marx condivide la visione più pessimistica dello sviluppo che si era fatta strada con Malthus e Ricardo ma
mentre questi ultimi parlavano di limiti naturali allo sviluppo ( legati alla demografia e alla scarsa
disponibilità di terre che avevano costretto la classe operaia a livello di sussistenza, impedendogli di
migliorare le proprie condizioni), per Marx esistono vincoli sociali legati alle istituzioni fondamentali
dell'economia capitalistica, cioè la proprietà privata dei mezzi di produzione e il lavoro salariato come
strumenti che regolano la produzione dei beni e la distribuzione dei redditi.
Inoltre, alla visione armonica di Smith, Marx contrappone una visione dialettica: per la quale il capitalismo
genera una polarizzazione crescente delle classi sociali, che porta ad una progressiva intensificazione del
conflitto, che a sua volta determina il superamento delle vecchie forme di organizzazione economica.
Marx critica i classici per il fatto di considerare naturale la divisione di classe e quindi di non valutare
adeguatamente le differenze storiche nelle forme di organizzazione economica, e perché non ritenevano che
lo sviluppo dovesse portare inevitabilmente al conflitto di classe e che tale conflitto dovesse a sua volta
generare un superamento dell'economia capitalistica (per es. per Smith, lo sviluppo capitalistico avrebbe
favorito cooperazione ed integrazione sociale). Marx vuole gettare le basi per una scienza della società in cui
aspetti economici e istituzionali sono strettamente collegati, in modo da poter prevedere lo sviluppo storico e
fondare scientificamente una guida per l'azione politica. Egli infatti si pone 2 obiettivi:
-Storicizzare l'analisi economica: individuando sia forme di organizzazione corrispondenti a società diverse,
a stadi differenti dello sviluppo, sia meccanismi di passaggio tra stadi.
-Mettere in evidenza il ruolo del conflitto di classe nell'economia capitalistica: e il mutamento che esso
imprime all'intera società.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 20. MARX: ANALISI DELL'ECONOMIA E DELLE
ISTITUZIONI
Per Marx la produzione è sempre un processo sociale e non solo economico. E per questo:
1) I rapporti sociali di produzione: (cioè i rapporti sociali entro i quali gli individui producono) sono per
Marx l'elemento essenziale che fonda la divisione in classi, perché i membri di una società si dividono in
base a come partecipano alla produzione (per es. nella società capitalistica, i membri della classe operaia
riceveranno un salario, i capitalisti un profitto). E quindi la distribuzione del prodotto e la disuguaglianza
sociale, saranno condizionate dalla posizione di classe.
Marx insiste sul fatto che la società capitalistica non può essere concepita secondo il modello
individualistico–utilitaristico dell'economia classica, perché essa non è costituita da un insieme di individui
isolati, con pari opportunità, che si scambiano beni e servizi cercando di massimizzare il loro interesse.
Coloro che dispongono solo della propria capacità di lavoro sono costretti ad accettare le condizioni di
scambio imposte da chi controlla i mezzi di produzione (capitalisti). L'ordine sociale si basa dunque, sulla
coercizione esercitata dalle classi dominanti, e per capire in che modo, dobbiamo considerare che: 2) I
rapporti di produzione e le relative classi corrispondono ad un determinato grado di sviluppo delle forze
produttive (insieme dei mezzi materiali di produzione). I rapporti di produzione corrispondenti a un
determinato grado di sviluppo delle forze produttive (insieme dei mezzi materiali di produzione)
costituiscono la "struttura" della società. La struttura economica condiziona a sua volta la "sovrastruttura"
della società, ovvero quell'insieme di aspetti come l'organizzazione sociale e politica e l'ordinamento
giuridico.
L'ordine sociale si mantiene fino a quando lo sviluppo delle forze produttive non è ostacolato dal modo di
produzione, con i suoi specifici rapporti e le sue classi, cioè fino a che permane la congruenza tra struttura e
sovrastruttura. Anche le forme della politica sono congruenti con il modo di produzione, perché riflettono gli
interessi della classe dominante e contribuiscono a rafforzarla. L'ordine sociale non si mantiene perciò solo
sulla coercizione, che sarebbe costosa, ma sul consenso.
3) La società caratterizzata da un determinato modo di produzione è destinata a cambiare, perché viene
messa in discussione quando lo sviluppo delle forze produttive non può più essere contenuto nel precedente
modo di produzione e trova in esso dei vincoli crescenti. La nuova classe emergente lotta contro la vecchia e
nel corso del conflitto viene meno la congruenza tra struttura e sovrastruttura; le stesse istituzioni politiche
non riescono più a difendere adeguatamente la classe dominante e i preesistenti rapporti di produzione,
quindi alla fine del processo si afferma un nuovo modo di produzione.
4) L'affermazione di una nuova classe, e il conflitto di classe sono ancorati alla relazione tra forze produttive
e rapporti di produzione. Marx non rinnega mai il ruolo attivo nel processo storico della coscienza di classe
e dell'azione politica, ma questi fattori possono esplicarsi pienamente solo quando si danno le condizioni
economiche favorevoli.
5) A tal riguardo sono individuati 4 tipi di società, ciascuna si basa su un modo di produzione dominante:
Antica: schiavitù; Feudale: servitù della gleba; Borghese: lavoro salariato; Asiatica: subordinazione dei
lavoratori agricoli allo stato. Le prime tre si sono succedute nella storia occidentale, mentre quella asiatica si
riferisce alla specifica esperienza di paesi come India e Cina.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica 21. LO SVILUPPO CAPITALISTICO
Marx sottolineando il ruolo della violenza e del conflitto politico, lascia intravedere una dinamica del
processo che non è congruente con la sua teoria generale dello sviluppo storico: infatti, non è, la crescita
economica della borghesia a generare le modificazioni del quadro istituzionale necessarie per il
funzionamento del capitalismo, ma è piuttosto un processo politico che crea i presupposti per la crescita
della borghesia.
Marx vuole dimostrare che lo sviluppo capitalistico crea le condizioni economiche per il rafforzamento della
classe operaia. In un'economia capitalistica, basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, non ci
può essere produzione di beni se non c'è profitto per i detentori del capitale. Nello stesso tempo però il
valore di scambio delle merci riflette la quantità di lavoro in esse incorporata.
Marx riprende la teoria del valore–lavoro di Ricardo, per cui la forza lavoro è una merce con una
caratteristica particolare, nel momento in cui è utilizzata nel processo produttivo crea un valore aggiuntivo
rispetto a quello necessario ad acquistarla sul mercato. Il valore della forza lavoro, cioè il salario, è fissato
dalla quantità di lavoro incorporata nelle merci necessarie ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione
dei lavoratori e delle loro famiglie.
A differenza delle altre merci però, la forza lavoro crea più valore di quello necessario ad acquistarla, cioè il
salario con cui viene retribuita. Il tempo di lavoro dell'operaio salariato è, infatti, superiore a quello
necessario per produrre un valore corrispondente al suo salario. Questa differenza costituisce un pluslavoro
che è fonte di plusvalore e l'entità del plusvalore rispetto al salario anticipato dal capitalista dà la misura del
tasso di sfruttamento.
Sarà interesse del capitalista aumentare tale tasso allungando la giornata lavorativa o riducendo il salario a
parità di orario. Il progresso tecnico nella misura in cui accresce la produttività del lavoro, si risolve in un
aumento del plusvalore prodotto. Posto che:
a) Per capitale variabile, s'intendono le anticipazioni salariali;
b) Il capitale costante, è quello rappresentato dagli impianti e dalle materie, necessari per la produzione.
Secondo Marx il capitale costante non crea valore aggiuntivo, perciò il tasso di profitto diminuirà al crescere
della «composizione organica del capitale», cioè il rapporto tra il valore del capitale costante e quello del
capitale variabile.
Antonio Amato Sezione Appunti
Sociologia Economica