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MODELLO FORDISTA


Nel corso del ‘900 si afferma un modello di organizzazione economica, definito fordista–taylorista, che raggiunge l'apice soprattutto nel ventennio successivo alla 2° guerra mondiale, e si basa sulle grandi imprese, che:
1) sono integrate verticalmente: cioè includono al loro interno diverse fasi produttive che prima erano svolte da aziende distinte (sia a valle anche al momento della distribuzione, sia a monte, nel controllo delle materie prime). Ciò fa sì che cresca anche la dimensione complessiva delle imprese;
2) sono impegnate nella produzione di massa: cioè nella produzione di beni standardizzati prodotti in grande quantità con macchine specializzate, con minori costi grazie alle economie di scala;
3) hanno una produzione realizzata con manodopera scarsamente qualificata e un'organizzazione del lavoro «tayloristica» (cioè fortemente parcellizzata) : il lavoro è diviso in compiti semplici e ripetitivi che limitano l'autonomia degli operai. La separazione tra concezione-progettazione dei prodotti ed esecuzione è netta e rigida, e l'impresa funziona come una grande organizzazione burocratica basata sul controllo gerarchico. Vi è una separazione tra la proprietà dell'impresa e la gestione delle attività, che è affidata a dirigenti specializzati (management), col compito di coordinare e controllare le attività produttive.
Ma va, comunque, tenuto presente che:
A) non è possibile introdurre in tutti i settori produttivi il modello della grande impresa e della produzione di massa: perché l'impiego delle tecnologie necessarie è molto costoso e richiede investimenti in macchinari che possono produrre solo determinati prodotti, che danno remunerazione solo se c'è un mercato che li assorbe. Inoltre, ci sono diversi tipi di produzioni (beni di elevata qualità) a domanda limitata o estremamente variabile (moda) in cui ciò non è possibile, per cui c'è uno spazio anche per imprese più piccole, a gestione tradizionale. A ciò è collegato il fenomeno delle subforniture, per cui aziende grandi commercializzano beni in realtà prodotti da imprese minori, attraverso le quali coprono fasce di domanda più instabili, dovute a variazioni cicliche o risparmiano sul costo del lavoro in fasi del processo produttivo più semplici e a elevato impiego di manodopera;
B) I tempi di diffusione del fordismo e il suo radicamento nei diversi contesti nazionali, variano in base ai fattori come la differenziazione dei gusti e degli stili di vita: non è un caso, infatti, che il fordismo sia nato in America e si sia radicato più rapidamente in quel contesto, caratterizzato da elevato tasso di immigrazione e carenza di manodopera specializzata. Ciò rendeva le imprese particolarmente favorevoli all'introduzione di metodi di produzione come quelli fordisti–tayloristi, che consentivano il rapido impiego di manodopera immigrata a bassa qualificazione, con sensibili risparmi di costo.
Per l'assenza o carenza di questi fattori, il fordismo arriverà più tardi e in forme più limitate in Europa, dove persisteranno maggiormente forme di produzione legate a imprese di piccole dimensioni, spesso concentrate territorialmente e tra loro integrate nei c.d. distretti industriali Marshalliani.

Tratto da SOCIOLOGIA ECONOMICA di Antonio Amato
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