Riassunto dei Volumi 1-5 del testo "La scrittura e l'interpretazione: storia e antologia della letteratura italiana nel quadro della civilta europea". Analisi dettagliata della biografia e delle maggiori opere letterarie dei principali esponenti della letteratura italiana: Dante, Macchiavelli, Ariosto, Parini, Foscolo, Leopardi, Manzoni e Verga.
La scrittura e l'interpretazione I
di Domenico Valenza
Riassunto dei Volumi 1-5 del testo "La scrittura e l'interpretazione: storia e
antologia della letteratura italiana nel quadro della civilta europea". Analisi
dettagliata della biografia e delle maggiori opere letterarie dei principali
esponenti della letteratura italiana: Dante, Macchiavelli, Ariosto, Parini,
Foscolo, Leopardi, Manzoni e Verga.
Università: Università degli Studi di Catania
Facoltà: Lettere e Filosofia
Corso: Lettere
Esame: Letteratura italiana
Titolo del libro: La scrittura e l'interpretazione: storia e antologia
della letteratura italiana nel quadro della civilta
europea, Volumi 1-5
Autore del libro: Luperini Romano, Cataldi Pietro, Marchiani Lidia
Editore: Palumbo, Palermo
Anno pubblicazione: 19981. L'attualità di Dante
Dante è il massimo poeta della civiltà comunale. Nella sua opera convergono la cultura dell'intero medioevo
e i fermenti di una nuova epoca. Ogni aspetto (sociale, filosofico, religioso, politico) del suo tempo è
affrontato da Dante con originalità, e la sua figura è radicata nella nostra storia letteraria; basti pensare che
nell'opera dantesca è fondata la nostra lingua: il 15% del lessico italiano di oggi è stato immesso nell'uso per
la prima volta proprio da Dante.
Con la Vita nuova scrive il primo romanzo della nostra letteratura; con il Convivio un modello di prosa
filosofico-scientifica in volgare; con la Commedia un modello di poesia e narrazione; con il De Vulgari
Eloquentia difende la nuova lingua. Ma Dante non è solo il padre della lingua e della letteratura italiana; è
anche un riferimento decisivo della nostra identità nazionale.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 2. Le idee di Dante
Dante rivela la propria appartenenza al Medioevo nella tendenza a interpretare la realtà sulla base di principi
universali e gerarchici. Mostra sì una sensibilità nuova, ma gli è estranea la specializzazione del sapere; ed
egli può così occuparsi di politica, religione, linguistica, filosofia. In Dante si configura insomma la
tendenza all'integrazione dei saperi, tipica della cultura medievale.
La politica. Nella vita di Dante è possibile distinguere due momenti separati. Durante l'esperienza politica
tra il 1295 e il 1301, Dante difende l'autonomia del Comune dalle ingerenze della Chiesa. Dopo l'esilio,
Dante matura il rifiuto della frammentazione prodotta dall'esperienza dei Comuni e rilancia un modello
universalistico, come dimostra il De Monarchia.
Qui Dante afferma la legittimità del potere imperiale, fondato sulla tradizione romana e voluto da Dio per
rimediare alla degenerazione della storia umana. Alla contrapposizione secolare tra Impero e Chiesa, Dante
stabilisce una distinzione di funzioni: all'imperatore spetta intero il potere temporale, al papa quello
spirituale. La critica alla civiltà comunale sta anche nel rifiuto della sua logica del guadagno. Dante non
ammette che l'attività umana faccia a meno di un modello.
Filosofia e teologia. Nel Convivio, Dante afferma l'indipendenza di filosofia divina (teologia) e umana; ciò
lo pone all'interno di un filone di aristotelismo radicale influenzato dal filosofo arabo Averroè. D'altra parte,
nella Commedia, Dante è suggestionato dalla rielaborazione della tradizione aristotelica di san Tommaso.
Dal tomismo, accoglie soprattutto l'unione di fede e ragione: la fede nelle verità rilevate si accompagna alla
fiducia nella loro dimostrabilità razionale.
Ciò nondimeno, Dante subisce anche la suggestione di sant'Agostino, le cui Confessioni sono un modello
per la Commedia, e Boezio, il cui De Consolationae philosophiae orienta almeno in parte la tendenza
all'allegoria riscontrabile nel Convivo e nella Commedia.
Lingua e poetica. Il nucleo del pensiero linguistico di Dante consiste nella valorizzazione del volgare,
innalzato già sul piano teorico alla dignità degli argomenti più illustri e dello stile tragico. Mentre però nel
De Vulgari Eloquentia vi è una concezione astratta e idealizzata della lingua, nella Commedia è messa a
frutto l'accurata ricognizione concreta della realtà linguistica italiana.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 3. La Vita nuova di Dante
La Vita nuova è la prima opera organica di Dante. Essa raccoglie una parte dei testi poetici composti
dall'autore in giovinezza, inseriti in un racconto in prosa che funge da contesto narrativo e da commento alla
materia. La vicenda riguarda l'amore di Dante per Beatrice. La Vita nuova alterna parti in prosa e parti in
poesia (trentuno testi), per un totale di quarantadue capitoli. Il più antico testo poetico risale al 1283, il più
tardo al 1291.
La Vita nuova è l'autobiografia della giovinezza di Dante. Incontrata Beatrice per la prima volta a nove anni,
Beatrice saluta il poeta nove anni dopo, rafforzandone l'amore. Un giorno, in chiesa, Dante fissa Beatrice;
ma i presenti credono che egli guardi una bella donna tra i due, la quale accetta e protegge Beatrice. E' il
motivo della donna-schermo, tipico della tradizione cortese.
A causa della partenza di questa donna, Dante la sostituisce con un'altra donna-schermo, ma la finzione
provoca la fama di una relazione disonesta tra i due, così da determinare il risentimento di Beatrice, che
nega a Dante il proprio saluto. Dopo un periodo di smarrimento, Dante raggiunge una nuova maturità; non si
rivolgerà più a Beatrice ma ne racconterà le sue bellezze.
Probabilmente alcuni anni dopo la morte di Beatrice, vi è l'episodio della donna gentile, che consola Dante
con la pietà fino a coinvolgerlo in una nuova passione. E' una terza visione di Beatrice ad allontanarlo da
questa passione, facendolo vergognare per aver dimenticato l'oggetto del proprio amore. Un'ultima visione
dirà a Dante di concludere questa fase della ricerca.
La Vita nuova è la prima espressione compiuta del sincretismo di Dante, di fondere cioè insieme ingredienti
diversi al fine di una loro valorizzazione reciproca: la civiltà classica e la cultura cortese.
La Vita nuova comincia simbolica e finisce allegorica. L'inizio afferma il simbolismo medievale, la
corrispondenza diretta tra mondo dei valori e mondo dei fenomeni: e il saluto di Beatrice rende subito
visibile la sfera superiore dei valori. Con la rielaborazione del lutto, Dante comprende che la sfera dei valori,
prima raggiungibile senza mediazioni, va ora conquistato tramite una ricerca.
Una caratteristica del mondo di Dante è la capacità di utilizzare dati biografici ed artistici in modo da creare
un sistema organico. Tale sistema costituisce una sorta di mitologia personale, in cui è difficilissimo, oltre
che inutile, distinguere tra verità storica e invenzione fantastica.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 4. Il Convivio di Dante
Il Convivio è un'enciclopedia incompiuta del sapere medievale, scritta in volgare e strutturata in trattati, con
temi tra loro affini. Dante commenta alcuni propri testi di carattere dottrinale, e svolge così una funzione
divulgativa per un pubblico di non esperti. Grazie ad alcuni riferimenti (Dante presenta il proprio esilio
come già iniziato), si può assegnare l'inizio della composizione, al 1304.
Il titolo dell'opera è spiegato nel primo capitolo del primo trattato. Egli vuole apparecchiare un banchetto
(un convivio), in cui al posto delle vivande siano serviti agli ospiti gli argomenti del sapere. Dante dichiara
di non appartenere a chi mangia il pane degli angeli (la sapienza divina), e che però si è staccato da chi si
nutre di erba e ghiande (cioè estranei all'amore per il sapore e presi solo da interessi materiali). Egli è ai
piedi della mensa dei vari sapienti, di cui raccoglie le briciole.
I temi dell'opera sono la difesa del volgare (I), l'esaltazione della filosofia (II-III), la discussione sulla
nobiltà, cui si riconnette la proposta della monarchia universale, basata sull'Impero Romano (IV).
Nel Convivio Dante pronuncia la prima difesa del volgare nella maggiore possibilità comunicativa; il
volgare è ancora inferiore al latino quanto a bellezza e nobiltà, ma pure dotata di potenzialità.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 5. De Vulgari eloquentia
Il De vulgari eloquenzia fu probabilmente composto da Dante tra il 1303 e il 1304. Il tema è la definizione
di una lingua volgare illustre, capace di affiancare le grandi lingue classiche. Come il Convivio, è
incompiuto; tutti i codici si arrestano dopo l'inizio del capitolo XIV del secondo libro.
Il primo libro dimostra la nobiltà del volgare, superiore al latino. Dante opera una storia universale delle
lingue. A partire dall'ebraismo, nell'Europa meridionale vi furono parlanti di tre lingue diverse e naturali:
d'oil, d'oc e del sì. Per combattere la proliferazione, nacque il latino, lingua artificiale.
A questo punto Dante analizza le diverse varietà di volgare, quattordici, ma nessuna di queste coincide con il
volgare illustre. Scartato il metodo induttivo, Dante passa a quello deduttivo; il volgare illustre è definito nei
suoi caratteri ideali: illustre, cardinale, regale e curiale. Illustre perchè dà lustro; cardinale perchè cardine
degli altri volgari; regale perchè se in Italia vi fosse una reggia vi troverebbe collocazione; curiale perchè
risponde alle norme stabilite dagli italiani più prestigiosi.
Dante non propone un modello formato dal meglio delle varie parlate italiane, ma riconosce in ognuna le
potenzialità di identificarsi con il volgare illustre, a patto di liberarsi dai limiti provinciali.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 6. L'opera De Monarchia di Dante
Il De Monarchia è l'unica tra le opere teoriche di Dante ad essere stata completata. Essa è scritta in latino
(lingua di comunicazione tra gli intellettuali di ogni paese) e raccoglie in forma organica le idee politiche
dell'autore. L'opera, scritta tra il 1310 e il 1313, è divisa in tre libri.
Il primo libro argomenta la necessità della monarchia universale. Ciò che allontana l'uomo dall'impiegare il
libero arbitrio in direzione moralmente corretta è la cupidigia dei beni materiali, che provoca contese e
guerre. L'imperatore sarebbe esente da cupidigia, in quanto possessore di tutto. La necessità dell'Impero è
provata anche dal bisogno umano di un ordine gerarchico, con un'unica guida: dimostrazione è la nascita di
Cristo, avvenuta durante l'impero di Augusto.
Il secondo libro è dedicato a considerazioni storiche sull'Impero romano, che è nato dalla volontà di Dio
stesso, perchè la parola di Cristo potesse diffondersi con l'unificazione del mondo.
Il terzo libro è dedicato ai rapporti tra Impero e Chiesa: da un lato i filoimperiali, che sostengono la
superiorità del potere temporale su quello del papa, e dall'altro i filopapali, più diffusi in Italia. Dante
confuta entrambe le tesi, e in particolare la seconda: al Papa non spetta alcun potere temporale. Per Dante,
entrambe le autorità derivano da Dio, e perciò non sono subordinate tra loro.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 7. La denominazione della Divina Commedia
L'opera principale di Dante non ha ricevuto con sicurezza un titolo dall'autore, ma è probabile che
nell'intenzione di Dante la denominazione fosse Commedia. L'aggettivo Divina sarà poi aggiunto in molte
edizioni moderne, e allude al tema dell'opera, che è di argomento divino. La questione del titolo è comunque
congiunta a quella del genere letterario. Nel De Vulgari eloquentia, la commedia è l'unico genere in cui sia
riconosciuto il diritto di spaziare tra più registri stilistici.
Secondo Boccaccio, Dante avrebbe cominciato a scrivere il poema a Firenze, prima dell'esilio. Tale ipotesi è
ora respinta dagli studiosi, e si può considerare che Dante abbia ultimato l'Inferno nel 1308-1309, il
Purgatorio nel 1312, e il Paradiso nel 1316.
Secondo la concezione cristiana medievale, l'intera vicenda terrena è una figura del destino eterno,
esattamente come nel poeta di Dante. I protagonisti del poema hanno un significato allegorico non perchè
alludono ad altro, ma al contrario perchè realizzano pienamente se stessi nell'aldilà. Per loro il mondo
terreno è stato figura di quello ultraterreno (di dannazione o salvezza).
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 8. La concezione della storia di Dante e la critica del presente
La concezione della storia è diversa da quella moderna: Dante considera la storia in termini provvidenziali,
come il realizzarsi di un disegno divino. Ciò fa sì che tutti i fatti storici vengano interpretati alla luce della
concezione cristiana e inseriti all'interno di esso. A ciò si ricollega il sincretismo di Dante, che concepì la
classicità come una prefigurazione del Cristianesimo.
Per Dante, la commedia è una critica del presente, della società a lui contemporanea. Nell'Inferno, la caduta
è anzitutto quella di Firenze e della vita comunale, fondata su profitto e avidità. All'avidità pubblica fa
riscontro una avidità psicologica, nei vizi comportamentali (gola, lussuria) e intellettuali (l'adesione a forme
di disimpegno o impegno estraneo alla prospettiva cristiana).
Dante critica anche le istituzioni dell'Impero e della Chiesa, rei di aver rinunciato alla missione di guide.
Tuttavia, la sua fiducia nella loro funzione storica è intatta: riconosce in Arrigo VII una rinascita della
missione imperiale e, egualmente, ricorda con nostalgia la militanza dei primi cristiani.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 9. La metrica della Divina Commedia
Se l'endecasillabo è il verso più usato dal Duecento a oggi, ciò deriva non solo dalla versatilità, ma anche
dall'autorità dell'esempio dantesco. Dante gli conferì grande varietà ritmica e libertà, che poi sarebbe venuta
a mancare con l'istituzionalizzazione metrica del modello petrarchesco.
Nella Commedia, la terzina diventa inoltre un'unità ritmica e sintattica basilare. E' stato detto giustamente
che come Machiavelli pensa per dilemmi, Dante pensa per terzine. Ogni ragionamento è infatti sorretto da
questa griglia strofica, secondo lo schema ABA BCB CDC.
Grazie anche alla rima, Dante riesce a comunicare atmosfera e colore delle tre cantiche: aspra nell'inferno,
piana e dolce nel Purgatorio e nel Paradiso. Ma anche lo stile mostra una ricchezza straordinaria
(pluristilismo), dal parlato più truce alle sublimi dimostrazioni teologiche.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 10. Descrizione dell'Inferno dantesco
L'Inferno è concepito da Dante come un profondo abisso a forma di imbuto: tale cavità è stata prodotta da
Lucifero, l'angelo che guidò la ribellione contro Dio e che fu da questi vinto e scagliato sulla terra. La cavità
infernale si è formata per il ritrarsi della stessa terra dinanzi al precipitare di Lucifero, giunto così nel punto
più lontano da Dio, al centro della terra. La terra, ritiratasi, ha formato, nell'emisfero opposto, il monte del
Purgatorio, che sorge solitario tra le acque dell'oceano.
La voragine infernale è suddivisa in nove cerchi: più si scende, più i cerchi sono piccoli e i peccati gravi.
Nell'Antinferno stanno gli ignavi, esclusi dal giudizio in quanto esenti da colpe e meriti. Nel primo cerchio
(Limbo) vi sono i bambini non battezzati e i virtuosi che non credettero in Dio, specie pagani: essi non sono
puniti in nessun modo ma solo esclusi dalla beatitudine celeste.
Seguendo San Tommaso, l'amore pecca per eccesso (gola) o per falsità nella scelta dell'oggetto (l'ira come
pervertimento del bene). La distinzione di fondo tra Inferno e Purgatorio è questa: nel Purgatorio ci si
purifica da peccati confessati in seguito al pentimento, nell'Inferno si sconta un peccato compiuto del quale
non ci si è efficacemente pentiti. A differenza del Purgatorio, dove le anime espiano diversi peccati,
nell'Inferno il peccatore è vincolato per l'eternità al proprio peccato.
Tipico dell'Inferno è il rapporto conflittuale di Dante con le anime che incontra. Non stupisce che l'Inferno
sia stata la cantica più ammirata dai commentatori romantici, che mettono in risalto il conflitto Dante-
dannati. Nè stupisce che l'Inferno trovi da sempre maggior consenso tra i lettori per il suo carattere più
avventuroso e meno impegnativo del Purgatorio e del Paradiso.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 11. Descrizione del Purgatorio dantesco
Il Purgatorio non appartiene alle credenze originarie della cristianità. Riconosciuto dal Concilio di Lione del
1274, è un luogo intermedio dell'aldilà, e consente di raggiungere la salvezza attraverso l'espiazione di
peccati non gravi o di cui ci si è pentiti.
Il Purgatorio non è assimilabile a Inferno e Paradiso: esso è infatti temporalmente limitato, perchè le anime
vi restano per un periodo definito, e comunque dopo il Giudizio Universale è destinato a perdere la sua
ragion d'essere. Se nell'Inferno Dante scende, nel Purgatorio sale verso il cielo, e i peccati sono via via più
lievi. Ancora, nel Purgatorio giorno e notte si alternano.
Nel Purgatorio, la rimozione delle colpe avviene in tre modi: pena, preghiera e exempla. Le pene richiamano
quelle dell'inferno, assegnate secondo l'uguale principio del contrappasso, ma ora la sofferenza è risanatrice.
Le anime le accettano con gioia, sapendo di avvicinarsi alla beatitudine.
Con la preghiera, le anime invocano il soccorso divino per sè e per i vivi. Infine, nel Purgatorio si mostrano
alle anime vari tipi di exempla: uno della virtù opposta al loro vizio, e un altro dello stesso peccato colto nel
momento della punizione divina.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 12. Il Paradiso dantesco
Mentre il legame di Inferno e Purgatorio con la dimensione terrena è evidente, nel Paradiso è meno forte. Il
Paradiso è la città celeste, perfetta e definitiva; in essa sono accolti i giusti. Poichè un disegno è già stabilito
da Dio, l'uomo è soggetto alla predestinazione; ma poichè la realizzazione di esso segue la storia individuale
e collettiva, l'uomo è padrone del libero arbitrio.
Il Paradiso si divide in nove cieli (o sfere) concentrici via via più grandi, contenuti tutti nell'Empireo, una
specie di decimo cielo che si distingue dagli altri per essere immobile. Nell'Empireo ha sede Dio, sebbene la
sua presenza si manifesti ovunque in forma mediata.
Dante ha immaginato che la Grazia divina abbia creato le condizioni perchè ai suoi occhi umani (e perciò
imperfetti) fosse visibile l'interiorità delle anime. Dunque per Dante, le anime sono distribuite nei vari cieli a
seconda del livello di beatitudine. Ma la vera sede di tutti è l'Empireo, e Dante, al termine del viaggio,
nell'Empireo, vede nuovamente tutte le anime del paradiso.
Nel Paradiso manca in qualche modo la drammaticità delle altre due cantiche; ma drammatica è invece la
conquista della beatitudine. Si deve infatti ricordare che all'origine della Commedia vi è il traviamento di
Dante, caratterizzato anche da un allontanamento dall'ortodossia religiosa.
Accanto a tali argomenti, vi sono poi le tematiche politiche: la Chiesa, l'Impero, Firenze, trattate con
definitiva lucidità e distacco. Dante è pessimista sulla situazione storica ma sereno, nella certezza appagante
del trionfo finale del bene; corrotti papi, imperatori, monaci e frati, sono incorruttibili però nel loro
significato universale Chiesa, Impero, Ordini monastici. Ciò che gli conferisce originalità e grandezza è
l'impegno nel conquistare con la parola il terreno dell'indicibilità.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 13. Ulisse, il protagonista del Canto XVI dell'Inferno
Protagonista centrale di Inferno XVI è Ulisse. Ulisse, secondo la tradizione classica, è il mitico re di Itaca;
nell'Iliade, facilita la conquista di Troia, con lo stratagemma del cavallo di legno. Dell'Odissea è il
protagonista; non più eroe astuto, ma uomo animato dalla nostalgia di patria e famiglia. Questo è l'Ulisse
della tradizione classica. Dante accoglie invece una leggenda medievale per cui, l'eroe, nel suo desiderio di
conoscere, si sarebbe ancora rimesso per mare fino a trovare la morte.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 14. L'ingresso nella bolgia di Dante e l'esordio di Virgilio
I primi dodici versi del canto si ricollegano a quello precedente, sono uno sfogo amaro e ironico verso la
propria città, a cui Dante è legato da un rapporto di amore e odio. Dante ricorre all'ironia, tramite una litote e
mette in luce la cattiva fama della propria città. Viene aggiunta una profezia di funesti eventi punitivi che le
città rivali si augurano, anche se è bene che ciò accade il prima possibile: con l'avanzare dell'età, tale
sciagura sarà più dolorosa da sopportare per il poeta.
Dopo aver raccontata le difficoltà nel risalire gli scalini, vi è un nuovo scenario. Fino a metà canto, i versi
sono descrittivi e servono ad acuire le aspettative del lettore. Nella bolgia, l'elemento predominante è il
fuoco, e ogni fiamma nasconde un peccatore: lo spettacolo è singolare e, per le emozioni, Dante rischia di
cadere giù. Dante, tra le fiamme, ne ha notata una atipica in quanto biforcuta. Virgilio, investito della
funzione docente, riepiloga i misfatti fraudolenti dei due greci.
Il discepolo manifesta enfaticamente il desiderio di parlare con loro; tale enfasi si traduce in una ridondanza
di termini simili. Virgilio accetta la richiesta, ma non si fa scavalcare nel suo ruolo di magister e si propone
come mediatore. Trattasi infatti dei greci, con la lingua dei quali Dante non ha affatto dimestichezza. C'è
inoltre il problema della superbia dei greci verso gli stranieri.
L'esordio di Virgilio è una captatio benevolentiae, con uso di ripetizioni e parallelismi. Prima che Ulisse
cominci a parlare viene descritto, in termini quasi fisici, il fenomeno della fuoriuscita delle parole dalla
fiamma. Il realismo del fenomeno è accentuato da ripetizioni di suoni (Lo maggior corno de la fiamma
antica | cominciò a crollarsi mormorando). La mobilità della fiamma è data invece dai due avverbi
monosillabi al centro del verso (indi la cima qua e là menando).
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 15. Il racconto di Ulisse nell'Inferno
La narrazione comincia senza preamboli, siamo nel vivo dell'azione. Ulisse motiva la nuova avventura,
sentita come un fuoco (ardore) che brucia dentro e che non può essere spento nemmeno dagli affetti più cari.
Ulisse, nell'assecondare questa esigenza, sviluppa la propria natura di uomo, esemplificata nella sete di
conoscenza di ciò che è ignoto.
Il mare è lo scenario adeguato: non a caso apre e chiude la vicenda; e la sinalefe mare aperto sembra quasi
fondere i due termini e farne uno solo più grande, a renderne così la sconfinatezza. Basta un'orazione piccola
ma molto persuasiva per convincere i compagni. E' un comando travestito da preghiera, e l'ordine è nascosto
nell'imperativo (Considerate).
L'occidente indica sia la direzione da seguire per scoprire il mondo senza gente sia, ambiguatamente, il
luogo dove tramonta il sole e quindi la fine della vita dell'uomo.
L'antitesi (noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto) disegna il repentino cambiamento dello stato d'animo.
Un turbine di vento li avvolge, solleva la nave come un fuscello per tre volte, numero divino. E nel vocabolo
finale rinchiuso c'è un triplice chiudersi del racconto di Ulisse, della sua drammatica avventura e del canto
che lo ha per protagonista.
Come vide Fubini, l'impresa di Ulisse risalta la grandezza dell'umanità prima di Cristo, ma anche la sua
insufficienza, perchè non può essere sostenuta dalla Rivelazione divina. In Ulisse si celebra l'uomo ma
anche i suoi limiti. E in questo dramma Dante trova se stesso, quando in un certo periodo della sua vita fu
suggestionato dall'idea di poter raggiungere la verità attraverso la via filosofica. Ulisse, se non fosse per il
peccato di frode, starebbe nel limbo.
Secondo la Corti, il limite posto da Ercole sembra non esserci mai stato nell'antichità e introdotto dagli
arabi per motivi commerciali. Tale limite è superato da Ulisse non per infrangere un divieto, quanto per
soddisfare la propria sete di sapere. Se l'impresa è fallimentare, la sua motivazione è nobilissima. Dante, sì,
condanna Ulisse ma è coinvolto emotivamente dal suo dramma, come con altri personaggi dell'inferno.
Ancora, per Lotman, se Dante è un pellegrino, Ulisse è un esploratore.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I 16. Niccolò Machiavelli: Il trattato politico e il primo "maestro del
sospetto"
La vita di Machiavelli è segnata dallo spartiacque del 1512: tornati i Medici a Firenze, deve abbandonare i
suoi impegni politici. Dal 1498 al 1512 Machiavelli ricopre infatti numerosi incarichi nella amministrazione
politica della Repubblica fiorentina. Costretto all'otium, fino al 1525 scrive le sue maggiori opere. Solo negli
ultimi due anni di vita (25-27) Machiavelli si rioccuperà di politica.
Con Il Principe di Machiavelli, il genere del trattato abbandona la dissertazione filosofica e scientifica e
adotta la forma del saggio, in cui l'autore sostiene una sua verità individuale. Lo scandalo del Principe sta
dunque nella spregiudicatezza del suo autore. Un secondo scandalo è questo: la morale del principe dipende
dalla sua azione politica e dunque è fatta coincidere con la sorte stessa dello Stato. La politica diventa
autonoma dalla religione e dalla morale.
Infine, ulteriore elemento è la carica demistificatoria, l'invito a cercare sotto le motivazioni ufficiali. Nasce
in lui il pensiero del sospetto, che guarda sotto le apparenze e le convenzioni.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La scrittura e l'interpretazione I