Riassunto del libro "Che cos'è la pubblicità". Il libro affronta la nascita della pubblicità e il suo sviluppo in Italia, dagli slogan radiofonici nel periodo fascista all'esplosione del testimonial negli anni 80 e 90, grazie all'ausilio dei canali televisivi. La pubblicità viene analizzata concettualmente e tecnicamente secondo le teorie di Cathelat e Greimas.
Storia della pubblicità in Italia
di Mario Turco
Riassunto del libro "Che cos'è la pubblicità". Il libro affronta la nascita della
pubblicità e il suo sviluppo in Italia, dagli slogan radiofonici nel periodo fascista
all'esplosione del testimonial negli anni 80 e 90, grazie all'ausilio dei canali
televisivi. La pubblicità viene analizzata concettualmente e tecnicamente
secondo le teorie di Cathelat e Greimas.
Università: Università degli Studi di Salerno
Facoltà: Scienze della Comunicazione
Esame: Letteratura e pubblicità
Titolo del libro: Che cos'è la pubblicità
Autore del libro: Codeluppi
Editore: Carocci
Anno pubblicazione: 20011. Storia della pubblicità: prime esperienze
Non è facile individuare il momento preciso in cui è nata la pubblicità. Partiamo dall’antica Roma e dalla
Grecia, dove i commercianti ponevano sulle proprie botteghe insegne (con scritte o simboli) per attirare i
clienti. La necessità di pubblicizzare nasce con il passaggio dall’offerta di prodotti per strada a quella
all’interno di un locale chiuso, come la bottega, dovendo ricorrere ad un segnale vistoso per attirare i
passanti. Nel medioevo, e successivamente nel Rinascimento, gli imbonitori e i venditori ambulanti
decantavano a voce le virtù dei loro prodotti. Con l’invenzione della stampa di Gutemberg comparvero i
primi manifesti, che però all’inizio erano per lo più avvisi ufficiali; il primo esempio di manifesto
commerciale ricordato è quello dello stampatore inglese William Caxton per promuovere le cure termali a
Salisbury, nel 1477. Nel ‘600, con l’evoluzione delle tecniche di stampa, nacquero le gazzette; con queste
comparve la réclame, ancora prima di illustrazioni e basata su un testo semplice, come quello giornalistico.
In Italia il primo annuncio compare nel 1691 sul “Protogiornale Veneto Perpetuo”, per un’acqua minerale.
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Storia della pubblicità in Italia 2. Nascita della pubblicità moderna
A metà dell’800 nacquero le prime concessionarie in Francia e Inghilterra; in Italia la figura del venditore di
spazi venne introdotta da Attilio Manzoni, che nel 1863 creò la prima concessionaria italiana. Nel 1888
Manzoni progettò e realizzò le prime campagne pubblicitarie, per le acque minerali di Fiuggi e Santa
Caterina Valfurva. Con l’avvento della litografia comincia l’espansione dei manifesti pubblicitari, che però
sono ancora condizionati dal modello del libro e del quotidiano: era una pubblicità concepita essenzialmente
per essere letta. Si comincia ad utilizzare la forma verbale dello slogan. Nell’Ottocento i primi ad utilizzare i
manifesti furono gli editori, ma ben presto si diffusero anche per teatri e circhi; solo però con l’invenzione
della cromolitografia, nel 1836, si poté sfruttare l’utilizzo del colore, che migliorò l’espressività dei
manifesti. Nel 1893 un annuncio della Mellin inaugurò l’utilizzo del colore sulla stampa. Comincia l’era dei
manifesti a colori: Eduard Manet realizza nel 1868 il manifesto Les Chats, per un libro; Jules Chéret, padre
del manifesto moderno, Folies Bergères, Palais de Glace ecc; Henri de Toulouse-Lautrec con Divan
Japonais, Moulin Rouge, La Goulue; Alphons Marie Mucha con Salon des Cent. Per merito delle Officine
grafiche Ricordi di Milano, dal 1889 vennero coinvolti anche molti artisti italiani. A Leonetto Cappiello si
può attribuire l’invenzione del manifesto-marchio, manifesto che prevede un’immagine che riesce a
comunicare l’essenza del prodotto e a renderla memorabile; lo fa con il manifesto per il Cioccolato Klaus
(che divenne “quello della donna in verde), grazie al manifesto, con quello per il Liquore Quina, per il
Vermouth Cinzano, per il Bitter Campari (celebre per il folletto che esce dall’arancia).
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Storia della pubblicità in Italia 3. Pubblicità moderna. Poster e influsso futurista
Ricordiamo inoltre Leopoldo Metlicoviz, con il manifesto per l’opera Madama Butterfly, e Marcello
Dudovich, che collaborò per circa 20 anni con i Grandi Magazzini Mele (la cui strategia pubblicitaria era
molto articolata, e investiva non solo manifesti, ma anche cartoline, calendari, locandine ecc), per una stufa,
per la marca Zenit (nel cui manifesto per la prima volta i prodotti apparivano in primo piano, senza altre
figure) e che instaurò una grande collaborazione con i magazzini La rinascente (nome inventato da
D’Annunzio..).
Con la nascita del poster, dal nuovo formato orizzontale, la pubblicità poté invadere le città con immagini
gigantesche; in questo periodo quindi la pubblicità aumentò le sue dimensioni e moltiplicò i luoghi nei quali
comparire. Pablo Picasso realizza diversi disegni e collage utilizzando pezzi di marche commerciali,
manifesti e insegne (ricordare il quadro Paysage aux affiches). I futuristi italiani hanno avuto un forte
legame con la pubblicità (ricordare le “serate futuriste”, che assicuravano una notevole pubblicità indiretta);
Marinetti si cimentò direttamente nella pubblicità componendo per Snia Viscosa quelli che ha chiamato
poemi industriali. Fortunato Depero creò nel 1919 la Casa d’arte Futurista, che funzionava da agenzia
pubblicitaria; creò una serie di importanti annunci per la Campari, e nel 1926 portò alla Biennale di Venezia,
come ringraziamento al ragionier Campari, un dipinto intitolato Squisito al Selz. Anche la pubblicità fu
influenzata dal futurismo, come si nota dal manifesto dell’AEG per una lampadina, che ruba a Marinetti lo
slogan Uccidiamo il chiaro di Luna. I futuristi russi Majakovskij e Rodenko si dedicarono anch’essi alla
pubblicità.
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Storia della pubblicità in Italia 4. Pubblicità si fa industria. ACME, radio e slogan nell'Italia anni
30
A partire dagli anni ’20 e ’30 del Novecento, in seguito all’eccesso di offerta, le aziende dovettero cercare di
favorire la nascita di un ambiente che stimolasse la domanda dei beni; nasce il marketing; ad una pubblicità
puramente artistica ne subentra una orientata a esaltare le caratteristiche dei prodotto. Nel 1922 nacque la
prima agenzia pubblicitaria italiana, la ACME Dal Monte; nel frattempo cominciò a diffondersi la radio, e
con questa i messaggi pubblicitari radiofonici, veicolati dalla SIPRA, prima concessionaria italiana. Il
programma radiofonico I quattro moschettieri, sponsorizzato dalla Buitoni-Perugina, abbinato a un concorso
a premi e ad una raccolta di figurine, ebbe uno straordinario successo.
Il successo della radio stimolò una rivalutazione dell’uso della parola anche nei manifesti; nel 1919 Luigi
Casoni Dal Monte lancia un concorso, con in palio 10.000 lire, per trovare uno slogan per il dentifricio
Kaliklor; vince “A dir le mie virtù basta un sorriso”. Il fascismo utilizzò molto il meccanismo dello slogan
per ottenere e mantenere il consenso sociale (Credere, obbedire, combattere; vincere e vinceremo); il
regime, sostenendo l’autarchia e le campagne a favore dei prodotti nazionali, rallentò però in Italia la cultura
pubblicitaria, che invece all’estero procedeva velocemente.
Nel dopoguerra, accanto alla ormai superata figura del cartellonista, in Italia arrivarono le prime succursali
delle multinazionali pubblicitarie statunitensi; il mondo pubblicitario fu però sconvolto dall’arrivo della
televisione. Nel 1941 in Inghilterra venne mandato in onda il primo spot della storia, di 10 secondi, degli
orologi Bulova.
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