Appunti del corso di citogenetica e mutagenesi ambientale che approfondiscono l'influenza delle radiazioni sulle cellule. In particolare si evidenzia il rapporto tra radiazioni e insorgenza del cancro, studiando il processo di necrosi cellulare.
Citogenetica e mutagenesi ambientale
di Domenico Azarnia Tehran
Appunti del corso di citogenetica e mutagenesi ambientale che
approfondiscono l'influenza delle radiazioni sulle cellule. In particolare si
evidenzia il rapporto tra radiazioni e insorgenza del cancro, studiando il
processo di necrosi cellulare.
Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso: Scienze Biologiche
Esame: Mutagenesi ambientale
Docente: Franca Pelliccia1. Charlotte Auerbach e la mutazione genica
L'ispiratrice e la fondatrice di tutto il settore della ricerca sulla mutagenesi chimica prima, e della
mutagenesi ambientale dopo, è stata indubbiamente Charlotte Auerbach. Durante la prima guerra mondiale i
farmacologi erano stati colpiti dalla somiglianza esistente tra le ustioni prodotte sulle persone dalle
radiazioni X e dal gas mostarda (gas asfissiante usato abbondantemente in tale guerra chiamato anche
solfuro di dicloroetile). Nel caso dei raggi X si ipotizzava che tale processo dipendesse dalle lesioni
cromosomiche indotte che interferivano con le mitosi. Da ciò l'ipotesi che il gas asfissiante potesse indurre
aberrazioni cromosomiche e quindi mutazioni. La Auerbach, utilizzando questa ipotesi, condusse
esperimenti da induzione di letali recessivi in Drosophila, ottenendo frequenze di mutazione comprese tra il
7 e il 24%. Inoltre dai suoi primissimi esperimenti fu evidente che le mutazioni prodotte chimicamente erano
principalmente mosaici mentre quelle indotte tramite radiazioni ionizzanti erano cambiamenti whole-body
(tutto il corpo). Si accorse anche che, il rapporto tra mutazioni puntiformi e mutazioni cromosomiche era
differente, essendo molto più alto dopo il trattamento chimico che dopo radiazioni ionizzanti.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Citogenetica e mutagenesi ambientale 2. Le mutazioni in biologia
Come sappiamo, l'informazione genica viene espressa (mediante la sintesi proteica), mantenuta (grazie ai
processi di riparazione), replicata (con il processo di duplicazione, che la trasmette inalterata alle
generazioni successive) e modificata (tramite i processi di ricombinazione e di mutazione di inducono
cambiamenti che creano variabilità genica). Nel materiale genetico, dunque, si verificano occasionalmente
dei cambiamenti che vengono trasmessi alla discendenza. Queste variazioni ereditarie vanno sotto il nome di
mutazioni e rappresentano eventi rari, casuali e improvvisi. La costituzione genica di un organismo è nota
come il suo genotipo, mentre l'insieme delle sue caratteristiche osservabili costituisce il fenotipo. Il fenotipo
normale, cioè quello più comune, viene detto selvatico (wild type, wt) per distinguerlo dai fenotipi osservati
più raramente, detti mutati. Alcuni alleli presenti nel genotipo possono non essere espressi nel fenotipo
quindi si dicono recessivi rispetto all'allele dominante. Di conseguenza, una mutazione dominante è espressa
anche se presente come singolo allele, cioè allo stato di eterozigote, e l'effetto di una mutazione dominante
può essere osservato nella generazione immediatamente successiva all'induzione. Invece gli effetti di una
mutazione recessiva possono essere osservati solo allo stato di omozigote, quando cioè sono presenti due
copie identiche dello stesso gene mutante. Quindi, possono passare parecchie generazioni di segregazione
cromosomica e riassortimento prima che si produca un individuo omozigote per un allele recessivo. Invece,
negli organismi monoploidi, come virus e batteri, caratterizzati dalla presenza di un solo cromosoma o set di
cromosomi (quindi solo singole copie di geni), le mutazioni sono espresse immediatamente nella
generazione in cui sono prodotte e il problema dell'osservazione e interpretazione di geni dominanti e
recessivi non si pone. Comunque, le mutazioni avvengono in generale con le stesse caratteristiche e con gli
stessi meccanismi in tutti gli organismi viventi. Tuttavia negli esseri pluricellulari il fatto che le mutazioni
avvengono in cellule somatiche o germinali può avere conseguenze ben diverse. Una cellula somatica
dell'individuo (qualsiasi cellula del corpo, ad eccezione delle cellule germinali), se mutata, replicandosi, dà
luogo a una progenie di cellule mutate (clone cellulare mutato); pertanto può capitare che nello stesso
tessuto vengano a trovarsi cellule con diverso genotipo sia cellule selvatiche sia cellule mutate: si ha quindi
un mosaico genico. In questo caso, poiché la mutazione non interessa le cellule germinali, non può essere
trasmessa alla progenie. Le cellule germinali, invece, rappresentano le cellule che danno origine ai gameti
(uova e spermatozoi). Se una mutazione viene fissata nei gameti e questi partecipano alla fecondazione, tutte
le cellule dell'embrione derivate conterranno quella mutazione. Analogamente, un individuo che ha ereditato
una mutazione germinale può trasmetterla ai discendenti delle generazioni successive. Le mutazioni nelle
cellule germinali non hanno effetto, quindi, direttamente sull'individuo colpito, ma si possono manifestare
nella sua progenie, con conseguenze importanti, quali malattie genetiche anche molto gravi. In generale, i
cambiamenti del contenuto e nella disposizione dell'informazione nel DNA possono avvenire in diversi
modi e a diversi livelli, da un cambiamento di un solo nucleotide della sequenza di DNA a cambiamenti
nella struttura o nel numero di interi cromosomi in un genoma. A seconda quindi dell'ampiezza del bersaglio
le mutazioni possono essere di tre tipi: 1) geniche, 2) cromosomiche e 3) genomiche.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Citogenetica e mutagenesi ambientale 3. Le mutazioni geniche
Le mutazioni geniche sono variazioni della sequenza nucleotidica e di dividono in mutazioni per
sostituzione di base o per inserzione/duplicazione/delezione dette anche mutazioni frameshift. Il
cambiamento può riguardare una o poche basi; nel primo caso si parla, più propriamente di mutazioni
puntiformi. Recentemente, però, si è soliti fare riferimento a mutazioni puntiformi anche quando l'evento
molecolare riguarda 1-50 o anche più nucleotidi. Le sostituzioni di base di suddividono in transizioni e
transversioni. Una transizione è la sostituzione di una purina (A, G) con un'altra purina, o di una pirimidina
(T, C) con un'altra pirimidina. Se invece, una purina è sostituita da una pirimidina, o viceversa, si parla di di
transversione.
Una mutazione frameshift, invece, è dovuta a inserzione o delezione di una o poche coppie di basi. Come
risultato si ha uno scorrimento del modulo o cornice di lettura (frame) dal sito mutato in poi. Si usa però
correntemente il termine frameshift anche quando le inserzioni/delezioni avvengono in siti non codificanti.
Se la base o la sequenza inserita è identica a quella precedente, si parla di duplicazione. Il termine inserzione
è più appropriato, invece, se riferito ad addizioni che non sono duplicazioni.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Citogenetica e mutagenesi ambientale 4. Effetti fenotipici delle mutazioni geniche
Le sostituzioni di base, come conseguenza in termini di interpretazione (traduzione) del messaggio genetico
e di ricaduta sul fenotipo, possono creare mutanti missenso o nonsenso. Una sostituzione di base che porta a
un cambiamento del codone che specifica l'inserimento dell'amminoacido sbagliato in un polipeptide
rappresenta una mutazione missenso. Una mutazione missenso può portare alla produzione di una proteina
difettiva se ciò avviene in un sito critico di un polipeptide, come ad esempio nel sito di attività catalitica di
un enzima. In generale le mutazioni missenso si riflettono in una diminuzione, piuttosto che in una perdita
totale della funzione, e spesso possono essere identificate mediante questa caratteristica fenotipica. Il
fenotipo in questi casi viene definito parzialmente mutato.
Quando, invece, la sostituzione porta a una tripletta che non codifica per alcun amminoacido (codoni di
terminazione: UAA, UAG, UGA) si ha l'interruzione prematura della sintesi proteica, con la produzione di
proteine tronche, costituite solo da frammenti polipeptidici più o meno lunghi, a seconda del sito in cui è
avvenuta a mutazione. Queste vengono dette mutazioni nonsenso, e il fenotipo è quindi quello di un mutante
completo.
Inserzioni, duplicazioni o delezioni di poche basi provocano, invece, come detto, lo scorrimento del modulo
di lettura. Queste mutazioni, dette appunto frameshift, sono molto gravi e portano quasi sempre a un
fenotipo mutante completo. Inoltre, vi sono alcuni casi in cui una mutazione non corrisponde direttamente
ad una variazione fenotipica: ad esempio quando la mutazione porta alla formazione di una nuova tripletta
che codifica per lo stesso amminoacido (le diverse triplette che codificano per lo stesso amminoacido sono
dette codoni sinonimi). In questo specifico caso la mutazione è detta silente.
Si può parlare anche di mutazioni neutre, che non hanno effetto sul fenotipo e possono pertanto passare
inosservate, quando: 1) la tripletta che si forma in seguito alla mutazione codifica per un amminoacido
diverso che però non altera la funzione della proteina, o 2) la mutazione avviene in un gene che controlla la
sintesi di una proteina non indispensabile, o quando 3) il gene mutato non si esprime o 4) la mutazione viene
soppressa da un'altra mutazione.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Citogenetica e mutagenesi ambientale 5. Reversione e soppressione nelle mutazioni geniche
Una caratteristica delle mutazioni geniche, in particolare di quelle puntiformi, è la reversibilità, cioè la
capacità di ridare, in seguito a una successiva mutazione, il fenotipo normale. Nel caso di
inserzione/delezione di una singola base si può avere reversione. Inoltre individui portatori di più mutazioni
geniche possono produrre ricombinanti di tipo selvatico con tutti gli altri individui mutati nello stesso gene.
La prima mutazione che fa variare il fenotipo selvatico è detta mutazione in avanti (forward mutation); una
seconda mutazione che ristabilisce il fenotipo normale è detta mutazione di ritorno (back mutation). Nel
caso di cambiamenti di singole basi a volte la frequenza di mutazione all'indietro ha lo stesso ordine di
grandezza della frequenza di mutazione in avanti, ma in generale la frequenza di mutazione nei due sensi
sono molto spesso diverse, essendo la reversione un evento molto più raro della mutazione in avanti.
Possiamo distinguere i seguenti casi:
reversione vera o retromutazione: la sequenza delle basi nel gene mutato torna ad essere quella del tipo
selvatico; si ristabilisce quindi, oltre al fenotipo, anche il genotipo normale;
reversione di sito o di codone: la mutazione che ha riportato al fenotipo selvatico è avvenuta entro il codone
originale, ma senza necessariamente riportare la sequenza nucleotidica alla situazione originale; la nuova
tripletta continua a codificare per lo stesso amminoacido a causa della degenerazione del codice genetico
(degenerazione: fino a quattro diverse triplette specificano lo stesso amminoacido);
reversione per soppressione: la sequenza del gene resta mutata, ma la seconda mutazione, che sopprime
l'effetto della prima mutazione, ristabilendo così il fenotipo normale o quasi pseudoselvatico avviene in un
punto diverso del DNA.
Le reversioni per soppressione possono essere suddivise, a loro volta, in intrageniche (soppressione interna)
o intergeniche (soppressione esterna), a seconda che avvengano nello stesso gene coinvolto nella prima
mutazione o in un gene diverso.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Citogenetica e mutagenesi ambientale 6. Le mutazioni geniche spontanee
Le mutazioni vengono distinte in spontanee e indotte. Sono definite indotte quelle causate da agenti
mutageni, spontanee quelle che insorgono in condizioni normali, in assenza di specifici agenti esterni
identificabili. Le mutazioni spontanee sono eventi rari; la probabilità di un singolo evento può variare con
frequenze da circa 10-4 a circa 10-9. Le mutazioni spontanee, d'altronde, hanno un ruolo importante in
diversi fenomeni biologici quali l'evoluzione e la cancerogenesi; Il tasso di mutazione spontanea di un
individuo è il risultato di una serie di fattori endogeni ed esogeni, che possono essere sia mutageni sia
antimutageni (fattori che possono esercitare azione protettiva nei confronti dell'azione dei mutageni). Inoltre
non tutti i possibili siti mutano con la stessa efficienza. Alcuni di essi sono detti punti caldi (hot spots)
perché lì avvengono più frequentemente le mutazioni. La maggior parte degli organismi, ad esempio, ha
alcune 5-metil-citosine al posto di normali citosine in siti specifici del DNA (la metilazione della citosina in
particolare sequenza protegge il genoma batterico dalla digestione operata dalle endonucleasi di restrizione,
mentre negli organismi superiori gioca un ruolo fondamentale nella regolazione dell'espressione genica). A
questo punto, mentre la deamminazione spontanea della citosina produce uracile, una base non presente nel
DNA, che viene riconosciuta ed eliminata dall'uracil-DNA glicosilasi, la deamminazione della 5-metil-
citosina produce timina, ovvero una base appartenente al DNA che, se non eliminata, può dar luogo a
transizioni G:CA:T.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Citogenetica e mutagenesi ambientale 7. La mutazione spontanea nei batteri
Intorno al 1940 era ormai accertato che l'eredità negli organismi superiori seguisse i principi darwiniani: le
mutazioni avvengono casualmente, e se una di esse conferisce un fenotipo vantaggioso, gli organismi con
questa mutazione vengono selezionati dall'ambiente e diventano membri predominanti della popolazione.
Tuttavia molti batteriologi pensavano che i batteri, piuttosto che cambiare in funzione di mutazioni casuali,
si adattassero in qualche modo all'ambiente tramite un processo di cambiamento diretto, in seguito al quale
l'organismo avrebbe trasmesso l'adattamento alla progenie. Si aprì comunque una controversia tra due
gruppo: uno che sosteneva la teoria genica o del pre-adattamento, l'altro che sosteneva la teoria adattativa o
del post-adattamento. Secondo la prima le mutazioni avvengono spontaneamente in geni di pochissime
cellule in una popolazione batterica, poi l'ambiente agisce, selezionando il mutante resistente per esempio ad
un antibiotico. In accordo con la seconda, invece, il mutante resistente si originerebbe per azione diretta del
nuovo ambiente (per esempio la resistenza sarebbe indotta dalla presenza dell'antibiotico).
É stato dimostrato che la prima teoria è quella corretta.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Citogenetica e mutagenesi ambientale 8. Test di fluttuazione e replica plating
I due esperimenti fondamentali che hanno permesso di arrivare a questa conclusione sono il test di
fluttuazione di Salvatore Luria e Max Delbruck e il replica plating di Esther e Joshua Lederberg. I primi
ricorrendo all'analisi della fluttuazione del numero di mutanti di E.coli resistenti al fago T1, dimostrarono
che le variazioni osservate nei batteri rappresentavano effettivamente delle mutazioni che insorgevano
spontaneamente in coltura, in assenza di induzione da parte di fattori esterni, confutando in tal modo la
teoria adattativa. Analizziamo in dettaglio l'esperimento. Batteri provenienti da una coltura di E.coli,
originata da una singola cellula sensibile al fago T1, vengono inoculati contemporaneamente in una beuta e
in diverse provette contenenti terreno nutritivo. Ogni inoculo è costituito da un numero basso di batteri (50-
500), in modo di avere una probabilità molto alta di non avere mutanti resistenti al fago. Quando si è
raggiunta la crescita massima nelle colture, si semina un aliquota dei batteri di ogni coltura in provetta su
una piastra, contemporaneamente a un numero di fagi da poter uccidere tutte le cellule sensibili.
Analogamente aliquote di batteri vengono prelevate dalla beuta e seminate su diverse piastre insieme ai
batteriofagi. Le piastre vengono poi inoculate per permettere l'uccisione delle cellule sensibili e la
formazione di colonie da parte delle eventuali cellule resistenti. Se i mutanti si originassero in seguito al
contatto con il fago (teoria adattativa), dato che in ogni piastra è stato seminato un egual numero di batteri ci
si aspetterebbe per tutte le piastre un identico numero di colonie (con variazioni minime). Se invece le
mutazioni avvenissero a caso durante la crescita in coltura, prima cioè che le cellule vengano esposte in
coltura (teoria genica), il numero di mutanti resistenti atteso per ogni provetta dovrebbe dipendere dal
momento della comparsa del primo mutante e quindi fluttuare: prima avviene la mutazione durante la
crescita, e più numerosi saranno i batteri resistenti alla fine della crescita. I risultati mostrarono che vi è
effettivamente una grande fluttuazione nel numero delle colonie nelle piastre dove sono state seminate le
colture indipendenti: infatti in alcune piastre le colonie sono assenti, in alcune sono pochissime e in altre più
numerose.
Una prova più diretta sull'origine della mutazione in E.coli fu ottenuta, con la tecnica del replica plating, da
Joshua e Esther Lederberg. Per l'isolamento di mutanti biochimici si fa un inoculo in una piastra di terreno
completo; poi, per verificare se i batteri di ciascuna colonia siano capaci di replicarsi su terreni diversi,
privati alternativamente di specifici nutrienti, occorre trasferire una frazione di ogni colonia nelle piastre con
i vari terreni da provare. Ciò può essere eseguito con un ansa sterile, seminando cellule provenienti da
ciascuna delle colonie presenti nella piastra originaria (piastra madre); in alternativa si può utilizzare un
tampone di velluto, su cui rimangono adese alcune cellule di ciascuna colonia, premendo successivamente il
tampone sulle piastre con i vari terreni selettivi.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Citogenetica e mutagenesi ambientale 9. Cause endogene ed esogene delle mutazioni geniche spontanee
Solo una parte delle mutazioni spontanee può essere attribuita a cause esogene, ovvero alla presenza
nell'ambiente di agenti mutageni, come radiazioni, radionuclidi, analoghi di basi del DNA e altri composti
chimici che possono interagire casualmente con il DNA. Sono stati identificati, comunque, anche molti
fattori endogeni, di sicura importanza per la mutagenesi spontanea. Questi fattori possono essere correlati a
processi fisico-chimici, quali rottura dell'elica del DNA in seguito ad idrolisi, oppure ad errori che si
verificano nel corso dei processi fisiologici. Inoltre, si fa sempre più evidente l'importanza degli elementi
trasponibili: tra le inserzioni possono essere identificate inserzioni o meglio trasposizioni duplicative e
trasposizioni non duplicative a seconda che la sequenza sia copiata e inserita in un altro sito o sia inserita
semplicemente senza essere replicata. Un ruolo importante è sicuramente svolto dalle inserzione di elementi
genetici trasponibili tipo LINE, sequenze ripetute tra le più frequenti nel genoma dei mammiferi: il numero
di copie può interferire con il tasso di mutazione spontanea.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Citogenetica e mutagenesi ambientale 10. Cause chimiche delle mutazioni geniche spontanee
Inoltre, durante la replicazione del DNA possono insorgere mutazioni in seguito a tautomerizzazione delle
basi. Le basi infatti possono essere in stati tautomerici diversi, dovuti a riarrangiamenti di protoni e di
elettroni entro la molecola. I riarrangiamenti sono rappresentati dal cambiamento di posizione di atomi di
idrogeno e di doppi legami. Questi rari tautomeri danno appaiamenti errati tra purine e pirimidine che
possono portare a transizioni. Alterazioni chimiche delle basi, che avvengono spontaneamente nella cellula e
possono essere causa di mutazioni, sono la depurinazione, la depirimidinazione e la deamminazione. Come
sappiamo, le molecole d'acqua possono causare idrolisi dei legami glicosidici del DNA, originando siti
abasici o AP (apurinici o apimiridinici). Nelle cellule metaboliticamente attive il DNA esiste nella forma
completamente idratata (forma B), e quindi è visto che va incontro a depurinazione con frequenza di 1000
basi ogni ora. Se queste lesioni non sono riparate prima della replicazione del DNA, ai siti abasici la
polimerasi oppone preferenzialmente residui di deossiadenina, causando, nel caso di siti apurinici,
transversioni G:CT:A o A:TT:A. Il processo di deamminazione, invece, origina ipoxantina, xantina e
uracile, rispettivamente da adenina, guanina e citosina. Anche la 5-metilcitosina, presente come base
metilata, può essere deamminata in timina. A questo punto, mentre l'uracile è soggetto all'intervento degli
enzimi della riparazione (uracilglicosilasi), la timina è un normale nucleotide che si appaia con l'adenina.
Quindi, la deamminazione delle 5-metilcitosina genera transizioni C:GT:A durante la replicazione.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Citogenetica e mutagenesi ambientale 11. Errori nella replicazione che creano mutazioni geniche
Mutazioni, inoltre, possono derivare da errori nella sintesi del DNA o nella replicazione, anche se le eliche
stampo non sono danneggiate. I tassi di errore delle DNA polimerasi di mammifero finora documentati in
vitro variano da 1 su 5000 nucleotidi per la DNA polimerasi , una polimerasi associata con la riparazione del
DNA, a 1 su 10minlioni di nucleotidi per le polimerasi ed , associate con la replicazione. I nucleotidi non
incorporati correttamente sono excisi dal sistema di correzione di bozze nel corso della replicazione, invece,
gli appaiamenti errati che sfuggono alla correzione di bozze possono essere rimossi dal sistema di
riparazione MMR.
DANNO OSSIDATIVO
Per quanto l'ossigeno molecolare (O2) non danneggi il DNA, altre forme reattive dell'ossigeno possono
risultare pericolose per la cellula. Il metabolismo dell'ossigeno, infatti, ma anche quello di molti agenti
tossici, è accompagnato dalla formazione di prodotti reattivi, inclusi i ROS (Reactive Oxygen Species). Tali
forme reattive hanno più elettroni dell'ossigeno molecolare ed includono radicali superossidi, ossido nitrico,
perossido di idrogeno e radicali idrossilici. Per evitare i danni dovuti alle forme reattive dell'ossigeno, gli
organismi aerobi hanno sviluppato elaborati meccanismi per rimuoverle dalla cellula. Nei batteri vi sono
alcuni geni che codificano enzimi quali perossido dismutasi e catalasi che eliminano queste forme reattive e
altri specifici enzimi per la riparazione dei danni di tipo ossidativo. Comunque, il danno ossidativo
probabilmente origina la maggior varietà di lesioni al DNA finora identificate, incluse rotture a doppia elica
(DSB, Double Strand Breaks), a singola elica (SSB, Single Strand Breaks) e lesioni in tandem.
Inoltre, molte mutazioni coinvolgono riarrangiamenti estensivi: anche ampi tratti dei centinaia o di migliaia
di nucleotidi possono essere deleti o inseriti per intervento degli enzimi di ricombinazione in siti non
corretti. Per esempio, si sono molto studiati gli errori degli enzimi durante il processo di rottura e di
ricongiungimento dei cromatidi o di appaiamenti leggermente sfalsati dei cromosomi omologhi (fenomeni di
crossing over ineguale). In molti casi, se il tratto è molto esteso (anche uno o più geni coinvolti) possono
avvenire anche alterazioni ben più ampie, quali le vere e proprie mutazioni cromosomiche
(delezioni/duplicazioni).
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Citogenetica e mutagenesi ambientale