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Promutageni e mutageni indiretti

Promutageni e mutageni indiretti

I protomutageni sono composti relativamente polari (e quindi chimicamente poco reattivi) che possono essere attivati metaboliticamente a forme più reattive in grado di interagire con i centri nucleofili del DNA. Il protomutageno più studiato è sicuramente il benzene, uno dei composti chimici più usati nei Paesi industrializzati. Esso è metabolizzato primariamente nel fegato a diversi prodotti idrossilati ad anello aperto; questi metaboliti sono poi trasportati anche al midollo osseo, dove ha luogo un metabolismo secondario. In questa sede, i diversi metaboliti prodotti danneggiano le macromolecole cellulari attraverso la formazione di legami covalenti e l'induzione di danno ossidativo portando a diverse patologie come anemia aplastica, leucemia e mieloma multiplo. Nei mutageni indiretti, invece, appartengono quegli agenti chimici che sono in grado di formare specie reattive dell'ossigeno (mutageni ossidativi) o che interagiscono con la sintesi, la replicazione e il corretto mantenimento della struttura del DNA.
5.6 TCDD OVVERO 2,3,7,8 TETRACLORODIBENZO-P-DIOSSINA
Quando fu scoperto il cloro, esso venne considerato un inutile sottoprodotto, ma presto si scoprì come unirlo a idrocarburi derivati dal petrolio, originando così una moltitudine di composti che, dal decennio 1930-40 in poi, costituirono una produzione industriale imponente di solventi, pesticidi, disinfettanti, materie plastiche ed affini. Questi composti clorurati, sia durante il processo produttivo che in seguito a combustione, liberano alcuni sottoprodotti indesiderati, tra i quali le diossine.  Nella terminologia corrente il termine diossina è spesso usato come sinonimo di TCDD o 2,3,7,8-tetracloro-dibenzo-p-diossina. In realtà si conoscono ben 73 tipi diversi di diossine; fra queste, diciassette sono considerate estremamente tossiche per l’uomo e gli animali. Attualmente, con il termine “diossina” s’intende l’intero gruppo, la cui tossicità come composto viene espressa in riferimento alla tossicità della 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina, la più tossica. Altre sostanze possiedono caratteristiche di tossicità sovrapponibili a quelle delle diossine, come i PCB (bifenili policlorurati, e i PCP (policlorofenoli). La TCDD allo stato cristallino è una sostanza solida inodore, di colore bianco. È chimicamente degradabile in pochi giorni dalla radiazione solare ultravioletta in presenza di donatori di ioni idrogeno (ad esempio a contatto con il fogliame verde delle piante): se invece viene dilavata nel terreno, si lega al materiale organico presente e viene degradata molto lentamente, nell’arco di parecchi mesi o anni, basi pensare all'incidente di Seveso (Lombardia), in cui ancora adesso è presente nel suolo). Inoltre, tra le diossine, la TCDD è la molecola dotata di più spiccata tossicità, esplicando una ampia gamma di effetti specie- e tessuto-specifici come, ad esempio, induzione a trasformazione neoplastica; tossicità a carico del sistema immunitario, del fegato, della pelle.
Le conoscenze più recenti sul meccanismo d’azione della diossina hanno chiarito il ruolo di “perturbatore ormonale” di questa sostanza, con tutte le gravissime implicazioni che ne conseguono: di fatto la TCDD possiede la facoltà di interagire con l’espressione del patrimonio genetico delle cellule, attraverso la mediazione di alcuni recettori. Ciò determina l’attivazione o la repressione di particolari geni, interferendo con l’azione degli ormoni endogeni. L’azione tossica della TCDD nei vari tessuti delle varie specie animali è mediata dall’azione del recettore cellulare AHR (Aryl Hydrocarbon Receptor), una proteina solubile intracellulare. Gli atomi di cloro nelle quattro posizioni laterali, caratteristici della TCDD, conferiscono alla molecola la massima affinità con il recettore e, di conseguenza, la massima tossicità. Il recettore AHR ( indicato anche come Ah) possiede caratteristiche biochimiche affini ai recettori per gli ormoni steroidi, anche se per ora non è stata individuata una molecola endogena specifica che vi corrisponda: la sua struttura è comunque molto simile a quella dei recettori per i glucocorticoidi. Comunque, la prima patologia ad essere collegata all'esposizione a diossine è stata la cloracne. Quest'ultima si manifesta con eruzioni cutanee e pustole simili a quelle dell’acne giovanile, però con possibile localizzazione estesa all’intera superficie corporea e con manifestazioni protratte, nei casi più gravi, per molti anni. L’effetto cancerogeno, invece, è stato ampiamente documentato negli animali da laboratorio in tutta la sua complessità; anche se tutt'oggi la diossina non può essere considerata un cancerogeno completo. Difatti si ritiene che abbia più una azione come promotore tumorale, tramite l’induzione di moltiplicazione cellulare e l’inibizione dell’apoptosi, effetti mediati dall’interazione con il recettore endocellulare AHR (Aryl Hydrocarbon Receptor). Sicuramente è accertato che l’esposizione alla diossina predispone fortemente le cellule alla trasformazione neoplastica.

Tratto da CITOGENETICA E MUTAGENESI AMBIENTALE di Domenico Azarnia Tehran
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