Effetti biologici delle radiazioni ionizzanti
Gli effetti biologici provocati dalle radiazioni nella loro prima fase di interazione con la materia si caratterizzano per il fatto che sono indipendenti dal metabolismo, dal ciclo cellulare, dalla complessità della cellula e dall'organismo esposto alle radiazioni. I cambiamenti biologici avvenuti nella cellula, sia per azione diretta che indiretta, non si manifestano immediatamente, ma solo dopo un certo periodo di tempo (periodo di latenza), che può essere di ore o anni, come nel caso del cancro indotto da radiazioni, o addirittura generazioni, quando il danno viene indotto nelle cellule germinali e quindi si manifesta nelle generazioni successive. Comunque, gli effetti sul materiale biologico sono stati rilevati sia a livello molecolare (DNA, RNA, proteine) che a livello cellulare (membrane, citoplasma e nucleo) e si possono suddividere in effetti deterministici, (morte cellulare) quando il numero di cellule morte è sufficientemente elevato da derivare una compromissione funzionale grave e clinicamente apprezzabile in un tessuto o organo, e effetti stocastici, (modificazione cellulare) quando la cellula modificata è ancora in grado di riprodursi e può dare luogo, dopo un periodo di latenza di durata variabile, ad una condizione di tipo neoplastico se quella modificata è una cellula somatica o a un danno nella progenie se viene interessata una cellula germinale. In generale, per quanto riguarda i danni al DNA, si distinguono due tipi di effetti, a seconda che le radiazioni inducano eccitazione elettronica o ionizzazione. Alla prima categoria appartengono le radiazioni ultraviolette (UV), che a una lunghezza d'onda di 260 nm determinano dimerizzazione di due timine adiacenti sullo stesso filamento di DNA, provocando la formazione di legami covalenti. Il danno indotto da questo tipo di radiazione coinvolge principalmente le basi pirimidiniche. Alla seconda categoria appartengono le radiazioni ionizzanti, che provocano invece il distacco e l'eliminazione delle basi azotate, con la formazione di siti apurinici e/o apimiridinici. Altri tipi di lesioni indotte per ionizzazione nella struttura primaria sono:
rotture a singolo filamento (SSB) (Single Strand Break);
rotture a doppio filamento (DSB) (Double Strand Break);
legami crociati tra due filamenti di DNA o, in eucarioti superiori, anche fra DNA e proteine;
Le rotture a singolo filamento, SSB, avvengono in seguito all'idrolisi del legame fosfodiesterico e all'eliminazione di un gruppo fosfato attraverso un meccanismo che coinvolge i radicali liberi. L'energia della radiazione che , a basso LET, provoca le rotture SSB è mediamente di 10-20 eV. Al contrario, per ottenere rotture a doppio filamento, DSB, è necessario che l'energia delle radiazioni sia compresa tra 1000 e 1800 eV. Le rotture DSB consistono nell'interruzione dei due filamenti complementari di DNA a causa della cessione dell'energia da parte della radiazione. Esse possono essere localizzate nello stesso sito oppure possono essere distanti poche paia di basi o ancora possono essere lesioni localizzate complesse con perdita di informazioni genetiche. I legami crociati tra due filamenti di DNA, o negli eucarioti superiori anche tra DNA e proteine, invece, consistono nell'interazione tra radicali radionindotti nelle basi del DNA. Essi possono dar luogo, anche se con bassa frequenza, a legami tra eliche di due molecole distinte o in una sola molecola, all'alterazione della sua struttura secondaria. Inoltre, bisogna dire, che i radicali liberi prodotti dalle radiazioni possono anche interagire con le membrane plasmatiche, attraverso i processi di perossidazione dei lipidi e di ossidazione dei gruppi sulfidrilici delle proteine. In generale si può dire, che le radiazioni inducono sulle membrane cellulari una diminuzione della fluidità: a basse dosi (1-50 Gy) si manifesta una variazione della permeabilità cellulare agli ioni, ad alte dosi (100-200 Gy) si ha, invece, un aumento della permeabilità passiva. Recentemente la realizzazione di irradiatori puntiformi per radiazioni corpuscolari ha permesso di poter irradiare in modo selettivo e specifico compartimenti cellulari ben distinti quali il nucleo e il citoplasma. Questo studio ha permesso di formulare un'interessante ipotesi consistente nel fatto che significativi effetti biologici possono essere indotti in cellule non direttamente esposte alle radiazioni, ma vicine a cellule irradiate: il cosiddetto effetto bystander. Il segnale dalle cellule irradiate a quelle non irradiate può essere trasmesso attraverso: la comunicazione cellulare via gap-junctions, l'interazione tra ligandi e recettori specifici di membrana, l'interazione tra fattori di secrezione e i loro recettori specifici o direttamente attraverso la membrana plasmatica.
Lo studio degli effetti delle radiazioni in cellule di mammifero coltivate in vitro ha permesso di conoscere, anche, la relazione fra radiazioni, ciclo cellulare e riparazione. I risultati più interessanti circa gli effetti delle radiazioni sul ciclo cellulare sono stati ottenuti quando sono state utilizzate cellule sincronizzate o mediate idrossiurea che, inibendo la ribonucleotide reduttasi, sincronizza le cellule nella fase S. Si è visto che le fasi M e G2 risultano le più sensibili e che la fase S è la più radioresistente. Le radiazioni causano anche un ritardo nella progressione del ciclo cellulare. Infatti è possibile osservare una riduzione dell'indice mitotico in cellule irradiate nella fase G2, che viene chiamato ritardo mitotico. Una conseguenza di questo fenomeno è che le cellule sono bloccate temporaneamente nella fase G2, determinando una sincronizzazione della popolazione cellulare. Oltre ai danni al ciclo cellulare, le radiazioni appartengono alla classe di agenti clastogeni, cioè che inducono alterazioni nella struttura del cromosoma. Fra gli agenti fisici in grado di indurre aberrazioni cromosomiche sono incluse le radiazioni elettromagnetica non ionizzanti (UV) e le radiazioni ionizzanti (raggi X e γ). E' importante ricordare che in questi casi 1) il tipo di aberrazione dipende dalla fase del ciclo cellulare in cui le cellule si trovano al momento della radiazione, 2) le aberrazioni si osservano nella mitosi successiva all'irradiazione, 3) molte lesioni possono ricongiungersi correttamente senza dar luogo ad aberrazioni e che 4) lesioni non riparate o mal riparate si manifestano come aberrazioni. Recentemente, inoltre, i telomeri, hanno acquisito una particolare importanza nello studio della relazione fra radiazioni e instabilità genomica. È noto, infatti, che le sequenze telomeriche possono giocare un ruolo nella stabilità di certe regioni del genoma in condizioni fisiologicamente normali, ma anche in seguito a irradiazione. Nel 2001, è stato osservato per la prima volta che in cellule di topo la lunghezza del telomero può influenzare la radiosensibilità. Sempre negli stessi anni, si è visto inoltre, che cellule irradiate con basse dosi, rispondono con una minore quantità di danno ad una successiva esposizione ad alte dosi: la cosiddetta risposta adattativa. Infatti, in alcuni casi, piccole dosi di radiazioni possono stimolare una risposta protettiva, innescando i meccanismi di riparazione del DNA ed eliminando le cellule seriamente danneggiate. Comunque i meccanismi molecolari che sono alla base della risposta adattativa in seguito a radiazioni a basse dosi non sono completamente compresi.
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Dettagli appunto:
- Autore: Domenico Azarnia Tehran
- Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
- Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
- Corso: Scienze Biologiche
- Esame: Mutagenesi ambientale
- Docente: Franca Pelliccia
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