Appunti delle lezioni dell'esame relativo alla tecnica del colloquio, in particolare relativa alla decodificazione della domanda del paziente, all'interpretazione del bisogno utilizzando il rapporto transferale come mezzo per portare il soggetto ad accettare il cambiamento
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio psicologico
di Beatrice Segalini
Appunti delle lezioni dell'esame relativo alla tecnica del colloquio, in particolare
relativa alla decodificazione della domanda del paziente, all'interpretazione del
bisogno utilizzando il rapporto transferale come mezzo per portare il soggetto
ad accettare il cambiamento
Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Facoltà: Psicologia
Corso: Psicologia
Esame: Metodi e tecniche di analisi della domanda nel
colloquio psicologico1. Orientamento al sapere dello psicologo clinico
La pratica implica che ci siano dei saperi che l’operatore ottiene in varie maniere: da quello che ha studiato,
dall’esperienza, dalla sua pratica di vita,che in qualche modo convergono nel momento in cui incontra
qualcuno che gli va a chiedere qualche cosa.
Il momento della consultazione è un momento nel quale non c’è una applicazione del sapere che abbiamo
immagazzinato ma è un momento nel quale c’è l’imprevedibile, una relativa sospensione del suo sapere: ci
accorgiamo che l’atto che vado a compiere (l’ascolto in realtà è un atto) è relativamente proporzionato
rispetto al sapere che abb imparato.
1 step Dimensione sociale-politica del nostro intervento
Il mio insegnamento si situa esattamente in questo paradosso noi come professionisti siamo tenuti ad avere
un sapere così codificato e socialmente stabilito (tanto che andiamo a fare l’esame di stato e un albo che non
controlla in relazione alla bontà degli strumenti ma in relazione a una certa congruenza tra quegli strumenti e
un corretto funzionamento della società.)
Noi dipendiamo in qualche modo dal contesto in cui operiamo, non passivamente e meccanicamente ma
non possiamo non tenere conto dell’influenza forte,complessa dl mondo culturale che ci circonda.
Tuttavia abbiamo la sensazione precisa che la pratica clinica in senso lato è qualche cosa che implica una
non adeguatezza strutturale.
La nostra professione suggerisce all’operatore che c’è qualche cosa che deve continuamente rigiocare di sé .
Come operatori sappiamo che quell’incontro, quel paziente non sta scritto da nessuna parte.
Qst insegnamento si situa nella dialettica tra il cosa dovete andare a fare e il fatto che il come andate a farlo
è una cosa che dipende esclusivamente da voi.
Beatrice Segalini Sezione Appunti
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio 2. Implicazione dell’operatore in una situazione clinica
“Tutti siamo obbligati ad una invenzione ”(L.Izcovich): ogni volta che incontriamo una situazione clinica, in
tutto l’apparecchio standardizzato che possiamo mettere in gioco comunque noi siamo in realtà tenuti a una
invenzione specifica : costruiamo qualche cosa che non è la pura oggettività ma è qualche cosa in cui anche
noi siamo implicati
La costruzione, le idee che ci facciamo a partire da quello che il paziente ci dice hanno a che fare
precisamente con la necessità strutturale di questa invenzione.
Una cura legata a un ambito psicologico relazionale non è deducibile da una diagnosi DSM-IV : implica una
diagnosi relazionale ,vuol dire fare una diagnosi che ci implichi come operatori nella pratica che stiamo
mettendo in atto.
Quando incontriamo un consultante noi non miriamo ad una oggettivazione della sua posizione ma ad una
costruzione che ci dica la sua posizione relazionale rispetto a cui noi come operatori siamo implicati.
=> Non c’è clinica senza implicazione soggettoettiva: qualcosa del nostro desiderio,della nostra singolarità
che entra in gioco , si tratta di farlo entrare dalla parte giusta nel modo giusto.
M:T:Maiocchi :dicevo implicazione soggettoettiva deve entrare dalla parte giusta lo lascio un po’
enigmatico ma è intuitivo non è perche io dichiaro al mo paziente quanto lui è importante per me
(operazione che non solo è un po’ oscena ma è anche un po’ mentitrice se vogliamo lo so io se davvero è
importante per me?) perché va nella direzione di una seduzione,li in un primo momento lui sarà sedotto
dall’essere per me qualcuno ma basterà una piccola oscillazione (perché si accorge per esempio che voi
tenete di più ai vostri figli che a lui) e il rischio veramente di bruciare la domanda.,ho fottuto il campo!
Perché il partner di quel campo si è rilevato in fondo mentitore è una delle ragioni per cui si preferisce anche
con i bambini molto piccoli non barare con il proprio paziente non dirgli una cosa per un’altra anche quando
è a fin di bene.
Pensatelo un attimo nel campo dei bambini che dove è più evidente ma anche in quello degli adulti ,il luogo
che noi veniamo a costituire è un luogo privilegiato e in qualche modo anche unico a nel quale un pochino
di verità su di sé e sul legame tra i genitori si riesce a dire : se noi abbiamo come obbiettivo semplicemente
di restituirlo al buon andamento delle prescrizioni pedagogiche dei genitori rischiamo di obliterare
completamente che il bambino è lì in quanto sintomo di quello che non va nella coppia parentale.
tanto è vero che molto spesso noi lavorando con la coppia parentale otteniamo degli
straordinari miglioramenti a livello del sintomo del bambino che magari non abbiamo nemmeno visto.
Lacan dice “al posto giusto”per rispondere di questo!
Questo vale in generale per delle relazioni significative noi siamo sempre in rapporto con una articolazione
di relazioni.
Nei nostri modelli simbolico relazionali sentite che quando sottolineiamo (Scabini e Cigoli sottolineano) la
questione delle generazioni e delle stirpi che cos’è che stanno facendo se non dicendo che il figlio è in
qualche modo funzione di quello che è accaduto prima di lui e degli incroci che ci sono stati,
Un sintomo infantile è il modo evidente con cui un bambinetto si interroga su che cos’è la relazione di
desiderio tra papà e mamma in quanto sostenuta oppure contrastata dalle relazioni precedenti.
C’è un risvolto persino sociale nel modo fantasmatico delle relazioni tra i membri di una famiglia e la
famiglia non è mai confinabile alla famiglia nucleare, perché portano dentro il carico delle loro storie
simboliche si chiama inconscio.
Beatrice Segalini Sezione Appunti
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio Quando pensate ad una diagnosi medica pensate ad una diagnosi che il più possibile vada a definire non il
rapporto del medico, voi volete che il medico e le sue storie siano ridotte a zero e che tutto il suo sapere sia
concentrato sulla buona definizione dell’organo malato e quello che deve andare a fare.
Beatrice Segalini Sezione Appunti
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio 3. Esempio televisivo: l'oggettività del dottor House
Esempio televisivo: Il Dottor House, che cosa ci dice questo personaggio?
Ci dice che un buon medico ha la passione per questa oggettività e che è proprio quello che può salvare la
vita al suo paziente.
Noi abbiamo una passione per il nostro oggetto che non è l’organo malato, ma è la relazione.
il paziente_ l’altro è definito una persona normale nella sua unicità di soggetto
L’altro che ci si presenta non è una singolarità individualistica ma ci si presenta con tutte le sue relazioni;
sociale e personale sono collegati in un modo assolutamente specifico,
Egli ci ha già implicati, inclusi dentro il suo essere, dentro nella sua domanda anche se non ci ha mai visti in
faccia.
Non scappiamo da questa alternativa:
o siamo alla ricerca con il nostro paziente di una costruzione che gli convenga nella quale noi siamo inclusi,
o è l’esercizio di un dominio che fissa il paziente dentro una gabbia diagnostica, che sia
psichiatrica o sociale, da cui lui non esce ma nemmeno noi entriamo.
Voi sapete che la parola sapere viene dalla identica radice della parola sapore, deve esserci un sapore che è
lo stesso che condividiamo col nostro paziente:
quando mettiamo nelle condizioni il nostro utente-paziente di fare una certa scoperta su di sé, arriva a
condividere con noi esattamente quel gusto “…ma sa a questo proprio non ci avevo pensato..”, forma
canonica - dice Freud - per dire che c’è stata interpretazione, gli si apre uno scenario a cui non aveva
pensato.
Qsto non è un vostro pensiero, è il suo!:noi gli apriamo scenari che sono i suoi ma inediti.
Se invece noi gli applichiamo i nostri saperi quegli scenari inediti non si aprono, il soggetto ci viene dietro
perché i nostri consultanti sono molto obbedienti di solito gli diciamo di fare una cosa e la fanno ... come si
chiama questa cosa?
_ la relazione transferale
Beatrice Segalini Sezione Appunti
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio 4. Dimensione transferale-fantasmatica
c’è una possibilità basica nell’essere umano di interessarsi all’altro essere umano, riconosciamo l’altro come
simile , cm partner della mia relazione e quindi ci interessiamo a lui .
Perché pensate se un buon consiglio lo desse una macchina stesse parole voce più o meno imitata.. perché
non farebbe lo stesso effetto?
Perché appunto in relazione alla dimensione transferale non si tratta solo che l’altro lo riconosco ma l’altro
mi incuriosisce , è oggetto di una serie di supposizioni (gli suppongo una storia che magari non ha, un
interesse a me) lo posso includere nella relazione con me quindi nei miei fantasmi , nelle mie aspettative
ecc.
Con una macchina non lo posso fare perché so che la macchina è programmata , so che la macchina darà una
risposta standard.
in Kubrick è assolutamente caratteristico, la questione è sempre quella lì ..chi è l’altro? come simile ma nella
sua alterità!!
Il PC è una macchina programmata dall’umano e quindi sono ancora io alla fin fine mentre quello che noi
centriamo nella dimensione della relazione dell’incontro è esattamente l’alterità dell’altro, che è sempre in
qualche modo sorprendente e capace di accendere la mia curiosità.
La parola curiosità è esattamente proveniente dallo stesso etimo di cura ,non c’è cura senza curiosità e la
curiosità ed essa non è legata mai a un buon assetto prevedibile ma è legata esattamente a ciò che, in un
assetto ben organizzato, fa eccezione!
=>Nella consultazione in qualche modo noi possiamo ritrovare esattamente questi elementi che
appartengono, come nota Freud, alla convivenza in quanto umana.
Il transfert preso in un’altra dimensione, con il fine di una cura, è qualcosa che appartiene alla normalità
delle relazioni umane ma si ritaglia in un modo speciale e pretende di arrivare una riformulazione da parte
dell’utente della sua posizione rettifica della sua posizione, che per essere tale è arrivata ad includerci ).
Due dimensioni, entrambe contenute nella nozione di transfert, che dobbiamo tenere ben presenti perché è il
loro maneggiamento e il loro adeguato ritmo che produce qualche cosa di significativo all’interno di una
consultazione:
1 livello è quello del riconoscimento dell’altro come simile e quindi tutta la questione che possiamo
chiamare empatico-identificatoria, (quindi dell’altro ad un livello mi fido perche è come me anzi perche è
più di me perché ha una sapere)
dall’altra parte il 2 livello è incidente nella mia situazione in quanto in qualche modo accende
l’interrogativo, interroga l’altro empatico.
Beatrice Segalini Sezione Appunti
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio 5. Competenza del paziente sulle proprie problematiche
Chi arriva da noi è competente delle sue questioni, sa di che cosa sta parlando, certo non
metapsicologicamente ma lo sa di esperienza: questo è un punto molto importante perché ci ricalibra.
Della questione che lo caratterizza e di cui ci viene a parlare c’è un aspetto che è addirittura cosciente, un
altro aspetto che è sicuramente legato all’inconscio ma in una modalità che siamo noi ad attivare questo è il
punto di definizione nuova rispetto a questa della pura ripetizione definizione nuova dell’idea di transfert
L’idea di transfert come ve la sto suggerendo implica sia la scena primitiva i legami precoci, sia un punto
nuovo e cioè quel sapere, quella competenza che è organizzata in termini di sapere di esperienza del nostro
utente perché sia attivo, venga messo
in qualche modo al lavoro.
Ciò che si ripete non è esattamente meccanicamente la stessa cosa: c’è un aspetto del transfert che ha a che
fare con la pura ripetizione, come relativa a un già accaduto e c’è invece il caratterizzarsi di qualcosa di
nuovo in relazione a chi noi siamo e al modo in cui giochiamo la questione: qualifico questo secondo
aspetto come Siamo soggettoetti supposti sapere il suo sapere ( voi capite che questo sapere non
l’abbiamo,le vicende simbolico-relazionali della sua famiglia,ecc noi nl prima seduta specialmente non le
sappiamo)
È un regalo che ci fa il soggetto perché prende la nostra persona come quel punto con cui potrà arrivare a
rielaborare quegli elementi che gli sono massimamente cari, intimi :
ecco perché abbiamo tutte le ragioni come operatori di sentire la grande sproporzione che c’è tra la nostra
persona e questo elemento , e il nostro fare da supporto a questa supposizione!!
Una delle grandi difficoltà del nostro lavoro è il fatto che siamo lì a sostenere l’itinerario di un sapere di cui
non siamo i padroni perché chi in realtà il sapere sta dalla parte del nostro utente. noi abbiamo un sapere
formale
chi siamo allora noi? se il sapere non è dalla parte nostra come normalmente ci si aspetta da qualunque
bravo operatore e noi siamo in una strana e faticosa posizione, noi siamo gli attivatori di processi relativi a
un sapere che il nostro soggetto è chiamato a produrre. è la nozione freudiana di rielaborazione: ricordare,
ripetere, rielaborare…
Beatrice Segalini Sezione Appunti
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio 6. Neutralità dell'osservatore nel colloquio clinico
Che ne è della neutralità della scienza come la collochiamo?
La modalità classica di Freud per ridurre gli effetti controtransferali è qsta raccomandazione di essere
impassibile => c’è l’idea di neutralità in opposizione logica all’inclinazione soggettoettiva.
Siamo tentati da questa ideologia della scienza che promuove la neutralità come una garanzia del suo
sapere:il sapere scientifico si garantisce per il fatto che è un sapere neutrale le cui leggi non dipendono dai
sentimenti dell’operatore d’accordo?
Noi come siamo invece implicati dal nostro oggetto?
Se io di un oggetto fisico o chimico misuro le coordinate verrebbe da dire che è indifferente la mia posizione
di soggetto. noi invece come operatori non siamo
indifferenti e dunque ci mettiamo neutralità con punto di domanda.
Beatrice Segalini Sezione Appunti
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio 7. Definizione di transfert
“La definizione di transfert: consiste nello spostamento di schemi, di sentimenti, pensieri e comportamento
sperimentati originariamente in relazione a figure significative dell’infanzia su una persona coinvolta in una
relazione interpersonale attuale poiché il processo coinvolto è largamente inconscio il paziente non
percepisce le origini del transfert stesso.
Il transfert è un tipo di relazione oggettuale che si instaura in tutte le relazioni umane ma nella situazione
analitica si presenta con particolare chiarezza e intensità.
In assenza di informazioni sulla vita dell’analista il paziente genera fantasie relativamente incontaminate
dalla percezione del presente. Egli si concentra sulla figura dell’analista con una tale intensità da sviluppare
una nevrosi di transfert che ripete la nevrosi infantile”
-citazione del caso di Freud di Dora-
L’accentuazione presa dal manuale tende a sottolineare del transfert l’aspetto puramente
ripetitivo noi non siamo qui a rimproverare a Freud di avere colto questa dimensione prima privilegiata
Sorge come obbiezione il fatto che questa definizione del transfert come pura ripetizione in ragione del
distacco anonimo quindi della neutralità sia una faccia del problema, l’altra faccia è invece legata alla
attualità dell’incontro.
Da un lato come è possibile che ci sia una scena dell’inconscio che si mantiene così identica malgrado gli
incontri malgrado le modificazioni ..noi ci percepiamo per un aspetto assai diverso da quelli che eravamo
nell’infanzia e d’altro lato invece ci percepiamo assolutamente come gli stessi e sentiamo un continuum
dentro il quale non ci pesa reperire che certe modalità che attuiamo sono le stesse.
Beatrice Segalini Sezione Appunti
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio 8. Cosa produce cambiamento in una consultazione clinica: potere
dell'interpretazione
Cercheremo di costruire l’itinerario di una consultazione all’interno di una teoria di riferimento cercando di
trovare le ragioni strutturali per cui ci situiamo come “l’altro significativo” , inclusi nel dispositivo.
Il potere che ha la relazione in quanto basata sullo scambio e quindi sulla parola io proverei a non darlo
troppo per scontato!
Parola straordinario potere : sappiamo il bene ma sappiamo soprattutto il male che possono fare le parole,
tutta la vita relazionale è fondata su detti e non detti.
Se non abbiamo chiare le ragioni strutturali di qst potere dl parola, rischiamo di pensare la nostra pratica -4°
step- come pratica di buone parole( come se bastasse dire le parole e le prescrizioni giuste).
Mentre sappiamo benissimo dalla pratica che molto spesso ciò che produce cambiamento non è sempre
frutto di un ragionamento da belle parole ma sono le cose più strane, sono elementi che non hanno a che
fare con una strutturazione egoica.
Noi non curiamo la gente con le belle parole,anche quando facciamo delle belle restituzioni sempre
inseriamo un elemento deve essere un pochino provocatorio, che cada al momento giusto e che a volte non
s tratta neanche di parole
J.Lacan diceva che la nostra etica è del”bene dire”del dire bene che vuol dire al momento giusto la cosa
giusta , non necessariamente la cosa buona per il paziente , il dire giusto può essere niente affatto, una
interruzione di seduta x esempio.
In questo dovremmo necessariamente passare a che cos’è l’interpretazione: mettere noi le condizioni perché
il soggetto possa lui dire
Anche Bion diceva che la migliore interpretazione è quella che non viene data cioè quella che viene data dal
paziente
Beatrice Segalini Sezione Appunti
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio 9. Importanza del valore simbolico del transfert
Il medico che lavora sulla relazione quindi che oltrepassa in certi casi i limiti del suo ruolo , mettendosi a
disposizione nella relazione produce effetti di cura molto più significativi …in certi casi è addirittura il
transfert che cura ,un transfert speciale che è prima di tutto una struttura per la quale un soggetto suppone
nell’altro un sapere che ha a che fare con lui.
(L’effetto placebo ci dice qualcosa della struttura del transfert che prescinde in qualche modo dagli affetti.
..non stiamo parlando del transfert nella sua versione immaginaria , stiamo parlando di una dimensione più
strutturale del transfert.)
Quando uno viene da voi e non vi conosce e in capo a 3 ,5 sedute sta meglio voi pensate davvero perché
siete stati tanto bravi ?
No è perchè ci ha caricato di un supposto sapere ,che non riguarda la nostra singola persona ma viene dal
fatto che socialmente il nostro lavoro è investito, ( se volete è una sorta di effetto placebo).
la dimensione clinica del lavoro psicologico si vale inizialmente di questo elemento ma poi occorre che ci
sia un secondo passaggio : occorre che questo elemento sia concretamente giocato nella relazione e che
quindi il nostro paziente sia messo al lavoro nella relazione con noi..
Avete sicuramente sentito più spesso sottolineato l’aspetto immaginario del transfert,Freud stesso indica il
transfert come la ripetizione di quei legami di quei modi di relazione
che sono esistiti nell’ambito delle prime relazioni.
Ma noi vedremo in tutto corso come ci sarà più utile per elaborare modalità di intervento anche molto
rapide accettare del transfert l’aspetto simbolico piuttosto che quello immaginario
Beatrice Segalini Sezione Appunti
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio 10. Implicazione soggettiva nel colloquio clinico
Allora riprendiamo i punti fondamentali:
1-non c’è clinica senza implicazione soggettiva dell’operatore
2-questa implicazione viene a far parte anche della dimensione transferale della domanda del soggetto
(uno viene da noi perché siamo psicologi riconoscibili socialmente ma occorre che ci sia in questa
oggettivazione della nostra posizione uno strumento specifico che riguarda la nostra implicazione
soggettoettiva, che ci contraddistingue e che si divarica dall’elemento più oggettivo del nostro sapere)
3-è anche quello che il nostro paziente si aspetta che accende la sua curiosità , che in qualche modo lo mette
al lavoro.: il nostro lavoro è mettere al lavoro lui.
si ma tutto questo come si fa?
Non sono sufficienti tutte le prescrizioni possibili , esse possono da un minuto all’altro cadere perché non
c’è nessun comportamento umano, tanto più nella consultazione, che sia leggibile prima della relazione
-come il pianto del bambino non ha senso se non c’è l’interpretazione fondamentale della madre che
dice.”ah..ma questa è fame” ma è fondamentale che quell’elemento sia letto da qualcuno, noi siamo li a
leggere, provare a dare un senso nuovo!
Come? se si tratta della relazione con noi dobbiamo ricostruire qualche cosa di diagnostico a partire dal
legame con noi .
La nostra clinica è una clinica che coglie il malessere anche quando il soggetto non lo coglie , lo coglierà
quando il suo malessere arriverà a produrre un sapere, arriverà a trasformarsi in un interrogativo dignitoso
sulla sua storia.
Beatrice Segalini Sezione Appunti
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio 11. Freud e le intuizioni sul transfert
Si deve a Freud l’intuizione della fondamentale importanza del transfert nella relazione terapeutica.
Il transfert destinato a diventare il più grande ostacolo all’analisi diviene il su miglior alleato se si riesce
ogni vola a intuirlo e a tradurne il senso al paziente.
Gli autori più moderni sostengono che il transfert è il mezzo attraverso il quale il dramma interno
dell’individuo viene messo in scena con l’analista , è un’esperienza nuova influenzata dal passato piuttosto
che la semplice ripetizione di un’esperienza precedente.
Il realizzarsi di una ripetizione cm Freud sottolinea avviene spontaneamente: il problema è come facciamo a
rendere quella spontaneità, assolutamente immaneggiabile, uno strumento in cui il nostro paziente si
orienti…quando dicevo noi siamo l’attivatore di una rielaborazione è esattamente la stessa cosa detta in altri
termini .
Non una correzione pedagogica , -”basterebbe che facesse così e non cosa!”- ma si tratta di permettergli di
leggere qualche cosa della sua ripetizione a partire dalla novità che noi siamo in quel momento,in quel
luogo,in quella congiuntura relazionale.
L’elemento a cui il transfert si lega ed è un elemento legato alla contingenza più brutale e nel momento in
cui è arrivato lì il nostro utente lo mettiamo al lavoro su questa contingenza: ecco perché vi abituerete a
cogliere la grande rilevanza che hanno i colloqui preliminari, perché si tratta di quel momento in cui creiamo
le condizioni perché la contingenza pura del significante qualunque, intorno a cui il transfert si struttura, si
trasformi in una decisione di lavoro.
Sapere il contesto logico strutturale dentro il quale ci muoviamo io credo sia di grande
utilità proprio per permettervi di orientarvi dentro la varietà,dispersione impadroneggiabilità che in generale
caratterizza il nostro lavoro: Tenere in conto di questo elemento vi scarica dall’idea di essere là onnipotente
È noto nell’esperienza e anche nella teoria che quello che è la battuta di inizio di un lavoro è esattamente
quello che si trova alla fine ne più ne meno ecco perché non dovete preoccuparvi di sostituire quella
contingenza banale con una motivazione più seria perché quella è la motivazione seria.
.qui entra in gioco esattamente la nozione di fantasma…
Se il nostro paziente viene lì in nome di una struttura cognitiva fondamentale la ritroviamo esattamente alla
fine perché non è che l’avremo modificata ma avremo modificato il suo rapporto con quella struttura
per fare un esempio osceno:se viene per gli occhi azzurri all’inizio alla fine dovrà sapere perché gli occhi
azzurri per lui erano cruciali e quindi farsene qualcosa (che so decidere di non incontrare più le ragazze con
gli occhi azzurri) noi appunto non siamo i pedagogisti delle sue scelte noi siamo lì a fargli cogliere il suo
posto nelle scelte che fa.
Il testo Lis-Venuti parla di motivazione intrinseca: quella seria (vengo perché voglio occuparmi delle mie
questioni), poi c’è quella estrinseca che è quella in fondo un po’ frivola che dicevo prima .
Nella pratica si tratta di mettere in gioco un desiderio che non ha scritti grandi principi sulla fronte, tutto si
gioca sempre in una relativa leggerezza: quindi non fidatevi mai in altri termini delle grandi dichiarazioni
egoiche che vi metterebbero al riparo in fondo dalla contingenza e voi siete ben sostenuti ,ben protetti dalla
sua domanda.
In realtà la sua domanda che è qualcosa di assolutamente basico, approssimativo.
=> bene conoscere Lis-Venuti motivazione intrinseca e motivazione estrinseca ma se qualcuno di noi vi
chiede all’esame se questa distinzione è davvero così forte magari provate a criticare un pochino!!!
Beatrice Segalini Sezione Appunti
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio
Noi diamo per scontato che c’è verità totale in quello che il paziente dice, la questione per cui si decide del
vero e del falso non viene dall’Io ma viene piuttosto dall’inconscio.
Freud 1925, scritto sulla negazione, dice c’è stata interpretazione non se il paziente ci da ragione né se ci da
torto (sono equivalenti dal punto di vista del senso della faccenda) MA c’è stata interpretazione se c’è un
effetto di sorpresa che è l’indicatore che qualcosa si è modificato: es se la volta dopo ci porta un sogno i cui
termini della faccenda sono rielaborati oppure se ci dice:”questo non l’avevo proprio pensato”.
Beatrice Segalini Sezione Appunti
Metodi e tecniche di analisi della domanda nel colloquio