Pratica psicologica e legge: distinzione dal counselling
è molto importante riuscire a distinguere a livello della legge che cos’è la pratica psicologica
Uno dice ma a che cosa serve aver fatto cinque anni di psicologia, più uno di tirocinio, più in molti casi una scuola di specializzazione in psicoterapia per pensare che un lavoro di consultazione può essere svolto anche da qualcuno che non ha competenze in materia (counselling).
Devo dire che anche il problema in parte della psicoterapia tant’è vero che la Legge non definisce nemmeno la psicoterapia ,non ha competenza per decidere cos’è psicoterapia e che cosa no, la da come per scontata.
La Legge 56/89, istitutiva dell’ordine, istitutiva delle Facoltà.
Il grosso problema è che la questione degli Ordini professionali è una pura formalità perché se un Ordine non mi difende dal fatto che il mio lavoro con qualche virgoletta mutata può essere svolto anche da qualcuno che non ha un curriculum professionale è una presa in giro.
Non è che la gente sappia gran che la differenza tra psichiatra e psicologo eh. Questo è anche un problema del modo in cui si propone la nostra professione in questo ho l’impressione che gli Ordini non siano di grandissimo aiuto ma soprattutto che non siano difensivi.
Noi siamo lì a spaccare il capello in quattro perché sappiamo bene che una pratica corretta implica la neutralità in un certo modo, ma voi pensate che se uno non ha una formazione almeno vaga di certe problematiche faccia lo stesso tipo di controllo sulla sua pratica? Ma io lo escludo nel modo più assoluto
Che ci sia una distinzione forte tra il mio modo di dire certe cose (dimensione enunciativa) e i contenuti di quello che dico, e che la nostra pratica è molto più centrata sulla prima, (per cui le stesse cose dette con un’accentuazione o con un’altra cambiano completamente di senso e quindi di efficacia), è una cosa su cui ci stiamo formando e non posso pensare che questa distinzione che è fondamentale sia nota ai counsellor.
Insomma io credo che la cosa tocca nella professionalità perché ci svuota in due modi: vi svuota dei potenziali clienti ma svuota anche il senso della vostra formazione e del vostro impegno che è la cosa peggiore perché nel nostro lavoro se non riusciamo ad agganciarci a un’etica non soltanto personale ma che tocca in qualche modo il sociale, beh abbiamo finito nel senso che proprio psicologicamente non lo reggiamo, perché dovremmo star lì a sentire per ore e ore al giorno i guai della gente se fosse solo per dar dei buoni consigli, mi spiego? Se non avessimo la prospettiva che lì può mutare qualche cosa, che lì può sorgere del nuovo.
Consultare, consigliare vuol dire implicare l’altro, questa cosa ci appartiene dal punto di vista culturale in maniera stretta.
Allora tutta la problematica di cui anche cerchiamo di occuparci qui, viene dal fatto che tanto è di base questo nostro rivolgerci all’ altro e un altro che di solito sostiene la nostra questione, quando voi avete un problema ne parlate con un amico ma lo fa da amico, mi spiego? questo è counselling.
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Autore:
Beatrice Segalini
[Visita la sua tesi: "Il panico: un approccio integrato"]
- Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
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