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Il soggetto della post-modernità: la soluzione dipendente


Se il soggetto non vuole farsi implicare?
Il grande problema attuale, che contraddistingue la nostra professione a tutto campo, è che questo primo trattamento – che fino agli anni ’80-’90 la gente sapeva fare, aveva voglia di fare - oggi pochi lo fanno; perché si dice che basta il buon senso, che tanto gli psicologi fanno solo chiacchiere, perché ci sono le pillole,
Noi ci facciamo carico della domanda in quanto supponiamo che la domanda transitiva in realtà possa aprire sulla questione che il soggetto pone su di sé. Voi capite che siamo in un mondo dove questo non ha tanto successo, ed è il nostro enorme problema attuale.
Tutta la gamma ormai infinita ed estesa delle dipendenze cos’è se non il fatto che il soggetto anziché passare per il circuito lungo, quando anche ha una questione che lo travaglia , anziché parlarne con qualcuno che lo rimandi alla sua questione di soggetto, gioca sempre solo sull’asse a _ a’, o addirittura nemmeno su questo asse, consumando l’oggetto senza farlo girare in questo circuito
Ecco perché la questione della domanda è cruciale: noi da un lato ne facciamo la base per operare
Dunque nelle situazioni che sono ormai la prevalenza della clinica – quelle legate alla dipendenza come modo di trattamento degli oggetti – noi abbiamo il problema di introdurre a questo schema.
Mentre la mamma dell’esempio di prima è già dentro questo schema, il soggetto dipendente è un soggetto che si rifiuta a questa prima interpretazione, non ne vuole sapere niente.
Il cortocircuito delle dipendenze ha come fondo chiaramente una dimensione mortifera del godimento, è evidente in quanto perlomeno chiudono il soggetto ad altri legami – un soggetto quindi che ha un malessere anche molto grave, socialmente rilevabile, ma lui di quel malessere non ne vuol sapere niente.
Se voi interrogate un soggetto in quel fenomeno sintomatico vi dice che così sta bene. Ecco perché non possiamo prendere le cose dal lato del benessere: quello che un soggetto giudica come proprio benessere può essere la cosa più perversa del mondo.
Dunque in quelle situazioni, la nostra manovra – voi sapete che io insisto sulla dimensione
preliminare del trattamento – si riduce in un certo senso a operare quella iniziale rettifica che conduce un soggetto a potersi fare carico della sua domanda.
Noi oggi siamo alle prese con soggettoetti che non sono spontaneamente dentro la dimensione della domanda, li dobbiamo introdurre noi.
Ecco perché c’è una difficoltà maggiore oggi nel lavoro dello psicologo, ed ecco perché noi
abbiamo l’idea di come sia cruciale la domanda, arrivare a pensare che la domanda dipende dal modo in cui il soggetto è disposto a sentire che quella è la sua questione è decisivo per noi.
Se non lavoriamo sull’importanza cruciale della domanda, non riusciamo neanche a distinguere quando c’è domanda e quando non c’è;

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