Riassunto del testo "Letteratura comparata". Nel riasssunto viene tratttao l'approccio al testo da parte del comparatista. Il comparatismo riserva molte attenzioni alla dinamicità delle strutture testuali e degli stili, considera il testo nella sua instabilità temporale, lo sottopone a continui test di verifica da punti di vista diversi: storico, linguistico, filosofico, formale, antropologico eccetera. Più che un atteggiamento critico è un atteggiamento pratico.
Letterature comparate
di Gherardo Fabretti
Riassunto del testo "Letteratura comparata". Nel riasssunto viene tratttao
l'approccio al testo da parte del comparatista. Il comparatismo riserva molte
attenzioni alla dinamicità delle strutture testuali e degli stili, considera il testo
nella sua instabilità temporale, lo sottopone a continui test di verifica da punti di
vista diversi: storico, linguistico, filosofico, formale, antropologico eccetera. Più
che un atteggiamento critico è un atteggiamento pratico.
Università: Università degli Studi di Catania
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Letterature comparate
Docente: Domenico Tanteri
Titolo del libro: Letteratura comparata
Autore del libro: Nicola Gardini
Editore: Nuova Italia
Anno pubblicazione: 20031. I compiti della letteratura comparata
COMPITI DELLA LETTERATURA COMPARATA: Secondo il comparatista americano Henry H. Remak
la letteratura comparata è lo studio della letteratura al di là dei confini di un paese particolare e lo studio dei
rapporti tra letteratura, da una parte, e dall'altra parte, altre aree delle conoscenza e delle opinioni come le
arti, la filosofia, le sceinze sociali, la religione. In breve è il confronto tra una letteratura e un'altra o altre
sfere dell'espressione umana.
Il comparatismo riserva molte attenzioni alla dinamicità delle strutture testuali e degli stili e considera il
testo nella sua instabilità temporale e quindi lo sottopone a continui test di verifica da punti di vista diversi:
storico, linguistico, filosofico, formale, antropologico eccetera. Vede un testo formarsi e non formato e lo
considera parte di una certa cultura non una monade a sé stante di valori incodivisibili. Più che un
atteggiamento critico è un atteggiamento pratico.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Letterature comparate 2. Van Tieghem e la scuola francese del comparatismo
E' frutto del positivismo. Un sapere dunque che considera il testo nei suoi rapporti di dipendenza con altre
realtà. Appare per la prima volta nel 1816 in un Cours de littérature comparée, un antologia per
l'insegnamento letterario. Sarò però con Paul Van Tieghem, che sciverà nel 1906 un articolo intitolato La
notionde littérature comparée e nel 1931 il trattato La littérature comparèe che l'espressione Letteratura
Comparata entrerà nell'uso comune. Van Tieghem intende per la prima volta una disciplina specifica. La
pregressa espressione, fortunatissima per altro, di Goethe di Letteratura Mondiale non è considerabile
sinonimica a quella di Van Tieghem perché Goethe intendeva un diffuso stato di interdipendenza tra culture
nazionali che le stesse nazioni non riconoscono e che se riconoscessero assicurerebbero il benessere di tutti e
la fine delle guerre.
Quella di Van Tieghem è la scuola francese del comparatismo. Oggi risulta del tutto obsoleto il suo
insegnamento per l'esclusiva difesa del confronto tra due elementi di due lingue diverse: il confronto tra più
elementi sarebbe terreno della “letteratura generale”, né sarebbe accettabile quello tra autori della stessa
lingua. In realtà non è possibile,come dice Wellek, tracciare una riga tra la letteratura comparata e la
letteratua generale (a voler fare un esempio tra l'influenza di Walter Scott in Francia e la nascita del romanzo
storico).
Nasce così la scuola americana, per mano di Remak, per il quale la letteratura comparata deve abbandonare i
fondamenti positivistici, che basavano la letteratura comparata su restrittive ricerche di parallelismi e fonti, e
diventa invece interdisciplinare, studiando i fenomeni nella loro sincronia. Non si può solo cercare la fonte
ma chiedersi anche che cosa si è conservato, cosa si è respinto,
perchè, come e con quale successo. Solo così possiamo comprendere il processo creativo dell'opera
letteraria. I GRANDI COMPARATISTI
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Letterature comparate 3. Tre pilastri della comparatistica : Curtius, Spitzer e Auerbach
Le posizioni di questi tre pilastri della comparatistica partono da una vera e propria volontà di salvataggio e
difesa culturale. La ricerca intellettuale e la lotta autobiografica si fondono e si confondono con una
lungimiranza e una drammaticità che non si troverà più nelle opere dei successori. Ha ragione Steiner
quando dice che la grande comparatistica nasce sullo sfondo delle tensioni franco tedesche in Alsazia e
Renania tra la fine della guerra franco prussiana e l'inizio della Grande Guerra. Classici come quelli di
Auerbach e Spitzer nascono da una esigenza di rileggere tedescamente i libri francesi, e da uno sforzo di
ridefinire la Latinitas europea prima delle frammentazioni nazionalistiche.
Ernst Robert Curtius (1886 – 1956) il suo nome è legato all'opera La letteratura europea e il medioevo latino
che pubblicò nel 1948 (anche se in Italia arriva solo nel 1922). In quest'opera lavorò in particolare sulla
ricorrenza di certe immagini e certi temi, rivelando una linea di continuità tra letteratura latina antica e
medievale in cui finì per individuare un umanesimo più antico di quello quattrocentesco. Curtius voleva
rifondare le basi culturali dell'Europa, allora seviziata e compromessa dalla barbarie nazista.
Leo Spitzer (1887 – 1960) è un caso ancora più emblematico. Divoratore di opere di ogni tempo e luogo, al
centro della sua indagine stava l'opera in quanto organismo linguistico di cui rivelare l'intimo funzionamento
e la specificità rispetto alla norma esterna al testo. Questo suo obiettivo fece sì che diventasse il più
importante esponente della cosiddetta critica stilistica o linguistica. Con Spitzer la comparatistica ha trovato
un atteggiamento di curiosità assoluta verso il particolare, di vergine auscultazione del testo, sganciato dalle
indagini documentaristiche del metodo positivista francese. Con lui acquistano importanza l'analisi
sincronica, lo studio del fatto letterario fuori dagli schemi storiografici, all'interno, invece, di schemi
linguistici che riflettono il permanere o il mutare di certe situazioni storiche, quelle che Spitzer chiamava
historical lines. Spitzer affronta la questione fondamentale dell'influenza letteraria e del rapporto
genealogico tra individualità artistiche (ad esempio Pulci << Rabelais >> letteratura francese del mot juste).
Ogni sistema solare è attraversato da diverse linee storiche di idee la cui intersezione produce il clima
particolare in cui matura la grande opera d'arte.
Erich Auerbach (1892 – 1957). Il suo capolavoro critico è Mimesis, nato da uno sforzo immenso di
comprensione e memorizzazione. Auerbach, del tutto privo di risorse bibliografiche, utilizzò la solitudine
dell'esilio turco (a Istanbul) per meditare sul senso della tradizione occidentale. Diverso da Curtius, che
mirava al grande quadro storico, Auerbach analizza minuziosamente pochi frammenti, convinto che nel
microcosmo della pagina letteraria possano trovarsi gli elementi fondamentali di una intera epoca storica e
che l'esame stilistico di una singola opera riveli lo spirito di un intero periodo. Diversamente da Curtius,
Auerbach si interessa anche di letteratura volgare, di cui dimosterà il progressivo allontanarsi dalla latinità:
se la latinità era dominata dalla distinzione retorica di stile alto, medio e basso, l'evo cristiano si caratterizza
per la mescolanza di stili, ispirata dal modello del Vangelo.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Letterature comparate 4. La letteratura comparata in Italia '800
La letteratura comparata in Italia ha avuto un certo successo nel secondo Ottocento con il positivismo.
Campioni furono Arturo Graf, autore dello studio L'anglomania e l'influsso inglese in Italia nel sec. XVIII
(1911) e Francesco De Sanctis che ricoprì la cattedra di letteratura comparata (istituita nel 1861) dal 1871 al
1875.
Benedetto Croce, in nome dell'antipositivismo, condannò il comparatismo che comunque non smise mai di
esistere. Ceserani è d'accordo con la condanna di Croce, verso un comparatismo sterile o ingenuamente
universalistico. Caso a parte è il comparatismo di Mario Praz che nel 1930 pubblicò La carne, la morte e il
diavolo nella letteratura romantica, un libro che ebbe immediato successo anche fuor d'Italia e che fu
tradotto in inglese già nel 1933. Praz ricostruiva la sensibilità del decadentismo europeo attraverso l'esame
delle letterature francese, inglese e italiana partendo dai testi dei romantici del primo Ottocento, evitando
uno studio meccanico di fonti e influenze, lo spennacchiare le corone d'alloro dei poeti, come diceva. Il
comparatismo non deve fermarsi alla scoperta degli elementi che accomunano letterature diverse, ma capire
e mostrare come ciò che è comune a un intero continente assuma aspetti diversi secondo i contesti nazionali,
che ne saranno condizionati e modificati di conseguenza.
Ma lo stesso Croce fu un comparatista, conoscitore finissimo della letteratura spagnola e della sua influenza
in Italia. Remo Ceserani reintrodurrà poi il comparatismo in Italia, dove dovrà sempre scontrarsi con
l'inveterato modello della storia letteraria nazionale, con un'idea sostanzialmente politica e selettiva di
letteratura. Allo studio della letteratura è toccato il compito di unificare culturalmente una nazione divisa e
legittimare con l'imposizione di Manzoni la ricercata unità. Non basterà ciò però a coprire o cancellare realtà
locali e diversità linguistiche.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Letterature comparate 5. Il termine intertestualità
L'INTERTESTUALITA'. Con questo termine ci riferiamo ad un concetto simile a quello di tradizione.
Intertestualità è un termine coniato da Julia Kristeva nel 1966 e segnala il rapporto che si stabilisce o si
riconosce tra un testo e un altro, precedente o contemporaneo. Il testo ripreso si definisce solitamente
sottotesto oppure ipotesto.
Analizzare l'intertestualità di un testo significa stabilire il valore formale e ideologico di quel rapporto, di
descriverne le modalità e appurarne il grado di intenzionalità in cui esso si esplichi. Fermo restando che
spesso si capisce di più un autore sulla base di quello che non ha imitato intenzionalmente (vd. Ungaretti con
Soldati), l'intertestualità è una condizione ineliminabile dell'esercizio compositivo di qualunque epoca. Non
esiste testo che non sia, per opposizione o convergenza, in rapporto con una rete di altri testi, scritti o meno.
Non va confuso il termine intertestualità con quello di pluridiscorsività o pluristilismo, coniato da Bachtin
per descrivere la lingua del romanzo. L'intertestualità si verifica non quando vengono a coesistere diversi
stili e vari linguaggi, in ognuno dei quali si esprime l'individualità del personaggio, come succede nel
pluristilismo, ma quando il testo, rimandando ad un altro testo, acquista in letterarietà, amplificando,
definendo o modificando il suo significato.
Gli esiti dell'intertestualità possono essere tre:
- Prestito: avviene un prestito quando l'intertestualità presuppone similarità di linguaggio ma non comporta
alcuna forma di interferenza o di dialettica tra i contesti delle due opere. In questo caso il termine sottotesto
viene sostituito da referente.
- Allusione: la somiglianza verbale è meno immediata e perciò meno riconoscibile. Tuttavia il processo
intertestuale corre a un livello più profondo, interessando non solo il tessuto verbale del sottotesto ma anche
il suo contesto. L'allusione dunque comporta similarità di linguaggio e stabilisce una relazione di
capovolgimento, ovvero di non identità tra i contesti delle due opere. Nell'allusione il lettore è costretto a
decodificare il messaggio altrimenti non lo comprenderà. Differentemente, nel prestito ciò non accade. Il
sottotesto in un contesto allusivo si chiama intertesto.
- Imitazione:la dipendenza dal sottotesto è allusiva come nel secondo caso ma la dipendenza stavolta è
visibile e i contesti sono simili. Presuppone dunque similarità di linguaggio e di morfologia e una relazione
di equivalenza tra le opere di cui il sottotesto e il testo sono parte. Il sottotesto in un contesto imitativo si
chiama modello.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Letterature comparate 6. Il concetto di Canone
Il canone è un altro concetto fondamentale per lo studio della tradizione letteraria. Fausto Curi lo definisce
come una struttura legislativa, un insieme di norme stilistiche incarnato in alcuni autori e solo in quelli, è
dunque un codice. Bisogna però aggiungere che il codice, cioè il canone, si costituisce quando una civiltà
letteraria è arrivata ad un certo punto del suo sviluppo e sente il bisogno non solo di una autocomprensione
ma anche di renderla certa e permanente, elaborando delle regole inflessibili che istituiscono il canone, che
una volta fondato consente l'autofondazione di una civiltà letteraria.
Chi finisce nel canone? Quegli autori e quelle opere che le istituzioni ritengono valide e regolari secondo
criteri aprioristici di dignità ed eccellenza artistica, morale eccetera. Canone in greco significa appunto
regola e già in Grecia era nozione classica, come insieme di opere di un certo autore o insieme di opere di
autori rappresentativi di un genere. È ovvio che il canone lavora su criteri di esclusione e di inclusione,
legittimando il testo mediante un esercizio critico che elegge delle autorità, cioè gli autori eccellenti.
Pensiamo al canone bembiano ad esempio.
Il canone non è naturalmente immutabile, pensiamo al caso di Ariosto. Negli ultimi anni poi grande
influenza hanno avuto i Cultural Studies americani, che hanno attaccato massicciamente il canone
tradizionale accusandolo di antidemocraticismo e repressività, veicolo delle ideologie dominanti che hanno
escluso molte voci (donne, neri, gay) perchè rei di non essere portavoce di ideologie forti o perchè incapaci
di essere ridotti a modelli unificanti. La risposta dei conservatori è arrivata nel 1994 con Harold Bloom è il
suo provocatorio Il canone occidentale. Bloom definisce i rappresentanti dei Cultural Studies rappresentanti
della critica del risentimento e attraverso la difesa di Dante, Shakespeare, Cervantes, non vuole solo
sostenere una sua estetica ma l'insegnamento stesso di una serie di autori e di libri che la più ampia
inclusione di testi extraletterari nei curricula degli studenti americani tende ad escludere. È ovvio che in
gioco entrano problemi come la salvaguardia di certe identità professionali, di certi valori, di una certa
immagine del passato e del presente, la convivenza tra vecchio e nuovo.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Letterature comparate 7. La definizione del genere letterario
Definire il genere letterario e l'appartenenza di un'opera ad un genere piuttosto che ad un altro ha sempre
costituito un problema, sin dal '500, quando su basi artistoteliche nasceva la prima teoria dei generi. Poi
arrivò Hegel, che nella sua Estetica distingueva tre generi: epica (oggettiva), lirica (soggettiva), dramma
(oggettiva e soggettiva). Nel 1890 arriva Ferdinand Brunetiére, monumento del positivismo. Quando si
definisce un genere non si pone solo un problema di classificazione. Classificare un'opera in generi permette
di isolare certe caratteristiche assolute e di mettere costanti e differenze a confronto. Studiare un genere è
anche un compito storico. Identificata l'origine di un genere con un testo archetipo (Iliade, Canzoniere, Don
Chisciotte), estratte certe caratteristiche dall'archetipo, fissati tramite lui i tratti distintivi del genere e
riscontrati gli stessi tratti in opere successive, lo studio del genere in questione diventa lo studio delle
trasformazioni, del modo e del grado in cui i tratti distintivi, isolati in un certo numero di opere in base alla
somiglianza delle une con le altre, si sono mantenuti o perduti nel corso della storia. Un genere è individuato
simultaneamente dalla forma e dal tema. Parliamo di tema intergenerico quando un tema non è
perfettamente identificabile con un genere (la guerra è sì tema dell'epos ma anche del romanzo). La forma è
determinante per l'identità del genere, ad esempio guerra ed esametro. Ma anche la forma non basta a
definire un genere. Solo unendo forma e tema possiamo identificare correttamente un genere.
In effetti forma e tema non bastano ad identificare sempre un genere. Contribuisce molto anche l'orizzonte
d'attesa del lettore. Molti autori inseriscono un sottotitolo nella loro opera proprio per indirizzare il lettore,
ma questa è anche una spia di come sia difficile, specialmente oggi, qualificare un testo in un genere
piuttosto che in un altro.
Ci sono generi come il romanzo o la lirica che per la straordinaria varietà tematica e stilistica delle loro
espressioni costringono lo studioso di generi ad una flessibilità interpretativa che altri generi non richiedono.
Epica, tragedia e commedia sono invece generi più formalizzati, che hanno una storia antica e che si sono
prestati nel corso dei secoli a nuove codificazioni.
Nel caso del romanzo addirittura non importa tanto in che misura quel certo romanzo rientri nell'astratto
genere del romanzo quanto in che misura i vari generi si trovino rappresentati e combinati all'interno di quel
certo romanzo. Il critico distinguerà l'epico, il lirico, il drammatico, il tragico o il comico che uniti formano
quel determinato romanzo. Come? Per rimando a testi che si diano a priori per lirici, drammatici eccetera,
cioè per riconoscimento delle allusioni a modelli testuali diversi.
Comunque stiano le cose lo studioso dei generi dovrebbe sempre tenere a mente questo principio: un genere
è sempre relativo al sistema letterario e culturale che lo forma e lo descrive. I generi vanno studiati nella loro
reciprocità. I generi, ancora prima che dai teorici, sono definiti dagli autori e dalle loro opere, l'uno rispetto o
in opposizione all'altro. Il romanzo, per esempio, ha avuto molta più importanza in Inghilterra, la lirica in
Italia e il teatro in Francia. Il genere del romanzo e quello della lirica, dunque, andranno teorizzati sulla base
delle diverse realtà storiche, di cui hanno subito, inglobato e dissimulato motivi e finalità. Pensiamo
all'istituto del matrimonio e Petrarca e Manzoni.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Letterature comparate 8. Il ruolo della tematologia
Lo studio dei temi letterari nasce all'interno della cultura positivistica, interessata com'era alle occasioni
esterne ai testi, a questioni di ordine sovrapersonale, come le fonti o le leggende. Il successivo predominio di
estetiche antipositivistiche, come quella crociana, il formalismo, il New Criticism, hanno ridotto la
tematologia (termine inventato da Harry Levin) per molto tempo a ruolo subalterno perchè per queste
estetiche il tema non ha dignità o esistenza prima della sua
formulazione o espressione linguistica.
A partire dagli anni Sessanta la tematologia ha avuto nuovo sviluppo, grazie a studiosi come Trousson,
Frenzel e Levin. Remo Ceserani è un attivo sostenitore della tematologia.
Per iniziare il nostro discorso partiamo da quanto dice Mario Praz: chiamiamo formali gli studi che spaziano
entro i rapporti fra testi e codici: spazio tutto letterario fuori dal quale, a costanti metriche o retoriche o di
tecnica del racconto, non corrisponde niente. Gli studi tematici sono (o dovrebbero essere) gravati, in più,
dalle tante complicazioni dei rapporti che i testi come i codici intrattengono coi referenti della realtà
extraletteraria. Rapporti testualmente tangibili soprattutto nelle costanti da cui siamo partiti: personaggio,
passioni, eventi, immagini.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Letterature comparate 9. La terminologia del tema
Il primo problema che gli studi tematici hanno dovuto affrontare sono stati quelli di terminologia e di
definizioni, resi più complicati dalla natura internazionale della disciplina e quindi dall'impiego di termini
non del tutto equivalenti per significato. La tematologia ha carattere ancipite e in questo consiste il suo
problema principale: proprio della tematica, dice Segre, è di non staccarsi mai definitivamente
dall'esperienza vissuta, poiché essendo i temi nessi di azioni e situazioni preesistono alla nascita del testo. Il
tema è il linguaggio del nostro contatto conoscitivo col mondo dell'uomo. Anche grazie ad essi la letteratura
continua ad essere una delle rappresentazioni più esaurienti del nostro esistere.
Che cos'è dunque un tema? È tutt'uno con il contenuto? In che modo il tema si distingue da un termine affine
come quello di motivo? Elizabeth Frenzel sostiene che il motivo si distingue dal tema perchè il motivo è più
limitato. Il motivo è una unità tematica minore, che non abbraccia ancora un'intera trama o una storia ma
costituisce di per sé un elemento del contenuto o una situazione. Nelle opere letterarie il cui contenuto sia
relativamente semplice, esso può essere reso in forma condensata attraverso il motivo centrale;
generalmente comunque nei generi letterari standardizzati sono richiesti vari motivi per costituire il
contenuto. È chiaro che la Frenzel dà per scontato che l'analisi tematica riguardi soprattutto i testi di grandi
estensione, e sia quindi una macrotematica.
Per Trousson il motivo è un concetto che denota un atteggiamento particolare o una situazione impersonale
elementare in cui gli attori non siano ancora individualizzati. Il tema è invece l'espressione specifica di un
motivo, la sua individualizzazione o, se si vuole, il risultato di un passaggio dal generale al particolare.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Letterature comparate 10. Il "tipo" di Trousson
Trousson inserisce anche un termine intermedio che chiama tipo. Il tipo è un personaggio che non è ancora
arrivato al livello di individuo. Alcuni motivi, infatti, non si sviluppano al punto da diventare temi,
arrestandosi a uno stadio evolutivo che si potrebbe chiamare quello del tipo: il motivo dell'avarizia, ad
esempio, porta al tipo dell'avaro senza fondare una tradizione letteraria espressa da un personaggio unico.
Sia per la Frenzel sia per Trousson sembra che i motivi si riferiscano alle situazioni e i temi ai personaggi.
Per Boris Tomasevskij il motivo è quell'unità tematica che si ritrova in opere diverse (rapimento della
fidanzata, animali aiutanti). I motivi passano, rimanendo intatti, da un intreccio all'altro, e non ha in questo
caso importanza se essi possano essere ulteriormente scomposti in componenti minori; è sufficiente che essi
compaiano sempre indivisi nell'ambito del genere letterario preso in esame. Sono i motivi che formandosi
tra di loro formano la struttura tematica dell'opera: da questo punto di vista la fabula è costituita dall'insieme
dei motivi nei loro rapporti logici causali – temporali, mentre l'intreccio è l'insieme degli stessi motivi, in
quella successione e in quei rapporti in cui essi sono dati nell'opera.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Letterature comparate 11. Individuare il testo : "tematizzare"
Ulrich Weisstein, dando per buono che i motivi si riferiscano alle situazioni e i temi ai personaggi, osserva
che la totalità dei motivi disponibili agli scrittori di tutto il mondo è relativamente piccola, mentre quella dei
temi è praticamente illimitata.
Questi punti di vista sono sufficienti a dare un'idea della caoticità e della instabilità, ma anche della vitalità,
in cui da decenni la critica sui temi letterari tenta di organizzarsi. Ancora oggi non tutti concordano con la
posizione della Frenzel e il dibattito su tema e motivo è ancora aperto. Massimo Fusillo sostiene che il tema
non si può ridurre al soggetto di un'opera: una serie di testi che raccontano la stessa storia – ad esempio il
mito di Faust – possono tematizzare elementi diversi: possono concentrarsi sulla sete di assoluto o sulla
redenzione finale con esiti spesso molto lontani fra loro. Il tema, o meglio i temi, sono dunque i quadri di
riferimento con cui leggiamo un'opera e che consideriamo esemplificati da quell'opera e da una serie di
opere correlate.
Harry Levin scrive che i temi sono polisemici: vale a dire che essi possono essere investiti di significati
diversi a seconda delle varie situazioni.
Individuare il tema dunque, tematizzare, è una operazione altamente interpretativa con cui, il critico
individua il quadro di riferimento concettuale, il tema, e analizza di conseguenza sia gli elementi strutturali,
formali, semantici, di un singolo testo (livello intratestuale) sia le ricorrenze costanti di un gruppo di testi
(livello intertestuale).
Ma è anche il processo con cui i singoli lettori organizzano la propria ricezione personale, evidenziando e
privilegiando i diversi nuclei tematici a seconda del proprio contesto culturale e della propria esperienza
esistenziale. I temi, come dice Guillen, più che essere entità discrete, sono elementi parziali il cui montaggio
si deve, in definitiva, all'intervento del lettore. Se
combiniamo questa definizione con quella di Tomasevskij arriviamo ad una utile distinzione: che i motivi
riguardano l'ordine dell'azione e i temi l'ordine del pensiero. I temi dunque risultano dalla ricombinazione
dei motivi secondo un ordine diverso da quello del racconto, presupposto che ogni unità narrativa possa
considerarsi in parte veicolo di un tema eventualmente identificabile. Un utile esempio è la Recherche di
Proust: una tematizzazione sulla base del tempo sarà sicuramente più proficua di una tematizzazione sulla
base dell'alienazione del lavoro industriale.
Se Fusillo parla di quadri di riferimento concettuale, Inge Crosman Wimmers parla di quadri di riferimento
referenziale. Da questo il lettore attinge i nodi o i motivi tematici e a partire dall'interferenza di questi
differenti quadri egli comincia a tessere i fili tematici che potrà ricollegare in una rete concettuale o
all'interno di una configurazione gerarchizzante.
Qualcosa di molto simile all'isotopia di Greimas, che indica la ripetizione regolata di cderte immagini e di
certi significati e di certe regole grammaticali all'interno di un discorso. È l'isotopia, che pur non
riconoscibile immediatamente, assicura omogeneità e coerenza al discorso. Il critico trova e ordina gli
elementi dell'isotopia, illuminando i modi in cui il tema è trattato all'interno del testo. Questo momento
preliminare deve continuare con un altro lavoro, quello di indagare i rapporti che il testo tematizzato
stabilisce con altri testi in cui si vede agire il medesimo tema (momento comparativo) che può portare il
critico a tornare sui suoi passi e ridefinire la tematicità del testo (momento sintetico).
Esistono poi temi di lunga e breve durata. I temi nascono nel momento in cui una situazione storica
tematizza un fenomeno naturale (montagna, locomotiva eccetera).
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Letterature comparate