Appunti sui più celebri filosofi medioevali, formatisi sulla dottrina cristiana e autori delle pagine più illuminanti nella storia della Chiesa. Gli scritti di Sant'Agostino, le prove dell'esistenza di Dio di Anselmo d'Aosta, le quattro leggi di Tommaso d'Aquino e il celebre "rasoio" di Ockham
La filosofia nel medioevo
di Carlo Cilia
Appunti sui più celebri filosofi medioevali, formatisi sulla dottrina cristiana e
autori delle pagine più illuminanti nella storia della Chiesa. Gli scritti di
Sant'Agostino, le prove dell'esistenza di Dio di Anselmo d'Aosta, le quattro
leggi di Tommaso d'Aquino e il celebre "rasoio" di Ockham
Università: Università degli Studi di Catania
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Filosofia del medioevo1. Quattro fasi del pensiero medioevale
Il pensiero proto cristiano che si sviluppò in parallelo col pensiero tardo antico pagano si può considerare
chiuso per quanto riguardo l’occidente latino nel V sec. con S. Agostino, mentre per l’oriente greco nel VII
sec. con Massimo il Confessore. Possiamo benissimo dividere il pensiero medievale in 4 fasi che percorrono
tutto il suo millennio tra alto e basso medioevo:
1. V-IX sec. che vede il consolidamento del sacro romano impero e va sotto il nome di “oscurantismo”
medievale a causa dello stato di bassissima e deprimente ricerca culturale. I maggiori esponenti del periodo
sono Boezio e Scoto Eriugena.
2. X-XI sec. che vede le lotte per le investiture e le crociate. È un’epoca caratterizzata dalla riforma
monastica e troviamo Anselmo d’Aosta (esponente della scuola di Chartres) e Abelardo (esponente della
scuola di san Vittore).
3. XII-XIII sec., caratterizzato dal boom della Scolastica e con sommi esponenti di teologia e filosofia come
San Tommaso, San Bonaventura e Duns Scoto.
4. Troviamo l’epoca più buia del medioevo per via delle due crisi che la caratterizzano: Chiesa-Stato e fede-
ragione. Il grande esponente di quest’epoca è Ockham.
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La filosofia nel medioevo 2. Filoni di scuole medioevali
Ho menzionato la parola Scolastica, essa è l’insieme di teologia e filosofia che s’insegnava nelle scuole
medievali. Le scuole medievali erano per lo più edifici scolastici nati nell’ambito ecclesiale, a causa della
chiusura delle ultime scuole filo-pagane da parte di Giustiniano nel 529. Infatti, la Chiesa dovette assorbire
il compito di creare o unire le scuole esistenti. Nacquero scuole che fino al XIII secolo furono divise in tre
filoni:
1. Monacali o abbaziali, erano ammesse ad un’abbazia e condotte da monaci. Nel periodo delle invasioni
barbariche furono il rifugio privilegiato della cultura sia per l’opera di trascrizione sia per quella di
conservazione dei classici.
2. Episcopali poiché erano annessi ad una cattedrale. Erano le scuole che davano l’istruzione elementare per
diventare sacerdoti o assolvere ruoli di pubblica utilità e amministrazione.
3. Palatine, poiché erano annesse alla corte e quindi ai Palatium. È quella che senza dubbio influì di più sulla
cultura medievale e contribuì al suo risveglio. Fu voluta da Carlo Magno e fu affidata nel 781 a Alcuino di
York fino al 804.
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La filosofia nel medioevo 3. Alcuino e il metodo d'istruzione
Alcuino si formò nella scuola episcopale di Jarrow e fu direttore della scuola voluta da Carlo Magno,
nonché suo consigliere riguardante tutte le questioni dell’istruzione e del culto. Organizzò il suo modo
d’istruzione dividendolo in tre gradi:
1. Leggere, scrivere, principi di latino volgare e comprensione della Bibbia e testi liturgici.
2. Studio delle 7 arti liberali ( trivio: grammatica, retorica e dialettica; quadrivio: aritmetica, geometria,
musica e astronomia).
3. Studio approfondito della Sacra Scrittura.
Lui aveva in mente di far sorgere sulla terra dei Franchi una nuova Atene molto più bella e nobile di
quell’antica, poiché qui s’insegnava Gesù Cristo.
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La filosofia nel medioevo 4. XIII secolo, avvento delle Università
Dopo il XIII secolo, queste tre tipi di scuole vanno man mano a decadere si fa sempre più avanti
l’Università. Le prime nascono a Bologna e Parigi come un’associazione di maestri e scolari. Queste
università ebbero conseguenze notevoli poiché contribuirono a formare o meglio a creare una nuova classe
d’intellettuali che si affiancava ai regnum e sacerdotium e aiutarono a superare le differenze di ceto grazie
alla nuova nobiltà che si acquisiva lì: la gentilezza. A Bologna prevalse l’Universitas scholarium, cioè la
corporazione studentesca, mentre a Parigi prevalse l’Universitas magistrorum et scholarium cioè una sorte di
associazione di maestri e scolari e si ampliò la scuola della cattedrale di Notre Dame, che aveva acquistato
sempre più successo nel corso del tempo e fu vista in modo benevolo anche dalla Curia Romana che
l’agevolò. Se si definisce col nome di Scolastica il pensiero elaborato nelle scuole e nelle università,
possiamo trovare l’asse portante di questa cultura nel rapporto fede-ragione, e più precisamente nell’uso
della filosofia per studiare ed interpretare la Bibbia, e di chiarificazione e difesa della fede in vista di una
dottrina sistematica. I programmi di studio che si avevano dalla scuola palatina in pio, dove si distinguevano
le arti liberali dalla teologia, li troviamo in due facoltà: quella delle Arti, che raccoglieva le arti del trivio e
quadrivio e che sviluppò in maniera più libera e autonoma la ragione e la ricerca, l’altra è la Facoltà
teologica che cercò di dar corpo al contenuto della fede tramite lo studio, e l’interpretazione della Bibbia.
Tutto questo fa notare come vi era una tensione tra fede e ragione.
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La filosofia nel medioevo 5. Problema degli universali. Il realismo esagerato
E' il realismo estremo di Scoto Eriugena, Guglielmo di Champeaux e in parte di Anselmo d’Aosta che
ritiene che gli universali esistano per sé, alla maniera dell’Idee platoniche, ossia ante rem (prima delle cose).
Siccome le Idee archetipe sono il modello della realtà, la conoscenza di esse è indirettamente la conoscenza
della realtà e quindi esse sono la vera realtà, le cose esistono nella misura di partecipazione con loro.
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La filosofia nel medioevo 6. Problema degli universali. Il nominalismo
E' la posizione assunta soprattutto da Roscellino, secondo cui l’universale sarebbe un puro nome che designa
una molteplicità di individui. In tal senso la conoscenza non può che avere esiti scettici, perché non esiste
alcun legame sostanziale fra le parole/concetti e le cose.
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La filosofia nel medioevo 7. Problema degli universali. Il concettualismo
E' la tesi di Abelardo. Egli osserva, che gli universali non esistono in natura ma nella nostra mente (post
rem) come concetti; questi si formano allorché la mente nel processo conoscitivo-astrattivo distingue e
separa i diversi elementi che sono compattati nella realtà degli esseri concreti. Nei concetti universali
l’intelletto separa da più enti simili un modo d’essere comune, e questo è il concetto universale per quel
gruppo di individui. In tal modo, però, non viene colta l’essenza delle cose, ma il loro status communis; di
conseguenza noi non potremmo conoscere la verità in sé, questa è conosciuta solo da Dio, ma propriamente i
nostri concetti, che esprimono solo una parte della realtà: appunto quella certa condizione di natura di cui
più oggetti partecipano.
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La filosofia nel medioevo 8. Problema degli universali. Il realismo moderato
E' tipico soprattutto di san Tommaso, secondo cui gli universali sussistono:
Ante rem come idee-archetipo nella mente di Dio;
In Re: come forme delle cose alla maniera di Aristotele,
Post rem: nella mente dell’uomo come concetti.
Si noti che in questo caso la collocazione post rem dipende dalla collocazione in re, che a sua volta dipende
da quella ante rem.
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La filosofia nel medioevo 9. Vita e scritti di Sant'Agostino
Aurelio Agostino nacque il 13 novembre del 354 a Tagaste in Algeri (Africa). Il padre Patrizio era un
piccolo proprietario terriero di religione pagana che si convertì al cristianesimo solo alla fine della sua vita.
La madre Monica era fervente cristiana. Agostino frequentò le scuole di Tagaste e della vicina Madaura.
Dopo si reco a Cartagine dove iniziò gli studi di retorica. La sua formazione culturale si basò per intero nella
lingua latina. Studiò tutti gli autori latini e prese come modello e punto di riferimento Cicerone. Agostino
insegnò prima a Tagaste, poi a Cartagine e infine andò a Roma. La produzione letteraria di Agostino è
immensa; troviamo scritti di carattere filosofico: Contro gli Accademici, l’Ordine, i Soliloqui, L’immortalità
dell’anima, La quantità dell’anima, Il maestro, La musica. Il capolavoro dogmatico-filosofico-teologico
scritto tra il 399 e il 419 riguarda la Trinità: De Trinitatae. Mentre il capolavoro apologetico scritto tra il
413-427 è La città di Dio. Altri scritti sono quelli esegetici come la Dottrina cristiana, I commenti letterali al
Genesi, i Commenti a Giovanni e quelli ai Salmi. Scrisse molte opere contro i Manichei è sono: Sui costumi
della chiesa cattolica e Sui costumi dei manichei, Sul libero arbitrio, La vera religione, Sul Genesi. Non
solo, abbiamo anche opere contro i Donatisti: Contro la lettera di Parmeniano, Sul battesimo, Contro
Gaudenzio vescovo dei donatisti. Anche contro i pelagiani scrisse alcune opere: Lo spirito e la lettera, Sulle
gesta di Pelagio, La grazia di Cristo e il peccato originale. Scrisse pure le Ritrattazioni, in cui esamina e
rettifica alcune tesi scritte prima e che non erano in perfetta linea con la Chiesa. Senza dubbio l’opera più
importante e che costituisce un genere nuovo sono Le confessioni.
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La filosofia nel medioevo 10. 386, anno della conversione di Sant'Agostino
Il 386 fu un anno abbastanza decisivo per Agostino. Era giunto a Milano impregnato dalle idee del
Manicheismo anche se ormai intellettualmente deluso da esso, in lui si faceva sempre più avanti lo
scetticismo. La conversione avvenuta in Agostino non è un passaggio radicale dall’ateismo-pagano al
Cristianesimo, bensì un passaggio sconvolgente e che avviene all’interno di un orizzonte monoteistico
sostanzialmente cristiano, poiché era cresciuto nell’educazione cristiana da parte della madre, aveva
accettato l’inserimento in un orizzonte religioso e per lui il monoteismo era molto evidente e il problema
religioso non era marginale. Egli narra la sua conversione nell’opera: “Le Confessioni”, la ricostruisce e la
narra attraverso un’attenta e ricca analisi di un’evoluzione religiosa ed intellettuale insieme. Ma allora in che
cosa consiste la sua conversione? Certamente non è solo un fatto morale in altre parole in un adeguamento
del comportamento alle verità intellettuali e religiose. Per lui, infatti, la morale è strettamente secondaria e
quindi conseguente alla risposta teoretica.
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La filosofia nel medioevo 11. Conversione di Agostino nelle "Confessioni"
Il testo delle Confessioni narra la sua conversione vista però con l’esperienza vissuta anni dopo. Notiamo
che prima di essere battezzato nel 386, volle fare una rilettura o meglio una riflessione sul percorso che lo
aveva portato a ciò. Fa iniziare tutto dalla lettura dell’Ortenzio di Cicerone, e afferma che la sua lettura mutò
totalmente il suo pensiero, il suo modo di sentire, di pregare e suscitò nuove aspirazioni e nuovi desideri.
Possiamo affermare che la lettura dell’Ortenzio aprì il suo cuore alla ricerca della sapienza, come oggetto e
fine della filosofia. Questa scossa psicologica fu solamente il punto di partenza che lo portò ad
un’evoluzione lenta, per liberarsi dalla cultura retorica e fondarsi via via nella ricerca della sapienza. Ci
troviamo davanti ad una seria ricerca laica della verità nel desiderio di trovare risposta agli interrogativi
fondamentali dell’uomo, per dare così senso e ragioni alla vita. Fuorviante per quanto si voglia, la
conversione al manicheismo da parte d’Agostino fu dovuta dalla conversione alla filosofia. Egli cadde in
essa per una sete di razionalità: il manicheismo gli si proponeva come scienza in grado di sistemattizare
l’Universo, Dio compreso, a differenza della fede cattolica in cui egli viveva in quel periodo e che gli
imponeva solo di credere e non di chiedere.
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La filosofia nel medioevo 12. Filosofare della fede in Sant'Agostino
Agostino fu il più grande pensatore cristiano ad attuare una matura sintesi tra fede, filosofia e vita,
ritenendo che la fede avrebbe tratto luce e ricchezza dalla ragione e che la ragione a sua volta sarebbe stata
stimolata maggiormente dalla fede. In questa ricerca accanita della fede, l’intelligenza dischiude gli
orizzonti del pensiero e si accoglie questa luce che viene da Dio. Non appena si arriva a conoscere la verità
di Dio si resterà allibiti: il sapere che parte dalla fede. Insomma nacque così il filosofare nella fede o la
filosofia cristiana. Non è una forma di fideismo cieco, per Agostino la fede non sostituisce l’intelligenza e
non la elimina, ma la stimola e la promuove e da canto suo l’intelligenza non elimina la fede ma la rafforza e
la chiarifica “Credo ut intelligam, intelligo ut credam”, (credo per pensare, penso per credere).
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La filosofia nel medioevo 13. Metafisica dell'interiorità in Sant'Agostino
La scoperta della persona e la metafisica dell’interiorità (dall’uomo in genere alla persona): Se i greci
quando si riferivano all’uomo lo facevano pensando all’uomo astratto e generale, lui va oltre poiché si
riferisce alla singola persona elabora, infatti, il concetto di persona sulla base del ruolo della volontà.
Agostino vede nei modi di essere della persona il riflesso di Dio Trinità: conoscere ed amare. Siamo quindi
lontano dall’intellettualismo greco, che alla volontà aveva lasciato se non scarsissimo spazio. Per Agostino
è, il confrontarsi della verità umana con la verità divina che porta alla scoperta dell’io come persona,
“nell’anima si rispecchia Dio”. Anima e Dio sono i pilastri della filosofia agostiniana. Non indagando nel
mondo ma scavando nell’anima si trova Dio.
Carlo Cilia Sezione Appunti
La filosofia nel medioevo 14. Verità e illuminazione in Sant'Agostino
Il conoscere quindi tende alla verità e la verità s’identifica con Dio, ciò fa capire che la maggior parte delle
dimostrazioni d’Agostino sull’esistenza di Dio sono dimostrazioni dell’esistenza di una verità somma e
suprema. Egli non accetta del tutto la gnoseologia platonica, ne rifiuta la reminiscenza e la sostituisce con
l’illuminazione: Dio come nella creazione ci fa partecipi dell’essere, così ci fa partecipi della verità; essendo
Lui stesso la fonte della verità. Agostino diceva che nel momento stesso in cui si pretende di negare la verità
la si afferma “si fallor, sum” (se dubito, proprio per poter dubitare, esisto, e se esisto sono certo di pensare).
Per lui la sensazione non è un’affezione che l’anima subisce, poiché gli oggetti sensoriali agiscono sui sensi
e ciò non sfugge all’anima, che agisce traendo non dall’esterno ma dall’interno la rappresentazione di quel
oggetto che è la sensazione. Quindi nella sensazione il corpo è passivo mentre l’anima è attiva. Tutto ciò è
solo il primo grado della conoscenza. L’anima grazie alla ragione le giudica sulla base di criteri che
contengono un “plus” rispetto agli oggetti corporei: mutevoli e imperfetti per il corpo, immutabili e perfetti
per l’anima. Tutti questi criteri di conoscenza derivano da qualcosa che è al di sopra della nostra mente: la
Verità. L’intelletto quindi giudica grazie alla verità da cui è giudicato.
Carlo Cilia Sezione Appunti
La filosofia nel medioevo 15. Agostino e Platone
La verità è la misura di tutte le cose e lo stesso intelletto è misurato in base ad essa. La verità può essere
colta col puro intelletto ed è costituita dalla fede che sono le supreme realtà intelligibili. Agostino riforma
Platone in due punti:
1. Le Idee, sono i pensieri di Dio;
2. Respinge la dottrina della reminiscenza sostituendola o meglio ripensandola e trasformandola in quella
dell’illuminazione: la verità di Dio è la luce che illumina la mente umana nell’atto della conoscenza
permettendole di cogliere le Idee intere come verità eterne e intelligibili presenti nella stessa mente divina.
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La filosofia nel medioevo