Rielaborazione delle lezioni tenute dal prof. Marcheselli presso la facoltà di di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Torino.
Appunti di Diritto Tributario
di Luisa Agliassa
Rielaborazione delle lezioni tenute dal prof. Marcheselli presso la facoltà di di
Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Torino.
Università: Università degli Studi di Torino
Facoltà: Giurisprudenza
Docente: Marcheselli1. Il diritto tributario - Premessa storica
Il diritto Tributario è una realtà relativa, sia nel tempo sia nello spazio; infatti, nel passato e tuttora vi sono
stati e vi sono alcuni ordinamenti che non hanno un diritto tributario/vi sono stati e vi sono alcuni stati che
non hanno bisogno di imporre tributi per finanziare l’attività pubblica. Ad esempio, in passato alcuni
ordinamenti medioevali vendevano titoli nobiliari (Qualora, ad esempio, una persona voleva diventare conte,
pagava una certa cifra al re), con il cui ricavato finanziavano la spesa pubblica (Nel Medioevo, era
sostanzialmente il denaro necessario per condurre la guerra)
Parallelamente, ad esempio, oggi alcuni emirati arabi vivono della vendita di petrolio, previa esportazione: il
sultano, quale personificazione del potere pubblico, ha i suoi pozzi di petrolio, da cui ricava tutto il denaro
che gli serve per la spesa pubblica.
Allo stesso tempo, non c’è stato sempre un diritto tributario anche perché, quando hanno incominciato ad
esistere i tributi, spesso i tributi non erano imposti secondo diritto: ad esempio, durante il Medioevo, il
sovrano, per finanziare la spesa pubblica, procedeva in modo molto semplice, non ricorrendo a leggi o ad
atti amministrativi, bensì ricorrendo a prede di guerra, espropriazioni e/o spoliazioni.
Certamente, il diritto tributario condivide una serie di caratteristiche con altre materie giuridiche: è
composto da un insieme di regole, le c.d. regole tributarie.
Definizione approssimativa di diritto tributario: Insieme di regole che disciplinano il finanziamento della
spesa pubblica/l’attività di raccolta dei fondi che servono per la spesa pubblica (=Denaro di cui hanno
bisogno gli enti pubblici per svolgere le loro funzioni).
Tuttavia, anche se è vero che il diritto tributario disciplina il finanziamento della spesa pubblica, i tributi,
quale unica entrata pubblica rilevante per lo studio del diritto tributario, non sono l’unica forma di
finanziamento della spesa pubblica, ma sono solo una parte delle entrate finanziarie; infatti, la spesa
pubblica si può finanziare con entrate che sono finanziarie (La finanza è il fenomeno di raccolta dei fondi
della spesa pubblica), ma non necessariamente tributarie.
Entrate pubbliche: Qualsiasi acquisizione di valori economici, per un qualsiasi titolo pubblicistico e/o
privatistico (sotto forma di prestazione patrimoniale imposta – tra cui i tributi, che possono essere imposte,
tasse, contributi speciali e/o quid pluris derivante dai monopoli -, sanzione e/o proventi derivanti dalla
contrattazione PA, come soggetto privato, con altri privati), normalmente di denaro, da parte di un soggetto
pubblico.
ESEMPIO: Se lo Stato possiede immobili - ad esempio uno stadio - che affitta - ad esempio ad una società
di calcio -, riceve canoni di affitto che costituiscono una forma di finanza, perché sono denaro che entra
nelle casse dello Stato, ma che non sono tributi.
Definizione corretta di diritto finanziario: Disciplina giuridica sovra ordinata al diritto tributario, che è
costituita dall’insieme di regole che disciplinano tutto il reperimento dei fondi per la spesa pubblica/tutte le
entrate pubbliche.
Definizione corretta di diritto tributario: Disciplina giuridica sott’ordinata al diritto finanziario, che è
costituita dall’insieme di regole che disciplinano quella parte di finanza pubblica/quella parte di reperimento
dei fondi corrispondente ai tributi.
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario 2. Nozioni Fondamentali di Prestazione Patrimoniale Imposta e di
Tributo
Ex art. 23 della Costituzione, “nessuna prestazione personale (che non ci interessa) o patrimoniale può
essere imposta se non in base alla legge”; ciò vuol dire che esiste una categoria di prestazioni, più
propriamente obblighi, che o la legge li prevede o altrimenti non sono validi.
Le prestazioni patrimoniali imposte rilevano quale macro categoria giuridica, perché la Costituzione
statuisce che devono essere regolate ex lege (Pertanto, se non si tratta di imposta, ma di altra entrata
pubblica, la legge non serve!); in particolare, esse sono una forma di entrata pubblica, entro cui è compresa
la categoria dei tributi: ecco perché questa nozione rileva ai fini dello studio del diritto tributario!
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario 3. Facile Significato di “Patrimoniale”
L’aggettivo patrimoniale fa riferimento a ciò che è valutabile economicamente.
In realtà, ai fini della definizione che ci interessa, non basta, perché, essendo ex art 23 Costituzione
contrapposta alle prestazioni personali, la prestazione patrimoniale deve anche essere una prestazione avente
ad oggetto un qualcosa di materiale (e non di personale), deve cioè avere un prevalente contenuto materiale.
La differenza con le prestazioni personali si nota facilmente: una prestazione personale imposta era il
servizio militare (comportamento/obbligo di fare che non interessa evidentemente il diritto Tributario).
Quindi, prestazione patrimoniale non vuol dire solo economicamente valutabile, ma significa anche fatta di
materia: sostanzialmente, vuol dire pagare del denaro (anche se, in misura minoritaria, significa anche
consegnare dei beni).
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario 4. Difficile e Problematica Definizione di “Imposta”
Quando è che una prestazione patrimoniale si dice imposta?
In alcuni casi è molto semplice: se l’obbligato non ha possibilità di scelta, poiché c’è un potere
amministrativo che palesemente lo “costringe”, il significato è pacifico. Ad esempio, per quanto riguarda le
imposte sui redditi (=Somma che lo stato preleva forzosamente dai propri guadagni), è pacifico che si tratti
di prestazione patrimoniale imposta, perché l’obbligato, se si rifiuta, è sanzionato, motivo per cui è una
prestazione patrimoniale che subisce passivamente!
Dunque, è giusto affermare che la prestazione patrimoniale è imposta quando c’è un potere pubblico sovra
ordinato, il quale emana un atto amministrativo sovrano, da cui scaturisce un obbligo che nasce senza il
concorso della volontà dell’obbligato (se io sono obbligato e non ho dato il mio consenso, è evidente che si
tratta di un’imposizione che subisco); tuttavia, la prestazione patrimoniale imposta può esistere anche se un
consenso c’è stato.
È possibile, infatti, che ci siano servizi pubblici essenziali che si ottengono stipulando un contratto, ed è
possibile che non si possano ottenere se non con la stipula del contratto, e che siano anche in regime di
monopolio (quindi o “prendo” il servizio così come mi viene offerto o altrimenti non ne usufruisco). Se si
facesse riferimento solo al criterio (di cui sopra) dell’atto sovrano, questa non sarebbe una prestazione
patrimoniale imposta, perché si è in presenza di un contratto/di una manifestazione di volontà. Ma la Corte
Costituzionale ha detto che c’è imposizione anche quando la costrizione è sostanziale (C’è un contratto, ma
sostanzialmente si tratta di un contratto che io subisco, e lo subisco quando c’è un servizio essenziale e
sostanzialmente sono privo di forza contrattuale. Ad esempio, in passato, così erano le tariffe elettriche
dell’ENEL - su cui adesso si può discutere poiché c’è un avvio di liberalizzazione -: è vero che il privato,
quando va a vivere in una nuova casa, stipula un contratto di fornitura con l’ENEL, ma è anche vero che
l’obbligato non può andare allo sportello dell’ENEL, affermando che le condizioni di fornitura non gli
piacciono e, perciò, vuole pagare meno l’elettricità!), non formale (L’obbligato subisce formalmente, poiché
non stipula alcun contratto, ma semplicemente non può rifiutare l’adempimento di un atto amministrativo
unilaterale).
Riepilogando: Ai fini dell’art. 23 Costituzione e, perciò, al fine della necessità di avere una norma di legge,
è necessario che ci sia una soggezione/una situazione di imposizione, che c’è sicuramente in presenza di un
atto amministrativo sovrano, quando non vi è un contratto e formalmente non c’è una posizione di parità tra
le parti; ma ci può essere soggezione, e dal lato opposto imposizione, anche solo sostanziale. Per tutte le
prestazioni patrimoniali imposte ci vuole la legge.
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario 5. Nozione di Tributo
All’interno della nozione di prestazione patrimoniale imposta, ci sono i tributi: i tributi sono prestazioni
patrimoniali imposte, ma non tutte le prestazioni patrimoniali imposte sono tributi.
PERCHÉ LA NOZIONE DI TRIBUTO È IMPORTANTE?
- La nozione di tributo è molto importante, perché da essa ne discendono una serie di conseguenze pratiche;
ad esempio, l’articolo 14 della Costituzione dice che il domicilio è inviolabile, ma, tra le varie deroghe
consentite all’inviolabilità del domicilio, vi sono le verifiche fiscali: perciò, è importante sapere se quello
che mi stanno chiedendo è un tributo, per vedere se è rispettato l’articolo 14 della Costituzione – se si tratta
di un tributo/di una verifica fiscale, art. 14 è rispettato!
Inoltre, ad esempio, l’art. 81.3 Costituzione statuisce che non si possono istituire nuovi tributi con le leggi di
bilancio bilancio : per comprendere il significato di questo articolo, bisogna conoscere la nozione di tributo.
Ma soprattutto, a livello di legge ordinaria, vi sono tante norme che riguardano i tributi, che presuppongono
appunto che si sappia cosa sia un tributo: ad esempio, la disciplina della giurisdizione delle Commissioni
Tributarie (= Disciplina che stabilisce la giurisdizione dei giudici tributari) dice che i giudici tributari sono
competenti per tutti i tributi : di fronte ad una prestazione patrimoniale imposta per sapere davanti a quale
giudice devo andare per tutelarmi devo sapere cosa sia un tributo.
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario 6. Categorie di Tributi
Sui manuali si dice normalmente che il tributo o è un’imposta, o è una tassa, o è un contributo speciale, o è
un monopolio .
1) IMPOSTA (= FORMA DI TRIBUTO ATTUALMENTE PIÙ DIFFUSA) - Non deve essere confusa con
la prestazione patrimoniale imposta: all’interno della macro categoria delle prestazioni patrimoniali imposte,
vi sono anche i tributi, di cui una sotto categoria è l’imposta!
È giusto dire, per progressiva approssimazione, che l’imposta, in senso tecnico, è una PRESTAZIONE
PATRIMONIALE IMPOSTA; il suo tratto caratterizzante è quello di essere un prelievo/un’entrata tributaria
CHE, PUR SERVENDO A FINANZIARE LA SPESA PUBBLICA, NON È CORRELATA
DIRETTAMENTE ALL’UTILIZZO DI UN PARTICOLARE SERVIZIO PUBBLICO; IN
PARTICOLARE, quasta specie di tributo COLPISCE forme/manifestazioni di ricchezza non collegate
direttamente con la fruizione di servizi pubblici, quali sono IL REDDITO E/O IL PATRIMONIO E/O I
CONSUMI.
ESEMPIO 1: Le imposte sui redditi hanno lo scopo ultimo di far funzionare gli ospedali, le strade, …, quali
servizi pubblici che determinano un’ingente spesa pubblica; tuttavia, il denaro prelevato con queste imposte
non è riscosso quando si va in ospedale e/o quando si usa la strada: anche se c’è un collegamento economico
finanziario indiretto tra l’imposta ed l’utilizzo del servizio pubblico, non c’è un collegamento diretto ed
immediato!
ESEMPIO 2: L’IVA (=Imposta sul Valore Aggiunto) è un’imposta, perché è pagata in relazione all’acquisto
di beni/ai consumi, quale forma di ricchezza che - come si è detto - è colpita esclusivamente dalle imposte!
A prima vista, può sembrare una tassa, poiché, avendo presente il concetto di servizio divisibile, ogni volta
che si compra un bene, l’acquirente compie un’operazione divisibile; tuttavia, andando più a fondo, la tassa
è un quantum che il contribuente paga perché sta ottenendo un servizio pubblico, mentre l’IVA si paga su
qualunque prestazione e non solo sui servizi pubblici!
Nel linguaggio comune (dei quotidiani e non solo), i concetti di imposta e di tassa sono utilizzati come
sinonimi in modo confuso, ma tecnicamente sono due concetti giuridici di contenuto diverso!
ESEMPIO: La differenza dell’imposta rispetto alla tariffa dell’elettricità (intesa quale servizio pubblico
essenziale, dal punto di vista dell’obbligato che ne fruisce, perché, se il privato vuole la corrente elettrica, si
può rivolgere esclusivamente all’ENEL) è palese, indipendentemete dal fatto che quest’ultima prestazione
patrimoniale sia o meno una tassa; infatti, la bolletta dell’ENEL ammonta ad una certa somma proporzionale
al tot di energia elettrica consumata e, pertanto, è del tutto evidente che non si tratta di un’imposta!
2) TASSA (= FORMA DI TRIBUTO STORICAMENTE PIÙ RISALENTE, SUCCESSIVA SOLO ALLE
PREDE BELLICHE NEI PAESI NEMICI ED ALLA VENDITA DI TITOLI IMMOBILIARI, SEMPRE
AL FINE DI FINANZIARE LA GUERRA) - È giusto dire, per progressiva approssimazione, che la tassa, in
senso tecnico, è una PRESTAZIONE PATRIMONIALE IMPOSTA; il suo tratto caratterizzante è quello di
essere un prelievo/un’entrata tributaria percepita/RISCOSSA/pagata, IN QUANTO DIRETTAMENTE
COLLEGATA CON LA FRUIZIONE DI UN SERVIZIO PUBBLICO da parte del cittadino obbligato a
pagarla.
Tuttora problematica e senza univoco orientamento è la distinzione tra tassa e corrispettivo pubblico, quale
tematica che appassiona i giuristi tributari da circa 50 anni ; infatti, le tasse sono la forma di tributo più
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario ambigua, essendo riscosse nei confronti di un privato che, avendo richiesto ed ottenuto un servizio pubblico,
è costretto a pagare detto corrispettivo: le tasse sono ambigue perché assomigliano al prezzo pagato da un
cliente!
È evidente che le tasse, essendo prestazioni patrimoniali imposte, sono oggetto di costrizione e, perciò, un
confine approssimativo consta nel fatto che, se l’obbligato non è in condizione di soggezione/è in
condizione di sostanziale libertà, non si tratta di prestazione patrimoniale imposta e, di conseguenza, non si
tratta di tassa, bensì si tratta di corrispettivo pubblico; allo stesso tempo, trattandosi di una sottocategoria di
tributi, diversamente dal corrispettivo pubblico, sono riscosse in adempimento ad un dovere di solidarietà ex
art. 53.1 della Costituzione (cfr definzione in positivo di tributo di cui di seguito).
Tuttavia, all’interno delle prestazioni patrimoniali imposte, alcune sono tasse e altre sono prestazioni
patrimoniali imposte ulteriori e diverse dalle tasse: mentre, verso l’alto, è facile distinguere la tassa
dall’imposta (secondo le rispettive definizioni di cui sopra), la distinzione è difficile e complessa verso il
basso, perché, sotto la tassa, c’è qualcosa di imposto che non è tassa!
ESEMPIO: La tassa di concessioni cooperative, quali la licenza di telefonia mobile (Chi vuole accedere
come concessionario al servizio di telefonia paga un certo tributo), è correlata col servizio di concessione;
tuttavia, anche il biglietto, che si paga per essere trasportati dall’autobus, è correlato ad un servizio pubblico,
quale è il trasporto, ma è un corrispettivo pubblico e, perciò, non è una tassa.
La tesi prevalente nella dottrina tributaria sostiene che le tasse sono prestazioni patrimoniali imposte
riscosse a fronte di un servizio, QUALORA DETTO SERVIZIO RAPPRESENTI IL NUCLEO
ESSENZIALE DELLE PRESTAZIONI/DELLE FUNZIONI DEL SOGGETTO PUBBLICO (= Servizi
pubblici più importanti, perché riguardano il nucleo principale dell’attività pubblica dello Stato - Si tratta di
un concetto giuridico relativo e variabile nel tempo).
ESEMPIO 1: La giustizia e/o la sicurezza pubblica rientrano nel novero dei servizi pubblici più importanti
per lo Stato/dei poteri pubblici essenziali per lo Stato e, di conseguenza, è certo che le prestazioni
patrimoniali imposte riscosse in correlazione ad essi sono tasse!
ESEMPIO 2: Il prezzo del biglietto dell’autobus è un prezzo che, pur essendo riscosso ed amministrato da
un soggetto pubblico (poiché non è determinato in base a tariffe di mercato) e servendo al finanziamento
della spesa pubblica per il servizio di trasporto (anche se non copre l’intero costo del servizio di trasporto),
non è una tassa, perché riguarda il trasporto pubblico, quale servizio che non rientra nel nucleo essenziali
delle funzioni statali.
3) CONTRIBUTO SPECIALE (= CONCETTO INTERMEDIO TRA IMPOSTA E TASSA) - È giusto dire,
per progressiva approssimazione, che la tassa, in senso tecnico, è una PRESTAZIONE PATRIMONIALE
IMPOSTA; il suo tratto caratterizzante è quello di essere un prelievo/un’entrata tributaria
percepita/RISCOSSA/pagata IN RELAZIONE AD UN SERVIZIO PUBBLICO NON DIVISIBILE, IN
QUANTO A FAVORE DI UNA CERTA COLLETTIVITÀ DI SOGGETTI OBBLIGATI e, perciò, non
individuale, ma collettivo: poiché non si può quantificare la percentuale/la frazione individuale di servizio
pubblico usufruito da ciascun membro obbligato di detta collettività, la spesa pubblica in proposito è divisa
equamente (secondo criteri di riscossione ad hoc del contributo speciale) tra tutti i soggetti obbligati.
ESEMPIO: La tassa di concessione è pagata dall’obbligato in relazione ad una quota di servizio corrispettiva
da parte del soggetto pubblico, ben individuabile dallo stesso obbligato; al contrario, qualora una regione, al
fine di bonificare un certo territorio, abbia bisogno di costruire opere edili, quali argini e/o dighe, per
finanziare tale attività la regione stessa chiede un contributo speciale ai privati, che, pur essendo correlato al
servizio pubblico della costruzione di opere edili pubbliche, tuttavia, non è individuabile, in termini
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Appunti di Diritto Tributario quantitativi, dagli stessi privati obbligati.
4) MONOPOLIO - Secondo un’orientamento dottrinale non del tutto pacifico, SE IL SOGGETTO
PUBBLICO GESTISCE un servizio O VENDE beni (quali, ad esempio, le sigarette) IN REGIME DI
MONOPOLIO, ESSENDO SVINCOLATO DALLA LOGICA DI MERCATO, POTRÀ IMPORRE UN
PREZZO SUPERIORE AL PREZZO DI MERCATO, DI CUI, mentre una parte è costituita dal prezzo di
mercato (= costo di produzione + lucro/guadagno commerciale), L’ULTERIORE QUID PLURIS ha natura
tributaria/È UN’ENTRATA TRIBUTARIA, poiché va a vantaggio del soggetto pubblico stesso, senza avere
giustificazione economica (poiché non è il corrispettivo remunerativo di un servizio)!
CHE COSA DISTINGUE IL TRIBUTO NELL’AMBITO DELLE PRESTAZIONI PATRIMONIALI
IMPOSTE? Queste quattro categorie di tributi (di cui qui sopra) hanno un elemento in comune,
caratterizzante ed unificante la nozione di tributo.
Intanto, quale definizione in negativo, i tributi non sono prezzi/corrispettivi riscossi secondo la logica di
mercato: è chiaro che, quando lo stato preleva l’imposta sui redditi di una persona fisica, tale obbligata non è
il mercato; allo stesso tempo, i tributi non sono corrispettivi riscossi in regime di prezzo amministrato o
calmierato, quali prezzi pubblici di favore nei confronti dei cittadini obbligati al loro pagamento (come, ad
esempio, il biglietto dell’autobus).
Secondariamente, quale ulteriore definizione in negativo, i tributi non sono una sanzione punitiva: ad
esempio, anche la multa è una prestazione patrimoniale imposta, ma non è un tributo, perché la multa serve
a punire; allo stesso tempo, i tributi non sono una sanzione risarcitoria: infatti, i propri guadagni non sono un
fatto illecito, da punire con le tasse!
Parallelamente, quale definizione in positivo, ex art. 53.1 della Costituzione, i tributi sono prestazioni
patrimoniali imposte richieste all’obbligato per ragioni di solidarietà/in adempimento ad un dovere di
solidarietà nei confronti del corpo sociale cui appartiene; in particolare, l’art. 53.1 della Costituzione
statuisce che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”,
il che, quasi unanimamente in dottrina, è inteso come esplicazione del dovere di solidarietà, poiché l’art.
53.1 della Costituzione è una specificazione dell’art. 2 della Costituzione, che statuisce che il cittadino è
tenuto ad “adempimento dei doveri inviolabili di solidarietà politica, economica e sociale”, di cui uno è
proprio il pagamento dei giusti tributi.
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario 7. Le Fonti del Diritto Tributario - Articolo 53.1 della Costituzione
Innanzitutto, le regole tributarie sono presenti nella Costituzione; alcune sono norme molto particolari e non
particolarmente significative: ad esempio, ex art. 75.2 della Costituzione “non è ammesso il referendum
abrogativo per le leggi tributarie”, perché, altrimenti, questo referendum avrebbe il 100% dei consensi.
Altra norma costituzionale non significativa è l’art. 81.3 della Costituzione, secondo cui “con la legge di
approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi”, poiché, per ragioni di ordine, dato che la
legge di bilancio è una legge che organizza la spesa, non si vogliono mescolare le spese con i tributi, che
sono evidentemente delle entrate.
L'ARTICOLO 53.1 DELLA COSTITUZIONE CIRCA IL PRINCIPIO DELLA CAPACITÀ
CONTRIBUTIVA
- Fondamentale norma costituzionale è l’art. 53.1 della Costituzione, secondo cui “tutti sono tenuti a
concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” (=Tutti i cittadini devono pagare,
al fine di finanziare la spesa pubblica, in relazione a quanto possono), quale modalità legislativa di
elaborazione dei tributi.
In particolare, l’espressione tutti significa, a buon senso, tutti coloro che hanno un rapporto con i servizi
pubblici italiani, indipendentemente dal fatto che essi siano o meno cittadini italiani: si tratta, pertanto, o di
residenti in Italia, o di imprenditori che hanno un’attività in Italia, o di persone fisiche che hanno ricchezze
investite in Italia.
Quale primo significato banale, l’art. 53.1 della Costituzione afferma che, se l’obbligato non ha alcuna
forma di ricchezza, non può contribuire; quale significato fondamentale e pacifico, l’art. 53.1 della
Costituzione identifica il parametro fondamentale/il centro di gravità di tutto il diritto tributario, che è la
capacità contributiva: non c’è tributo, se non c’è capacità contributiva (Per questo motivo, un tributo senza
capacità contributiva è incostituzionale: ad esempio, anni fa esisteva un tributo sui celibi - oltre all’ulteriore
incostituzionale tributo su coloro che portavano gli occhiali -, anche se il non essere sposati non è una
forma/una manifestazione di richezza patrimoniale e, di conseguenza, era una previsione di legge
incostituzionale) e, di conseguenza, i tributi devono essere correlati alla capacità di contribuire (Ciò significa
che più c’è capacità di contribuire, più deve esserci tributo e, allo stesso tempo, a parità di capacità
contributiva ci deve essere uguale tributo, previa lettura coordinata di art. 3 della Costituzione con art. 53.1
della Costituzione).
Pertanto, è pacifico che, da quando è stato emanato l’art. 53.1 della Costituzione, il tributo non si giustifica
più, quale mero arbitrio, per il fatto che lo Stato è sovrano/non basta che ci sia il pubblico potere per essere
soggetti ad un tributo, perché il Parlamento, nell’emanare le leggi tributarie, è limitato dal fatto che può
imporre tributi solo se c’è capacità contributiva! Quest’affermazione non è del tutto banale, poiché (anche se
l’Italia è solitamente considerata come ritardataria rispetto all’adeguamento ai parametri europei) la
giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo sostiene che i tributi si giustificano sulla base della
sovranità, motivo per cui l’Europa, a tal proposito, è meno evoluta rispetto all’Italia; in particolare, ancora
nel 2001, questa Corte ha affermato che i principi del giusto processo non si applicano al processo tributario,
perché il legislatore tributario, in quanto sovrano, ha il libero arbitrio in tema di imposizione di tributi!
Anche se a livello pratico questo significato è pacifico, sul piano ideologico è discutibile e diversificabile,
poiché l’art. 53.1 della Costituzione è politicamente neutro: mentre il liberale intende l’art. 53.1 della
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario Costituzione quale norma di garanzia/di difesa nei confronti dello Stato (che, infatti, non può prelevare al
privato, al di là dei limiti della capacità contributiva), il socialista mette l’accento sulla solidarietà,
intendendo l’art. 53.1 della Costituzione come estrinsecazione di un obbligo del singolo privato nei
confronti della collettività cui si appartiene.
COSA SI INTENDE PER CAPACITÀ CONTRIBUTIVA?
In realtà, a prima vista, l’art. 53.1 della Costituzione si limita ad affermare che “tutti devono contribuire se
possono contribuire”, ma non chiarisce espressamente quando sussiste questa capacità contribuitiva; per
questo motivo, negli anni 50, questa norma era a tal punto svalutata da essere ritenuta dai giuristi quale
norma vuota.
Pertanto, quale riempimeto di significato dell’art. 53.1 della Costiutuzione, la Corte Costituzionale ha
affermato che si tratta di una norma volutamente generica, che significa che “ai tributi deve corrispondere
ricchezza”: la definizione espressa di capacità contributiva, contenuta nella giurisprudenza della Corte
Costituzionale, è CAPACITÀ CONTRIBUTIVA = QUALUNQUE FORMA DI RICCHEZZA (=
patrimonio - ho tot ville -, reddito - ho tot stipendio -, consumo - ho tot spese -), PURCHÈ
ECONOMICAMENTE VALUTABILE, CHE SIA EFFETTIVA (Ovviamente, la ricchezza deve sussistere
nella realtà dei fatti) ED ATTUALE (Logicamente, la ricchezza deve sussistere nel momento in cui il tributo
è prelevato: il tributo non può essere riscosso/l’obbligato non può concorrere alle spese pubbliche sulla base
di una ricchezza da lui detenuta in passato).
Di conseguenza, se c’è ricchezza effettiva ed attuale, ci deve essere tributo, tenendo ovviamente presente
che il tributo non può essere rappresentato da una curva asintotica: tende verso il 100%, ma non lo
raggiunge mai, perché, altrimenti, si incorrerebbe in espropriazione di ricchezza; pertanto, a parità di
ricchezza vi deve essere parità di tributo, mentre, se cresce e/o decresce la ricchezza, cresce e/o decresce il
tributo.
ESEMPIO: I beni di lusso (quale è un motoscafo) e/o i redditi molto ingenti sono maggiormente tassati
previa aliquote maggiorate - IVA, anziché X%, Y% -, quale imposizione tributaria, più che
proporzionalmente alta sulle forme di ricchezza più ingenti, giustificabile ex art. 53.1 della Costituzione,
nell’ottica del principio di progressività.
Tuttavia, queste affermazioni pacifiche implicano che, se c’è ricchezza, automaticamente deve esserci
tributo? A livello costituzionale sì, ma non basta l’art. 53.1 della Costituzione ad obbligare il detentore della
ricchezza: l’art. 53.1 della Costituzione è un mero comando rivolto, in prima battuta, al legislatore tributario,
in base al quale egli può e deve tassare esclusivamente la ricchezza. Pertanto, non può capitare che l’ufficio
tributario può discrezionalmente riscuotere i tributi circa forme di ricchezza non previste dalla legge
tributaria!
L’ATTUALITÀ DELLA CAPACITÀ CONTRIBUTIVA
- Dall’attualità della capacità contributiva sorge il problema della retroattività della norme tributarie
sostanziali (=Disposizioni di legge che stabiliscono quando, perchè e quanto il detentore di ricchezza è
tenuto a contribuire alla spesa pubblica - ESEMPIO: Tasso oggi i tuoi redditi di 10 anni fa) una norma
tributaria sostanziale retroattiva sarebbe una norma che pretenda di tassare oggi una ricchezza del passato:
l’attualità della ricchezza tassabile nega questa possibilità!
Tuttavia, poiché le norme tributarie retroattive sono abbastanza frequenti, quando la Corte Costituzionale si
è trovata di fronte a questioni di illegittimità costituzionale in proposito, “arrimpicandosi sugli specchi”, ha
chiarito che l’attualità della capacità contributiva implica soltanto una presunzione di conservazione della
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario ricchezza detenuta in passato.
Pertanto, ha stabilito che le leggi che tassano ora una ricchezza del passato sono costituzionali, se si può
ragionevolmente presumere che, anche se il legislatore tributario si riferisce ad un fatto del passato,
l’identica ricchezza è rimasta ancora adesso: formalmente la legge può guardare al passato, ma solo se la
risalenza temporale della ricchezza tassabile è ragionevolmente breve (È evidente che non sono tassabili le
successioni avvenute 100 anni fa!) e, allo stesso tempo, solo se si può ragionevolmente presumere che la
ricchezza si sia conservata ancora oggi.
Problema diverso, che accomuna il dirtto tributario ad altre discipline giuridiche, è la retroattività delle
norme tributarie che riguardano il procedimento di accertamento e/o il processo: è chiaro che, in questo
caso, non è in gioco il significato dell’attualità della capacità contributiva ex art. 53.1 della Costituzione,
bensì è in gioco l’eventuale lesione del diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione.
ESEMPIO: Sulla base di norme vigenti al momento della presentazione del ricorso, il detentore di ricchezza
ha 60 giorni per fare ricorso alla Commissione tributaria; qualora egli abbia ricorso il 59o giorno, se un anno
dopo l’inizio del processo entra in vigore una norma per cui il termine di ricorso è diminuito a 30 giorni,
quale termine da applicarsi retroattivamente anche ai ricorsi già presentati; qui evidentemente non è in gioco
l’art. 53 Cost., ma è in gioco il diritto di difesa, è evidente la lesione del diritto di difesa e, perciò,
l’incostituzionalità di detta norma.
L’EFFETTIVITÀ DELLA CAPACITÀ CONTRIBUTIVA
- Anche se a prima vista il concetto di effetività della capacità contributiva sembra ovvio (poiché o la
ricchezza c’è o la ricchezza non c’è), esso merita un doveroso approfondimento circa tre diversi punti di
vista.
In primo luogo, anche se l’ideale sarebbe misurare esattamente - al centesimo di € - la quantità di ricchezza
a capo di ciscun contribuente, quest’operazione è molto difficile, dato che neppure l’obbligato stesso è
consapevole al 100% della sua effettiva ricchezza! Nonostante sembri piuttosto scandaloso, oltre un certo
limite materiale, lo Stato non può controllare l’effettività della ricchezza imponibile, motivo per cui un
ordinamento tributario si deve accontentare di una misurazione ragionevolmente corretta ed esatta, previa
approssimazione accettabile, della capacità contributiva: mentre vi sono categorie professionali per cui
questo procedimento di controllo tributario è più agevole, altre categorie professionali sono più difficili da
controllare.
ESEMPIO 1: Il dipendente, la cui unica fonte di reddito è lo stipendio ricevuto dalla grande industria FIAT,
presso cui è impiegato, è facile da controllare, perché, essendoci un unico datore di lavoro e migliaia di
dipendenti, per misurare al centesimo di €, basta domandare alla FIAT stessa quanto paga esattamente i
propri impiegati. SARÀ QUASI IMPOSSIBILE PER LUI “SCAPPARE” DAL FISCO!
ESEMPIO 2: Il porcaro che vende panini con il furgoncino ha l’obbligo di emettere tutti gli scontrini fiscali,
ma di fatto non lo fa, motivo per cui è più difficile sapere quanto guadagna/il suo reddito effettivo. SARÀ
MOLTO FACILE PER LUI “SCAPPARE” DAL FISCO!
REDDITO NORMALE E CATASTO - In secondo luogo, è molto discussa la costituzionalità o meno del
sistema catastale (=Sistema di determinazione a priori delle imposte sui beni immobili, previa criteri a d hoc,
che rendono superfluo che il proprietario dichiari dettagliatamente quanto egli abbia effettivamente
guadagnato dal proprio bene), argomentando che la sua incostituzionalità consterebbe nell’assenza di
effettività della capacità contributiva, in quanto esso, anche se costantemente aggiornato, si limiterebbe a
misurare mediamente, ma non effettivamente, i redditi immobiliari (=quanto un immobile produce).
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario ESEMPIO: Il catasto si limita ad affermare che un terreno destinato a produrre mele, se sfruttato
ordinariamente, produce mediamente tot € all’anno; i mass media erroneamente affermano che questo
sistema di imposizione delle tasse è incostituzionale, poiché non va a misurare quanto effettivamente
guadagna l’agricoltore, ma si limita ad indicare il guadagno medio auspicabile dall’immobile!
Secondo il prof.re Marcheselli, questo è un errore concettuale: è vero che la ricchezza imponibile deve
essere effettiva, ma ex art. 53.1 della Costituzione l’effettività della capacità contributiva non è sinonimo di
effettività dell’incasso di una somma di denaro, ma è sinonimo di effettività di avere a disposizione una
certa ricchezza: l’art. 53.1 della Costituzione non afferma che la ricchezza sia quanto il proprietario
guadagna effettivamente dal proprio bene!
ESEMPIO: Se il contribuente guadagna 100 da un bene, ha una ricchezza di 100, ma è altrettanto vero che,
se il contribuente ha a disposizione un bene che potrebbe produrre 100, questa è comunque una forma di
ricchezza, perché, se egli ottiene di meno, è colpa sua! Il catasto, perciò, tassa la ricchezza, intesa come bene
potenzialmente produttivo di 100!
REDDITI NOMINALI - Infine, un ultimo aspetto dell’effettività della capacità contributiva inerisce la
ricchezza solo nominale/i valori nominali: in Italia, i tributi sono riscossi sulla base del valore monetario,
senza tener conto dell’inflazione. Quindi, soprattutto entro un sistema giuridico entro cui le aliquote salgono
progressivamente, il contribuente a volte può guadagnare solo apparentemente. Ad esempio:”se ho una casa
che vale 100 e c’è stata inflazione del 10% e alla fine dell’anno io la rivendo a 110 (100 + inflazione) io
nella sostanza non ho guadagnato niente/non mi sono arricchito, perché i 110 valgono come i 100 dell’anno
prima”; la regola però è che, salvo correttivi di parte speciale, i tributi si applicano al valore nominale.
Questo può creare problemi: negli anni ’70 c’è stata forte inflazione quindi questi meccanismi hanno
portato, talvolta, a tassare persone che erano in perdita.
La Corte Costituzionale ha detto che è legittimo un sistema che tassa i valori nominali (?soprattutto per
ragioni pratiche, poiché il depurare tutte le operazioni economiche dall’inflazione renderebbe folle
qualunque tipo di contratto?) purchè questo rimanga nell’ambito della ragionevolezza, cioè come dire se la
cosa diventa sistematica allora si devono mettere dei correttivi. La regola salva eccezione è che conta solo il
valore nominale.
Molto spesso nel diritto tributario ci sono le c. d. agevolazioni, in base alle quali una certa ricchezza è
agevolata/è trattata meglio di un’altra; pertanto, è possibile che, a parità di capacità contributiva, ci sono
certe ricchezze che sono sottoposte ad un’imposizione inferiore/sono tassate di meno. Come giustifico
questo fenomeno alla luce della capacità contributiva, quale criterio generale per l’imposizione tributaria, ed
alla conseguente proporzionalità tra la quantità di ricchezza e la quantità di tributo da conferire? L’art. 53
della Costituzione non è l’unica regola costituzionale che esiste; pertanto, la deroga alla capacità
contributiva/il diverso trattamento impositivo riguardo due identiche capacità contributive sia giustificato da
altre norme costituzionali: ad esempio, nella Costituzione ci sono norme che agevolano il risparmio (art. 38
Cost.) , motivo per cui una tassazione più lieve, perché tendente ad agevolare il risparmio, non violerebbe
l’art. 53 Cost, perché quest’ultimo dovrebbe essere rapportato all’ulteriore valore costituzionale tutelato ex
art. 38 Cost.
PRESUNZIONE DI (PICCOLA) CAPACITÀ CONTRIBUTIVA IN CAPO A CHI PAGA LE TASSE (DI
ESIGUO IMPORTO)
- Il prof.re Marcheselli sostiene la tesi secondo cui a tutti i tributi (=imposte + tasse + contributi speciali +
monopoli) si applica il principio di capacità contributiva: quindi, anche alle tasse si dovrebbe applicare il
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario principio di capacità contributiva; tuttavia, sia la maggior parte della dottrina tributaria, sia la giurisprudenza
della Corte Costituzionale hanno escluso che alle tasse si applichi il principio di capacità contributiva,
ritenendo, pertanto, che la legittimità costituzionale delle tasse prescinda dal fatto che chi le paghi manifesti
una capacità contributiva.
Questo formale contrasto tra la tesi del prof.re Marcheselli e la giurisprudenza della Corte Costituzionale
può essere risolto; infatti, la giurisprudenza della Corte Costituzionale nasce da casi in cui la prestazione
imposta al privato corrisponde, ad esempio, al ticket dell’ospedale (Pertanto, secondo il prof.re Marcheselli,
il ticket sanitario rientra nella categoria delle tasse - intese quali corrispondenti monetari dei servizi che sono
l’esplicazione del nucleo essenziale dei servizi pubblici - e, di conseguenza, la sanità è un servizio pubblico
essenziale, al pari di giustizia e sicurezza), da cui consegue il banale e fondato ragionamento “Che ricchezza
manifesta un paziente malato?”: secondo il prof.re Marcheselli, questo ragionamento della Corte
Costituzionale deve essere letto non nel senso che rispetto alle tasse non è necessaria la sussistenza di una
capacità contributiva, bensì nel senso che, visto che l’ammontare/l’importo delle tasse è di solito molto
esiguo, è ovvio/è presunto che chi è tenuto al loro pagamento abbia i mezzi per pagare/la capacità
contributiva ad hoc, motivo per cui LE TASSE POSSONO ESSERE RISCOSSE ANCHE PER SERVIZI
CHE NON ARRICCHISCONO CHI LE PAGA.
ESEMPIO: Se ci si cura in ospedale, non si diventa più ricchi, quale immediata conseguenza dell’essere stati
curati e, allo stesso tempo, essendo malato, non si manifesta ricchezza: semplicemente, il malato fruisce di
un servizio sanitario, il cui ticket, quale sottocategoria di tassa, si presume pagabile a suo capo.
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario 8. Le Fonti del Diritto Tributario - Articolo 53.2 della Costituzione
L'ARTICOLO 53.2 DELLA COSTITUZIONE CIRCA LA PROGRESSIVITÀ DEL TRIBUTO
- Ex art. 53.2 della Costituzione, “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”, quale modalità
legislativa di elaborazione dei tributi, ulteriore rispetto a quella ex art. 53.1 della Costituzione (di cui sopra).
Dicesi tributo progressivo, il tributo che cresce più che proporzionalmente al crescere della ricchezza.
Progressività vuol dire non proporzionale. Allora un tributo proporzionale è un tributo tale che alla ricchezza
100 corrisponde un tributo 10, alla ricchezza che raddoppia (200) corrisponde un tributo 20. Progressivo
vuol dire, per esempio, che “se la ricchezza è 100 il tributo è 10, se la ricchezza è 200 il tributo anziché
essere 20 è 30”.
Perché la Costituzione dice che il sistema è improntato/ispirato a criteri di progressività? Per la c. d. teoria
del cucchiaio di minestra: si dice che il contribuente “è come uno che sta seduto al tavolo, ha fame e mangia
la minestra; i primi cucchiai di minestra gli fanno più piacere, lo nutrono di più, se li gusta di più, ma, man
mano che mangia, poiché si avvicina alla sazietà, i cucchiai gli danno meno piacere”.
L’economia finanziaria rovescia questo discorso, sostenendo che, se toglie il primo cucchiaio di minestra, fa
dispetto peggiore che se toglie l’ultimo”: chi è molto ricco patisce molto meno a vedersi sottrarre da
un’imposta le frazioni marginali più alte! Alla base di questo ragionamento, sta il principio dell’uguaglianza
del sacrificio, previa interpretazione di buon senso dell’art. 53.2 della Costituzione, secondo cui i
contribuenti devono tendenzialmente sacrificarsi nella stessa misura: per avere un X sacrificio in capo ad un
povero, basta toglierli una catasta di mele, mentre, per avere lo stesso sacrificio X (a livello di danno patito)
da uno stramilionario, bisogna toglierli molto di più!
Perciò, ex art. 53.2 della Costituzione, il sistema tributario, ispirato alla regola della minestra, la deve
tendenzialmente realizzare: non tutti i tributi devono essere progressivi, ma è sufficiente che vi siano delle
forme di progressività.; infatti, questa è una regola generale di tipo programmatico, che, oltre ad autorizzare
il legislatore ad elaborare tributi progressivi (Pertanto, una funzione di questa norma, ulteriore a quella
programmatica, è quella di legittimare le norme sostanziali tributarie che prevedono un tributo progressivo),
è un invito al legislatore, che tendenzialmente dovrà muoversi in questa direzione ?
IN PARTICOLARE, DATA LA NATURA PROGRAMMATICA DELL’ART. 53.2 DELLA
COSTITUZIONE, SE L’ORDINAMENTO TRIBUTARIO NON PREVEDESSE IMPOSTE
PROGRESSIVE, SAREBBE DIFFICILE FARNE UNA QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ
COSTITUZIONALE, PERCHÉ BISOGNEREBBE CHIEDERE ALLA CORTE COSTITUZIONALE DI
AGGIUNGERE QUALCOSA E QUESTA NORMA PARE NON PERMETTERLO!?
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario 9. Le Fonti del Diritto Tributario - Articolo 23 della Costituzione
L’ARTICOLO 23 DELLA COSTITUZIONE
- Ex art. 23 della Costituzione “nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla
legge”, quale esplicitazione delle fonti del diritto tributario: la risposta alla domanda “Dove si trova il diritto
tributario?” è “Il diritto tributario è fatto principalmente di leggi”.
Questa è una riserva di legge relativa, inerente le norme tributarie sostanziali/la disciplina del tributo: non
tutta la disciplina dei tributi deve trovarsi nella legge, ma ivi devono trovarsi gli elementi essenziali (=chi
sono i soggetti passivi/i privati obbligati, quale ricchezza è colpita dal tributo e quanto di quella ricchezza
deve essere assoggettata al prelievo fiscale) che, se non sono previsti dalla legge, determinano
l’incostituzionalità del tributo.
È possibile che non sia indivuduato al centesimo di € il quantum e/o non sia precisamente individuata
l’aliquota: ai fini della costituzionalità del tributo, l’importante è che la legge tributaria riporti un minimo e
un massimo di quantum e/o di aliquota.
ESEMPIO: La legge istitutiva dell’ICI (=Imposta Comunale sugli Immobili), che è costituzionalmente
valida, afferma cjhe i Comuni, nell’applicare questa imposta, possono imporre un’aliquota da tot (una volta
era 4 per mille) a tot (una volta era 7 per mille): ovviamente, i Comuni applicano il tot massimo!
La riserva di legge relativa ex art. 23 della Costituzione riguarda né la disciplina del procedimento
amministrativo che devono seguire le amministrazioni finanziarie, né il processo tributario; in particolare, la
riserva di legge relativa alla disciplina dei processi è dettata ex art. 101 della Costituzione, secondo cui “i
giudici sono soggetti soltanto alla legge”.
COSA SI INTENDE PER LEGGE?
Intanto, in questa nozione sono compresi sia la legge approvata dal Parlamento, sia il decreto legislativo ed
il decreto legge; inoltre, sono comprese le leggi delle province autonome di Trento e di Bolzano.
I regolamenti e le direttive, quali fonte comunitarie, possono essere fonti del diritto tributario italiano, ma
non lo sono perché rispettano la riserva di legge ex art. 23 della Costituzione, bensì perché ex art. 10.1 della
Costituzione “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale
generalmente riconosciute”: le fonte comunitarie sono autonome , perciò, nei loro confronti non sussiste un
problema di riserva di legge.
Tuttavia, non esiste realmente un codice tributario: ci sono molte leggi in numero indeterminato, ma non c’è
un’unica legge tributaria, il che, comunque, non significa che non ci sono leggi importanti.
Le leggi fondamentali del diritto tributario, di cui tratteremo, sono le seguenti:
1)lo Statuto del Contribuente (Lex 212 del 2000), costituita da un esiguo numero di articoli, che fissano una
serie di principi generali - ed assimilabile per importanza alle norme Costituzionali -;
2)il Testo Unico delle imposte sui redditi (Decreto legislativo 917 del 1986), che disciplina tutte le imposte
sui redditi;
3)il Decreto IVA (D.P.R. 633 del 1972 e modifiche successive), che disciplina l’IVA;
4)il DPR 600 del 1973, che disciplina la procedura amministrativa/l’accertamento delle imposte sui redditi
(In altre parole, disciplina come l’amministrazione finanziaria va a scoprire la ricchezza nascosta dai
contribuenti e come si modella il procedimento di accertamento);
5)il Decreto Legislativo 546 del 1992, che disciplina il contenzioso tributario (=Processo davanti ai giudici
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario tributari).
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario 10. Lo Statuto del Contribuente nel Sistema delle Fonti
- E’ una legge che prevede una serie di principi generali e si apre con una frase abbastanza solenne, perché
dice: “le norme che io Statuto del Contribuente stabilisco sono norme che costituiscono applicazione e
attuazione degli articoli della Costituzione in materia tributaria”.
Fin dal primo articolo lo Statuto del Contribuente dice: “attenzione che io sono una legge importante,
attenzione che io sono una legge di principi generali”.
In effetti contiene molte norme che riguardano cose diverse tra loro; le classifichiamo in gruppi, poi le
vedremo semmai caso per caso.
Alcune norme sono rivolte al legislatore ed è curioso che il legislatore stabilisca norme per se stesso, è
curioso eppure è così, cioè lo Statuto del Contribuente dice: “io d’ora in poi legislatore farò così” e dice che
non farà più le leggi retroattive, contiene quindi il principio di divieto di retroattività , e poi altro divieto
importante che è il divieto di istituire nuovi tributi con decreto legge, precisamente dice: “con decreto legge
non si possono né istituire nuovi tributi, né estendere tributi che già esistono a nuove categorie di
contribuenti” perché in Italia, dato che siamo tutti un po’ troppo furbi, il Governo e il Parlamento tendevano
in passato a diventare furbi anch’essi, per cui si è assistito ad uno spettacolo piuttosto indecoroso che era la
caccia al ladro.
Quindi pertanto norme interpretative vedi ad esempio la retroattività, “faccio valere norme che esistevano
già in passato e così ti ho preso” ; oppure soprattutto nel periodo di scarsa governabilità, quindi difficoltà per
il Parlamento di adottare leggi, si è ricorso molto frequentemente al decreto legge, il Governo si sostituiva al
Parlamento facendo leggi tributarie.
Decreto legislativo può essere fatto solo in casi straordinari e con necessità urgente, però venivano fatte per
qualsiasi argomento anche per vendere banane, ed erano reiterati 24 volte; ci sono stati decreti legge ripetuti
in sequenza sette, otto volte.
Quando si vanno a molestare i contribuenti con decreti legge che oggi sono fatti e che oggi stesso questi
decreti legge entrano in vigore, si crea un caos irreparabile. “Tu pubblichi in Gazzetta Ufficiale, ci si trovava
magari con tributi che non conoscevano neanche gli uffici perché erano stati fatti con decreto legge del
giorno stesso”.
Dato che allora era un regime tributario da stato libero di banana, lo Statuto del Contribuente ha deciso di
metterci un freno, ora però come ha fatto il legislatore fiscale a dare ordini a se stesso? perché il legislatore
oggi dice: “io non farò più leggi retroattive, ma è il legislatore che lo dice a se stesso, non potrebbe dire
domani ho cambiato idea?”.
In effetti sì perché non è una legge costituzionale, lo Statuto del Contribuente è una norma ordinaria. E i
giuristi hanno cominciato a dire: ma allora questa norma che cos’è? È chiaro che non è una norma della
Costituzione perché è stata approvata con la procedura ordinaria, è una norma di adozione della Costituzione
altri invece dicono che è carta straccia, è inutile, non serve a niente; in effetti una certa tendenza della
dottrina tributaria dice che è solo un manifesto, una cosa inutile.
“Il legislatore ha detto: metto queste norme qui, poi tanto quando voglio non le rispetto”.
Forse la realtà è un po’ diversa; è vero che la norma di una legge non può vincolare la legge, perché il
legislatore il giorno dopo può dire: “quel giorno lì ero di cattivo umore, ma oggi cambio”. Infatti sono uscite
molte leggi successive che si sono lavate le mani del costituente, sono usciti decreti legge di questo genere.
Cerchiamo di trovare un modo per dire che lo Statuto del Contribuente non è inutile; dove lo troviamo?
Dato che il legislatore ha detto che in questo momento sta attuando la Costituzione, è come se avesse detto
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario tendenzialmente, una volta per tutte, io da questo momento in poi la Costituzione la interpreto così.
Ad esempio: “il legislatore si impegna, visto che l’ha detto la Costituzione, che non posso fare decreti legge
in materia tributaria, è vero che il legislatore dopo potrebbe cambiare idea, ma se non dicesse
espressamente: ho deciso che adesso interpreto la Costituzione in modo diverso, il comando che era: adesso
interpreto la Costituzione così, rimane in vigore”.
Lo Statuto del Contribuente dice attenzione avvocati, giudici, contribuenti, che io ho detto che la
Costituzione si interpreta così, poi se io non rispetto questo precetto, tu giudice sarai obbligato, se io non ti
ho detto che ho cambiato idea, sarai obbligato a sollevare questione di legittimità costituzionale.
Si può sollevare questione di legittimità costituzionale tutte le volte che la norma viene violata. Se si trova
una norma in contrasto con lo Statuto del Contribuente, si è obbligati a mandare gli atti alla Corte
Costituzionale.
Oltre ai comandi dati dal legislatore, c’è anche il divieto di nascondere norme tributarie , altro vizio tipico
del legislatore italiano degli anni ’70 e ’80, era quello di nascondere norme tributarie, cioè “mettere nel
titolo disciplina delle banane, poi magari c’era una rubrica con scritto: interventi per favorire la
disoccupazione a Pozzuoli, poi c’era il quattordicesimo comma bis che diceva: è abrogato il Testo Unico
sull’imposta sui redditi”.
E lo Statuto del Contribuente ha cercato di mettere fine anche a questa cosa qua; non metto norme tributarie
in leggi che dal titolo non abbiano scritto: attenzione qui c’è una norma tributaria.
Poi ci sono altre norme che non riguardano il legislatore ma sono di tipo sostanziale; per esempio ci sono
norme sulla compensazione dei debiti e dei crediti tributari, norme che dicono che “se io sono a debito per
certi tributi e a credito per altri, invece di pagarne uno e chiedere il rimborso per gli altri, posso
accontentarmi”.
Poi ci sono norme specifiche, su questioni particolari, ma questo tipo è in materia di accolli d’imposta o
norme che dicono come si possono fare gli accessi, che quando la Guardia di Finanza o l’amministrazione
finanziaria fanno accertamenti in negozio o da imprenditore, non devono farlo patire, gli accessi e gli
accertamenti e le verifiche devono essere effettuati in modo tale da recare il minor disturbo al contribuente.
Le norme tributarie sono abbastanza dettagliate, come si entra in casa, nei negozi, negli uffici legali, poi c’è
grande quesito: ma la Finanza può fare solo quello che è stabilito, oppure può fare quello che vuole, salvo
quello che è vietato? Si può fare tutto ciò che non è vietato, purchè si rispettino quelli che sono i principi
generali.
Ad esempio “si può far finta di voler affittare una casa e intanto la si guarda? No però finché non si inganna
forse è legittimo. Non c’è niente di strano se l’amministrazione finanziaria mette delle finte inserzioni per
vedere quanto guadagna un mago”; però non ci devono essere forme vietate.
In Italia dove nessuno si muove se non è telecomandato, da un’antennina che dice fai questo, prendersi la
responsabilità di una cosa del genere è abbastanza raro. Se non sono violate regole generali o speciali,
potrebbe essere consentito.
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Appunti di Diritto Tributario 11. Le Leggi Regionali
Parliamo delle leggi regionali: anche le leggi regionali sono leggi in senso formale, quindi rispettano l’art.
23 della Costituzione.
Il problema è se c’è la potestà legislativa delle regioni in materia tributaria.
Se la Costituzione consente alle regioni di introdurre tributi, anche la legge della regione rispetta senz’altro
l’art. 23 della Costituzione.
A grandi linee basta sapere che in linea di principio le regioni hanno potestà legislativa, ma lo Stato ha
sempre potere di coordinamento, il che fino ad adesso si è sostanzialmente tradotto in: lo Stato fa le norme e
le regioni le applicano, per ragioni per lo più politiche. Le regioni sono vicine all’elettorato, quindi se
introducono più tributi, questi fanno perdere elettorato.
La disciplina è contenuta nell’art. 117, più precisamente nell’art. 119 della Costituzione. Le regioni possono
stabilire tributi propri purchè rispettino la Costituzione, i principi comunitari e i principi fondamentali e di
coordinamento stabiliti dallo Stato.
Luisa Agliassa Sezione Appunti
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