In questo dettagliato riassunto si trovano i contenuti del manuale per il corso di neuroscienze cognitive. In particolare, la psicopatologia infantile viene esplorata dettagliatamente; per ogni sindrome o disturbo vengono presentati eziologia, sintomi, criteri diagnostici e pronostici, terapia indicata. Vengono trattate tutte le principali patologie psicologiche e psichiatriche riguardanti l'età evolutiva.
Neuropsichiatria infantile
di Anna Battista
In questo dettagliato riassunto si trovano i contenuti del manuale per il corso di
neuroscienze cognitive. In particolare, la psicopatologia infantile viene
esplorata dettagliatamente; per ogni sindrome o disturbo vengono presentati
eziologia, sintomi, criteri diagnostici e pronostici, terapia indicata. Vengono
trattate tutte le principali patologie psicologiche e psichiatriche riguardanti l'età
evolutiva.
Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
Facoltà: Psicologia
Esame: Neuroscienze cognitive e riabilitazione
psicologica
Docente: Guidetti Vincenzo
Titolo del libro: Manuali di Neuropsichiatria Infantile Vol I e Vol II
Autore del libro: Vincenzo Guidetti e Federica Galli (a cura di)
Editore: Il Mulino editore, Bologna
Anno pubblicazione: 20051. Esame neurologico del neonato
Spesso l’esame neurologico viene riservato ai neonati con evidente patologia cerebrale, ma ogni bambino ha
il diritto di ricevere un esame neurologico poiché uno degli scopi di questo esame è quello di mettere in
evidenza alterazioni che altrimenti passerebbero inosservate, soprattutto in relazione alla “new morbidity”:
infatti accanto ad una riduzione delle cerebropatie gravi è stato riscontrato un incremento delle disfunzioni
neurologiche minori (MND), che costituiscono questa new morbidity, che si possono individuare
precocemente grazie ad un esame neurologico sistematico consentendo già dall’età neonatale un intervento
abilitativo.
Dunque, sembrerebbe più a rischio di sfuggire ad una diagnosi precoce il bambino a termine senza eclatanti
segni di cerebropatia, e non il bambino pretermine, al quale di routine viene fatta l’ecoencefalografia.
L’esame neurologico del neonato è costituito da una serie di item.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 2. Primo item dell'esame neurologico del neonato: gli stati
comportamentali e il loro controllo
E’ importante annotare e tenere costantemente sotto controllo lo stato comportamentale: essi rappresentano
la prima valutazione da eseguire in quanto tutti gli item successivi hanno espressioni diverse a seconda dello
stato comportamentale in cui il bambino si trova.
Sono disponibili due classificazioni degli stati comportamentali: quella di Precht e Beintema del 1964 e
quella di Brazelton del 1973.
La maggior parte delle valutazioni esige la presenza di uno stato di veglia (stati 3-4) per il cui mantenimento
sono utili alcuni accorgimenti che riguardano:
- la distanza dal pasto (1ora e mezza/2): evitare che il bambino sia agitato per la fame o abbia sonnolenza
post-prandiale;
- la temperatura dell’ambiente (25° C circa): evitare che la sensazione di freddo scateni il pianto o
incrementi il tono muscolare;
- l’illuminazione dell’ambiente (buona e diffusa): evitare la presenza di forti sorgenti luminose situate
asimmetricamente che potrebbero attrarre l’attenzione del neonato;
- l’ordine degli item da valutare: meglio somministrare per primi gli item meno disturbanti e stressanti e per
ultimi quelli più fastidiosi: il contrario può essere fatto per portare il neonato da uno stato di sonno (1-2) ad
uno stato di veglia (3-4).
E’ possibile usare delle manovre di risveglio in caso di sonno o sonnolenza, che devono essere dolci e
costituite da stimoli vocali, o delle manovre calmanti nel caso di persistenza nello stato 5 (pianto), che hanno
una loro gradualità: dialogo verbale, prenderlo in braccio, cullarlo, prenderlo in braccio inclinato in avanti di
circa 30° e imprimendo lente oscillazioni ritmiche e parlargli dolcemente in maniera scandita e camminare.
La capacità di controllo degli stati comportamentali si valuta alla fine dell’esame neurologico tenendo conto
della facilità/difficoltà manifestate dal neonato a mantenere spontaneamente gli stati 3/4, quindi della
necessità sporadica/continua dell’intervento dell’operatore e infine dell’impossibilità a mantenere uno stato
ottimale (3/4) per l’esame, nonostante l’intervento dell’esaminatore.
Il controllo degli stati viene definito:
- ottimo: quando una volta svegliato il neonato mantiene spontaneamente uno stato di veglia 3/4 per tutta la
durata dell’esame;
- buono: quando ha meno di 5 piccoli periodi di agitazione e/o pianto che comunque supera autonomamente;
- discreto: quando ha meno di 5 piccoli periodi di agitazione e/o pianto che supera in parte o in toto solo con
l’intervento dell’esaminatore;
- insufficiente: quando ha più di 5 piccoli periodi di agitazione e/o pianto che supera in parte o in toto solo
con l’intervento dell’esaminatore;
- cattivo: quando ha più di 5 piccoli periodo di agitazione e/o pianto che in parte o in toto non riesce a
superare nemmeno con l’aiuto dell’esaminatore e comportano la sospensione dell’esame.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 3. Secondo item dell'esame neurologico del neonato: la habituation:
stimolo luminunoso e stimolo acustico
La habituation è una delle più elementari forme di apprendimento dell’essere umano: la somministrazione di
uno stimolo ad intervalli regolari determina nel neonato un decremento delle risposte, fino alla loro
scomparsa, poiché lo stimolo agli occhi del bambino perde l’aspetto di interesse. I bambini con una buona
habituation hanno buone capacità di apprendimento e sono più intelligenti di quelli con una cattiva
habituation.
Essa è stata studiata per uno stimolo luminoso e per uno stimolo acustico:
in entrambi i casi, l’habituation (assenza di risposta per due stimoli consecutivi) è buona se si verifica entro
il 6° stimolo, ridotta se si verifica tra il 7° e il 12° stimolo, e assente se non si realizza entro il 12° stimolo.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 4. Terzo item dell'esame neurologico del neonato - la postura
Quando si parla di postura si intende riferirsi alla postura prevalente: il neonato infatti durante lo stato di
veglia non giace immobile ma si muove e cambia configurazioni posturali, tuttavia è comunque possibile
individuare una postura prevalente.
La postura viene abitualmente valutata in:
-posizione supina: è caratterizzata dallo schema flessorio: arti superiori ed inferiori flessi e la testa ruotata da
un lato con appoggio occipito-parietale; nel bambino pretermine, a causa dell’ipotonia dei muscoli rotatori
del collo, la testa è molto più ruotata e l’appoggio avviene sul temporale e sulla guancia;
-posizione prona: è caratterizzata dallo stesso schema flessorio della posizione supina: gli appoggi sono sui
gomiti, ginocchia e metà inferiore del piano anteriore, la testa è periodicamente alzata e/o ruotata per
liberare le vie respiratorie
- posizione in braccio alla madre: la postura è strettamente connessa con la comunicazione diadale mediante
vari meccanismi che sono il dialogo face-to-face, il dialogo corporeo e il sincronismo posturale.
Il dialogo face-to-face si determina quando la madre ha in braccio il bambino ed entra in comunicazione con
lui agganciando il suo sguardo oltre che sorridendo e parlando: in questo caso il corretto controllo posturale
consente un incremento dell’attenzione e una collaborazione al mantenimento di una posizione adeguata
della testa, invece anomalie posturali ostacolano in maniera più o meno grave la comunicazione diadale con
pesanti ripercussioni sullo sviluppo relazionale.
Il dialogo corporeo è costituito da esperienze tattili e termiche che madre e neonato si scambiano quando i
loro corpi sono in contatto.
Il sincronismo posturale è costituito da una corrispondenza tra i cambiamenti posturali della madre e quelli
del neonato e viceversa; se questo sincronismo è alterato la quantità e la qualità della comunicazione diadale
risulta danneggiata.
Inoltre, la postura è funzionalmente correlata con:
- il sincronismo interattivo: quando la madre parla al neonato questi cambia ritmicamente la sua postura,
dando la percezione di essere un partner attento e rispondente;
- l’attenzione: per i bambini grandi e gli adulti la postura che meglio sostiene l’attenzione è quella seduta e
per il neonato è quella supina.
- e l’alimentazione: la tipica postura da suzione alimentare è caratterizzata da braccia flesse e mani chiuse a
pugno.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 5. Quarto item dell'esame neurologico del neonato: l’attivita’
motoria - i gms e l’attività motoria fine
I GMS sono movimenti generali del corpo la cui qualità ha un valore diagnostico e prognostico.
Tutti i neonati con GMS normali hanno uno sviluppo normale ala fine del secondo anno di vita; invece il
70% di quelli che hanno GMS anormali ha delle alterazioni dello sviluppo.
Nel neonato a termine i GMS coinvolgono generalmente tronco e soprattutto arti superiori, essi sono
caratterizzati da: fluidità, ricca variabilità e complessità.
I GMS limitatamente anormali sono:
- i fragmented GMS, movimenti senza fluidità e costituiti da una configurazione a scatto;
- i tense GSM, movimenti senza fluidità e rigidi;
I GMS sicuramente anormali sono:
- i GMS torpidi, movimenti lenti di piccola ampiezza;
- i GMS monotonous-abrupt, movimenti bruschi, improvvisi e veloci;
- i GMS monotonous-cramped, movimenti tesi e molto rigidi che spesso provocano il pianto;
- i GMS monotonous, senza complessità e varietà, ripetizioni di un solo tipo di movimento o di una
sequenza di movimenti.
Per l’attività motoria fine si intende l’attività di reaching, ovvero tentativi di raggiungere con la mano un
oggetto-stimolo posto nel campo di azione.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 6. Quinto item dell'esame neurologico del neonato: il tono
muscolare - passivo e attivo
Il tono muscolare passivo è rappresentato dalla proprietà dei muscoli di lasciarsi distendere.
Le alterazioni possono essere divise in ipotonie o ipertonie.
I distretti corporei principalmente valutati sono: il collo, gli arti e i cingoli superiori, il tronco e gli arti
inferiori a livello della rotazione, della flessione, dell’estensione, ecc.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 7. Sesto item dell'esame neurologico del neonato: i riflessi arcaici
Chiamati anche automatismi primari e sono trasmessi al neonato dal patrimonio genetico
dell’apprendimento della specie.
Il loro esame è importante in quanto eventuali anomalie sono la testimonianza di noxae (agenti patogeni o
situazioni nocive) che hanno agito sullo sviluppo del SN interferendo sulla realizzazione di circuiti sinaptici
programmati geneticamente.
Questi automatismi possono avere due livelli di alterazioni: nella soglia di elicitazione (soglie alte che
richiedono una ripetizione e/o una marcata intensità dello stimolo per ottenere il riflesso arcaico, soglie
basse in cui la risposta viene elicitata anche con stimoli molto deboli) e nella loro configurazione (faccia:
suzione: alterazioni nella coordinazione possono comportare difficoltà alimentari; arti superiori: prensione
palmare (grasping): mettendo un dito nella mano del neonato, questi la stringe contraendo anche i muscoli
dell’avanbraccio e del braccio; riflesso di Moro: si prende il neonato per i polsi mentre giace supino e lo si
solleva evitando che perda il contatto dell’occipite con la superficie di appoggio e poi si lasciano i polsi, la
risposta consiste in movimenti e comportamenti più o meno frequenti; arti inferiori: riflesso della marcia
automatica: il neonato viene tenuto eretto e inclinato in avanti e si determina la comparsa di 3,4,5 passi.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 8. Settimo item dell'esame neurologico del neonato: i riflessi
osteotendinei
relativi alle ossa e ai muscoli, tra i più comuni: McCarthy, i masseterini, i bicipitali, i rotulei.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 9. Ottavo item dell'esame neurologico del neonato: le funzioni
sensopercettive - visive e uditive
L’esame della funzione visiva rappresenta la più importante valutazione dell’esame neurologico: un neonato
che presenta questa funzione normale è sicuramente esente da gravi patologie neurologiche.
Il neonato ha una funzione visiva con caratteristiche diverse da quella del bambino più grande, infatti il
neonato per distanze comprese tra i 25 e i 35 cm ha un’abilità di mettere a fuoco limitata, a causa di un
inadeguato sviluppo della muscolatura del cristallino e una limitata acuità visiva.
Si valutano due funzioni visive, entrambe esaminate con uno stimolo inanimato e animato:
- l’agganciamento o la fissazione visiva: essa è giudicata buona quando si instaura entro 5 sec dal momento
in cui lo stimolo viene a trovarsi sulla linea dello sguardo del neonato e ha una durata di almeno 3 secondi;
- l’inseguimento visivo: esso è giudicato buono quando l’inseguimento dello stimolo avviene per un arco di
circa 90°.
L’esame della funzione uditiva consiste nel valutare due tipi di risposte ad uno stimolo acustico:
- la reazione: consiste in qualsiasi attività motoria, dal semplice ammiccamento a movimenti più o meno
ampi del corpo;
- l’orientamento: normalmente il neonato si orienta con la testa verso il lato da cui proviene lo stimolo
acustico.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 10. Nono item dell'esame neurologico del neonato: il diario
comportamentale
L’operatore abitualmente ha la possibilità di valutare il comportamento del neonato solo durante i 20-30
minuti dell’esame neurologico, ma tale tempo non è sufficiente per indagare alcune particolari funzioni per
cui è utile la compilazione di un diario comportamentale, ovvero una serie di domande rivolte alle
infermiere o ai genitori, o a chi si prende cura del neonato, che indagano il sonno, l’alimentazione, il
comportamento in veglia, la reattività agli stimoli sensoriali e l’autoconsolabilità.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 11. Prima visita e colloquio clinico in psichiatria dell’età evolutiva
Una consultazione psichiatrica in età evolutiva nasce generalmente dalla constatazione di una difficoltà, che
spesso giunge dai genitori, direttamente o indirettamente, o su indicazione di altre figure, come gli
insegnanti. Talora, soprattutto nel caso degli adolescenti, la richiesta di un aiuto o sostegno può partire dal
paziente stesso.
L’obiettivo della consultazione psichiatrica è “farsi un’idea clinica sul paziente, sulle sue difficoltà, e su
come nel tempo si è arrivati alla situazione attuale”; dunque “giungere ad un quadro generale della
situazione che permetta di formulare un’ipotesi diagnostica valida.
I mezzi a disposizione per fare ciò sono: il colloquio clinico e la prima visita ambulatoriale.
La procedura deve essere adattata all’età del paziente e alla situazione; è prassi far entrare sia il paziente che
i genitori, tranne che in adolescenza, ciò è importante perché:
- permette di raccogliere le informazioni necessarie e prendere nota eventualmente dei differenti punti di
vista dei presenti;
- costituisce un’occasione per effettuare una prima, e informale, osservazione del paziente, dei genitori e
delle dinamiche del nucleo familiare;
ed inoltre l’esplicita richiesta di parlare di fronte al bambino permette ai genitori di esprimere apertamente le
loro preoccupazioni, disinnescandone l’aspetto di segreto, e mettendoli più in contatto con il figlio e le sue
difficoltà.
Occorre spiegare a grandi linee cosa avverrà nel colloquio e rimanere recettivi e disponibili a quanto avviene
nella stanza sul piano verbale e non.
La raccolta dei dati anagrafici, di alcune notizie sul gruppo familiare, sui genitori può essere un buon tramite
per aprire l’incontro.
Nel caso degli adolescenti la prassi cambia, perché bisogna tener conto della specificità di questa fase
evolutiva; è indicato offrire spazi separati: il colloquio con l’adolescente da una parte e quello con i genitori
dall’altra; ma non devono essere 2 clinici differenti ad occuparsene, è fondamentale infatti che sia lo stesso
clinico, in modo da potersi costruire un’impressione unitaria.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 12. Prima visita in psichiatria dell’età evolutiva
Durante la prima visita , la prima domanda da porre riguarda le motivazioni della consultazione e cosa si
aspettano da quest’ultima; un’accurata raccolta anamnestica permette di ricostruire la storia evolutiva del
paziente: gravidanza, parto, primi atti fisiologici, alimentazione, ritmo sonno-veglia, controllo sfinterico,
sviluppo motorio, tappe dello sviluppo della comunicazione e del linguaggio, sia in comprensione che in
produzione, sviluppo della socializzazione e sviluppo simbolico. Vengono presi in esame la presenza di
eventuali patologie croniche o gravi ed il peso di quest’ultime nell’equilibrio familiare; per ogni
competenza, è necessario notare quando viene raggiunta e in che modo: se è stata oggetto di una grossa
problematica o se tutto è svolto senza apparenti difficoltà.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 13. Colloquio clinico in psichiatria dell’età evolutiva
Il colloquio può seguire immediatamente la prima visita, se questa si è svolta in breve tempo, o può essere
programmato come ulteriore appuntamento; se avviene il primo caso, se i genitori sono presenti, sono
invitati ad uscire, se invece è una cosa a sé stante, il clinico si presenta e chiede al bambino di
accompagnarlo nella stanza, rassicurandolo che i genitori lo aspetteranno in sala d’attesa.
Alla fine di tutto ciò viene fatto un resoconto di questa parte iniziale, ovvero una sintesi integrata di fattori
organici e costituzionali, stress ambientali e conflitti anteriori, che hanno nel tempo interagito tra loro e
portato il bambino in questa condizione.
Alla fine della prima visita e del colloquio viene formulata un’ipotesi diagnostica, divisa in: evolutiva,
ovvero una diagnosi clinica il più precisa possibile, e prognostica, ovvero un modello di patogenesi circa le
basi e i percorsi che hanno portato a questa situazione patologica.
Al termine, bisogna prevedere un breve spazio per concludere: in questo colloquio di chiusura sono
coinvolti i genitori ed il paziente; nel caso degli adolescenti, si può avere un colloquio di chiusura tutto per
sé; è necessario rispondere in maniera onesta, piuttosto che non dire nulla, anche in situazioni poco chiare,
poiché il silenzio del clinico potrebbe portare a preoccupazioni.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 14. Sviluppo sensomotorio e relazionale del feto
La comunicazione tra mondo esterno e feto-neonato è un aspetto fondamentale per la maturazione cognitiva,
psichica e sociale di quest’ultimo. Lo sviluppo delle sue competenze comunicative inizia già nell’utero
grazie alle funzioni svolte dai vari organi di senso.
In tutti i mammiferi lo sviluppo della sensorialità segue un ordine prestabilito: dapprima si sviluppano le
sensorialità su base chimica (olfattiva e gustativa), seguono in ordine quella cutanea, vestibolare, uditiva e
visiva.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 15. Sviluppo della sensibilità tattile, termica e dolorifica
Il sistema tattile fetale è funzionante già a partire dalla 7° settimana e per la 20° settimana tutta la cute e le
mucose sono responsive dal punto di vista tattile. Già nella prima metà di gestazione il feto reagisce alla
pressione e alla temperatura di oggetti posti a contatto con la parete addominale materna e agli stimoli
dolorosi.
L’aptonomia è la scienza del tatto che insegna ai futuri genitori a stabilire un rapporto tattile con il feto,
mediante delle carezze e delle amorose espressioni verbali che giungono al feto attraverso la parete
addominale e uterina materna, ciò permette l’instaurarsi di un dialogo cui il feto partecipa e si crea quindi
una vera e propria relazione tra chi sta al di qua e chi sta al di là della parete addominale e uterina; i partner
di questo tipo di relazione non sono solo il feto e la madre, ma possono essere anche il padre, i fratelli e altri
componenti della famiglia che così stabiliscono precoci rapporti relazionali. Con l’aptonomia la madre
apprende a manipolare il suo feto attraverso la parete addominale e uterina in una specie di holding
intrauterina, il feto risponde ed è attratto da queste manipolazioni al punto da poter essere guidato a
viaggiare nell’utero, spostandosi dalla parte più alta o più bassa.
Lo sviluppo della sensibilità materna fetale fa sì che il liquido amniotico possa essere percepito come una
vera e propria pelle da cui si separa al momento della nascita; questa separazione dal liquido amniotico è la
prima tappa della separazione feto-madre al momento della nascita.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 16. Sviluppo della sensibilità vestibolare
Il sistema vestibolare è funzionante già dalla 16° settimana, mentre i nuclei vestibolari nel SNC sono
funzionanti dalla 20° settimana. Il feto è sottoposto a numerose stimolazioni vestibolari; i movimenti
materni seguono un ritmo circadiano e contribuiscono, insieme alle abitudini alimentari e alle variazioni
metaboliche, a comunicare il ritmo circadiano alla vita fetale.
Quando la madre si muove, generalmente il feto è immobile, invece quando la madre si siede o si sdraia egli
tende a muoversi, muovendosi esplora la parete uterina con le mani e con i piedi e compie le prime
esperienze tattili; lo stile della madre ha forti ripercussioni sullo sviluppo del feto, infatti quando i periodi di
riposo della madre sono ben distribuiti nel corso della giornata anche il feto sperimenterà un’armoniosa
distribuzione tra attività e riposo con conseguenti effetti benefici sul suo sviluppo, invece una madre
iperattiva offrirà poche possibilità al feto di esercitare un’adeguata attività motoria e questo potrà
determinare problemi di sviluppo.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 17. Sviluppo della sensibilità uditiva
Risposte a stimoli uditivi sono evidenziabili già a 12 settimane, cioè prima del completamente dell’apparato
uditivo. La soglia uditiva diminuisce con l’aumentare dell’età gestazionale.
I suoni ad alta intensità provocano tachicardia mentre quelli a bassa intensità bradicardia fetale.
Nella cavità intrauterina, dopo giace il feto, vi è un rumore di fondo non specifico, il rumore del battito
cardiaco materno e quello prodotto dai gas che passano nell’apparato digerente della madre.
La lunga esperienza della percezione del battito cardiaco materno lascia una traccia nella memoria del
neonato che richiama alla mente il calore e il piacevole contatto vissuto nell’ambiente intrauterino.
Tra i rumori che penetrano nella cavità uterina vi sono quelli derivanti dall’ambiente: voce umani, musica,
ecc, che sono poco attenuati dalla parete addominale e uterina materna se sono a bassa frequenza, mentre più
attenuati con frequenze > 250 Hz.
La voce materna viene trasmessa attraverso i tessuti e le ossa fino all’utero, ha un’intensità intorno ai 60 dB
e perviene al feto con una perdita di intensità di solo 8 dB, mentre le voci di altre persone hanno una perdita
di circa 22 dB.
E’ importante sottolineare il fenomeno dell’abituazione, ovvero dell’estinzione progressiva delle risposte, in
seguito all’apprendimento degli stimoli a tal punto da non essere più interessanti e quindi non da non essere
più in grado di determinare risposte. Il tempo di abituazione è strettamente correlato con la velocità di
apprendimento che è una misura di intelligenza: i feti che si abituano rapidamente sono ritenuti più
intelligenti, quelli che si abituano meno velocemente o non mostrano affatto l’abituazione sono ritenuti
avere problemi di apprendimento o quanto meno condizioni funzionali cerebrali non ottimali. Dunque,
l’assenza dell’abituazione o deficit possono essere indici di ritardi o anomalie dello sviluppo del SN:
iperattività, depressione, schizofrenia, danni cerebrali, sindrome di Down.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 18. Sviluppo della sensibilità visiva
La vista è la sensibilità meno sviluppata del feto, dato che vive in un ambiente buio. Comunque già a partire
dalla 7° settimana si ha la formazione del nervo ottico e delle cellule retiniche, infatti se si avvicina una
lampada all’addome della donna e la si toglie dopo qualche secondo, il feto si muove e aumenta la sua
frequenza cardiaca.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 19. I movimenti fetali
L’attività motoria può essere distinta in riflessa che compare a partire dalla 7° settimana e spontanea a
partire dalla 7° settimana e mezzo.
I movimenti respiratori normali del feto non sono percepiti dalla madre, tranne che le energiche contrazioni
(singhiozzi) del diaframma che si verificano al max per 4 volte in 24 ore e che durano tra 1 e 3 minuti.
Inoltre, già dalla 15 ° settimana, il feto ha un ampio bagaglio motorio: suzione, deglutizione,
stiracchiamenti, sorrisi, sbadigli, movimenti oculari, rotazioni del corpo, ecc.
Vi è un’evoluzione dei movimenti, da globali che interessano l’intero corpo, a parcellari, che interessano
singole parti del corpo.
A partire dalla 15° settimana il feto può respirare, ma i polmoni ancora non funzionano e i movimenti
respiratori sono molto brevi, a partire dalla 23° settimana i movimenti respiratori non sono più rari e negli
ultimi 3 mesi essi diventano organizzati e periodici.
Nel comportamento fetale è possibile distinguere tra periodi di attività, in cui vi è attività motoria con
incremento della variabilità della frequenza cardiaca, e di inattività o quiete, in cui vi è assenza di movimenti
e diminuzione della frequenza cardiaca; in genere la durata dei periodi attivi è di 40 minuti, periodi di
inattività superiori ad un’ora sono spesso associati ad un incremento della patologia fetale.
Il SN è influenzato da 2 processi: uno innato-centrifugo (genetico, sottende la moltiplicazione neuronale e la
migrazione degli elementi dal centro alla periferia del cervello) e l’altro acquisito-centripeto (esperienziale,
sottende la stabilizzazione della crescita cerebrale, dello sviluppo sinaptico e della morte neuronale).
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 20. Relazione prenatale a rischio
Come la madre vive, cioè come si alimenta, come riesce a gestire le proprie ansie, i problemi economici e
personali nei 9 mesi, influenzerà moltissimo la sua relazione con il neonato e il modo in cui il suo bambino
crescerà e svilupperà le sue capacità. Tutta la famiglia partecipa, direttamente o indirettamente, alla
relazione con il feto, ma i due partner che contribuiscono maggiormente al mantenimento di una sana e
adeguata relazione sono
-la madre: in buone condizioni, esente da stress fisici e psicologici, felice di aspettare un bambino e che viva
con il marito e i familiari piacevolmente questa fantastica esperienza, sia desiderosa di relazionarsi con lui,
proteggerlo, coccolarlo e amarlo già prima della sua nascita; anche il ruolo del padre è molto importante per
tutta la durata della gestazione: restare accanto alla moglie ed essere per lei un compagno a tutti gli effetti;
- e il feto: sano, esente da qualsiasi malformazione, ereditaria o acquisita, in particolare del SN.
Lo stress materno determina nel nascituro ipertensione arteriosa, acidosi e bradicardia, irritabilità,
ipertonicità, iperattività, imputabili queste ultime ad alto tasso di catecolamine nel suo organismo.
Oltre alla vasocostrizione da stress, vi è anche quella da nicotina: il fumo di una sigaretta infatti contiene
un’elevata concentrazione di anidride carbonica e ossido di carbonio che diminuiscono la percentuale di
ossigeno nei polmoni nei suoi polmoni e quello trasferibile attraverso la placenta al feto.
bere alcolici in gravidanza può determinare la sindrome fetale da alcol caratterizzata da basso peso alla
nascita, microcefalia e ritardo mentale.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 21. Disadattamento scolastico
L’esperienza scolastica riveste una funzione importante per il processo di crescita della persona; la scuola
rappresenta l’ambiente extrafamiliare più significativo in cui si sviluppano diverse modalità di condotta, altri
rapporti interpersonali e trovare negli insegnanti e nei compagni nuovi modelli di identificazione secondaria
che favoriscono la crescita e l’autonomia personale; ma possono comunque manifestarsi comportamenti
“disadattivi” come bullismo, violenza, abbandono degli studi, ritiro sociale e isolamento.
Il disadattamento scolastico può dipendere da molti fattori, che possono riferirsi alla sfera individuale o
all’ambiente sociale e familiare di provenienza, spesso infatti i genitori hanno aspettative elevate riguardo al
rendimento scolastico dei figli con il conseguente insorgere di frustrazioni, oppure possono avere aspettative
negative sulla scuola che possono incidere sul futuro inserimento lavorativo del figlio; altri fattori di rischio
possono dipendere dal gruppo dei pari o dagli insegnanti: alcuni pregiudizi sulle capacità dei ragazzi
svantaggiati possono talvolta tradursi in profezie che si autodeterminano, oppure insegnanti eccessivamente
esigenti inducono nel ragazzo alti livelli di ansia e frustrazione, disagio e malessere.
Anna Battista Sezione Appunti
Neuropsichiatria infantile 22. Le manifestazione del disadattamento scolastico
Una delle manifestazioni più evidenti di disadattamento scolastico è l’ABBANDONO (o DROP-OUT), che
si riferisce alla condizione dello studente che abbandona la scuola senza portare a compimento la scuola
scelta. Vi sono 5 categorie di studenti che abbandonano la scuola:
1) pushout: alunni non desiderati dalla scuola che vengono attivamente allontanati da essa;
2) disaffiliated: alunni che non sono attaccati alla scuola e desiderano abbandonarla;
3) capable drop-out: alunni che non riescono a far fronte alle richieste di integrazione sociale della scuola e
abbandonano essa nonostante le loro capacità scolastiche;
4) stop-out: studenti che interrompono gli studi per un periodo per poi ritornare nello stesso anno;
5) educational mortalities: alunni che interrompono anticipatamente gli studi.
Ma, quando si parla di abbandono scolastico, dobbiamo distinguere tra:
- ABBANDONO ESPLICITO: che si concretizza con l’uscita del soggetto dall’istituzione scolastica;
- ABBANDONO MASCHERATO: l’allievo rimane fisicamente nella scuola, ma è disimpegnato, si
concretizza con un rendimento insufficiente nonostante le buone capacità di apprendimento, un calo della
motivazione e una scarsa autostima; i ragazzi rimangono nel circuito scolastico solo perché costretti
dall’obbligo della frequenza o perché non vedono all’esterno, nel contesto sociale e lavorativo, alternative
per loro significative.
Vi è poi anche l’EVASIONE, ovvero l’inadempienza all’obbligo scolastico; o l’ASSENTEISMO, che
consiste in assenze frequenti e ripetute nel tempo: malattie croniche o marinare la scuola.
La DISPERSIONE SCOLASTICA è l’uscita anticipata dal sistema scolastico, che riguarda sia l’evasione
che l’interruzione della frequenza senza aver conseguito nessun titolo.
Tutti questi esiti negativi possono essere attenuati da fattori di prevenzione, che hanno una funzione
protettiva degli equilibri psichici e comportamentali di un soggetto, soprattutto quando si trova ad affrontare
eventi stressanti. Questi fattori protettivi devono far riferimento a 4 aree:
1) autostima, fiducia nell’efficacia delle proprie azioni e maggior livello di considerazione personale;
2) autocontrollo, dei propri impulsi e rimandare la gratificazione e il soddisfacimento dei bisogni;
3) aspettative ottimistiche, fiducia nel futuro, atteggiamento indirizzato al successo;
4) capacità di interazione sociale, mantenere relazioni positive, mostrando capacità di adattamento e
flessibilità
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Neuropsichiatria infantile 23. Disturbi del sonno
La macrostruttura del sonno è costituita da 5 stadi: 4 NREM e 1 REM, i quali si alternano ciclicamente ogni
90 minuti nel corso della notte.
Il ciclo sonno-veglia è regolato da complesse interazioni neuronali a livello del diencefalo e del tronco e
coinvolge diversi neurotrasmettitori ( serotonina, noradrenalina, dopamina, acetilcolina e altri peptidi); esso
subisce, dal periodo fetale fino all’età adulta, diverse variazioni, come la riduzione della quantità di sonno
totale, con diminuzione del sonno REM a favore della veglia, invece il sonno NREM rimane pressoché
costante.
I disturbi del sonno vengono distinti in 4 categorie diagnostiche:
1) DISSONNIE: consistono in disturbi di inizio e mantenimento del sonno o insonnia, e disturbi di eccessiva
sonnolenza; vengono distinti in: disturbi del sonno intrinseci, estrinseci e disturbi del ritmo circadiano;
2) PARASONNIE: consistono in tutti quei disturbi del sonno che non causano insonnia o sonnolenza diurna;
3) DISTURBI DEL SONNO ASSOCIATI A PATOLOGIE MEDICHE E/O PSICHIATRICHE;
4) DISTURBI DEL SONNO ANCORA OGGETTO DI STUDIO E DI DEFINITIVA CONFERMA
DIAGNOSTICA.
Si definisce “insonnia” in età evolutiva, la presenza per minimo 3 notti a settimana, per almeno 3 settimane,
di uno dei seguenti sintomi:
- 45 minuti di latenza del sonno;
- risvegli notturni con almeno 30 minuti per riaddormentarsi;
- risvegli precoci.
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Neuropsichiatria infantile 24. Insonnia nel primo anno di vita
I bambini piccoli possono svegliarsi spesso nel corso della notte, ma uno dei fattori chiave per determinare
se un bambino con risvegli notturni soffra di insonnia è la sua incapacità di riaddormentarsi autonomamente
senza l’intervento dei genitori, questi ultimi, intervenendo continuamente ad ogni minimo richiamo del
bambino, tendono inconsciamente a rinforzare il disturbo.
Nella prima infanzia sono normali 1 o più risvegli, alcuni bambini non chiamano e vengono definiti
autoconsolatori, altri invece chiamano e vengono definiti segnalatori. Fra questi 2 gruppi di bambini, la
differenza non sta nell’organizzazione del sonno, ma nel modo in cui i genitori gestiscono
l’addormentamento: i bambini autoconsolatori vengono dai genitori messi nella culla ancora svegli,
permettendo loro di addormentarsi da soli, invece i bambini segnalatori vengono messi dai genitori nella
culla già addormentati.
Disturbo di inizio del sonno per associazione: si verifica quando l’addormentamento è impossibile se non in
presenza di certi oggetti o circostanze; i bambini hanno risvegli normali ma sono incapaci di riaddormentarsi
da soli se non vengono ripristinate le condizioni iniziali dell’addormentamento; questo disturbo è molto
frequente al di sotto di un anno e tende a scomparire intorno ai 3/4 anni; l’approccio terapeutico prevede la
graduale eliminazione delle associazioni errate;
Sindrome da eccessiva ingestione notturna di fluidi: si caratterizza per la presenza di risvegli multipli con
incapacità di riaddormentarsi senza bere almeno 350 ml di liquidi; la terapia consiste nel rimuovere
gradualmente l’associazione alimentazione/sonno ( in genere dopo i 6 mesi il bambino non ha più bisogno di
pasti notturni); nel ridurre progressivamente la quantità di liquido nel biberon nel primo giorno a metà, nel
terzo giorno ad un quarto, fino a lasciarlo quasi vuoto; nel sostituire ogni tanto il biberon con il ciuccio; e
nell’evitare di somministrare tisane o liquidi con sostanze zuccherate;
Coliche dei primi 3 mesi: i bambini con questo disturbo tendono ad avere un sonno diurno irregolare ma
breve; sembra che il 90% dei bambini di 9 mesi con risvegli notturni, abbiano sofferto di coliche nei primi 3
mesi, e che siano particolarmente sensibili alle irregolarità del ritmo sonno-veglia con difficoltà a ristabilire
tale ritmo a causa anche dell’incapacità da parte dei genitori di praticare una corretta igiene del sonno;
Insonnia da allergia alimentare: è un disturbo di inizio e mantenimento del sonno determinato da una
risposta allergica ad un alimento; dopo la rimozione dell’allergene alimentare si verifica una
normalizzazione del sonno immediata o entro 4 settimane; sul piano clinico devono essere presenti i
seguenti sintomi: risvegli, agitazione psicomotoria, sonnolenza diurna, difficoltà respiratorie, irritazione
cutanea (eczema), disturbi gastrointestinali.
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Neuropsichiatria infantile 25. Insonnia da un anno all’età scolare
Disturbo da inadeguata definizione del limite: si caratterizza per la difficoltà da parte dei genitori a stabilire
delle regole al momento dell’addormentamento e a farle rispettare, con conseguente rifiuto da parte del
bambino di andare a letto ad un orario determinato o di rimanerci tutta la notte;
Insonnia da cause psicologiche e paure dell’addormentamento: le paure dell’addormentamento sono causate
da un fallimento o da un’alterata acquisizione da parte del bambino della capacità di gestire l’area
transizionale del passaggio veglia-sonno.
INSONNIA IN ADOLESCENZA: a questa età, l’insonnia è legata alla cattiva igiene del sonno,
rappresentata da: orario di addormentamento dopo le 23, orario di risveglio dopo le 8, sonnellini diurni,
schemi irregolare di sonno, assunzione di sostanze eccitanti.
Per quanto riguarda la terapia dell’insonnia in età evolutiva, si prevede l’applicazione di principi di igiene
del sonno e tecniche comportamentali, ma quando le semplici regole non sono efficaci, si ricorre ad
interventi farmacologici; comunque non bisogna attendere che il disturbo si cronicizzi prima di
somministrare il farmaco.
Le categorie farmacologiche utilizzate sono:
- derivati antistaminici; - benzodiazepine; - antidepressivi triciclici; - imidazopiridine; - menatonina.
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Neuropsichiatria infantile 26. Parasonnie
Le PARASONNIE sono un gruppo di disturbi eterogenei associati al sonno che si verificano in maniera
sporadica durante la notte, senza che venga alterata in maniera significativa la normale struttura del sonno.
Disturbi dell’arousal: il processo che si trova alla base di questi disturbi è un risveglio incompleto;
l’episodio si caratterizza per la presenza di comportamenti di diverso tipo, come: dispercezione, mancata
responsività ambientale, alta soglia al risveglio, confusione, disorientamento, amnesia retrograda, ecc.
Di solito si verifica un solo evento per notte che insorge nella prima parte della notte.
Movimenti ritmici del sonno: sono movimenti ritmici ripetitivi e stereotipati che interessano
prevalentemente la testa ed il collo o l’intero corpo, ricorrono ad intervalli regolari di 10-120 sec e durano in
media 1-15 min o persistono per quasi tutta la notte. L’esordio è tra i 6 e i 9 mesi e scompaiono intorno ai 2
anni, se persistono si riscontrano in bambini con ritardo mentale o autismo.
Crampi notturni: dolori o tensione muscolare a livello degli arti e prevalentemente delle sedi distali degli arti
inferiori; il dolore può svegliare il bambino, sono più comuni nella seconda infanzia.
Paralisi del sonno: periodo di impossibilità di compiere movimento volontari, compare all’inizio del sonno
e/o dopo il risveglio; il bambino è cosciente e vigile, ma si sente paralizzato; gli attacchi durano qualche
minuto e terminano spontaneamente, occasionalmente possono essere fermati dal bambino muovendo
rapidamente gli occhi, oppure possono essere bloccati da stimoli tattili.
Enuresi notturna: è caratterizzato da una o più minzioni involontarie in un mese, durante il sonno, in
bambini di età superiore a 5 anni; gli episodi avvengono in tutte le fasi del sonno, in un qualsiasi momento
della notte.
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Neuropsichiatria infantile 27. Disturbi del ritmo circadiano
La funzione del ritmo circadiano è quella di fornire una precisa regolazione temporale del comportamento e
dei processi fisiologici per un adattamento ambientale. In condizioni normali il nostro ritmo è strutturato in:
a) una fase di attività tra le 5 e le 8 del mattino; b) una fase di riduzione di attività con diminuzione delle
performance fisiche tra le 11 e le 14; c) una nuova fase di elevata vigilanza tra le 17 e le 20; d) una fase di
estrema riduzione della vigilanza e dell’attività tra le 23 e le 5 del mattino.
Esistono dei generatori interni dell’oscillazione sonno-veglia, che vengono sincronizzati da segnali
ambientali quali il ritmo luce-buio, i ritmi sociali e gli orari dei pasti.
Esistono però differenze interindividuali che determinano le cosiddette tipologie circadiane del “gufo” e
dell’”allodola”: le allodole vanno a dormire presto e si svegliano presto, mantenendo un livello di attenzione
massima nelle prime ore del mattino, mentre i gufi vanno a dormire tardi e si svegliano tardi e sono più attivi
la sera.
Tali disturbi sono inseriti nel gruppo diagnostico delle dissonnie e nei bambini sono rappresentati dalle
seguenti tipologie:
Sindrome da fase di sonno anticipata: si verifica nei bambini molto piccoli e tende a scomparire con la
crescita quando le attività serali mantengono la veglia, ritardando l’orario di addormentamento. La terapia
consiste nel posticipare l’intera fase di sonno, ritardando progressivamente l’orario di addormentamento di
30-60 minuti per notte ogni 7 gg, il risveglio mattutino invece deve restare spontaneo; l’esposizione ad un
ambiente intensamente illuminato nelle prime ore della sera può aiutare a ritardare il momento del sonno.
Sindrome da fase di sonno posticipata: consiste in uno slittamento verso le ore notturne del normale orario di
addormentamento, con un orario di risveglio ritardato. La terapia consiste in un’anticipazione lenta e
progressiva dell’orario di addormentamento di 15 minuti al giorno, se lo slittamento è solo di 3 ore a notte;
se invece lo slittamento è superiore alle 4-5 ore, è bene ritardare l’addormentamento di altre 2-3 ore fino a
saltare una notte.
Pattern irregolari del ritmo sonno-veglia: si tratta di bambini che durante il giorno non ricevono segnali
regolari, come luce, buio, orario dei pasti, orario di addormentamento, interazioni sociali, ecc.
Sono presenti, dal punto di vista clinico, difficoltà di addormentamento, risvegli notturni, risveglio precoce,
sonnolenza diurna, disturbi comportamentali.
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Neuropsichiatria infantile 28. Disturbi respiratori nel sonno
Russamento primario: si caratterizza per la presenza di suono vibratorio emesso dalle alte vie respiratorie
nella notte; è essenzialmente legato all’ipertrofia adenotonsillare; circa ¼ svilupperà poi una sindrome delle
apnee ostruttive.
Sindrome delle apnee ostruttive: è determinata dalla presenza di episodi di ostruzione delle vie aeree
superiori completa/parziale/prolungata durante il sonno. Non esiste un pattern fenotipico caratteristico:
alcuni bambini sono obesi e altri sono magri; alcuni hanno un serio disturbo respiratorio ma senza ipertrofia
adenotonsillare e altri invece presentano enormi adenoidi e tonsille; ecc.
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Neuropsichiatria infantile 29. Disturbi da eccessiva sonnolenza
Si presentano solitamente in adolescenza e solo occasionalmente in età scolare.
Narcolessia: è un disturbo che dura tutta la vita. I sintomi consistono in:
a) sonnolenza diurna: questi bambini hanno grandi difficoltà nel risveglio mattutino e si addormentano più
volte al giorno durante attività monotone; vi sono pure episodi di microsonno di 1-10 secondi che possono
passare inosservati in quanto il bambino ha gli occhi aperti, lo sguardo assente, parla ma dice parole fuori
contesto e risponde lentamente o in modo inappropriato alle risposte;
b) cataplessia: perdita improvvisa del tono muscolare o tremore delle gambe o arresto dell’eloquio;
c) allucinazioni ipnagogiche: visive e uditive, nel momento dell’addormentamento;
d) paralisi del sonno: compaiono prevalentemente al risveglio, sono temporanee e completamente
reversibili, possono essere bloccate da stimoli tattili o da scuotimento da parte di altre persone, da
movimenti oculari rapidi.
Ipersonnie: consiste in una grave sonnolenza con prolungati periodi di sonno notturno ed episodi NREM
diurno. A volte l’ipersonnia può essere un sintomo di patologie neurologiche o psichiatriche, si riscontra in
aumento della pressione intracranica, traumi cranici, malnutrizione, anemia, ecc.
Vi sono poi i “lungo dormitori congeniti” che dormono un numero di ore > a quello previsto per l’età, senza
presentare disturbi; la sonnolenza compare quando il sonno viene ridotto da impegni sociali e in
adolescenza, a causa delle pressioni e delle esigenze tipiche di questo periodo. Tali soggetti hanno un tempo
di sonno totale di almeno 2 ore in più alla media per l’età.
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Neuropsichiatria infantile 30. Disturbo bipolare
Si caratterizza per comportamenti maniacali e depressivi, che alternandosi in modo ciclico, incidono sul
funzionamento complessivo del paziente, oltre che sulla percezione e cognizione della realtà che lo
circonda. Nel DSM-IV e nell’ICD-10 la depressione e i disturbi maniacali costituiscono la categoria
nosografica dei disturbi dell’umore.
Le caratteristiche cliniche della mania sono opposte a quelle della depressione, infatti l’abbassamento del
tono dell’umore della depressione, il rallentamento motorio e la bassa autostima equivalgono nella mania ad
innalzamento del tono dell’umore, euforia, fuga delle idee, iperattività motoria e grandiosità; ma, malgrado
questi sintomi primari siano speculare, i sintomi secondari, come irritabilità, rabbia, insonnia e agitazione,
sono condivisi in entrambe le sindromi. Ma abbiamo anche una terza dimensione in cui i sintomi secondari
tendono a prevalere sui primari, abbiamo quindi uno “stato misto” in cui depressione e mania sembrano fuse
insieme.
Nella sua forma lieve, la mania è definita ipomania, e rappresenta uno stato maniacale più sfumato e con
episodi di breve durata (2-4gg); per convenzione, tutti i pazienti con sintomatologia maniacale, in tutte le
sue varianti, sono considerati all’interno del Disturbo Bipolare.
Le dimensioni sintomatologiche della mania sono:
1) DISTURBI DELL’UMORE: fenomenologia clinica della mania è opposta a quella osservabile nella
depressione: euforia, gioiosità, ipergestualità, estrema facilità al riso, eccessivo ricordo a doppi sensi verbali;
le emozioni tendono ad alternarsi e sovrapporsi: riso e pianto, gioia e rabbia, estroversione e ostilità, ecc;
2) ACCELERAZIONE PSICOMOTORIA: nella mania vi è un aumento dell’attività psicomotoria; i
processi di pensiero appaiono accelerati: il paziente può parlare talmente veloce o con rapide associazioni di
significato da rendere difficile cogliere il senso e la finalità del discorso; i comportamenti sono impulsivi,
disinibiti e con estrema facilità a cogliere il senso del limite, alta distraibilità, perdita della capacità del senso
economico;
3) DISTURBI VEGETATIVI: iposonnia: il paziente sperimenta il minor bisogno di sonno; disinteresse per
il cibo e significativo aumento nel coinvolgimento e nei comportamenti sessuali;
4) DISTORSIONI COGNITIVE: il paziente vive in una dimensione dove l’autostima e l’onnipotenza
appaiono grandiose.
Sia Il DSM-IV che l’ICD-10 inseriscono la mania e la depressione nei disturbi dell’umore; il DSM-IV
inoltre classifica diverse forme di mania e divide 3 tipi di disturbo bipolare:
1) DISTURBO BIPOLARE I: il sintomo cardine in questo sottotipo è la maniacalità, accompagnato da
almeno un episodio con disturbo dell’umore; esordio adolescenziale, durata dei sintomi di almeno una
settimana, umore euforico o irritabile, e almeno 3 dei classici sintomi della mania (fuga delle idee,
grandiosità, iposonnia, distraibilità, ecc;
2) DISTURBO CICLOTIMICO: esordio prima dei 21 anni; è caratterizzato dall’alternarsi di cicli numerosi
ma brevi, a sintomatologia depressiva e ipomaniacale, con rari periodi di umore normale: tipici sono gli
episodi in cui il paziente va a dormire di buon umore e si sveglia con intensi pensieri suicidari;
3) DISTURBO BIPOLARE II: il sintomo cardine sono gli episodi ipomaniacali, in cui i sentimenti
maniacali sono più soft, ovvero senza la gravità e la pervasiva disabilità della mania.
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Neuropsichiatria infantile 31. Il disturbo bipolare in età pediatrica
In età pediatrica è possibile diagnosticare un DB con caratteristiche simili, ma non identiche, a quelle
dell’adulto: il DB in età pediatrica differisce da quello adulto nella fenomenologia, nel corso e nella risposta
al trattamento; è proprio ciò che rende difficile la diagnosi; infatti i sintomi primari della mania, come
grandiosità, impulsività, capricciosità, iperattività motoria, fuga delle idee, ecc rappresentano condizioni
mentali normali nei bambini, infatti ciò che è sintomo nell’adulto, può non esserlo nel bambino; diverso è il
discorso quando si parla dell’età adolescenziale, periodo con i tassi più alti di incidenza (15-20 anni); il
primo episodio del DB infatti tipicamente è durante l’adolescenza.
in età prepuberale vi sono alti tassi di comorbidità: ADHD; DOP(disturbo oppositivo provocatorio), DC e i
disturbi ansiosi; ciò rende molto difficile la diagnosi.
I fattori genetici sono coinvolti come fattori causali nel 60% dei pazienti adulti con DB; quale sia la
modalità di ereditarietà non è chiaro, ma è probabile che la maggior parte dei DB coinvolga meccanismi
genetici complessi che interagiscono con fattori ambientali.
Per i bambini figli di almeno un genitore con DB, il rischio è 4 volte > rispetto ai figli di genitori non affetti.
Il trattamento di più farmaci è il migliore: regolatori dell’umore spesso associati a farmaci antipsicotici; l’so
di antidepressivi associati agli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI).
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Neuropsichiatria infantile 32. Encefaliti
Con il termine “encefalite” si indica l’interessamento, unifocale o multifocale, del SNC nel corso di malattie
infettive provocate da batteri, virus, funghi, sostanze tossiche, ecc.
Tra le encefalite virali, possono essere distinte le encefaliti a trasmissione interumana (serbatoio umano) o a
serbatoio animale.
I sintomi possono essere raggruppati in:
1) sintomi di infezione;
2) sintomi meningei;
3) sintomi di alterazione dell’encefalo, del midollo spinale o di entrambi.
Distinguiamo:
- l’encefalite ermetica: nel periodo prodromico si possono avere: febbre, malessere, infezione delle vie
aeree; l’esordio è brusco con febbre, cefalea, allucinazioni, turbe comportamentali, perdita di memoria, crisi
convulsive; frequente è l’evoluzione verso il coma;
- e l’encefalite postmorbillosa: malattia ad andamento progressivo che interessa i bambini con età superiore
ai 4 anni e gli adolescenti al di sotto dei 18 anni e che colpisce prevalentemente il sesso maschile; è una
malattia che interessa tutto il cervello (sostanza bianca e sostanza grigia); l’esordio è brusco senza che nel
decorso precedente vi fosse nulla che potesse far presagire l’imminente complicazione. Il quadro clinico
esordisce con un mutamento della personalità, deficit della memoria e deterioramento intellettuale; nella
seconda parte della malattia subentra l’incoordinazione motoria, ed infine il coma, la rigidità muscolare e i
disordini neurovegetativi; l’esito della malattia è letale.
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Neuropsichiatria infantile 33. Complesso TORCH
E’ l’acronimo di Toxoplasmosi, Other Rosolia, Cytomegalovirus, Herpes: queste malattie costituiscono una
delle principali cause di mortalità e morbilità perinatale, ma sono tutta prevedibili efficacemente.
La TOXOPLASMOSI: è una malattia infettiva causata dal toxoplasma gondii che è largamente diffuso in
natura e con riserva animale. Penetra attraverso l’apparato digerente e si insedia stabilmente nell’ospite
umano.
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Neuropsichiatria infantile