Appunti utili per l'esame - Economia delle aziende di credito - che analizzano il testo "Corporate e Investment Banking" di G. Forestieri, principi economici che regolano l'offerta di servizi finanziari rivolti, in particolar modo, alle aziende. Particolare attenzione viene dedicata ai fattori di rischio legati a questi tipi di investimenti.
Corporate e Investment Banking
di Alessandra Depaola
Appunti utili per l'esame - Economia delle aziende di credito - che analizzano il
testo "Corporate e Investment Banking" di G. Forestieri, principi economici che
regolano l'offerta di servizi finanziari rivolti, in particolar modo, alle aziende.
Particolare attenzione viene dedicata ai fattori di rischio legati a questi tipi di
investimenti.
Università: Università degli Studi di Ferrara
Facoltà: Economia
Esame: Economia delle aziende di credito
Docente: Prof. Andrea Calamanti
Titolo del libro: Corporate e Investment Banking
Autore del libro: G. Forestieri
Editore: Egea
Anno pubblicazione: 20051. L’attivita’ di private equity
Con l’espressione private equity si individua un’organizzazione preposta allo svolgimento di attività quali
l’assunzione di partecipazioni al capitale di rischio delle imprese non finanziarie, l’organizzazione e il
finanziamento di operazioni di leva finanziaria per la parte attinente il capitale azionario, la consulenza in
tema di assetti proprietari. Il private equity combina l’attività di finanziamento, che è realizzata attraverso
l’assunzione di partecipazioni al capitale di rischio delle aziende finanziate, con quella di servizio, che
consiste nell’ideazione, montaggio e gestione dell’operazione stessa.
Con riferimento all’attività di finanziamento il private equity distingue tra l’assunzione di partecipazioni di
maggioranza e quella di minoranza.
Nelle partecipazioni di maggioranza l’investitore è interessato a conseguire il controllo dell’azienda al fine
di disporre di tutte le leve necessarie per influenzarne la gestione e lo sviluppo; per operare in questo
segmento sono necessarie competenze industriali e tecnologiche marcate poiché l’investitore diventa
proprietario dell’azienda ed è quindi chiamato a gestirla o direttamente o, più frequentemente, attraverso la
nomina di un management di fiducia.
Nelle partecipazioni di minoranza l’investitore entra nel capitale dell’impresa seguendo una logica
finanziaria di ritorno economico sull’investimento e non è interessato a entrare nella sua conduzione; in
questo ambito rientrano gli interventi volti a sostenere finanziariamente progetti di sviluppo di imprese. In
questo ambito si possono distinguere tra:
- Investimenti in bonis
- Investimenti a seguito di situazioni patologiche d’impresa
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 2. Investimenti in bonis
Individua le aziende sane dal punto di vista operativo e che hanno bisogno di aumentare il capitale di rischio
per ristrutturare la struttura finanziaria o per raccogliere risorse finanziarie esterne che eccedono la
disponibilità di autofinanziamento della compagine proprietaria a seguito di operazioni di natura
straordinaria e comunque di sviluppo delle dimensioni aziendali. Fra questi investimenti possiamo trovare
quelli in giovani aziende a elevato potenziale di crescita, investimenti in grandi imprese che avviano attività
in nuovi settori attraverso la costituzione di società ad hoc e coinvolgendo investitori istituzionali in qualità
di partner finanziari dell’operazione, ecc.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 3. Investimenti a seguito di situazioni patologiche
Riguarda le imprese in crisi e gli interventi di risanamento si articolano in 2 segmenti:
- interventi di ristrutturazione stragiudiziale, riguardano la fase di crisi conclamata quando l’azienda è in una
situazione di il liquidità e spesso di temporanea insolvenza;
- interventi di turnaround dove la patologia aziendale è meno grave e l’azienda ha un calo di profitti o
perdite dovute alla minore competitività e necessita di capitale di rischio per finanziare gli investimenti
necessari al recupero della competitività. A causa del rischio elevato si preferisce condurre questi interventi
attraverso soggetti specializzati.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 4. La segmentazione delle diverse forme di apertura del capitale per
la tipologia di investitori
Nella fase della nascita dell’impresa vi sono aziende che rappresentano potenziali investimenti per operatori
particolari. E’ questo il caso delle aziende ad alto potenziale di crescita, che hanno bisogno di raccogliere
capitale esterno per sostenere sia i propri progetti innovativi sia la gestione aziendale, che nei primi anni di
vita spesso è caratterizzata da un flusso crescente di costi in uscita e da una sostanziale assenza o
insufficiente presenza di un flusso di ricavi. L’elevato rischio operativo insito in questa tipologia di imprese
rendono necessaria la presenza di operatori specializzati (i venture capitalists) che siano in grado di
sostenere un simile profilo di rischio e di complessità di gestione dell’investimento. Sono imprese che
costituiscono opportunità di investimento per i fondi chiusi specializzati nello sviluppo di PMI , il fondo
infatti introduce capitali al fine di avviare un processo di crescita che la portino ad assumere una posizione
di leadership sul mercato domestico. In seguito l’azienda potrà seguire altre strade di sviluppo come la
presenza diretta nei mercati esteri, dunque nuove esigenze finanziarie si aggiungono a quelle precedenti,
quali la necessità di disporre di strumenti per la gestione dei rischi di cambio oppure consistenti capitali per
l’acquisizione di imprese.
Quando l’impresa sarà riconosciuta come uno dei leader del mercato può accedere direttamente al mercato
dei capitali attraverso la quotazione dei titoli in borsa, che consentirà inoltre agli investitori finanziari che
l’hanno sostenuta nella fase di affermazione di realizzare i propri guadagni dando alle proprie azioni non
solo una valenza giuridica ma anche finanziaria attraverso la loro valorizzazione di mercato e la possibile
immediata liquidazione.
Si può dunque parlare di catena finanziaria dell’investimento poiché ogni fase dello sviluppo è presidiato da
una specifica tipologia di intermediario finanziario (fase 1 venture capitalist, fase 2 fondi chiusi,ecc.) che ha
propri obiettivi e proprie logiche di investimento e la partecipazione viene passata da una tipologia di
investimento all’altra in modo tale da consentire lo smobilizzo dell’investimento in tempi compatibili con le
esigenze dell’investitore fino ad arrivare, nel caso di ciclo d sviluppo completato, alla quotazione diretta sul
mercato dei capitali.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 5. I criteri di selezione dell’investimento e il processo di
negoziazione nel capitale per lo sviluppo
L’obiettivo del private equità che opera nel mercato del capitale per lo sviluppo attraverso l’acquisizione di
partecipazioni di minoranza è quello di apportare nell’impresa il capitale necessario per sostenere un
progetto-strategia di crescita ideata e gestita dal gruppo imprenditoriale-proprietario-dirigente dell’azienda.
Al termine del periodo di investimento tale aumento di valore dovrà essere concretizzato attraverso la
cessione della partecipazione a un prezzo superiore rispetto a quello di carico. Il processo è composto da
alcune fasi:
- individuazione dell’azienda target
- l’analisi delle prospettive di sviluppo dell’azienda
- la valutazione del prezzo di cessione delle azioni
- il regolamento dei rapporti tra l’azionista di maggioranza (il gruppo imprenditoriale) e quello di minoranza
( l’investitore finanziario)
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 6. Le caratteristiche dell’impresa target
La prima fase consiste nell’individuazione delle aziende che possono essere dei potenziali investimenti, che
abbiano cioè interessanti prospettive di crescita dimensionale attraverso strategie di innovazione dei
prodotti, di acquisire nuovi vantaggi competitivi e di rafforzare la propria posizione nei mercati di sbocco,
ecc.
L’individuazione delle aziende target avviene, in caso di un soggetto indipendente, attraverso ad esempio la
consultazione delle banche dati dei bilanci e quindi con delle analisi a tavolino al cui termine l’investitore
cerca di stabilire un contatto diretto con l’azienda. Nel caso invece di investitore di emanazione bancaria
farà leva sulla clientela della banca per individuare i potenziali investimenti.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 7. La procedura negoziale
In seguito si procede a verificare se l’operazione potrà interessare entrambe le parti in causa attraverso una
serie di incontri e di colloqui con il management aziendale. Vengono svolte anche una serie di indagini per
verificare che non vi siano pratiche volte all’evasione fiscale, la veridicità delle scritture contabili, una
revisione del business plan se presente e volte a determinare in maniera approssimativa il fabbisogno
finanziario esterno.
Nel caso in cui le parti dimostrino una concreta intenzione a proseguire nella trattativa si arriva a stipulare
una lettera d’intenti preliminare al contratto volta a definire i possibili termini dell’operazione. In essa sono
contenuti inoltre altri elementi:
il prezzo base ossia la valutazione del capitale economico dal quale partire per determinare il valore di
cessione della partecipazione e i criteri di valutazione adottati
le aree aziendali indagate per verificare la veridicità dei prospetti contabili
la concessione di un’esclusiva all’investitore per certo periodo di tempo con la quale l’impresa si impegna a
non concludere la stessa operazione con altri investitori
i principi che regolano il rapporto tra azionisti di maggioranza e di minoranza
il rispetto dei principi di riservatezza e di correttezza da parte dell’investitore e di suoi consulenti chiamati a
svolgere verifiche tecniche
individuazione dei tempi di durata dell’investimento
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 8. I problemi valutativi legati alle pmi a proprietà familiare
Per quanto riguarda le metodologie applicate si distinguono 2 dimensioni:
1. la valutazione del complesso aziendale, e quindi del valore di mercato del capitale economico in via
indiretta espresso come valore operativo meno posizione finanziaria netta o del capitale economico in via
diretta
2. utilizzo di metodi finanziari o di metodi patrimoniali
Il processo di determinazione del prezzo può incontrare alcune difficoltà di applicazione quando l’oggetto
della valutazione sono le PMI a proprietà familiare. Infatti queste aziende, che individuano la tipologia tipica
d’intervento del capitale per lo sviluppo, presentano spesso problemi valutativi con riferimento al contributo
personale dell’imprenditore, alla commistione tra impresa e famiglia, alla trasparenza informativa e dei
meccanismi operativi aziendali.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 9. Il regolamento dei rapporti tra gli azionisti (cenni)
La probabilità di trasformare un negoziato in un investimento non dipende solo dall’accordo sul prezzo di
cessione tra le parti ma anche sulle norme che il gruppo societario è disposto ad accettare per regolare i suoi
rapporti con il nuovo azionista. E’ fondamentale per l’investitore definire contrattualmente la via/vie
d’uscita ipotizzabili. Di solito l’exit way preferita dagli intermediari è la quotazione nel mercato azionario.
Le altre possibili vie d’uscita sono: la fusione con le altre aziende del settore, la cessione a operatori terzi,
ecc.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 10. La procedura negoziale (segue)
Nel caso in cui si sia trovato un punto d’accordo tra le parti sulle principali aree che determinano il buon
fine della trattativa (prezzo di cessione della partecipazione, condivisione degli obiettivi aziendali di
sviluppo, regolamento dei rapporti tra gli azionisti) e che in fase di verifica non siano emerse situazioni
ostative che abbiano provocato il ricorso alla clausola di rottura, si procede alla stesura del testo definitivo
del contratto che, dopo aver passato il vaglio dei consulenti legali di entrambe le parti, viene firmato.
L’intera operazione, dalla sottoscrizione della lettera d’intenti alla firma del contratto richiede solitamente 2
o 3 mesi. Successivamente alla firma del contratto vi è l’erogazione per cassa del capitale concordato che
può avvenire in un’unica soluzione oppure in due o più fasi successive, a seconda degli accordi presi.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 11. I problemi di corporate governance nelle imprese familiari
L’impresa familiare si trova a dover rivedere i propri assetti proprietari e a decidere l’ingresso di soci
finanziatori esterni qualora è necessario uno sviluppo aziendale che non può essere sostenuto attraverso
l’autofinanziamento.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 12. Gli strumenti di natura finanziaria e mobiliare per la
risoluzione dei problemi di governance
Gli strumenti più utilizzati per risolvere problemi di governance sono le operazioni che riguardano
l’intervento con capitale di rischio di un intermediario finanziario a supporto dell’impresa, la quotazione in
un mercato azionario, il Family Buy Out.
Non sempre l’entrata nella compagine proprietaria di un’impresa da parte degli investitori implica apporto di
nuovi capitali. L’ingresso può avvenire in 2 modi:
attraverso l’acquisto delle quote di soci che intendono uscire o ridurre la loro partecipazione
mediante la sottoscrizione di titoli di nuova emissione
solo nel secondo caso si ha un vero e proprio rafforzamento patrimoniale dell’impresa, mentre nel primo
l’operazione ha come scopo la sola riorganizzazione della proprietà. Va sottolineato che l’investitore
finanziario entra nel capitale dell’impresa solo se essa presenta delle interessanti prospettive di
remunerazione del capitale apportato anche se l’obiettivo principale è quello di risolvere i problemi di natura
proprietaria.
Da un punto di vista dello smobilizzo della quota sottoscritta o acquistata vanno considerate diverse opzioni.
Una prima ipotesi prevede che la partecipazione sia ceduta allo stesso imprenditore o alla famiglia
proprietaria quando questa non sia stata sufficientemente valorizzata durante il periodo di detenzione. I
proprietari originari possono però trovare delle difficoltà nel reperire le risorse per finanziare l’acquisto per
esempio perché buona parte degli utili dell’attività sono stati reinvestiti; a questo punto possono essere
strutturate da latri intermediari delle operazioni di FBO volte a rifinanziare l’operazione di riassetto
proprietario e permettere all’investitore originario di monetizzare la sua partecipazione. In alternativa la
quota di proprietà dell’intermediario può essere comprata dalla stessa società emittente. Questo tipo di
operazione però trova dei vincoli legislativi previsti per il riacquisto di azioni proprie che non può superare
il 10% del capitale sociale e deve avvenire utilizzando le riserve disponibili e gli utili distribuibili risultanti
dall’ultimo bilancio approvato.
Infine la quota di partecipazione può essere ceduta al mercato azionario, mediante un’offerta pubblica di
vendita.
L’operazione di FBO è analoga a quella di LBO con la differenza che i promotori dell’operazione sono i
membri della famiglia che intendono proseguire l’attività imprenditoriale. Nell’operazione classica di FBO
sono coinvolti inizialmente due soggetti:
- i promotori dell’operazione che sono i soci che intendono continuare la gestione dell’impresa di famiglia
- l’impresa di famiglia (denominata target)
I promotori formano una società terza chiamata NewCo che ottiene i finanziamenti principalmente a titolo di
capitale di debito per poter effettuare l’acquisizione dell’impresa di famiglia e dove essi conferiscono le loro
partecipazioni. La NewCo è quindi in grado di liquidare i soci che intendono uscire dalla impresa target.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking Dopo l’acquisizione la NewCo si fonde per incorporazione con l’impresa target e le attività di quest’ultima
fanno da garanzia a fronte del debito emesso dalla NewCo che compare nel passivo della società nata dalla
fusione.
Una variante consiste nell’acquisizione diretta delle quote dei soci che intendono uscire dalla compagine
proprietaria da parte di quelli che invece sono intenzionati a continuare la gestione. Ovviamente ciò sarà
possibile solo se i promotori avranno a disposizione le risorse necessarie per liquidare gli altri soci. In questo
caso la NewCo sarà costituita solo per fare da contenitore delle azioni dei soci superstiti in modo da
accentrare presso una sola persona giuridica l’acquisto delle azioni dei soci uscenti.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 13. Il servizio offerto dagli intermediari finanziari
L’attività di consulenza nell’ambito della riallocazione degli assetti proprietari prevede un intervento su un
doppio livello:
- di natura relazionale
- di natura tecnica
La componente relazionale ricopre un’importanza prioritaria in quest’ambito a causa della delicatezza delle
operazioni coinvolte che presuppongono una modifica degli assetti proprietari dell’impresa; tale
componente, oltre che relazionale, assume una valenza anche di natura psicologica e un ruolo di facilitatore
nel caso in cui bisogna portare a soluzione i conflitti che sorgono in capo ai vari ceppi familiari e/o alle
diverse famiglie dei fondatori.
Nel modello di governance che si è sviluppato nell’impresa familiare italiana è solitamente il commercialista
che svolge un ruolo di rappresentante della famiglia nell’individuazione dei soggetti utili per
l‘organizzazione dell’operazione e nella gestione dei contatti con essi; quindi risulta molto difficile che un
intermediario finanziario, per esempio la banca, possa essere consulente relazionale dell’impresa poiché non
ha con essa quel rapporto privilegiato che al contrario il commercialista intrattiene. Vi sono comunque degli
spazi nella moderna attività bancaria dove gli intermediari possono porsi come alternativa al commercialista
anche nell’ambito della consulenza finanziaria agli assetti proprietari.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 14. Il profilo economico dell’investitore nel capitale di rischio
Con riferimento al processo decisionale e di gestione dell’investimento nel capitale di rischio è possibile
estrapolare alcune considerazioni:
- l’elevata onerosità del processo di selezione e di definizione dell’investimento intermini di quantità e
qualità delle informazioni necessarie, di complessità e sofisticazione delle metodologie valutative e dei
contenuti contrattuali, di impostazione e gestione della negoziazione con la controparte rendono questa
attività profondamente diversa dalla attività creditizia cosiddetta ordinaria
- l’attività di monitoraggio deve essere condotta per accertarsi che l’investimento stia seguendo l’iter di
sviluppo previsto
- l’orizzonte temporale tipico di un investimento in capitale per lo sviluppo è di 5 anni: si tratta di un
investimento a medio termine quindi molto difficile da apprezzare in fase di selezione e dal profilo
retributivo volatile
- di norma l’investitore stabilisce con l’impresa cliente un rapporto di tipo transitorio, infatti è difficile che
un’azienda ricorra 2 volte nella sua vita alla stessa tipologia di investitori; ciò significa che l’intermediario
deve disporre di un parco clienti potenziali il più ampio possibile.
Le attività del private equità sono molto costose in termini di loro processo produttivo, considerate la
profondità e l’ampiezza delle attività di selezione, di monitoraggio e di dismissione dell’investimento che
devono essere sostenute da parte dell’investitore. Tali costi sono fissi.
Il ritorno dell’investimento invece è soggetto ad un’ampia volatilità in termini sia di ammontare sia di tempo
di uscita. Questo provoca dei seri problemi di gestione per l’intermediario che è costretto a coprire una
struttura dei costi certa con un flusso di ricavi dall’andamento non costante.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 15. Le condizioni per l’operatività e l’economicità
dell’intermediario finanziario nel financial advisoring
Un’operazione di finanza straordinaria è caratterizzata da un processo produttivo che è articolato in
numerose fasi, ciascuna delle quali richiede il coinvolgimento di svariate competenze; per esempio con
riferimento a un FBO il montaggio dell’operazione richiede competenze nell’area finanza, contabilità e
bilancio, legale , tributaria. E’ evidente che il consulente relazionale che gestisce il rapporto con l’azienda
non ha e spesso non ha convenienza ad avere tutte queste competenze in casa. Di conseguenza nella finanza
straordinaria vi è un sistema a rete dove c’è un soggetto leader che gestisce la relazione di clientela e altri
soggetti (advisors tecnici) che apportano le competenze specifiche
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 16. L’attività di venture capital. il finanziamento alle nuove aziende
a base tecnologica
Con l’espressione venture capital si è soliti individuare un’attività d’investimento e di finanziamento
dell’impresa volta a sostenere la nascita e lo sviluppo di aziende indipendenti a elevato potenziale di
crescita. L’attività di finanziamento è svolta attraverso il conferimento di capitale di rischio e di strumenti
cosiddetti quasi equity da parte del finanziatore. Il venture capital è quindi un particolare segmento del più
ampio mercato del private equity nell’ambito del quale si caratterizza essenzialmente per la natura di
azienda finanziata, per le peculiarità dell’investimento e per la pluralità degli investitori presenti, che non
sono solo di matrice finanziaria.
Si può dunque sottolineare che:
- gli investimenti spesso si concentrano nei settori in cui l’attività di ricerca scientifica e la tecnologia sono
fattori chiave della competizione
- in termini di stadio del ciclo di vita dell’impresa, il venture capitalist privilegia l’investimento nelle fasi di
avvio e di primo sviluppo
- anche settori diversi da quello finanziario possono rivestire un ruolo propulsivo per la nascita e lo sviluppo
delle aziende finanziate.
In particolare la scelta di concentrare l’intervento di finanziamento sia nei settori a elevato contenuto
tecnologico sia nelle fasi di creazione dell’impresa si giustifica con gli elevati ritorni che un finanziatore
può conseguire da un simile investimento. Infatti i settori tecnologici sono spesso generatori di nuovi
prodotti/mercati che consentono di cogliere elevati tassi di crescita della domanda oppure riescono a
innovare un mercato già esistente, acquisendo in tal modo un forte e duraturo vantaggio competitivo.
L’investimento nelle fasi di avvio consente all’investitore di comprare le azioni dell’azienda a un prezzo
conveniente rispetto alle sue potenzialità di creazione del valore poiché essa in quel momento non ha ancora
iniziato ad esprimerle; di conseguenza in caso di successo, il venture capitalist si porrà nelle condizioni per
acquisire l’incremento del valore aziendale dato agli azionisti.
Perciò aziende di nuova costituzione e appartenenza a settori a base tecnologica sono i caratteri che
solitamente hanno le aziende finanziate e partecipate dai venture capitalists negli USA. L’esportazione del
venture capitalist verso l’Europa è iniziata a partire dagli anni 70 e ha avuto nel Regno Unito il terreno più
fertile. La diffusione nell’Europa continentale è stata invece più lenta e difficoltosa. Ciò dovuto
principalmente, da una parte, alla distanza culturale che c’è tra mondo scientifico e finanziario e, dall’altra,
alla scarsa focalizzazione dell’apparato produttivo verso i settori a base tecnologica che caratterizza
numerosi paesi, tra cui l’Italia. In particolare in Italia non vi è alcuna propagazione significativa degli
operatori del venture capital classico e le poche operazioni condotte sono state spesso effettuate da
investitori esteri di matrice anglosassone.
In Europa dunque l’attività di venture capital è spesso assimilata a una generica attività di finanziamento alle
nuove imprese, indipendentemente all’appartenenza a uno specifico settore produttivo, e ad attività generali
del capitale per lo sviluppo. Quindi spesso di ha una concezione di venture capital commerciale che presenta
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Corporate e Investment Banking logiche d’investimento assimilabili a quelle del private equity.
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Corporate e Investment Banking 17. La specificità delle aziende a base tecnologica
Le imprese a base tecnologica che interessano gli investitori del venture capital si contraddistinguono spesso
per la presenza contemporanea di alcuni elementi:
l’attività di ricerca, sviluppo e progettazione del prodotto/servizio (R&S) è un fondamentale fattore critico di
successo del business aziendale;
le aziende sono indipendenti: le loro quote azionarie non sono detenute da gruppi industriali che siano di
medio-grandi dimensioni
il periodo d’intervento riguarda le prime fasi del ciclo di vita dell’azienda, dalla fondazione allo stadio di
primo sviluppo
Le imprese a base tecnologica presentano un grado di complessità elevato per quanto riguarda la loro
valutazione e la comprensione della bontà del loro investimento poiché nelle prime fasi del loro ciclo di vita
si trovano a operare in un ambito di incertezza che spesso non è prevedibile.
Alcuni punti sono da prendere in considerazione:
1. Sviluppo della tecnologia e il rischio a esso connesso;
A questo proposito ci sono 2 problemi da affrontare. La fattibilità tecnica riguarda la possibilità di realizzare
un prodotto/servizio funzionante e adeguato per uno sfruttamento commerciale. Le aziende competeranno
tra loro in modo da imporre la propria realizzazione come standard dominante del mercato.
2. La situazione di incertezza relativa alla combinazione prodotti/mercati;
Riguarda la comprensione di quale sia la combinazione prodotto/mercato più conveniente per iniziare a
sviluppare industrialmente la tecnologia proposta.
3. La tecnologia dal punto di vista economico-finanziario
Lo sviluppo e l’applicazione di una tecnologia presentano un periodo di rientro dall’investimento molto
lungo, ossia anche di svariati anni. Di conseguenza l’investimento presenterà un accumulo di cash flows
negativi nei primi anni, seguito da un progressivo rientro verso l’equilibrio e solo nella terza fase un
accumulo di cash flows positivi (ossia dopo un tempo medio di 10 anni).
4. La natura sistemica dell’azienda a base tecnologica
La diffusione delle aziende a base tecnologica è condizionata dalla disponibilità di un gruppo di attori
(aziende industriali, finanziatori, amministrazioni pubbliche ecc.) che, pur nell’ambito dei rispettivi ruoli, le
aiuti soprattutto nelle fasi di avvio e di primo sviluppo. Questo aiuto è sia diretto, fornendo contratti,
finanza, assistenza , sia indiretto e volto a creare delle condizioni di contesto favorevoli.
5. Elevata internazionalizzazione dei settori a base scientifica
Un’azienda a base tecnologica deve sapere cosa sta accadendo nel resto del mondo. Il rischio è di non
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking comprendere il time to market dell’applicazione tecnologica che sta sviluppando oppure quello
dell’inconsapevolezza dell’esistenza di concorrenti temibili. La componente globale riguarda non solo lo
sviluppo della tecnologia ma anche la successiva commercializzazione.
6. Il problema dell’Institution quality1 e del team manageriale
Le aziende a base tecnologica sono fondate da imprenditori che possono essere tecnici, scienziati e
accademici. La loro competenza è sulla tecnologia e sulla sua applicazione. Essi il più delle volte non hanno
delle abilità e delle esperienze di gestione di business complessi. Se in un’azienda non è introdotto un
manager con capacità gestionali, il pericolo è che l’imprenditore non colga i problemi finanziari,
amministrativi e di organizzazione.
L’ attività di venture capital si concentra principalmente lungo i primi 3 stadi:
- La fase precompetitiva
- Lo start up aziendale attraverso l’erogazione del primo round di capitale
- Il primo sviluppo che coincide con il raggiungimento e il successivo superamento del BEP, attraverso
l’erogazione del secondo e terzo round di capitale.
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Corporate e Investment Banking 18. L’intervento nelle fasi di avvio dell’impresa: la fondazione
dell’impresa
Spesso l’impresa a base tecnologica ha bisogno di un periodo di tempo, detto fase precompetitiva, durante il
quale mette a punto l’idea imprenditoriale senza alcuna generazione di ricavi propri. Vi è quindi la necessità
di reperire capitali che siano sufficientemente ampi da sostenere non solo il lancio aziendale sul mercato ma
anche la copertura dei costi che si generano fino a quando l’impresa non avrà un flusso di cassa netto
positivo. Oltre agli eventuali capitali personali che l’imprenditore può mettere a disposizione per finanziare
l’azienda, tre sono le tipologie di operatori che intervengono in questa fase:
a) l’industria
b) il settore pubblico
c) gli investitori finanziari
anche in combinazione tra loro. L’obiettivo dell’industria che investe in imprese a base tecnologica è
l’interesse allo sviluppo di nuove tecnologie e applicazioni. Essa incoraggia la creazione di queste imprese e
le sostiene finanziariamente attraverso l’erogazione di contratti di fornitura; può anche accadere che la
nuova impresa sia chiamata a progettare e sperimentare i prodotti di grandi aziende sue clienti e che possono
essere anche diversi da quelli che l’impresa tecnologica produrrà e commercializzerà in via indipendente.
A fronte di nuove aziende tecnologiche particolarmente promettenti l’industria è anche in grado di sostenere
direttamente il fabbisogno finanziario aziendale attraverso l’acquisizione di partecipazioni di capitale delle
stesse.
L’intervento del settore pubblico persegue un obiettivo di politica industriale, volto sia al rafforzamento e
alla qualificazione del tessuto produttivo del territorio sia alla creazione di nuovi posti di lavoro.
L’ingresso degli investitori finanziari nel capitale delle imprese a base tecnologica risponde innanzitutto a
un obiettivo di ritorno finanziario sull’investimento. E’ necessario per l’investitore che entra nell’azienda
impostare una disciplina dei costi e una corretta gestione delle risorse finanziarie che esso apporta per
evitare sprechi e dispersioni delle stesse. La soluzione è quella di avere un controllo diretto delle dinamiche
aziendali attraverso l’inserimento in azienda di un manager che svolga un controllo e un’opera di
impostazione della gestione aziendale. Gli investitori finanziari che operano in questo ambito possiedono
oltre che competenze del private equity anche conoscenze di carattere industriale e di settore.
I venture capitalists attivi in questo stadio si articolano in 3 tipologie principali:
1) i fondi seed corn
2) i business angels
3) gli incubatori d’impresa
I fondi seed corn sono dei fondi di venture capital molto piccoli specializzati nella fase precompetitiva, e
sono spesso emanazione di fondi di venture capital che operano nelle fasi successive.
I business angels sono degli investitori privati con un elevato patrimonio, solitamente ex manager di grandi
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Corporate e Investment Banking imprese oppure imprenditori che hanno ceduto la propria attività monetizzando il patrimonio familiare. Essi
sono disposti ad investire una parte modesta del proprio patrimonio in un’impresa a base tecnologica a patto
che siano coinvolti nell’attività aziendale apportando il loro patrimonio di competenze e conoscenze.
Gli incubatori rappresentano una forma istituzionalizzata di investitore nella prima fase di vita dell’impresa
a base tecnologica e spesso costituiscono uno spazio di collaborazione tra le 3 tipologie di operatori:
industria, settore pubblico, investitori finanziari. L’incubatore non solo fornisce risorse finanziarie a imprese
giovani aiutandole ad avviarsi e a sopravvivere nelle fasi di fondazione, ma anche altri servizi tra cui
assistenza manageriale da parte dei team di esperti dell’incubatore, ecc. tipicamente si distinguono 2
tipologie di incubatori:
a) incubatori profit oriented, costituiti da operatori privati spesso collegati al mercato del capitale di rischio;
essi fondano la propria generazione di ricavi e di reddito sia dall’incasso di commissioni per i servizi prestati
e dei canoni d’affitto degli spazi locati sia dai capital gains che possono conseguire attraverso investimento
in partecipazioni nelle aziende ospitate;
b) incubatori non profit oriented, costituiti da operatori di natura pubblica e/o da soggetti istituzionali
ricorrendo prevalentemente all’utilizzo di risorse pubbliche. Pur se nel rispetto dell’obiettivo di sviluppo
industriale ed economico dell’operatore pubblico, sempre più anche questa tipologia di incubatore ricerca
almeno un equilibrio finanziario attraverso la generazione di ricavi autonomi che possono contribuire in
parte alla copertura dei costi di gestione.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 19. L’intervento nelle fasi di avvio dell’impresa: il raggiungimento
della sopravvivenza
Nel momento in cui l’azienda avvia la propria attività industriale e commerciale essa entra nella vera e
propria fase di start up. Obiettivo di ogni start up dell’imprese a base tecnologica è quello di raggiungere il
punto di pareggio (BEP), prima operativo e poi finanziario, al fine di assicurare le condizioni di
sopravvivenza aziendale e poi il successivo sviluppo. In questa fase l’azienda ha un prodotto e un mercato di
sbocco anche se ancora infante; essa comincia a generare dei ricavi che contribuiscono alla copertura dei
costi e degli investimenti aziendali. All’interno si modifica anche il ruolo delle 3 tipologie di operatori.
L’industria continua ad avere interesse verso queste imprese anzi lo aumenta; le regolamentazioni dell’UE
in materia di concorrenza fra imprese hanno limitato la possibilità da parte del settore pubblico di sostenere
finanziariamente le aziende quando esse entrano nella fase della competizione. Fanno eccezione quelle che
operano nei settori considerati strategici per l’industria europea e che possono beneficiare delle risorse
messe a disposizione nell’ambito del Programma Quadro sulla Ricerca e l’Innovazione.
L’intervento degli investitori istituzionali vede, mano a mano che l’azienda raggiunge l’obiettivo della
sopravvivenza, il progressivo affiancamento prima e sostituzione poi delle tipologie intervenute alla
fondazione da parte dei fondi di venture capital. Ciò avviene non solo perché l’impresa è diventata
presentabile come progetto d’investimento, ma anche a causa della crescita del fabbisogno finanziario
esterno e quindi della maggiore quantità di capitale richiesta. I fondi di venture capital intervengono
apportando i capitali necessari per avviare e sostenere il processo di sviluppo quindi finanziano investimenti
in capacità produttiva, in distribuzione commerciale e marketing, in R&S.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 20. L’intervento nelle fasi di avvio dell’impresa: lo sviluppo
successivo (cenni)
L’impresa a base tecnologica che raggiunge lo stadio dello sviluppo diventa un’interessante opportunità di
investimento anche per altri operatori del private equity. Gli operatori non finanziari che hanno svolto un
ruolo fondamentale nelle fai precedenti del ciclo di vita aziendale (industria e settore pubblico) lasciano lo
spazio al sistema finanziario nel suo complesso che interviene sia in ambito ordinario, per esempio
finanziando il ciclo breve in modo tale che l’azienda non abbia più bisogno dei contratti dell’industria per
sostenere il finanziamento del capitale circolante, sia in ambito straordinario non solo con i fondi di venture
capital di maggiori dimensioni ma anche affiancando e sostituendo a essi gli altri operatori del private
equity.
Nel momento in cui l’azienda raggiunge la sopravvivenza (BEP operativo) e deve avviare la fase di
sviluppo, i capitali che essa richiede aumentano di quantità ed eccedono le capacità e la volontà di
finanziamento degli investitori piccoli e non professionali. E’ in questo ambito che il sistema finanziario
viene ad assumere il ruolo di principale investitore nelle imprese a base tecnologica. L’investimento si
presenta ancora con un profilo di rischio elevato e con forti elementi di problematicità che lo rendono molto
distante da un’operazione finanziaria tradizionale, ma l’impresa presenta un forte potenziale di crescita.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 21. Il profilo economico e gli schemi di intervento del venture
capital
Il venture capital si distingue dall’attività di private equity per alcuni elementi:
- la durata dell’investimento è maggiore e si attesta in media in 8/10 anni
- il tasso di default degli investimenti è sensibilmente superiore rispetto a quello riscontrabile negli stadi
della maturità e secondo le statistiche disponibile si attesta oltre il 50%
- la varianza del ritorno degli investimenti è molto elevata
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 22. Le specificità valutative e gestionali
I venture capitalists che investono nelle imprese a base tecnologica basano il loro processo di selezione degli
investimenti su alcuni criteri di allocazione:
1) la verifica della fattibilità tecnica del progetto proposto
2) l’esplorazione del potenziale di mercato
3) la valutazione del gruppo di fondatori e della struttura aziendale
4) la determinazione degli economics del progetto e l’analisi del pacchetto finanziario
Per quanto riguarda il primo punto la sua verifica risulta essere particolarmente critica quando il venture
capitalist partecipa l’impresa tecnologica fin dalla fase della sua fondazione, per esempio effettuando
l’operazione attraverso un fondo seed corn. Essa può essere verificata ricorrendo a un network di scienziati
ed esperti che di volta in volta possono essere coinvolti nella valutazione, anche se si sono verificati rari casi
in cui lo scienziato/ imprenditore era l’unico esperto della materia.
L’apprezzamento del potenziale di mercato (2) richiede di risolvere un grosso problema di natura
informativa. Infatti gli investitori finanziari hanno spesso difficoltà a vedere il prodotto e i possibili ambiti di
sbocco. Anche in questo caso è necessario disporre di un network di accademici e persone con una
professionalità specifica al fine di verificare la correttezza e la sostenibilità della visione imprenditoriale
con riferimento ai mercati di sbocco.
La valutazione dei fondatori e della struttura aziendale portano il processo di valutazione all’interno
dell’impresa a base tecnologica possibile investimento. Una capacità chiave che devono avere gli operatori
del venture capital è l’abilità di saper apprezzare le qualità del team manageriale e soprattutto:
- la capacità del gruppo imprenditoriale di portare a termine il progetto di R&S, se ancora in corso d’opera, e
di trasformarlo in prodotto/servizio spendibile sul mercato
- la motivazione dello stesso gruppo di volere dare vita a un’azienda che crescerà nel tempo e che
raggiungerà una dimensione importante
Tutti gli elementi ricavabili dalle analisi precedenti più le previsioni sulle voci di spesa e di investimento
confluiscono nella redazione di un business plan (4) e nella determinazione della dinamica dei flussi di cassa
attesi.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 23. Uno schema d’intervento innovativo: il fondo dei fondi
Al fine di ampliare il bacino di accesso al sistema finanziario da parte dell’industria del venture capital sono
stati sviluppati degli schemi di intervento volti a coinvolgere altre tipologie di investitori, principalmente
banche,finanziarie d’investimento, fondi pensione, permettendo loro di effettuare investimenti anche nel
venture capital ma senza un intervento diretto nella gestione degli stessi. Il fondo dei fondi rappresenta uno
dei principali e più innovativi strumenti a disposizione del sistema finanziario per ampliare la numerosità e
la tipologia di operatori che investono nel segmento del venture capital. Inoltre attraverso questo strumento è
possibile sviluppare una collaborazione tra sistema finanziario e altri soggetti investitori non professionali,
principalmente il settore pubblico.
L’iniziativa parte da alcuni soggetti promotori, per esempio istituzioni pubbliche e/o soggetti finanziari, che
hanno interesse a fare affluire risorse al sistema delle imprese a base tecnologica. Essi costituiscono una
società di gestione del risparmio, che sarà il gestore del fondo, la quale lancia la raccolta di capitali presso
soggetti investitori potenzialmente interessati al capitale di rischio nelle imprese a base tecnologica ma che
non sono disposti a investire direttamente poiché non hanno le competenze necessarie per svolgere
quest’attività. La missione del fondo così costituito è quella di investire a sua volta in fondi chiusi di venture
capital che operano nel finanziamento alle imprese a base tecnologica.
L’obiettivo del fondo è sempre di natura economica ma l’obiettivo del ritorno dell’investimento complessivo
può essere ridotto rispetto ai livelli considerati normali laddove, per esempio, vi siano dei sottoscrittori di
matrice pubblica che accettano una remunerazione più contenuta (il rendimento minimo), a favore del
perseguimento dei loro obiettivi di politica industriale.
I gestori della SGR avranno il compito di selezionare i fondi del venture capital nei quali investire.
Solitamente per ogni singolo fondo non è possibile sottoscrivere quote oltre una certa percentuale del
patrimonio complessivo del fondo poiché, se il fondo fosse partecipato in modo maggioritario o totalitario,
si andrebbe a concentrare gli investimenti in pochissimi operatori.
La sottoscrizione di quote in fondi di venture capital che operano con specializzazioni tecnologiche e
geografiche diverse consentono di applicare indirettamente un elemento di differenziazione degli
investimenti nelle imprese a base tecnologica finanziate e quindi consentire una riduzione del rischio
specifico sopportato.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 24. Gli intermediari finanziari e la quotazione delle imprese
La decisione di procedere alla quotazione può rispondere sia a esigenze proprie della società emittente, sia a
bisogni riferibili ai suoi azionisti. Con riferimento alle esigenze dell’emittente la quotazione è spesso intesa
come risposta a uno o più dei seguenti bisogni:
MOTIVI FINANZIARI (E ECONOMICI)
raccogliere nuovi capitali per finanziare rilevanti progetti imprenditoriali;
diversificare le fonti di finanziamento per ridurre la dipendenza dell’impresa dal capitale di debito e
allargare la base di raccolta del capitale di rischio assicurandone, al contempo, il frazionamento del possesso
presso gli investitori al fine di non mettere a rischio il preesistente modello di controllo dell’impresa
MOTIVI STRATEGICI E DI PRESTIGIO
rafforzare il proprio prestigio per godere di ricadute positive in termini di potere contrattuale sia sul mercato
dei fattori produttivi che su quello dei beni e servizi prodotti;
migliorare il proprio standing creditizio al fine di ridurre il costo del capitale, anche e soprattutto di debito;
disporre di moneta di scambio per possibili future operazioni di fusione o acquisizione;
disporre di uno strumento addizionale di incentivazione e motivazione del management e dei dipendenti;
ottenere una valutazione di mercato che esprima il risultato di un’attenta, continua e credibile attività di
monitoraggio esterno sull’efficacia del management nella produzione di valore.
Da tale lista si evince come la scelta di un’impresa di quotarsi non risponda di necessità a una logica
finanziaria, ma può, anzi, essere dettata da considerazioni di natura strategica o di governo aziendale. Il
prestigio e la notorietà derivanti a una società dalla quotazione rendono più agevole e meno costoso
reclutare capitale umano di qualità, estendere la rete dei rapporti commerciali con altre imprese e affermare
il proprio brand nel pubblico dei clienti potenziali. La possibilità di emettere azioni quotate e scambiate
quotidianamente sotto condizioni ideali di concentrazione e trasparenza permette all’impresa di impegnarsi
in acquisizioni di altre società senza alterare il proprio equilibrio finanziario offrendo come mezzo di
pagamento azioni proprie di nuova emissione; di concordare più attraenti piani di incentivazione del
management basati su stock options; di promuovere l’azionariato dei propri dipendenti. Disporre di
un’azionariato diffuso rende infine l’impresa più forte sul mercato politico in cui interagisce con le autorità
impegnate in attività di regolamentazione e supervisione.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 25. La scelta del mercato regolamentato di quotazione
L’emittente deve scegliere il mercato regolamentato su cui far negoziare la propria azione:
MERCATO NAZIONALE DI INSEDIAMENTO
MERCATI ESTERI
La quotazione sui mercati esteri presenta sempre e comunque maggiore complessità. L’emittente si trova a
fronteggiare l’incertezza derivante dalla necessità di rispettare i canoni di una securities law e di una
regolamentazione di borsa diversa da quella del proprio paese, quindi meno nota. Inoltre deve sobbarcarsi
l’onere di intrattenere rapporti con organi di borsa e autorità amministrative straniere, il che implica dover
adattarsi a un diverso e meno interpretabile modo di operare della vigilanza. Gli svantaggi dei mercati esteri
consistono dunque in normative diverse, regole contabili diverse, quotazioni più elevate.
Alcune imprese di grandi dimensioni mantengono una quotazione sia su un mercato regolamentato
domestico, sia su uno o più mercati esteri dando vita al cosiddetto fenomeno di dual listing o, anche, di
multiple listing.
Negli ultimi anni il panorama delle borse mondiali ed europee in particolare, sta subendo trasformazioni
importanti che modificano le logiche di scelta del mercato di quotazione da parte dell’emittente. Le singole
borse stanno subendo un processo di trasformazione che impatta sulla loro natura istituzionale e
sull’economics del business in cui sono impegnate. Innanzitutto si afferma un modello in cui la gestione dei
mercati regolamentati è attività d’impresa da svolgersi con fine di lucro, con la conseguente trasformazione
delle borse in società per azioni. In secondo luogo è in atto un processo di integrazione trasnazionale, le
borse di più paesi si uniscono per dar luogo a un unico circuito di contrattazione.
In terzo luogo per realizzare la propria finalità di lucro, ciascuna società di gestione di mercati regolamentati
persegue politiche di marketing aggressivo, sia differenziando la propria offerta di ambienti di quotazione e
di trading attraverso la gestione di una pluralità di mercati regolamentati aventi diverse caratteristiche, sia
prevedendo, all’interno di uno stesso mercato, più segmenti differenziati o per requisiti di quotazione o per
regime di pubblicità delle operazioni concluse.
Attualmente Borsa Italiana gestisce tre mercati azionari a cui le società possono chiedere l’ammissione:
il Mercato Telematico Azionario (MTA)
il Nuovo Mercato
il Mercato Espandi (piccole e medie imprese ma stabili e durature)
Il Mercato Telematico Azionario è suddiviso in 3 segmenti:
a. Blue Chip
b. STAR (segmento titoli alti requisiti)
c. SBO (segmento Borsa ordinaria)
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking I requisiti di ammissione a ciascun mercato e a ciascun segmento sono:
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 26. Gli attori del processo di quotazione
La quotazione è un processo complesso che richiede il lavoro coordinato di una serie di operatori
specializzati:
a. L’advisor, che assiste la società nella realizzazione della quotazione, curandone gli interessi;
b. Lo sponsor, che è una figura prevista dai regolamenti di Borsa Italiana. Viene nominato dalla società,
rispetto alla quale deve presentare caratteristiche di indipendenza. Possono esercitare l’attività di sponsor le
banche, nonché le imprese d’investimento e gli intermediari finanziari iscritti in un elenco speciale. Lo
sponsor presenta la società a Borsa italiana e al mercato, garantendo, con la propria reputazione, la qualità
della stessa e del suo management;
c. Il Global Coordinator è la figura chiave che si occupa del cordinamento dell’intero processo di quotazione
e di offerta dei titoli. Di norma coincide con lo sponsor e con il lead manager del consorzio di collocamento
e garanzia per l’offerta al pubblico e/o per quella istituzionale;
d. Lo specialist interviene dopo la quotazione operando sul mercato al fine di garantire liquidità al titolo,
secondo i regolamenti di Borsa Italiana. La sua presenza è obbligatoria nelle quotazioni al Nuovo Mercato o
al segmento STAR del Mercato Telematico Azionario
e. La società di revisione certifica i bilanci dell’emittente che intende quotarsi , collabora alla redazione del
prospetto informativo e rilascia allo sponsor e al global coordinator delle comfort letters sul business plan
che deve essere presentato alla Borsa Italiana e sul prospetto informativo.
f. Gli studi legali assistono la società emittente e gli intermediari collocatori in tutti gli aspetti giuridici
dell’operazione: adeguamenti statutari, redazione del prospetto informativo, adempimenti legali, ecc.
g. Il consulente di comunicazione è responsabile di una comunicazione efficace dell’immagine della società
e dell’offerta, anche garantendo la corretta gestione dei rapporti con la stampa.
h. Borsa Italiana S.p.A. è la società di gestione dei mercati regolamentati azionari italiani che stabilisce i
requisiti per l’ammissione e permanenza dei titoli, le modalità di negoziazione, i casi di esclusione e
sospensioni degli emittenti e dei titoli quotati
i. La Consob è l’autorità amministrativa di vigilanza sui mercati finanziari che deve rilasciare il nulla osta
alla pubblicazione del prospetto informativo dell’offerta dei titoli e che disciplina contenuti e modalità di
diffusione dell’informativa periodica e delle notizie price sensitive dall’emittente al pubblico
j. Monte Titoli S.p.A. è la società di gestione accentrata degli strumenti finanziari dematerializzati a cui
devono obbligatoriamente aderire le società quotate.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking 27. Il pitch e la firma del mandato
Una volta che la società ha maturato la scelta della quotazione, si pone il problema di selezionare i soggetti a
cui affidarsi per portare a termine l’iter procedurale necessario. Se l’operazione è complessa gli azionisti, o
l’emittente stesso, possono, in via preliminare, nominare un advisor che li assista nel processo a partire dalla
scelta della banca a cui affidare il compito di organizzare il collocamento dei titoli presso gli investitori e di
curare l’adempimento degli obblighi di quotazione. Se nominato, l’advisor è una figura indipendente, che
agisce nell’esclusivo interesse degli azionisti e della società quotanda.
Alessandra Depaola Sezione Appunti
Corporate e Investment Banking