Appunti relativi all'esame di Diritto penale commerciale. Si prendono in esame i capisaldi della materia, a partire dalle nozioni di diritto penale, applicate poi all'ambito commerciale. Si possono trovare le definizione dei principali articoli di legge che regolano la normativa relativa, la descrizione delle motivazioni che sono alla base delle leggi, le implicazioni delle norme che regolano i comportamenti in ambito commerciali e le violazioni delle medesime. E' possibile trovare i riferimenti dei reati di falso in bilancio, di aggiotaggio, di bancarotta, di inside trading, ecc.
Diritto penale commerciale
di Valentina Minerva
Appunti relativi all'esame di Diritto penale commerciale. Si prendono in esame i
capisaldi della materia, a partire dalle nozioni di diritto penale, applicate poi
all'ambito commerciale. Si possono trovare le definizione dei principali articoli di
legge che regolano la normativa relativa, la descrizione delle motivazioni che
sono alla base delle leggi, le implicazioni delle norme che regolano i
comportamenti in ambito commerciali e le violazioni delle medesime. E'
possibile trovare i riferimenti dei reati di falso in bilancio, di aggiotaggio, di
bancarotta, di inside trading, ecc.
Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Facoltà: Economia
Esame: Diritto penale commerciale
Docente: D'alessandro Francesco1. Definizione di diritto penale - commerciale
La materia penale oggi è disciplinata dal codice penale e dal codice di procedura penale. Questi due codici
disciplinano due ambiti tra loro paralleli, il primo ci dice di cosa si occupa il diritto penale, quali sono le
regole che lo governano; il secondo dice come si svolge il processo, cioè quel meccanismo costruito per
accertare le responsabilità di qualcuno, sospettato di aver commesso il reato, di aver evaso le tasse.
Il diritto penale è un diritto che parla dell’uomo. Si pensa che questo diritto può essere la soluzione a tanti
problemi, invece spesso è lui a creare problemi, si ferisce anche chi lo utilizza. È il diritto della sofferenza:
la sofferenza del reato, la sofferenza della pena, inflizione di sofferenza a qualcuno (da qua deriva il nome).
Il diritto penale commerciale è quel diritto penale che disciplina tutti quegli illeciti commessi nell’ambito
della vita degli affari, un ambito doppiamente specialistico. Analizzeremo i reati societari, i reati a tutela del
mercato finanziario, i reati fallimentari e i reati tributari.
Un sistema economico caratterizzato da illeciti penali grava su tutti i cittadini. L’opacità della vittima è
tipica di questi illeciti, si subisce un reato e si pagano le conseguenze senza accorgersene. L’ordinamento di
fronte a queste situazioni deve adottare particolari misure.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 2. A cosa servono le pene: A che risultato portano
La radice storica delle sanzioni penali è privare qualcuno della propria libertà. Un modo è attraverso il
carcere.
Il carcere di San Vittore, ad esempio, è stato progettato alla fine del 1800, con una struttura panottica, ossia
fatta a stella, c’è un centro e tanti bracci che partono da questo, i bracci sono 6. Chi lo aveva inventato aveva
l’obiettivo di massimizzare il controllo, perché attraverso una serie di specchi, chi stava al centro poteva
guardare le celle senza farsi vedere. Per questo i detenuti cercavo di auto controllarsi, perché non sapevano
quando e se erano osservati. Questa struttura è costruita per ospitare circa 850 persone. Oggi ne ospita circa
1600. È arrivato anche a quota 2100, dove però il direttore del carcere fece una protesta, perché erano stati
raggiunti tutti i limiti di tollerabilità.
Le condizioni all’interno del carcere sono pessime. La cella se tutto va bene misura intorno agli 8 m2 e
viene divisa con 2 o più persone. In alcune celle addirittura non c’è spazio affinché tutti all’interno della
cella possano stare in piedi.
Prima di capire perché si punisce, bisogna valutare perché si delinque, perché si commettono i reati.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 3. Limiti del nostro sistema giudiziario penale
Il nostro sistema di giustizia penale sembra che non funzioni:
- la pena non sempre è adeguata al reato commesso, si punisce troppo poco;
- è un sistema lento;
- la funzione rieducativa della pena dovrebbe essere più incentivata. Dal punto di vista storico per lungo
tempo di rieducazione del condannato non si è mai parlato, la pena serviva a far pagare in base al reato
commesso. Aveva quindi una funzione retributiva. Tizio ha commesso un reato, come compenso sconta una
pena. Questa è stata per lungo tempo l’unica funzione assegnata alla pena.
- Il reinserimento nella società del condannato dopo la punizione è molto difficile, perché ci si porta dietro
un pregiudizio.
- Le pene dipendono anche dal soggetto che compie il reato, non abbiamo la percezione che nel nostro
sistema la legge sia davvero uguale per tutti, dal punto di vista delle categorie.
- Non sempre è garantita la certezza della pena, con il concetto di certezza della pena si intendono cose
distinte tra loro: certezza della durata della pena; esigenza che il sistema permetta di far si che quando un
soggetto commette un reato, venga effettivamente punto, irrogazione di una sanzione penale per coloro che
commettono un reato, questa è l’interpretazione data da Cesare Beccaria nel 1764. Quindi da una parte
bisogna individuare, perseguire e punire coloro che commettono i reati, d’altra parte di vuole evitare che
vengano individuati, perseguiti e punti soggetti che quei reati non li hanno commessi. Bisogna distinguere i
colpevoli dagli innocenti. Tanto più un sistema riesce a fare questa distinzione, tanto più questo sistema
funziona e ha la stima dei suoi cittadini, è un sistema in cui il cittadino sente di avere fiducia.
Il diritto penale principalmente di occupa di reati.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 4. Definizione di reato
Il REATO è la violazione di una norma. Violare una norma non vuol dire automaticamente commettere
reato, vi sono violazioni che non integrano una conseguenza penale. I diritti della persona sono quelli più
importanti, ed ecco che sono puniti con pene più gravi. Non tutti i reati sono sanzionati penalmente. Gettare
la gomma da masticare sul marciapiede non è reato in Italia.
Possiamo definire reato la violazione della norma associata alla lesione dei diritti della persona. È il
comportamento che comporta un danno alla collettività, intesa come insieme di persone o singolo soggetto.
È reato ciò che in un certo periodo storico o culturale è individuato come reato.
La definizione sostanziale punta ad individuare un contenuto oggettivo di disvalore in certi comportamenti,
mentre la definizione formale di reato individua come reato ciò che a cui il nostro ordinamento penale
ricollega una determinata tipologia di sanzione, la sanzione penale.
Ad esempio la moglie adultera è punita con la reclusione fino a un anno, con la stessa pena è colpito il
correo (amante). Se ne parla nel codice penale italiano, e tale articolo è stato dichiarato incostituzionalmente
illegittimo (parla della pena per le donna ma non per l’uomo /marito adultero!).
Il nostro codice penale compie 80 anni, è del 1930. Non c’è legislatura che non abbia messo in cantiere il
codice penale. Gran parte dei reati non si trova però all’interno di questo codice! Verificheremo perché le
norme penali si intrecciano con i principi della Costituzione. Il codice penale è il luogo principale dove si va
a cercare i reati, comportamenti che nel nostro periodo storico sono meritevoli di sanzione li cerchiamo
infatti nel codice penale, ma quasi tutti gli illeciti che tratteremo non si trovano qui! Per esempio i reati
societari, manipolazione del collegio sindacale, illeciti su rapporti di infedeltà degli amministratori si
trovano nel codice civile. I reati fallimentari si trovano invece nella legge fallimentare del 1942, agli art. 216
e ss (bancarotta; ricorso abusivo al credito).
Il reato più diffuso ultimamente riguarda il mercato finanziario (legge Draghi, norme sui reati di market
abuse; inside trading; manipolazione del mercato). Gli illeciti tributari sono invece trattati da decreti in
ambito tributario.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 5. Quando ci troviamo di fronte ad un reato
La risposta più sicura parte dalla definizione di tipo formale: siamo nell’ambito di un reato quando una
norma contiene una di queste 5 parole:
- ERGASTOLO
- RECLUSIONE
- ARRESTO
- MULTA
- AMMENDA
Queste sono le pene principali.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 6. Definizione di ergastolo
ERGASTOLO: reclusione a vita, ossia privazione perpetua, o meglio tendenzialmente perpetua, della libertà
di un cittadino, per aver commesso un reato di enorme gravità. Per gli ergastolani si usa l’espressione “fine
pena mai”. Ciò porrà un quesito: punire a che serve:
Il sistema delle sanzioni rieduca poco, la pena invece ha funzione rieducativa, perché serve a rimettere il
cittadino che ha commesso il reato all’osservanza delle norme, per rimetterlo in condizioni di non
commettere più altri reati.
La pena dell’ergastolo è compatibile con una pena che ha funzione rieducativa: La Costituzione ha
affermato che il nostro sistema ammette agli ergastolani di accedere ad una serie di benefici, che possono
dopo 26 anni di reclusione essere una reclusione più ammorbidita.
La pena di morte era prevista nel codice del 1930, poi fu abolita nel codice penale ma rimase nel codice
penale militare, fu abolita nel codice penale militare in tempo di pace, rimase in tempo di guerra, infine fu
abolita anche lì.
La nostra Costituzione stabilì con il cod. 27 ult comma: la pena di morte non è prevista se non dal codice
penale militare in tempo di guerra. Oggi il codice recita: “la pena di morte non è ammessa”.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 7. Definizione di arresto, reclusione, multa e ammenda
L’arresto, la reclusione, la multa e l’ammenda si possono dividere per coppie. Da un lato abbiamo la
reclusione e l’arresto, dall’altra multa e ammenda. Perché le prime sono sanzioni di tipo detentivo, limitano
la libertà del soggetto, le altre due postulano invece un esborso di tipo economico, una sanzione di tipo
pecuniario.
Il legislatore ha introdotto queste diverse tipologie di sanzioni, anche se nella prassi non c’è nessuna
differenza, mente in teoria la differenza è tanta.
Queste pene principali consentono di individuare che siamo di fronte ad un reato, a seconda di quale di
queste pene ci troviamo di fronte, capiamo di quale tipo di reato stiamo parlando, ecco perché ci sono due
tipologie di sanzioni detentive e due tipologie di sanzioni pecuniarie, abbiamo quindi una duplicità di
categorie di reati con le quali abbiamo a che fare:
- delitti
- contravvenzioni
Nel linguaggio comune per questi termini viene utilizzato un significato diverso rispetto a quello corretto dal
punto di vista legale.
MULTA : è una sanzione pecuniaria penale prevista per la commissione di reati.
La violazione del codice della strada non si chiama multa, perché non è un reato, è un illecito
amministrativo. Perché la somma di denaro richiesta è una sanzione pecuniaria di tipo amministrativo, non è
una pena.
AMMENDA : sanzione pecuniaria prevista per gli illeciti penali.
Queste due sanzioni contraddistinguono l’illecito penale segnalando che si tratta di illeciti penali, di reati.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 8. Caratteristiche del Codice Penale
I codici sono in una sorta di scala progressiva a piramide: il codice si divide in libri, ogni libro contiene dei
titolo, ogni titolo contiene dei capi, che possono essere a loro volta suddivise in sezioni, che sono suddivise
in articoli, gli articoli si compongono di vari commi.
Il codice penale è diviso in tre libri:
- DEL REATO IN GENERALE : contiene tutte le norme relative al reato nella sua complessità, quelle
norme che dettano i principi fondamentali in materia penale. Ad esempio troviamo definiti i rapporti tra le
norme che regolano il diritto penale, i rapporti tra il diritto penale e il tempo, in maniera tale da stabilire cosa
succede quando una nuova norma sostituisce quella precedente, la definizione dei reati colposi.
L’art. 17 individua le pene principali.
- DEI DELITTI IN PARTICOLARE
- DELLE CONTRAVVENZIONI IN PARTICOLARE
La distinzione tra delitti e contravvenzioni non si fonda sulla gravità dei fatti, è vero che tendenzialmente
più un fatto è grave, più è probabile che sia punito come delitto, però non è sempre così, può accadere che le
contravvenzioni siano sanzionati più pesantemente rispetto ad alcuni delitti. Bisogna rimanere ancorati alle
definizioni di tipo formale per capire la differenza.
Solo una di ciascuna categoria si applica ai delitti e solo una di ciascuna categoria si applica alle
contravvenzioni.
CONTRAVVENZIONI : è prevista la pena detentiva dell’arresto e la pena pecuniaria dell’ammenda.
DELITTI : è prevista la pena detentiva della reclusione (e l’ergastolo, previsto solo per i delitti più gravi) e
la pena pecuniaria della multa.
Tutti i primi titoli del codice penale riguardano lo Stato. In fondo si parla dei reati contro la persona. Questo
non è un caso. Questo è il codice di un ordinamento autoritario, del regime fascista, dove tutto è a vantaggio
dello stato. Tutti i progetti di riforma hanno sempre posto come idea di fondo di invertire questo ordine e di
mettere prima i delitti della persona.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 9. Articolo 483 codice penale
Art.483 codice penale : chiunque attesta falsamente ad pubblico ufficiale in un atto pubblico è punito con la
reclusione fino a 2 anni. Significa che il soggetto che realizza questo reato può essere condannato massimo a
2 anni. Questa norma non fissa il minimo. Ci sono però reati che lo fissano (art. 2636 codice civile, l’illecita
influenza sull’assemblea, che prevede la reclusione da 6 mesi a 3 anni). Visto che qui il minimo non c’è si
applica l’art.23 delle norme generali, che si intitola “Reclusione” e dice che la pena della reclusione si
estende da 15 giorni a 24 anni. Questi sono i limiti generali, se le norme non prevedono limiti e massimi
specifici.
Questo reato è un delitto perché parla di reclusione, infatti siamo nel libro secondo, all’interno del titolo
settimo, titolo dedicato ai delitti contro la fede pubblica, contro lo stato, contro la pubblica amministrazione,
contro l’amministrazione della giustizia, ecc..
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 10. Articolo 575 codice penale
L’art.575 del codice penale tratta l’omicidio, ed è prevista la reclusione non inferiore ad anni 21. Quindi il
massimo secondo l’art.23 è di 24 anni, se non ricorrono le circostanze aggravanti, situazioni che possono
portare anche all’irrogazione della pena dell’ergastolo.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 11. Differenze tra i termini irrogazione e comminazione
Quando si parla di IRROGAZIONE di una sanzione penale ci riferiamo al momento in cui la sanzione viene
applicata da giudice. Da non confondere con il concetto della COMMINAZIONE della pena, che viene
comminata dal legislatore, che significa minacciare una sanzione. Il giudice irroga, il legislatore commina.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 12. Esempio di contravvenzione
Art. 257 - TU in materia di ambiente decreto legislativo 152/2006 : chiunque cagiona l’inquinamento
dell’ambiente con il superamento delle soglie di rischio se non provvede alla bonifica è punito con la pena
dell’arresto da 6 mesi ad 1 anno. Per altri tipi di trasgressione prevede l’ammenda da 1000€ a 26000€.
Ci troviamo dunque di fronte ad una contravvenzione.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 13. Differenza tra arresto e ammenda
Dal punto di vista dell’esecuzione pratica non c’è differenza tra l’arresto e l’ammenda. Ci dovrebbero essere
istituti penitenziari diversi per reclusione, arresto, e per i detenuti in attesa di giudizio, ossia coloro che non
sono stati ancora arrestati o reclusi, ossia coloro che sono sottoposti alle misure cautelari.
Coloro i quali sono in attesa di giudizio dovrebbero essere ristretti in quelle che si chiamano case
circondariali (a Milano San Vittore è una casa circondariale). Coloro i quali invece sono stati condannati,
non vanno nelle case circondariali, ma vanno nelle case di reclusione (il carcere di Opera è una casa di
reclusione). A San Vittore però c’è una sezione che ospita soggetti condannati con sentenza passata in
giudicato, così come il carcere di Bollate c’è una piccola sezione che ospita detenuti in attesa di giudizio, ma
queste sono piccole eccezioni.
La distinzione tra soggetti condannati alla reclusione e soggetti condannati all’arresto non esiste nella prassi,
ma tutti finiscono nelle case di reclusione e soggiacciono allo stesso regime carcerario. La diversità è
soltanto nella durata, tendenzialmente minore per coloro che sono condannati all’arresto avendo realizzato
una contravvenzione.
L’art.484 – falsità in registri e notificazioni : prevede la multa fino a 309€.
Testo unico della finanza, Decreto 58/98, art.187 ter (da sapere) : prevede l’illecito amministrativo di
manipolazione del mercato.
L’art. 185 disciplina l’illecito penale di manipolazione del mercato.
L’art. 187 ter disciplina un comportamento che non è reato e dice che il soggetto che realizza questo fatto di
manipolazione del mercato è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100€ a 25 milioni di €.
Questi due ultimi esempi spiegano perché il criterio della gravità è solo orientativo.
Fra arresto e reclusione quindi una distinzione teorica c’era ( i reclusi nelle case di reclusione mentre gli
arrestati nelle case di arresto), ma nella prassi vanno tutti nelle case di reclusione. Quanto alle sanzioni
pecuniarie (multa e ammenda) meno che meno si può trovare una distinzione, perché sempre una somma si
paga.
Quindi a cosa serve distinguere delitti e contravvenzioni se tanto le sanzioni alla fin fine si equivalgono dal
punto di vista del contenuto, non ci permettono di individuare che un fatto è più grave dell’altro. Il senso va
ricercato nel fatto che alcune regole si applicano solo per i delitti, e altre si applicano solo per le
contravvenzioni e dunque quando il legislatore sceglie che su un certo comportamento bisogna appiccicare
l’etichetta di reato e ulteriormente decide se l’etichetta giusta è quella delitti o contravvenzioni, sa che se
inserisce una delle parole che qualificano quel fatto come delitto, si applicheranno certe regole, e viceversa
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 14. Definizione di reato consumato
Il reato normalmente si presente nella sua forma che si definisce consumata. Un reato è consumato quando
un soggetto, persona fisica, ha realizzato gli elementi che prevede la norma che lo disciplina e lo punisce.
Solo i delitti possono essere puniti non solo nella forma consumata, ma anche nella forma tentata, perché
l’art.56 del codice penale spiega il delitto tentato, come si realizza e come viene punito. Questa è la prima
differenza con le contravvenzioni, la contravvenzione tentata, nel nostro ordinamento, non esiste. Possono
essere realizzate solo nella forma consumata.
Il delitto di danneggiamento è previsto per chi danneggia una cosa mobile altrui e viene punito con
reclusione e multa.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 15. Distinzione tra delitti e contravvenzioni in base al dolo
Un’altra distinzione fondamentale tra delitti e contravvenzioni: se ci troviamo di fronte ad un delitto, allora
quel fatto è punito solo se realizzato con dolo. Affinché un delitto possa essere punito anche se realizzato a
titolo di colpa, è necessario un’espressa previsione legislativa, il legislatore lo deve scrivere. Ad esempio
l’art.589 del codice penale indica che chiunque cagiona per colpa la morte di un uomo è punito. Mentre
l’art.575 non dicendo niente, punisce solo l’omicidio per dolo.
Per le contravvenzioni non è così, la regola è che il fatto è punito se realizzato indifferentemente a titolo di
dolo o di colpa.
L’art.42 del codice penale dice che nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come delitto,
se non l’ha commesso con dolo, a meno che la legge non prevede che sia punito anche per colpa. Nelle
contravvenzioni è indifferente il dolo o la colpa.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 16. Termini di prescrizione di contravvenzione e delitti
I termini di prescrizione per le contravvenzioni sono più brevi rispetto a quelli per i delitti. Queste
distinzioni le troviamo nel titolo primo del codice penale.
L’art.157 distingue i delitti dalle contravvenzioni per i termini di prescrizione.
Le pene principali (ergastolo, reclusione, arresto, multa e ammenda) non esauriscono l’elenco delle sanzioni
penali. La categoria delle sanzioni penali distingue le sanzioni rispetto a quelle appartenenti agli altri ambiti,
tipo sanzioni civili, tributarie. Nell’ambito sanzionatorio penale ci sono tante sanzioni diverse. Le pene
principali sono quelle che devono esserci immancabilmente tutte le volte che c’è un reato.
La Carta Costituzionale e altre leggi dettano una serie di regole sul tema del reato, per disciplinare quando il
legislatore lo può considerare tale. Ciò che è reato nel nostro ordinamento non si presenta con caratteristiche
intrinseche, ma lo è perché è il legislatore che lo ha definito come tale.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 17. La Carta Costituzionale individua due tipi di limiti
- DI TIPO FORMALE
- DI TIPO SOSTANZIALE
La Carta Costituzionale è rigida, è costituita da 139 articoli, 12 fondamentali e poi 2 parti distinte tra loro: la
prima si chiama “Diritti e doveri dei cittadini”, la seconda è dedicata a disciplinare l’ordinamento della
Repubblica. Questo corpus giuridico che stabilisce le regole del vivere comune fissa una serie di norme, di
principi fondamentali che riguardano i rapporti tra i cittadini tra loro, e tra i cittadini e i poteri dello Stato.
Mentre tutta la seconda parte è dedicata alla disciplina dell’architettura dello Stato.
I limiti alla potestà legislativa in materia penale sono fissati nella Costituzione. In particolare ci interessano
2 norme che si trovano nel titolo 1 della parte 1 della Costituzione. Il 1 titolo è dedicato ai RAPPORTI
CIVILI. Ritroviamo qua i diritti di libertà più autentici dei cittadini. Il titolo 2 invece disciplina i
RAPPORTI ETICO SOCIALI dall’art.29 in poi della Costituzione vengono disciplinare quelle formazioni
sociali nelle quali il cittadino vive la propria vita. Le formazioni sociali sono la famiglia, i rapporti tra
genitori e figli, il diritto all’apprendimento, la libertà della scienza e dell’insegnamento, l’apertura a tutti
della scuola. Il titolo 3 dall’art.35 in poi tratta i RAPPORTI ECONOMICI: lavoro, i diritti del lavoratore, la
libertà dell’organizzazione sindacale, la libertà d’impresa, la tutela del risparmio. Infine il titolo 4 tratta,
dagli art.48 a 54, i RAPPORTI POLITICI: suffragio universale aperto a tutti i cittadini, diritto di associarsi
in partiti, la possibilità di accedere alle cariche pubbliche in condizioni di parità.
Le norme penali che dicono al legislatore cosa può o non può fare si trovano nel titolo 1, nei rapporti civili.
In particolare ci occupiamo di una serie di principi ricavabili da due norme:
- art.25, comma 2
- art. 27, comma 1
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 18. Principio di legalità
ART. 25 DELLA COSTITUZIONE, COMMA 2- PRINCIPIO DI LEGALITA'
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
Già all’interno di questa norma troviamo diversi limiti formali e sostanziali alla potestà dello Stato nei
confronti del cittadino. L’etichetta di reato lo Stato non può metterla su qualunque comportamento.
LIMITI FORMALI: LEGGE – PRINCIPIO DI LEGALITÀ : la nostra Costituzione in materia penale fissa
una espressa RISERVA DI LEGGE. Uno dei limiti che la Costituzione pone alla potestà punitiva dello Stato
è relativa alla forma attraverso la quale i reati devono essere disciplinati, quale forma normativa può
contenere reati. In materia penale può intervenire solo la legge, perché bisogna garantire adeguata
rappresentatività alle norme penali. Il Parlamento è l’unico organo che da voce a tutte le forze politiche
purché abbiano raggiunto quella soglia di rappresentatività tale da poter appunto essere rappresentati. È
riconosciuto un diritto di interlocuzione per tutti. Si assicura così che la scelta dei fatti penalmente rilevanti è
frutto di un confronto di sensibilità diverse. Affinché una legge sia approvata dal Parlamento, promulgata
dal Presidente della Repubblica e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, è necessario che Camera e Senato
approvino lo stesso testo senza apportare modifiche.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 19. Gerarchia delle fonti legislative
Il sistema di fonti normative non le mette tutte sullo stesso piano, ma c’è una gerarchia delle fonti:
- COSTITUZIONE: rigida, perché non può essere modificata da fonti di rango subordinato;
- LEGGE ORDINARIA – RANGO PRIMARIO (di derivazione parlamentare);
- REGOLAMENTI – RANGO SECONDARIO (atti attraverso i quali si esprime il potere esecutivo);
- LEGGE REGIONALE (non hanno potere in materia penale).
Questo non vuol dire che il legislatore non possa in determinate situazioni differenziare il trattamento di
certi fatti anche su base territoriale, regionale. La Corte Costituzionale ha detto che non è vietato in assoluto
al legislatore statale fare differenze tra una regione e l’altra, l’importante è che ci siano esigenze specifiche e
circoscritte nello spazio e nel tempo (ad esempio emergenza rifiuti in Campania, dove sono state inserite
norme che punivano determinati comportamenti se realizzati entro i confini della Campania). Quindi in
materia penale queste differenze tra le regioni possono essere fatte solo dal legislatore nazionale.
Le nostre fonti di rango primario non si riducono nel nostro ordinamento alla sola legge ordinaria, ce ne
sono altre due: DECRETO LEGGE e DECRETO LEGISLATIVO
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 20. Definizione di Decreto Legge
DECRETO LEGGE : provvedimento che ha la stessa forza della legge, e quindi può derogare alla legge
stessa, che però non viene adottato dal Parlamento, ma dal Governo, in casi straordinari di necessità o
urgenza. Proprio perché vengono adottati dal governo, questi atti normativi nascono con una data di
scadenza, che è di 60 giorni. Se entro 60 giorni il Parlamento non li converte in legge, il decreto legge
decade.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 21. Definizione di Decreto Legislativo
DECRETO LEGISLATIVO : ha forza di legge, anche questo atto è assunto dal Governo, ma in questo caso
vengono introdotti solo se prima, con una legge ordinaria, il Parlamento ha conferito al Governo la delega a
provvedere su quell’argomento. Siccome si tratta di esercitare un potere che dal punto di vista del contenuto
è identico a quello del legislatore, il Governo può adottare questi decreti solo in presenza di una legge di
delega e nel rispetto dei principi dettati dalla legge delega. Se va oltre questi principi, le norme sono
incostituzionali per eccesso di delega.
L’art.25 comma 2 dice che nessuno può essere punito se non in forza di una legge. Ci sono due correnti di
pensiero che spiegano se il decreto legge e il decreto legislativo che prevedono delle norme penali rientrano
nella definizione dell’articolo. C’è chi sostiene che vengono inclusi nella norma, perché questi atti hanno la
stessa forza e salvaguardano l’obiettivo di garantire che tutte le diverse sensibilità possano dire la loro
attraverso l’organo parlamentare. Perché nel decreto legislativo il Parlamento detta i principi della delega,
mentre nel decreto legge entro 60 giorni deve decidere se convertirlo oppure no. A questo altri
contrappongono un’idea diversa soprattutto per quanto riguarda lo schema del decreto legislativo, dove il
Governo può avere margini di libertà più ampi. Anche se il legislatore individuasse il comportamento
sanzionato, ma lasciasse al Governo il compito di individuare la pena più opportuna, allora la razio della
riserva di legge sarebbe svuotata. Se affidiamo al Governo la scelta della dosimetria della pena, secondo
questi autori, si rischia di indebolire la riserva di legge, garanzia dei diritti del cittadino. La prassi è orientata
univocamente nel senso dell’ammissibilità della legiferazione penale anche attraverso decreti legge e decreti
legislativi, anzi la gran parte dei provvedimenti che prevedono sanzioni penali negli ultimi anni entrano in
vigore attraverso questi due meccanismi. La Corte Costituzionale però ha sempre richiesto parametri molto
stingenti soprattutto nella delega al Governo, dove devono essere indicati sia i comportamenti che dovranno
essere punti, sia le pene nei minimi e nei massimi.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 22. Definizione di Regolamento
Per quanto riguarda i regolamenti invece, questi da soli non possono disporre norme penali incriminatrici. Se
una legge dicesse che è punito chi viola i decreti del Ministro della Giustizia e i suoi regolamenti con le pene
da essi individuati, in questo caso se la riserva di legge è rispettata o no, dipende dal sistema normativo in
cui ci troviamo.
I sistemi normativi si distinguono in quelli che prevedono una riserva di legge assoluta, e quelli che
prevedono una riserva di legge relativa. Quelli che prevedono una riserva di legge assoluta sono sistemi
rigidi, dove solo la legge successiva può modificare quella precedente e nei quali non sono ammesse norme
penali in bianco, ossia quelle norme nelle quali solo in apparenza il legislatore ha osservato il suo compito
esclusivo di disciplina dei reati, ma di fatto lo ha ceduto in bianco, senza alcun vincolo, al potere esecutivo.
Nei sistemi con riserva di legge relativa le norme di rango sotto ordinato come i regolamenti possono
sostituirsi in tutto o in parte alla legge, e le norme penali in bianco non creano particolari problemi. Il nostro
sistema è un sistema con riserva di legge assoluta. A differenza dei sistemi con riserva completamente
assoluta dove il potere esecutivo non può contribuire in nessun modo alla formazione della legge, nel nostro
sistema non è così. Pur essendo certamente nel filone di quelli che in materia penale hanno una riserva di
legge assoluta, è riconosciuto in determinati ambiti al governo la possibilità di contribuire attraverso
specificazioni di tipo tecnico alla formazione della norma penale.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 23. Fonti del diritto comiunitario
Le FONTI DEL DIRITTO COMUNITARIO hanno un’importanza sempre crescente nel nostro
ordinamento. Da quando nel 1950 è stata istituita la Comunità europea con il trattato di Roma, sono stati
assegnati ambiti di influenza sempre maggiori, siamo partiti dal mercato comune e siamo arrivati al
riconoscimento di diritti personali. Nel tentativo di armonizzare i vari ordinamenti giuridici, gli organi
comunitari hanno cercato di attirare a se sempre maggiori competenze, e gli Stati hanno ceduto competenze
sempre con grande fatica. Tutto ciò ha portato ad un principio: prevalenza del diritto comunitario su quello
nazionale, quindi se c’è una norma del diritto comunitario che contrasta con quella nazionale, il giudice
nazionale deve applicare quella comunitaria e disapplicare quella nazionale in contrasto. Il diritto
comunitario che ha questa caratteristica non può introdurre norme penali, non può stabilire che nel territorio
dei 27 paesi che oggi compongono l’Unione Europea, un certo comportamento è vietato. In materia penale
una potestà incriminatrice ce l’ha solo lo Stato. Questo non vuol dire che le istituzioni comunitarie non
possono entrare in materia penale, per esempio sono moltissime le direttive nelle quali le istituzioni
comunitarie indicano quali obiettivi devono essere raggiunti dalle varie legislazioni nazionali e sollecitano ai
singoli Stati di introdurre norme penali a tutela di certi comportamenti. Ma l’individuazione delle pene
concrete da assegnare è un compito che resta nelle mani dei singoli Stati.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 24. Principio di irretroattività
Il principio di legalità previsto dall’art.25 della Costituzione è ribadito nell’ART.1 DEL CODICE PENALE:
nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con
pene che non siano da essa stabilite.
Viene ribadita la riserva di legge nell’individuazione dei reati e in più dice il codice rispetto alla
Costituzione che solo la legge può individuare le pene.
* PRIMA – PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITÀ : questa parola esprime il principio di irretroattività della
legge penale. Questo significa che le norme penali incriminatrici, ossia quelle che puniscono, possono
disporre solo per il futuro. Se il legislatore domani approva una legge con la quale punisce chi butta le
cicche per terra, un soggetto non può essere punito per aver buttato oggi una cicca sulla strada. La legge
deve entrare in vigore prima che i fatti siano commessi, le norme incirminatrici non valgono per il passato. Il
legislatore ha introdotto poco fa una norma sugli atti persecutori, che punisce lo stalking, però per i fatti di
stalking che sono avvenuti prima dell’introduzione sulla norma, questa norma non si può applicare.
Il principio di irretroattività della legge penale è inerente ai rapporti fra la vigenza della legge penale e il
tempo in cui un fatto viene commesso, a seconda di quando un fatto viene commesso, individuiamo qual è la
legge applicabile.
Anche tutte le modifiche peggiorative di una norma valgono solo per il futuro.
Abbiamo però due casi particolari:
- una legge viene abolita : per i soggetti che stanno scontando la pena per il reato abolito, in qualunque
momento si deve applicare la legge più favorevole per il reo. Questo è il principio del favor rei, che
comporta che l’abolizione del reato fa venire meno il reato stesso e quindi il soggetto non può più essere
punito per quel fatto.
- successione delle norme penali e quindi una nuova legge sostituisce la legge vigente fino al momento in
cui è entrata in vigore questa nuova
L’ART.2 DEL CODICE PENALE tratta quelle situazioni nelle quali il legislatore introduce un trattamento
più favorevole per chi ha commesso il reato. Questo si articola in una diversa serie di possibili ipotesi.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 25. Riforme legislative in diritto penale economico
Il diritto penale dell’economia negli ultimi 10 anni è stato interessato da una serie di riforme legislative che
hanno introdotto una serie di problemi tra le norme precedenti e quelle successive. Nel 2000 è entrato in
vigore il decreto legislativo n.74 che ha riformato la Disciplina dei reati tributari. Poi nel 2002 con il decreto
legislativo n.61 è stata la volta dei Reati societari, art.2621 e seguenti del codice civile, in particolare la
riforma del Falso in bilancio. Nel 2005 prima la legge n.61 e poi la legge n.262 (legge sul risparmio) hanno
riformato l’ambito della tutela penale del mercato finanziario. Spesso si pone il problema di capire che
rapporti ci sono tra queste leggi e quelle precedenti.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 26. Abolitio criminis
IL LEGISLATORE ABOLISCE UN REATO DAL NOVERO DEI COMPORTAMENTI PENALMENTE
RILEVANTI – ABOLITIO CRIMINIS : ad esempio l’art.662 del codice penale prevedeva che chiunque
senza licenza dell’autorità esercita l’arte tipografica, litografica, fotografica, o qualunque altra arte simile è
punito con l’arresto fino a 6 mesi. Era un illecito previsto nel 1930. Il legislatore nel 1994 ha abolito questa
norma. Problema: che succede a chi era sotto processo, era stato condannato, stava scontando la pena
dell’arresto per aver esercitato l’arte tipografica senza autorizzazione:
Il comma 1 dell’art. 2 del codice penale parla della non retroattività delle norme incriminatrici.
Il comma 2 è relativo appunto all’ipotesi di abolitio criminis definisce che nessuno può essere punito per un
fatto che secondo una legge posteriore non costituisce reato. Quindi per il futuro nessuno può essere punito
per fatti che non costituiscono più reato, anche se quando sono stati commessi costituivano reato.
Quindi nel 1995 non può essere punito chi ha esercitato senza autorizzazione l’arte tipografica nel 1993.
Il comma 2 continua se vi è stata condanna ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali (come interdizione
nei pubblici uffici, perdita della potestà genitoriale). Quindi il soggetto viene rimesso in libertà.
Non sempre l’abolizione di una norma che disciplina un reato significa che quel fatto è diventato
penalmente irrilevante. Ossia il nostro codice prevede una norma che disciplina l’infanticidio in condizioni
di abbandono materiale e morale, questa norma collocata all’interno dell’art.578 del codice penale dice che
la madre che cagiona la morte del proprio neonato dopo il parto, è punita con la reclusione da 4 a 12 anni,
cioè con una pena inferiore rispetto a quella prevista per chi realizza omicidio (art.575). Se il legislatore
domani decidesse di abolire l’art.578, alla ragazza che la scorsa settimana in condizioni di abbandono
materiale e morale dopo il parto ha cagionato la morte del proprio neonato viene comunque applicata una
pena, perché non si tratta di un abolitio criminis, non è stato abolito il reato. La pena che deve subire è
quella più favorevole, continuerà quindi ad applicarsi la pena della reclusione dai 4 ai 12 anni, perché in
relazione a quel fatto concreto la pena prevista per l’omicidio non è altro che una legge peggiorativa entrata
in vigore dopo la commissione del fatto, perché quel fatto nel momento in cui è stato commesso non era
disciplinato dall’art.575.
Quando il legislatore abolisce l’adulterio, non è più un fatto meritevole di sanzione penale, come
evidentemente non sarebbe nel caso in cui venisse abrogato l’articolo che punisce l’infanticidio.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 27. Successione di leggi penali diverse
Il legislatore non si limita ad abolire un reato, ma contestualmente all’abolizione introduce un'altra norma
che disciplina in maniera diversa quei fatti in maniera più favorevole - successione di leggi penali diverse :
la disciplina di questi fenomeni la indica sempre l’art.2 del codice penale ma al comma 4: se la legge del
tempo in cui fu commesso il reato e le leggi posteriori sono diverse si applica quella le cui disposizioni sono
più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.
Quindi ad esempio il legislatore punisce il reato di corruzione propria (per un atto contrario ai doveri
dell’ufficio del pubblico ufficiale), la pena della reclusione è da 1 a 5 anni. Il legislatore decide di affievolire
questa sanzione e riduce il massimo della pena da 5 anni a 3 anni. Non si è modificato il giudizio di
disvalore sul fatto in sé, c’è stata una diversa disciplina di un fatto che era penalmente rilevante prima e
rimane penalmente rilevante. Se questo reato viene realizzato dopo la modifica normativa continua ad essere
punito, diverso dal caso dell’abolitio criminis, dove ciò che era punito, non è più punito dopo. Il comma 4
dice che di questa modifica migliorativa hanno diritto di giovarsi non solo tutti coloro che corromperanno
qualcuno dall’entrata della legge in poi, ma potranno giovarsene anche coloro che hanno commesso il reato
di corruzione in passato, quando era punito più severamente, con il limite che deve trattarsi di fatti per i
quali ancora è pendente un giudizio. Se la condanna è passata in giudicato allora queste modifiche
migliorative della disciplina non trovano applicazione.
Quando ci troviamo di fronte a situazioni nelle quali il legislatore contestualmente all’abrogazione di un
reato, ne introduce un altro che disciplina in maniera diversa quella situazione, può essere difficile stabilire
se ricorre l’art. 2 comma 2 o comma 4, e a seconda della risposta che diamo, cambiano le conseguenze,
perché il comma 4 incontra un limite, che non è un limite incontrato dal comma 2. Uno degli esempi che più
ha fatto discutere è quello delle false comunicazioni sociali e del falso in bilancio. Quando nel 2002 il
legislatore ha cambiato la disciplina delle false comunicazioni sociali non ha solo cambiato la pena, ma ha
disciplinato il fatto in maniera diversa. Ha introdotto delle soglie di rilevanza, per cui i falsi in bilancio solo
se superano certe soglie sono puniti, allora diventa un problema serio stabilire di cosa accade di quei fatti
relativi alla precedente norma.
L’art.25, comma 2 della Costituzione stabilisce che nessuno può essere punito se non in forza di una legge
entrata in vigore prima del fatto commesso.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 28. Principio di materialità del reato
* FATTO – PRINCIPIO DI MATERIALITÀ DEL REATO : nessuno può essere punito se non fa qualcosa,
nessuno può essere punito per ciò che pensa (principio di materialità). I reati sono fatti, non pensieri. La
punizione di un pensiero sarebbe incostituzionale.
Abbiamo altri principi connessi al termine fatto, volti a individuare quello che la nostra Costituzione pone
come limite alla potestà legislativa in materia penale, seguendo quali percorsi e con quali sbarramenti
formali e sostanziali il legislatore può applicare l’etichetta che individua il fatto come un reato.
Le norme che disciplinano gli illeciti penali devono presentare delle caratteristiche, per assicurare il
raggiungimento di determinati obiettivi. Il costituente ha fissato dei limiti al legislatore sulle caratteristiche
che devono presentare i fatti penalmente rilevanti e le norme che disciplinano quei fatti.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 29. Principio di offensività
Se qualcuno affacciandosi alla finestra dell’università vede che da uno dei muri sporge un chiodo
arrugginito, lo stacca e lo porta via, realizza un furto ai danni dell’università: Il codice punisce il furto,
dicendo che chiunque si impossessa della cosa mobile altrui è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni.
Ciò che conta è la rilevanza patrimoniale.
Il diritto penale individua fatti, e all’interno di quei fatti sono penalmente rilevanti solo quelli che possiamo
definire offensivi di un bene giuridico che l’ordinamento reputa meritevole di tutela. Questo afferma il
PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ. Questo non significa che ci si può impossessare di cose altrui di modico
valore. Però si individua un parametro di selezione, ci vuole un’offensività nei confronti del bene giuridico,
in particolare la norma sul furto tutela il patrimonio. Staccare il chiodo arrugginito non provoca un’azione
offensiva per il patrimonio. Questi comportamenti sono per definizione estranei al perimetro di rilevanza
penale.
Quindi l’art.25 comma 2 quando parla di fatti, parla di fatti offensivi.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 30. Principio di precisione
Anche le NORME che puniscono i fatti devono presentare una serie di caratteristiche. Una prima
caratteristica è quella della precisione, dalla quale deriva il PRINCIPIO DI PRECISIONE. Le norme penali
prima ancora di stabilire le pene alle quali un soggetto deve soggiacere se realizza un certo fatto, svolgono
un’importante funzione di orientamento del cittadino, gli dicono prima cosa può fare o meno. Da questo
punto di vista il legislatore è chiamato, quando vuole introdurre una norma penale, a rispettare questo
principio e indicare in maniera precisa i fatti che rientrano nella previsione normativa, i fatti per i quali si
verrà puniti.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 31. Esempi di principio di precisione
Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito. Qui ci sono almeno 2 concetti che necessitino di una
definizione:
- morte : concetto di tipo normativo
- uomo : concetto di tipo descrittivo
Anche il concetto di altruità di una cosa è un concetto di tipo giuridico, quando parliamo di cose altrui, la
norma sul furto rimanda alle norme che determinano l’acquisto di proprietà di un bene. Siamo di fronte ad
un concetto di tipo normativo, non descrittivo.
Il legislatore deve dosare gli elementi normativi e descrittivi per costituire fattispecie precise.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 32. Art. 184 Testo Unico della Finanza
ART. 184 TESTO UNICO DELLA FINANZA - ABUSO DI INFORMAZIONI PRIVILEGIATE –
INSIDER TRADING : chi essendo in possesso di informazioni privilegiate detiene determinate condotte
viene punito. Per capire quando un’informazione è privilegiata abbiamo bisogno di un’altra norma, ed è lo
stesso Testo Unico della Finanza a darci questa definizione. Quindi è un concetto normativo, per
informazione privilegiata si intende un’informazione di carattere preciso, che non è stata resa pubblica, che
riguarda uno o più strumenti finanziari, e che se resa pubblica può influire sul prezzo degli strumenti
finanziari. Se il legislatore non avesse messo questa norma, l’interprete dell’art.184 si sarebbe trovato di
fronte alla necessità di individuare se l’informazione è privilegiata oppure no. Questa tecnica si chiama
TECNICA DI TIPO CASISTICO, perché il legislatore in questo modo definisce gli elementi normativi, si
arriva a raggiungere il massimo della precisione.
Il problema è che la definizione di informazione privilegiata fa un rimando ad altri concetti che devono
essere definiti, infatti l’art.184 continua spiegando i vari concetti. L’effetto collaterale della tecnica casistica,
è che ogni concetto normativo introdotto per spiegare un concetto normativo, a sua volta ha bisogno di una
definizione.
Per questo, accanto a tecniche di tipo casistico ci possono essere altre TECNICHE che non si dilungano
nella definizione di singoli elementi, ma che INDIVIDUANO CONCETTI PORTANTI DI
RIFERIMENTO. Ad esempio la norma che punisce la violenza sessuale non spiega gli atti che rientrano
nella categoria, anche perché si corre il rischio di non esaurire tutti i casi possibili. Il problema della
precisione in questo caso diventa più accentuato, però il legislatore deve assicurare la precisione necessaria
per orientare il comportamento del cittadino. In questo caso ogni atto che induce l’altro soggetto a compiere
senza la sua volontà atti sessuali, non ha bisogno di un decalogo degli atti sessuali, si sa quali
comportamenti non devono essere tenuti. Quando ci si affida a norme che non disciplinano con dettaglio
sufficiente i loro elementi, il rischio è quello di poter violare il principio di precisione.
Ad esempio il legislatore qualche anno fa aveva stabilito che doveva essere punito lo straniero che avendo
ricevuto un provvedimento di espulsione dal territorio dello Stato non si adoperava per ottenere i documenti
di viaggio dal consolato del proprio paese per il rimpatrio. Però non era prescritto in maniera precisa,
nonostante la punizione è la reclusione. La Corte Costituzionale l’ha dichiarata incostituzionale nel 1995
proprio per violazione del principio di precisione (cosa vuol dire non si adopera:). Era una norma imprecisa
perché non consentiva al soggetto di stabilire prima i comportamenti possibili e quelli vietati. Ecco perché il
legislatore deve rispettare il principio di precisione.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 33. Il principio di determinatezza
Le norme devono essere determinate, secondo il PRINCIPIO DI DETERMINATEZZA della fattispecie (la
fattispecie è la generale descrizione di un fatto penalmente rilevante). Questo vuol dire che devono
descrivere fatti che siano suscettibili di essere provati in un processo penale, solo questi possono essere
puniti.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 34. Esempio del principio di determinatezza
Il codice penale prevedeva il delitto del plagio. Il plagio nel linguaggio comune si riferisce a due significati
diversi:
- copiare
- plagio psicologico relativo alla volontà di una persona. Questo concetto era quello utilizzato dal codice
penale.
Nel codice penale c’era un delitto di plagio: è punito con la reclusione da 5 a 15 anni chiunque sottopone
una persona al proprio potere in modo da ridurla in totale stato di soggezione. Attenzione, non si sta
parlando della fattispecie di schiavitù, ma di potere psicologico. Questa norma è stata giudicata
costituzionalmente illegittima perché indeterminata, è difficile provare in un processo che un soggetto è
stato sottoposto in stato di soggezione dal potere di un altro soggetto. È una norma che non è in grado di
individuare quali comportamenti sono puniti.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 35. Principio di tassatività
Una volta che la norma viene posta dal legislatore c’è una seconda fase: deve essere interpretata dal giudice.
Si parla del momento dell’interpretazione della norma. Le norme penali oltre ad essere precise e determinate
e oltre a disciplinare fatti materiali e offensivi, devono essere tassative, per il PRINCIPIO DI
TASSATIVITÀ della fattispecie. In materia penale non è ammessa l’analogia, tecnica alla quale non
dovrebbe ricorrere il legislatore quando pone la norma penale e tecnica alla quale non può ricorrere il
giudice quando interpreta la norma penale.
L’interpretazione estensiva amplia la portata di ciò che la norma prevede, ma rimane nei confini di ciò che la
norma dice; l’analogia consente di applicare una norma a casi che non rientrano in alcun modo nel testo
legislativo, ci si muove sulla base di una somiglianza, identità di razio della norma. L’interpretazione
analogica consente di far rientrare all’interno della norma casi che nel tenore letterale della norma non
rientrano.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 36. Esempio di principio di tassatività
OMISSIONE DI SOCCORSO – ART.593 CODICE PENALE : reclusione fino ad 1 anno o multa per
chiunque trovi abbandonato o smarrito un fanciullo inferiore ad anni 10 o una persona che non riesce a
badare a sé stessa e omette di darne immediato avviso all’autorità.
La persona che non presta soccorso commette omissione di soccorso. Se questa persona chiedesse un
consiglio al telefono ad un’altra persona e questa gli consiglia di scappare, non commette omissione di
soccorso, perché la norma dice “chiunque trova una persona incapace”. Un’interpretazione che estendesse la
norma e punisse anche coloro che non hanno trovato ma che hanno consigliato al telefono, sarebbe
un’interpretazione analogica, che non è ammessa nel nostro ordinamento.
C’è una norma all’interno del Testo Unico dell’edilizia che punisce gli abusi edilizi: è punito il soggetto che
costruisce in assenza della concessione edilizia da parte dell’autorità competente. Se un soggetto ha la
concessione edilizia ma per corruzione (fatto illecito), la Cassazione ha detto che in questi casi si può punire
per abuso edilizio, perché quando la norma dice in assenza, secondo l’interpretazione estensiva (e non
analogica), vuol dire in assenza di un titolo legittimo. Questo per quanto riguarda la fase nel quale il giudice
deve interpretare la norma.
Ma il principio di tassatività si applica anche alla fase 1, quando il legislatore fissa la norma penale.
C’è una norma all’interno del Codice Penale che punisce con l’arresto il fabbro, chiavaiolo o altro simile
mestiere.
L’art.121 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza stabiliva l’arresto o l’ammenda per chiunque
senza essere iscritto negli appositi registri esercitava il mestiere di ciarlatano, ambulante, barcaiolo,
suonatore di piazza, lustra scarpe ecc. e altri mestieri analoghi.
La prima norma fa riferimento a mestieri simili, la seconda ad altri mestieri analoghi. Queste lasciano ampi
margini interpretativi al giudice. Se fossero ancora state penalmente rilevanti solo una delle due sarebbe
stata incostituzionale per violazione del principio di tassatività. Quella incostituzionale è la seconda perché
in quella norma sono indicati mestieri eterogenei tra loro. Se svolgessi il lavoro di scalpellino la norma non
potrebbe dirmi in anticipo se è un mestiere vietato. Questo tipo di analogia contrasta con il principio di
tassatività. Mentre la prima norma individua chiaramente la tipologia di mestieri che con quella clausola
conclusiva il legislatore ha voluto ricomprendere, perché quelli che sono definiti sono omogenei tra di loro.
Il cittadino può comprendere come orientare i propri comportamenti secondo un criterio unitario.
Quindi quando una norma si chiude con queste clausole, queste norme non sono incostituzionali per
violazione del principio di tassatività, se consentono comunque di capire qual è la tipologia di
comportamento vietato, perché ciò che viene prima descritto viene descritto in maniera tassativa e
omogenea.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 37. Art. 27 Costituzione, Comma 1: Principio di colpevolezza
L’ultima comma stabilisce dal 2007 che non è ammessa la pena di morte, non solo non c’è, ma non potrebbe
neanche essere introdotta.
Secondo il 1 comma in materia penale è vietata la responsabilità per il fatto di un altro, ognuno risponde per
il fatto proprio. Questo è un principio che vale solo per la responsabilità penale, il diritto civile non è così
(es. obbligazioni solidali).
Questa norma ha un secondo fondamentale significato: in questa norma trova espressione quello che
definiamo principio di colpevolezza.
Nel linguaggio comune per colpevole si intende colui che ha commesso il reato. Qui però non si fa
riferimento a questo concetto, non viene associato ad una persona, nell’art.27 comma 1 l’aggettivo colpevole
è riferito al fatto. Il diritto penale si occupa di fatti colpevoli. Si parla di rimproverabilità per un certo fatto,
quindi il fatto colpevole è quel fatto per il quale a un soggetto può essere mosso un rimprovero. Quando
l’art.27 comma 1 dice che la responsabilità penale è personale, vuole dire che anche dei fatti propri si può
rispondere solo se si tratta di fatti per i quali può essere mosso un rimprovero. Questo significa che in
materia penale è vietata la responsabilità oggettiva.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 38. A cosa serve punire chi commette reato
Che obiettivo ci aspettiamo di ottenere attraverso l’inflizione di una pena a chi commette un certo reato
Le pene sono sanzioni che vengono irrogate dal giudice una volta che è stata accertata la responsabilità del
soggetto. Tutto ciò che viene prima della sentenza prende il nome di procedure cautelari.
Le pene servono per fare in modo che il soggetto che ha commesso il reato non possa commetterne di nuovi
e per fare in modo che altri soggetti siano dissuasi dal vedere che chi li commette viene punito. Da questo
partono due diverse teorie della pena, dette TEORIE PREVENTIVE. La pena serve a prevenire la
commissione di altri reati. Individuiamo due tipi di prevenzioni:
- PREVENZIONE DI TIPO GENERALE : riferita alla generalità dei consociati, si rivolge a tutti i cittadini.
- PREVENZIONE SPECIALE : rivolta nei confronti del soggetto che ha commesso il reato.
Queste due prevenzioni sono due facce della stessa moneta.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 39. Origini della pena: la vendetta
La pena storicamente nasce come vendetta (legge del taglione, occhio per occhio, dente per dente), prima
che si arrivi a parlare di prevenzione c’è stato un cammino di secoli, bisogna arrivare alle teorie illuministe.
Oggi la legge del taglione non esiste, eppure dal punto di vista storico, l’introduzione della legge del
taglione segna un balzo in avanti di civiltà giuridica, paragonabile a quella del passaggio dalle teorie
assolute della pena alle teorie relative (teoria preventiva). Con la legge del taglione c’è questo balzo in
avanti, perché segna un limite al diritto di vendicarsi da parte della vittima e a vantaggio della collettività,
intesa come non più esercitata dal privato leso (o dai suoi famigliari), ma vendetta di tipo pubblico esercitata
dall’autorità. La regola fino a quel momento era la vendetta illimitata. Questa è stata la matrice storicamente
più importante in relazione alla ratio del punire: la vendetta, la retribuzione, in cambio del male commesso
con il reato, il reo subisce un altro male consistente nella pena (teorie retributive). Secondo le TEORIE
RETRIBUTIVE la pena non serve a nulla, non deve perseguire ad alcuno scopo; quando l’ordinamento
decide di punire qualcuno, secondo i sostenitori di queste teorie, è necessario che ciò accada senza ragioni di
sorta, ecco perché sono assolute. Tra coloro che sostengono queste tesi troviamo Kant, che più volte si
pronuncia a favore della pena intesa in senso retributivo, addirittura in uno scritto indica che se gli abitanti di
un’isola deserta decidessero di lasciare deserta l’isola e disperdersi per il mondo, prima di allontanarsi
dall’isola dovrebbero comunque giustiziare quanti sono ancora detenuti, perché la colpa di questi soggetti
non ricada su di loro che non hanno preteso la punizione. Kant dice che gli assassini devono morire, prevede
per loro la pena di morte, perché nessuna altra forma di sanzione può essere equilibrata rispetto all’azione di
chi ha deliberatamente tolto la vita ad un’altra persona. Egel la vede allo stesso modo di Kant, riprende la
categoria dell’imperativo categorico, e si rifà a quanto dice Kant che indica che l’essere umano non può mai
essere un mezzo ma deve essere sempre un fine, quindi non si può strumentalizzare il prossimo per il
raggiungimento dei propri scopi. Egel riprende questo concetto per dire che se l’obiettivo della pena fosse
davvero preventivo (punisco Tizio perché altri cittadini non commettano lo stesso reato) noi avremmo
strumentalizzato il reo, lo avremmo utilizzato come un mezzo per ottenere un fine che riguarda altri, così
facendo l’avremmo degradato al ruolo di oggetto, ma invece va onorato come soggetto e per onorarlo è
prevista la pena di morte, in modo tale che il soggetto si senta riconosciuto come tale.
Se la pena viene vista come vendetta, non può avere la forma di giustizia. Oggi la pena come pura vendetta
non risolve i problemi, anzi ne genera di altri. Non ha senso per punire un assassino rendersi assassini a
propria volta!
Il 10 ottobre è la giornata mondiale per la pena di morte. I paesi abolizionisti nel mondo sono 139, di questi
sono in 91 quelli che l’hanno del tutto abolita, 11 la mantengono solo per situazioni del tutto eccezionali (ad
esempio per i crimini di guerra), 37 sono i paesi che ce l’hanno nel novero della loro legislazione ma non
l’hanno mai applicata negli ultimi 10 anni. 58 nazioni invece applicano la pena di morte, di queste il 90%
delle condanne si concentra in 5 paesi: Cina (anche per reati comuni coma la corruzione, la frode fiscale,
l’appropriazione indebita, per il bracconaggio), l’Iran (in crescita e prevede la pena di morte anche per i
minorenni), Pakistan, Arabia Saudita e gli Stati Uniti. In Europa l’unico paese che mantiene la pena di morte
è la Bielorussia. Ogni anno sia in sede di Parlamento Europeo che di Nazioni Unite vengono fatti degli
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale appelli affinché cessi l’uso della pena di morte.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 40. Posizione di Cesare Beccaria: una nuova visione della pena
Cesare Beccaria di fronte a tutte le teorie dei retribuzionisti nel 1764 spiega dal punto di vista puramente
razionale come la pena di morte non possa trovare cittadinanza alcuna negli ordinamenti di tipo liberale,
perché lui parte da un’idea cioè che il potere dello stato di fare qualunque cosa trova la sua legittimazione
nella volontà dei cittadini, in particolare la potestà punitiva dello Stato non è nient’altro che il frutto di una
convenzione, di un accordo, tra lo Stato e ogni singolo cittadino: ogni cittadino in cambio della protezione ai
propri beni giuridici che l’ordinamento gli riconosce, punendo chi quei beni aggredisca, rinuncia ad un
pezzo della sua libertà e in particolare si sottomette, a condizioni di reciprocità, alla regola che stabilisce che
chi attenta ai beni altrui debba essere punito. Per avere la garanzia che chi aggredisca sia sanzionato, il
cittadino accetta di essere sanzionato lui a propria volta qualora aggredisse i beni di qualcun altro.
Assoggettandoci a queste leggi ognuno rinuncia ad un pezzo della propria libertà. Sulla somma di tutti questi
pezzi di libertà lo Stato fonda il suo diritto di punire. Quindi la potestà punitiva dello Stato non può andare
oltre a quello che al massimo il cittadino ha concesso allo Stato, perché nessuno sottoscrive un patto che
prevede la possibilità di rimetterci la propria vita, ecco perché la pena di morte dal punto di vista razionale è
esclusa dagli ordinamenti nei quali la ragion d’essere stessa dello Stato si ritrovi nella volontà dei cittadini.
Attraverso Beccaria si apre lo spazio a tutte le TEORIE RELATIVE della pena, teorie secondo le quali
attraverso la pena si deve ottenere un obiettivo, di prevenzione, generale o speciale, di tipo pedagogico,
educativo nei confronti dei cittadini nella loro generalità, attraverso la minaccia di una pena per certi
comportamenti, possiamo percepire i valori dello Stato nel quale viviamo, e una funzione rieducativa, nei
confronti di chi ha commesso il reato. Attraverso la punizione si punta all’obiettivo di far cogliere al
soggetto che ha realizzato il reato quali sono i valori corretti secondo l’ordinamento ai quali ognuno
dovrebbe improntare le proprie condotte, è un’opera di risocializzazione.
Le teorie assolute sono tuttavia molto lineari nella loro struttura e postulano fondamentalmente che il male
debba essere ripagato con il male, il che però ci pone di fronte ad un’altra domanda: perché le persone
commettono i reati: Perché si fa il male: Il diritto penale vuole capire cosa spinge le persone a commettere i
reati.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 41. Esperimenti di Stanley Milgram
Stanley Milgram è uno studioso di psicologia dell’apprendimento e ha voluto ideare e condurre con i suoi
collaboratori un esperimento avente ad oggetto le dinamiche dell’obbedienza. L’esperimento è il seguente:
si estraggono dall’elenco telefonico una serie di nomi, nel campione ci finiranno dentro diverse tipologie di
persone, alla quale viene spedita una lettera da un dipartimento universitario che invita a partecipare ad un
esperimento scientifico sulle dinamiche dell’apprendimento. Non c’erano incentivi economici, si prometteva
solo il rimborso delle spese di viaggio. Una serie di persone dà la loro disponibilità. A questi viene
presentato questo esperimento: un soggetto detto sperimentatore illustra a due persone che si presentano il
ruolo che dovranno svolgere nell’esperimento. Queste due persone svolgono una il ruolo di insegnante,
l’altra di allievo. Il contenuto viene specificato come dinamiche dell’apprendimento in condizioni di stress
emotivo. L’insegnante legge una lista di 30 parole comuni tra loro non associate, l’allievo le deve ripetere
nel giusto ordine. Ogni volta che l’allievo sbaglia, l’insegnante deve schiacciare un tasto da una specie di
consolle che prevede 30 diversi tasti, a ognuno di questi tasti corrisponde la somministrazione di una piccola
scossa elettrica all’allievo. Ogni interruttore segna un aumento della scarica elettrica di 15 volt (quindi
l’ultimo interruttore prevede una scossa di 450 volt). I 30 interruttori sono divisi a loro volta in gruppetti da
5, ciascuno di colore diverso. I due soggetti non erano affatto scelti a casa, o meglio scelti a caso erano solo
gli insegnanti, l’allievo di volta in volta è un attore e l’interruttore non dà la scossa, sebbene l’allievo faccia
finta. Così tutti i partecipanti pensavano che l’esperimento verteva sulle capacità dell’allievo, invece
l’oggetto dell’esperimento era la disponibilità dell’insegnante a infliggere del male ad un altro soggetto. Era
stabilito in anticipo come si doveva reagire se l’insegnante manifestava dei dubbi, lo sperimentatore doveva
spingerlo ad andare avanti con una serie di incitamenti che crescevano progressivamente. Era già stato
predisposto l’insieme di input che lo sperimentatore doveva dare all’insegnante, perché man mano che si
andava avanti con l’esperimento erano già fissate le azioni che l’allievo/attore avrebbe dovuto inscenare:
fino ai 75 volt la vittima non doveva dare segno di malessere, dai 75 cominciava ad emettere un piccolo
verso che cresceva fino ai 120 volt, ai 150 la vittima inizia a protestare, a 180 il soggetto inizia a dire che
non sopporta più il dolore, dai 270 volt solo grida, dai 300 la vittima avrebbe detto che avrebbe smesso di
rispondere, e così via.
L’esperimento ha ricavato come risultato che i soggetti erano disposti ad obbedire all’autorità. Circa il 70%
di coloro che hanno partecipato a questo esperimento sono andati fino in fondo. Tutti questi soggetti sono
stati intervistati dopo e gli è stata svelata la verità, da un lato si sono mostrati sollevati e dall’altro hanno
dovuto riconoscere fino a che limite sono arrivati. Milgram sosteneva che in ognuno di noi c’è un piccolo
sadico, in questo caso i soggetti erano spinti da una serie di fattori:
- la sollecitazione al contributo ad un esperimento scientifico;
- la necessità di giustificare i propri atti precedenti: quando il passetto successivo non è molto distante da ciò
che abbiamo appena fatto, il soggetto va avanti, perché se dicesse a se stesso no ad un livello, dovrebbe
ammettere di aver fatto qualcosa di sbagliato anche prima.
Ai nostri fini questo esperimento ci porta a concludere che la realizzazione del male è una cosa che non può
essere estranea a nessuno di noi.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 42. Stanford prison experiment
Un altro esperimento analogo (www.prisonexp.org) è lo Stanford prison experiment. Questo esperimento si
poneva il problema delle dinamiche che si vanno a creare nei contesti nei quali alcuni soggetti esercitano
una posizione di dominio su altri soggetti, guardie e detenuti. L’esperimento doveva durare 2 settimane e
avere come protagonisti una serie di studenti che svolgevano le funzioni di guardie e ladri in un reparto di un
carcere. Gli studenti si erano trasformati in perfetti aguzzini. Anche questo esperimento dimostra che nelle
giuste condizioni ciascuno di noi può tirar fuori il male che ha dentro.
Questa è una consapevolezza importante perché noi viviamo in una società in cui le radici di pensiero più
profonde passano attraverso la negazione di questo dato. Tutta l’etica non solo delle religioni ma anche delle
filosofie occidentali ha sempre portato alla contrapposizione del buono e del cattivo, cosa che non accade in
altre culture. Il ragionamento sul perché si punisce deve imboccare le strade che partono dalla
consapevolezza che nessuno è immune dalla prospettiva di fare male, quindi di commettere reati.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale 43. Articolo 27 comma 3
La nostra Costituzione ha tradotto questa consapevolezza nell’ART.27 COMMA 3, che specifica che le
pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione
del condannato. Non possono essere forme di mortificazione della dignità umana, non sono quindi ammesse
forme di tortura. Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. Dal punto di vista civilistico la
pena è un’obbligazione di mezzi, perché la pena non deve riassicurare la rieducazione del condannato, ma
deve tendere a quell’obiettivo, offrendo un percorso che il soggetto che mantiene la propria libertà di
decidere per sé, può accogliere o non accogliere, ma la pena questo percorso glielo deve offrire per poter
essere giustificata dal punto di vista costituzionale.
Attraverso questa lente dobbiamo rileggere il complesso delle sanzioni penali del nostro codice.
Valentina Minerva Sezione Appunti
Diritto penale commerciale