Approfondito riassunto del primo volume del manuale di microbiologia. Vi si possono trovare i capisaldi della materia, definiti ed esemplificati: dalla costituzione cellulare, alla costituzione genetica dei microbi. Esplicitate la funzione e le caratteristiche degli antibiotici. Vi si possono trovare anche elementi di virologia, con approfondimento dei principali fagi.
Biologia dei microrganismi
di Domenico Azarnia Tehran
Approfondito riassunto del primo volume del manuale di microbiologia. Vi si
possono trovare i capisaldi della materia, definiti ed esemplificati: dalla
costituzione cellulare, alla costituzione genetica dei microbi. Esplicitate la
funzione e le caratteristiche degli antibiotici. Vi si possono trovare anche
elementi di virologia, con approfondimento dei principali fagi.
Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso: Scienze Biologiche
Esame: Microbiologia
Docente: Bianca Colonna e Milena Grossi
Titolo del libro: Biologia dei microrganismi - vol. 1
Autore del libro: Michael T. Madigan e John M. Martinko
Editore: CEA
Anno pubblicazione: 20071. Definizione e campo della microbiologia
La microbiologia studia le cellule e il loro funzionamento, in particolar modo quelle batteriche che
rappresentano un vasto gruppo di microrganismi di enorme importanza nella scienza di base e in quella
applicata. Inoltre, studia il ruolo di questi microrganismi nel mondo, nella società umana, nel corpo umano e
nelle piante. I microrganismi si distinguono dalle cellule di animali e piante perché quest'ultime sono capaci
di vita propria in natura ed esistono come parti di strutture multicellulari (organi negli animali e componenti
strutturali nelle piante); al contrario la maggior parte dei microrganismi è in grado di effettuare tutti i
processi vitali associati alla crescita, alla generazione dell'energia e alla riproduzione.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Biologia dei microrganismi 2. Introduzione alla microbiologia
La cellula è l'unità fondamentale della vita. Essa è un identità, isolata dalle altre cellule mediante una
membrana cellulare e contenente una varietà di strutture chimiche e subcellulari. Tutte le cellule sono
strutture altamente organizzate, costituite da almeno quattro componenti chimiche: proteine, acidi nucleici,
lipidi e polisaccaridi che nell'insieme sono chiamate macromolecole. Ciò che rende un organismo diverso
dall'altro risiede fondamentalmente nella natura chimica e nelle modalità organizzative dei componenti
chimici all'interno della cellula. Tutti gli organismi cellulari sono altamente organizzati in strutture che
mostrano una sorta di metabolismo. Ciò significa che le cellule prendono nutrienti dall'ambiente e li
trasformano, conservando parte dell'energia presente in tali sostanze in modo da poterla utilizzare, e poi
eliminano i prodotti di scarto. Tutte si riproducono, cioè sono capaci di dirigere una serie di eventi
biochimici che risultano nella crescita e nella divisione per dare origine a due cellule. Molte cellule si
differenziano, processo durante il quale si formano nuove sostanze o strutture ( come le spore, coinvolte
nella riproduzione, nella disseminazione e nella sopravvivenza). Esse comunicano, rispondono ai segnali
chimici presenti nell'ambiente, compresi quelli prodotti da altre cellule. Inoltre gli organismi viventi sono
capaci di movimento attivo, soprattutto nel mondo microbico. Infine le cellule possono evolvere: attraverso
il processo di evoluzione possono cambiare permanentemente le loro caratteristiche e trasmettere alla
progenie le nuove proprietà. Le cellule in realtà sono sia delle macchine chimiche in grado di operare
trasformazioni all'interno della struttura cellulare stessa, grazie anche agli enzimi che accelerano le reazioni
chimiche, sia strumenti codificanti che immagazzinano e processano l'informazione genetica (DNA) che
possono essere passate alla progenie durante il processo riproduttivo. Le cellule vivono in natura in
associazione con altre cellule in una sorta di agglomerato chiamato popolazione. Le popolazioni sono quindi
costituite da gruppi di cellule correlate, generalmente derivate da una singola cellula per successive divisioni
cellulari. Il luogo dove la popolazione microbica vive si chiama habitat. In natura raramente le popolazioni
vivono isolate; piuttosto esse vivono e interagiscono con altre popolazioni cellulari assemblate nelle
cosiddette comunità microbiche. Lo studio dei microrganismi nel loro habitat naturale si chiama ecologia
microbica. Quando parliamo di organismi viventi insieme alle caratteristiche chimico-fisiche del loro
ambiente, stiamo parlando di ecosistema. I maggiori ecosistemi microbici sono quelli acquatici (oceani,
laghi, stagni etc.), terrestri ( suolo e sottosuolo profondo) e quelli degli organismi superiori, siano essi
animali o piante. Per questo le proprietà di un ecosistema sono spesso sotto il controllo dannoso e/o benefico
di attività microbiche. I microrganismi rimuovono attraverso processi metabolici nutrienti dall'ambiente e li
usano per costruire nuove cellule. Contemporaneamente però eliminano prodotti di scarto nell'ambiente.
L'esame di ambienti naturali come il suolo e l'acqua rilevano la presenza di cellule microbiche e benché
cellule così piccole possano sembrare poco importanti, esse sono capaci di moltiplicarsi rapidamente e
produrre popolazioni molto numerose con effetti importanti sugli habitat stessi. I microrganismi sono quindi
estremamente importanti e parte significativa di ogni ecosistema. Valutazioni accurate del numero totale di
cellule microbiche sulla terra, specificamente dei procarioti (batteri), indicano un numero di 5x10*30
cellule. L'ammontare complessivo di carbonio presente in questo enorme numero di piccolissime cellule
eguaglia quello di tutte le piante del pianeta, mentre il contenuto di azoto e fosforo è 10 volte superiore.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Biologia dei microrganismi Inoltre i microrganismi costituiscono la maggior quota di biomassa presente sulla terra.
Domenico Azarnia Tehran Sezione Appunti
Biologia dei microrganismi 3. Obiettivi della microbiologia: studio dell'impatto dei
microrganismi sull'uomo
Uno degli obiettivi dei microbiologi è quello di comprendere come operano i microrganismi e, sulla base di
queste conoscenze, trovare modalità per aumentare i loro effetti benefici e, contemporaneamente, ridurre
quelli dannosi. Il successo dei microbiologi sul controllo dei microrganismi lo si può vedere nel confronto
tra le cause di mortalità negli Stati Uniti oggi e cent'anni fa. All'inizio del XX secolo la principale causa di
mortalità era rappresentata dalle malattie infettive, che attualmente rappresentano un problema di minore
importanza.
Il controllo delle malattie infettive è stato il risultato di una completa comprensione del processo infettivo,
nonché di migliori pratiche sanitarie e della scoperta e uso degli agenti antimicrobici. Tuttavia, ancor'oggi
alcuni organismi patogeni possono rilevarsi una grave minaccia, come ad esempio nella sindrome da
immunodeficienza acquisita (AIDS). D'altronde, la maggior parte dei microrganismi non sono dannosi,
bensì benefici, essendo responsabili di processi di grande valore per la società umana. Tutto il nostro sistema
dell'agricoltura dipende in gran parte dalle attività microbiche. Ad esempio, uno dei maggiori raccolti è
rappresentato dalle leguminose, piante che vivono in stretta associazione con una specie batterica che forma
alle loro radici strutture chiamate noduli. In quest'ultime l'azoto atmosferico (N2) è convertito in un
composto azoto fissato (NH3) che può essere utilizzato dalle piante per il loro sviluppo. Altri gruppi
microbici di fondamentale importanza in agricoltura sono quelli che intervengono nel processo digestivo
degli animali ruminanti. Questi animali hanno uno speciale organo digestivo (stomaco), chiamato rumine,
nel quale i microrganismi compiono il processo digestivo della cellulosa. I microrganismi svolgono inoltre
un ruolo chiave nel riciclaggio dei nutrienti per la nutrizione delle piante in particolare carbonio, azoto e
zolfo: le attività microbiche nel suolo e nelle acque sono in grado di convertire questi elementi, rendendoli
accessibili alle piante. I microrganismi, però, posso essere anche dannosi ad animali e a piante, provocando
infezioni che hanno una grave ricaduta sul piano economico, come ad esempio la sindrome della “mucca
pazza”. Per quanto riguarda l'energia, i microrganismi svolgono un ruolo primario. Gran parte del gas
naturale (metano) è un prodotto dell'attività microbica da parte dei batteri metanogeni. Inoltre essi possono
essere utilizzati nel trattamento di composti inquinanti prodotti dalle attività umane, processo definito
biorisanamento ( o bioremediation). Infine i microrganismi hanno un ruolo cruciale nelle biotecnologie.
Infatti le biotecnologie si riferiscono all'uso di microrganismi in processi industriali di larga scala,
generalmente geneticamente modificati (ingegneria genica) in grado di sintetizzare specifici prodotti di
elevato valore commerciale.
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Biologia dei microrganismi 4. Le radici storiche della microbiologia: Hooke, Van Leeuwenhoek
e Cohn
Come ogni scienza anche la microbiologia attinge i suoi fondamenti nella storia. Nonostante rivendichi
radici più lontane nel tempo, essa ha cominciato il suo reale sviluppo solo nel XIX secolo. Da allora è stato
un susseguirsi di scoperte, che hanno contribuito alla nascita di nuovi campi di ricerca affini. Benché da
tempo si sospettasse della presenza di creature invisibili ad occhio nudo, la loro scoperta è legata
indissolubilmente all'invenzione del microscopio. Robert Hooke descrisse i corpi fruttiferi delle muffe nel
1664, ma la prima persona che vide i batteri fu Antoni van Leeuwenhoek, nel 1684, un mercenario olandese
e costruttore dilettante di microscopi. Sebbene esso fosse bel lontano dagli standard odierni, egli riuscì a
vedere i batteri in virtù di un'attenta manipolazione, agendo continuamente sul fuoco. Egli scoprì i
microrganismi nel 1676, mentre studiava alcuni infusi. Le sue osservazioni furono in seguito confermate da
altri scienziati, ma i progressi della comprensione della natura e dell'importanza dei microrganismi
procedevano lentamente. Solo nel XIX secolo, quando entrò in uso e si diffuse rapidamente un microscopio
più efficace, fu possibile cogliere la diffusione e la natura delle forme microbiche. Successivamente, nel
1866, Ferdinand Cohn iniziò i suoi studi come botanico e il suo interesse verso la microscopia lo portò a
studiare le piante unicellulari, cioè i cianobatteri. Cohn si appassionò allo studio delle forme batteriche
resistenti al calore, che lo portò alla scoperta del genere Bacillus e al processo di formazione delle
endospore. Cohn descrisse l'intero ciclo vitale di Bacillus e scoprì che le cellule vegetative, ma non le
endospore, vengono distrutte al calore. Egli introdusse inoltre semplici, ma allo stesso tempo efficaci
accorgimenti tecnici per evitare la contaminazione di terreni di coltura sterili, come l'uso di cotone per
chiudere tubi e fiasche. Tra la metà e la fine del XIX secolo furono fatti importanti progressi in relazione a
due scottanti questioni biologiche con ripercussioni sia nella biologia sia nella medicina: la prima riguarda la
generazione spontanea e la seconda la natura delle malattie infettive. Il chimico francese Louis Pasteur e il
medico tedesco Robert Kock, diedero significativi contributi alla risoluzione di queste importanti questioni.
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Biologia dei microrganismi 5. Pasteur, Kock e la coltura pura
Il concetto di generazione spontanea, esisteva fin dai tempi della Bibbia. L'idea di base di tale teoria aveva
radici nella vita quotidiana ed era facilmente comprensibile: per esempio, il cibo lasciato all'aria per un certo
periodo di tempo andava in putrefazione. Se esaminato microscopicamente, esso risultava brulicante di
batteri e probabilmente anche di organismi superiori come larve e vermi. Alcuni scienziati pensavano che
queste si sviluppavano da semi o germi provenienti dall'aria, altri che si generavano spontaneamente da
materiale non vivente. Il primo scienziato che pubblicò un libro contro la teoria della generazione spontanea
fu Francesco Redi (1626-1697) provando che le larve derivano non dalla materia in putrefazione ma dalle
uova depositate dalle mosche. Successivamente Lazzaro Spallanzani (1729-1799) riprese la teoria di Redi e
provò che tramite bollitura si poteva ottenere l'eliminazione della cosiddetta “generazione spontanea”. Però,
alla fine del '700, Lavoiser, confutò gli esperimenti di Spallanzani, dimostrando la necessità dell'ossigeno
per la sopravvivenza, elemento che era venuto a mancare nella bollitura. All'inizio dell'800 Schroder e Von
Dush confermarono l'inattendibilità della teoria della generazione spontanea, ponendo un brodo
precedentemente bollito in una bottiglia e lasciando che l'aria penetrasse dopo essere passato in un tubo
contenente cotone, che fungeva da filtro per l'ingresso dei microrganismi.
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Biologia dei microrganismi 6. Louis Pasteur
Però uno degli oppositori più strenui della teoria della generazione spontanea fu Louis Pasteur (1822-1895).
Egli dimostrò che nell'aria sono presenti strutture molto simili ai microrganismi trovati nel materiale in
putrefazione e che trattando l'alimento in modo da distruggere ogni organismo vivente responsabile della sua
contaminazione, cioè rendendolo sterile, e proteggendolo da ulteriore contaminazione, si sarebbe potuto
ovviare alla putrefazione. Avendo già avuto modo di osservare che il calore era effettivamente in grado di
uccidere gli organismi viventi, Pasteur lo usò per eliminare i contaminanti (sterilizzazione). Gli assertori
della teoria delle generazione spontanea criticarono gli esperimenti di Pasteur, dichiarando che era
necessaria aria fresca e, per motivi inerenti alla bollitura, l'aria all'interno della bottiglia non consentiva la
generazione spontanea. Nel 1864, Pasteur superò brillantemente tale obiezione con un esperimento che
utilizzava una fiasca a collo di cigno, chiamata in suo onore fiasca Pasteur, all'interno della quale i nutrienti
potevano essere portati ad ebollizione. Tuttavia, dopo il raffreddamento, l'aria poteva rientrare ma la
curvatura del collo avrebbe impedito l'entrata del materiale particolato contenente batteri ed altri organismi.
Il brodo sterilizzato all'interno della fiasca non andava incontro a putrefazione e non appariva crescita
microbica, se al contrario la fiasca veniva inclinata in modo che il liquido sterile potesse venire in contatto
con la parte contaminata del collo, si osservava contaminazione e il brodo pullulava di microrganismi.
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Biologia dei microrganismi 7. Robert Kock e la teoria microbica delle malattie
Il lavoro di Pasteur portò anche allo sviluppo delle procedure di sterilizzazione, in seguito affinate. Anche le
tecnologie alimentari hanno un debito con Pasteur, in quanto i suoi principi sono stati applicati al
confezionamento e alla conservazione di molti prodotti (pastorizzazione). Inoltre, egli in un periodo molto
produttivo della sua vita (1880-1890), sviluppò vaccini per il carbonchio, il colera e la rabbia.
La dimostrazione che i microrganismi fossero responsabili delle malattie diede un fortissimo impulso agli
studi microbiologici. Ma soltanto il contributo del medico Robert Koch concettualizzò (1843-1910)
chiaramente la teoria microbica delle malattie e le diede i necessari supporti sperimentali. I suoi primi lavori
riguardarono il carbonchio, o antrace, una malattia dei bovini che può occasionalmente trasmettersi
all'uomo. Il carbonchio è causato da un bacillo sporigeno, Bacillus anthracis, di cui il sangue dell'animale
infetto contiene numerose e molto grandi cellule. Koch stabilì mediante accurati studi di microscopia, che i
microrganismi erano sempre presenti nel sangue degli animali morti di questa malattia. Egli dimostrò che
era possibile prelevare un aliquota di sangue da un topo infetto e iniettarlo in un altro topo, che inseguito a
ciò contraeva la malattia e moriva. Egli, allora, prelevo il sangue da questo secondo animale e lo iniettò in
un altro ancora, ottenendo i sintomi caratteristici della malattia. Ripetendo più volte l'esperimento Koch,
dimostrò mediante microscopia, la presenza delle medesime cellule batteriche sporigene nel sangue di tutti
gli animali infetti dal microrganismo. Attraverso ulteriori esperimenti Koch provò che i microrganismi
potevano essere coltivati in brodi nutrienti al di fuori dell'ospite e anche dopo numerosi trasferimenti in
coltura i batteri potevano conservare la malattia originaria se reinoculati in un animale. Sulla base di questi e
di numerosi altri esperimenti Koch formulò i seguenti criteri , detti postulati di Koch, necessari per provare
che un determinato microrganismo è responsabile di una specifica malattia:
1.Il microrganismo deve essere costantemente presente negli animali che soffrono della malattia e non deve
essere presente negli organismi sani.
2.Il microrganismo deve essere coltivato in una coltura pura al di fuori dell'ospite.
3.Questa coltura pura, se inoculata in un animale suscettibile, deve dare i sintomi caratteristici della malattia.
4.I microrganismi devono venire reisolati da un animale infettato da un esperimento precedente e coltivati di
nuovo in laboratorio, dimostrando di essere identici all'organismo originale.
Usando i postulati di Koch come guida, numerosi ricercatori hanno scoperto le cause di importanti malattie
infettive dell'uomo e degli animali. Tali scoperte hanno portato allo sviluppo di trattamenti terapeutici di
successo per la prevenzione e la cura.
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Biologia dei microrganismi 8. Koch e la coltura pura
Per potere associare un particolare tipo di microrganismo a una determinata infezione è necessario che esso
venga in primo luogo isolato in coltura, ed è altrettanto necessario che questa sia pura. Koch aveva iniziato
usando un terreno solido alquanto grezzo come le fette di patata, ma rapidamente passò a metodi più
raffinati, molti dei quali ancor'oggi in uso. Egli osservò che sulla superficie di una fetta di patata esposta
all'aria e successivamente incubata si sviluppavano colonie batteriche, ciascuna dotata di forma e colore
caratteristici. Egli ipotizzò che ogni colonia derivasse da una singola cellula batterica che, sulla superficie
della patata, aveva trovato le condizioni nutrizionali per crescere e moltiplicarsi. In altre parole, ogni colonia
rappresentava una coltura pura.
Dato che però molti organismi non erano in grado di crescere su fette di patate, Koch ideò delle soluzioni di
solidificazione più uniformi e riproducibili come la gelatina e, più tardi, l'agar. La gelatina era un
meraviglioso terreno di coltura per isolare e studiare i microrganismi, ma mostrava diversi svantaggi, il
primo dei quali era quello di non mantenere lo stato di solidità a 37°C che è la temperatura ideale di molti
microrganismi patogeni dell'uomo. Era perciò necessario identificare un agente solidificante più versatile,
che fu trovato nell'agar. L'agar è un polisaccaride derivato dalle alghe rosse, rimane solido alla temperatura
corporea e non viene degradato (idrolizzato da numerosi batteri).
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Biologia dei microrganismi 9. Un test per i postulati di Koch: la tubercolosi
La più grande realizzazione di Koch nell'ambito della batteriologia medica riguarda certamente la scoperta
dell'agente eziologico della tubercolosi. Per arrivare ad identificarlo, egli utilizzò tutte le metodologie che
aveva messo a punto in precedenza: la microscopia, la colorazione dei tessuti, l'isolamento in coltura pura e
l'inoculazione del microrganismo in un modello animale. Come oggi ben sappiamo, Mycobacterium
tuberculosis, il "bacillo tubercolare", è molto difficile da colorare per la grande quantità di lipidi cerosi
presenti sulla sua membrana esterna. Koch mise, tuttavia, a punto una colorazione speciale per identificare
questo microrganismo nei campioni di tessuto, usando una soluzione alcalina di blu di metilene in
associazione ad un secondo colorante (Bismarck brown) che colorava solo i tessuti. Usando la sua nuova
tecnica di colorazione, Koch fu in grado di evidenziare delle cellule di M. tuberculosis di forma
bastoncellare e di colore azzurro in preparati di tessuto colorati in marrone chiaro. Inseguito rispettando tutti
i suoi postulati, tutte le cause della tubercolosi furono veramente chiarite. Per questo importante contributo,
Robert Koch ricevette il premio Nobel per la medicina nel 1905.
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Biologia dei microrganismi 10. Martinus Beijerinck e le colture di arricchimento
Durante il XIX-XX secolo, dalla microbiologia si sono sviluppate varie sotto discipline che hanno portato
alla nascita della presente era, quella della "microbiologia molecolare". Questa transizione è stata condotta
da due grandi scienziati, l'olandese Martinus Beijerinck e il russo Sergei Vinagradskij, entrambi interessati
allo studio dei batteri nel suolo e nell'acqua. Il più grande contributo del primo fu quello di aver chiaramente
formulato il concetto di coltura di arricchimento. Infatti, invece di isolari i microrganismi dall'ambiente
naturale in maniera non selettiva, egli propose un metodo selettivo di isolamento, in cui venivano favoriti
gruppi microbici specifici rispetto ad altri, agendo principalmente sulle condizioni di coltura e
sull'incubazione. Usando le "colture selettive", come lui stesso le chiamo, Beijerinck isolò in coltura pura un
certo numero di microrganismi, compresi i batteri azoto-fissatori, solfato-riduttori, solfato-ossidanti e azoto-
fissatori simbiontici. Inoltre, con i suoi studi sul virus del mosaico del tabacco, egli dimostrò che l'agente
infettivo (un virus) non era un batterio ma qualcosa che entrava nella cellula della pianta ospite e richiedeva
che la pianta fosse vitale per riprodursi. Quindi i virus non rispondono ai postulati di Koch perché non si
possono isolare in quanto hanno bisogno di crescere con delle cellule e non in colture pure.
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Biologia dei microrganismi 11. Sergei Vinogradskij e il concetto di chemiolitrofia
Anche Sergei Vinogradskij (1856-1953) isolò molti microrganismi per la prima volta. Egli studiò i gruppi
batterici coinvolti nei cicli dell'azoto e dello zolfo e dimostrò che il processo di nitrificazione (ossidazione di
NH4 a nitrati) era dovuto al metabolismo batterico. Inoltre propose il concetto di autotrofia nei batteri,
ovvero l'utilizzazione di CO2 come fonte di carbonio, e inseguito il concetto di chemiolitrofia, ossia
l'ossidazione di composti organici accoppiata al rilascio di energia. Infine, egli introdusse il concetto di
fissazione dell'azoto da parte dei microrganismi isolando Clostridium pasteurianum.
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Biologia dei microrganismi 12. Legami chimici forti e deboli
I principali elementi chimici degli organismi viventi sono: l'idrogeno, l'ossigeno, il carbonio, l'azoto , il
fosforo e lo zolfo. Questi elementi possono combinarsi tra loro in vari modi per formare molecole d'interesse
biologico. Una molecola è costituita dall'unione di uno o più atomi mediante legami chimici. Gli elementi
chimici d'interesse biologico sono in grado di formare legami forti, nei quali gli elettroni vengono condivisi
in maniera più o meno paritaria tra gli atomi partecipanti. Si parla allora di legami covalenti. Gli elementi
chimici d'interesse biologico, comunque, si legano in diverse combinazioni a formare i costituenti delle
macromolecole, i cosiddetti monomeri. Le macromolecole, quindi, sono polimeri, cioè composti chimici
costituiti dalla ripetizione di unità monomeriche. Oltre ai legami covalenti si trovano anche tipi di legami
molto più deboli. Tra questi il principale è costituito dal legame idrogeno che si forma tra atomi di idrogeno
e atomi più elettronegativi (capaci di attrarre elettroni), quali l'ossigeno o l'azoto. Ad esempio, l'atomo di
ossigeno è piuttosto elettronegativo, mentre l'idrogeno non lo è. Nella molecola viene così a crearsi una
parziale separazione di carica che rende l'ossigeno leggermente negativo e l'idrogeno leggermente positivo.
Di per sé un singolo legame idrogeno è molto debole, ma quando molti di questi legami si formano tra le
varie molecole, può risultare abbastanza resistente. Le molecole d'acqua interagiscono tra loro facilmente
mediante legami idrogeno., e ciò contribuisce alla ben nota polarità dell'acqua. Grazie alla loro polarità le
molecole dell'acqua tendono molto facilmente ad associarsi tra loro e separarsi da molecole non polari
(idrofobiche). Nelle molecole d'interesse biologico sono presenti altri tipi d'interazione debole. Ad esempio,
le forze di van der Waals sono forze attrattive deboli che si manifestano tra atomi quando questi si trovano a
una distanza inferiore a 3-4 angstrom (), e possono svolgere una funzione fondamentale nel legame
substrato-enzima. I legami ionici sono interazioni elettrostatiche deboli che, in soluzione acquosa, vanno
incontro a ionizzazione. Le interazioni idrofobiche costituiscono un'altra categoria d'interazioni importanti
nelle molecole biologiche. Esse si producono perché in un ambiente polare le molecole apolari (o le regioni
apolari di una molecola) tendono ad aggregarsi. Le interazioni idrofobiche possono contribuire
significativamente al ripiegamento delle catene proteiche nello spazio, e rivestono un ruolo importante nel
legame substrato-enzima.
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Biologia dei microrganismi 13. Le macromolecole e l'acqua come solvente nei sistemi viventi
Circa il 95% del peso secco di una cellula è costituito da macromolecole e, tra queste, le proteine
rappresentano si gran lunga la classe più abbondante. Quest'ultime sono polimeri costituiti da subunità
monomeriche dette amminoacidi. Le proteine sono distribuite in tutta la cellula, con ruoli sia strutturali sia
catalitici. Gli acidi nucleici sono polimeri costituiti d nucleotidi e nella cellula si ritrovano come RNA e
DNA. Dopo le proteine, gli acidi ribonucleici (RNA) sono le macromolecole più abbondanti in una cellula
in attiva crescita. Ciò dipende dalle migliaia di ribosomi , costituiti da RNA e proteine, presenti nella cellula.
Inoltre, quantità minori di RNA sono presenti sottoforma di RNA messaggeri e RNA transfer, due tipi di
RNA anch'essi determinanti nella sintesi proteica. Contrariamente all'RNA il DNA rappresenta (in peso) una
frazione relativamente minoritaria della cellula batterica. Nonostante ciò, esso è ovviamente essenziale per
le funzioni cellulari, in quanto depositario dell'informazione genetica. I lipidi hanno proprietà sia
idrofobiche che idrofiliche e rivestono un ruolo fondamentale nella struttura della membrana e come
deposito per l'accumulo di carbonio in eccesso. I polisaccaridi sono polimeri costituiti da zuccheri e sono
presenti prevalentemente nella parete cellulare. Le macromolecole e tutte le altre molecole di una cellula
sono immerse in acqua. L'acqua è caratterizzata da alcune importanti caratteristiche chimiche che la rendono
un solvente biologico ideale e un composto assolutamente indispensabile per la vita così come la
conosciamo. In particolare, due sono le proprietà che fanno dell'acqua un eccellente solvente: la sua polarità
e la sua coesività. Le proprietà polari dell'acqua sono rilevanti sia perché molte molecole biologiche
importanti sono esse stesse polari e quindi facilmente solubili in acqua sia perché promuovono anche
l'aggregazione di molecole grandi. Le molecole d'acqua formano reticoli tridimensionali, sia con se stesse
sia negli spazi macromolecolari, e ciò facilita il posizionamento reciproco degli atomi e le potenziali
interazioni tra essi all'interno delle molecole biologiche. Un ulteriore beneficio dell'elevata polarità
dell'acqua per la cellula è quello di costringere le sostanze non polari ad aggregarsi. Le molecole d'acqua,
inoltre, possiedono un elevata affinità l'una per l'altra e formano reticoli chimici ordinati all'interno dei quali
legami idrogeno attraversano cicli continui di formazione e rottura (coesività). La natura coesiva dell'acqua
è responsabile di alcune delle sue importanti proprietà biologiche, quali l'elevata tensione superficiale e
l'elevato calore specifico (il calore necessario ad innalzare la temperatura di 1°C).
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Biologia dei microrganismi 14. Le macromolecole non informazionali
I carboidrati (zuccheri) sono composti organici contenenti il carbonio, idrogeno e ossigeno nel rapporto
1:2:1. La formula del glucosio, lo zucchero più abbondante è, C6H12O6. I carboidrati di maggiore
importanza biologica sono quelli contenenti 4,5,6 o 7 atomi di carbonio. Gli zuccheri C5 (pentosi) assumono
rilevanza particolare grazie al loro ruolo strutturale negli acidi nucleici. Gli zuccheri C6 (esosi), invece,
vengono utilizzati come unità monomeriche nei polimeri che costituiscono la parete cellulare e come riserva
energetica. Mediante sostituzione di uno o più gruppi idrossilici con gruppi diversi si ottengono derivati dei
carboidrati semplici. Per esempio, il peptidoglicano, un importante polimero della parete cellulare batterica,
contenente il derivato del glucosio N-acetil glucosamina.
I polisaccaridi sono carboidrati contenenti molte unità monomeriche (a volte centinaia o migliaia), dette
monosaccaridi, uniti da legami covalenti detti legami glicosidici. Due monosaccaridi uniti da un legame
glicosidico formano un disaccaride. L'ulteriore aggiunta di un monosaccaride porta alla formazione di un
trisaccaride, quella di più monosaccaridi alla costituzione di un oligosaccaride. Una catena molto più lunga
viene indicata come polisaccaride. Il legame glicosidico può presentarsi in due diversi orientamenti
geometrici, indicati come alfa () e beta (). Polisaccaridi costituiti dalla concatenazione di subunità di
glucosio legate tra gli atomi di carbonio 1 e 4 in orientamento alfa (per esempio glicogeno e amido)
costituiscono importanti riserve di carbonio e di energia nei batteri, nelle piante e negli animali. Subunità di
glucosio unite tra loro mediante legami -1,4, costituiscono invece la cellulosa, un composto che conferisce
rigidità alla parete cellulare delle piante e delle alghe. I polisaccaridi possono anche legarsi ad altre classi di
macromolecole, quali proteine e lipidi, per formare polisaccaridi complessi, come le glicoproteine e i
glicolipidi. Nella cellula queste sostanze rivestono ruoli importanti, in particolare come recettori di
superficie nella membrana citoplasmatica.
I lipidi componenti essenziali di tutte le cellule, sono macromolecole antipatiche, presentano cioè proprietà
sia idrofiliche che idrofobiche. Gli acidi grassi sono i principali costituenti dei lipidi nei Batteri e negli
Eucarioti. I lipidi degli Archea, invece, sono costituiti da fitano, una molecola idrofobica. Gli acidi grassi
contengono porzioni sia idrofobiche che idrofiliche. Per esempio, il palmitato (forma ionizzata dell'acido
palmitico) è un acido grasso a 16 atomi di carbonio composto da una catena molto idrofobica , di 15 atomi
di carbonio saturo (completamente idrogenato) e da un singolo gruppo carbossilico, che rappresenta la
porzione idrofilica. I lipidi semplici (grassi) sono costituiti da acidi grassi (o nel caso degli Archea, da unità
di fitanile) legati a un alcol C3, il glicerolo. Sono detti anche trigliceridi, poiché le molecole di acido grasso
legate a una molecola di glicerolo sono tre. I lipidi complessi sono rappresentati da lipidi semplici che
contengono componenti aggiuntivi in forma di elementi, come fosforo, azoto o zolfo, o in forma di piccoli
composti organici idrofilici, come zuccheri, etenolamina, serina o colina. I lipidi che contengono un gruppo
fosfato sono detti fosfolipidi e rivestono un ruolo essenziale nella membrana citoplasmatica. Le proprietà
anfipatiche dei lipidi li rendono componenti strutturali ideali per la costituzione delle membrane. Nelle
membrane i lipidi si aggregano, con la porzione idrofilica (glicerolo) che rimane in contatto con il
citoplasma e l'ambiente extracellulare, e la porzione idrofobica immersa nello spessore della membrana.
Grazie a questa disposizione le membrane rappresentano le barriere di permeabilità ideali. Le sostanze
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Biologia dei microrganismi polari, infatti, non sono in grado di attraversare spontaneamente le regioni idrofobiche come anche le
sostanze polari non saranno in grado di diffondere liberamente verso il citoplasma.
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Biologia dei microrganismi 15. Le molecole informazionali
Gli acidi nucleici, cioè l'acido desossiribonucleico (DNA) e l'acido ribonucleico (RNA), sono
macromolecole costituite da subunità monomeriche dette nucleotidi. DNA e RNA sono quindi
polinucleotidi. Mentre il DNA contiene le informazioni genetiche della cellula, l'RNA agisce da
intermediario nel convertire tali informazioni in catene amminoacidiche che concorreranno alla formazione
di proteine. Un nucleotide è composto da tre parti: uno zucchero a cinque atomi di carbonio (ribosio
nell'RNA e desossiribosio nel DNA), una base azotata e uno o più gruppi fosfato (PO43-). Dal punto di vista
chimico le basi azotate degli acidi nucleici appartengono a due classi distinte. Le basi puriniche, adenina e
guanina, contengono due anelli eterociclici (anelli costituiti da più di un solo tipo di elemento) fusi insieme.
Le basi pirimidiniche, timina, citosina e uracile contengono un solo anelo eterociclico a 6 termini. Guanina,
adenina e citosina sono presenti sia nel DNA che nell'RNA; la timina si ritrova invece sono le DNA e
l'uracile sono nell'RNA. In un nucleotide la base è unita ad uno zucchero (un pentoso) tramite un legame
glicosidico tra il carbonio in posizione 1 del pentoso e l'azoto in posizione 1 di una base pirimidinica, o
quello in posizione 9 di una base purinica. Il complesso, privo di gruppo fosfato, costituito dalla base azotata
legata allo zucchero, viene indicato come nucleoside. I nucleotidi sono quindi nucleosidi contenenti uno o
più gruppi fosfato. I nucleotidi, oltre ad essere costituenti degli acidi nucleici, sono anche fonte di energia,
basti pensare all'ATP (adenosintrifosfato). La rottura di un legame fosfato libera energia, che sarà a
disposizione delle reazioni cellulari che la richiederanno.
Nelle cellule il DNA è presente nella forma a doppio filamento. Ogni cromosoma contiene due filamenti di
DNA, ognuno costituito da svariati nucleotidi uniti da legami fosfodiestere. I due filamenti si mantengono
appaiati grazie ai legami idrogeno che s'instaurano tra i nucleotidi di un filamento e i nucleotidi
complementari dell'altro filamento. Quando basi puriniche si vengono a trovare affacciate a basi
pirimidiniche possono originarsi legami idrogeno. Quindi avremo interazioni tra l'adenina e la timina,e tra
citosina e guanina. Tutti gli acidi ribonucleici, invece, tranne poche eccezioni, sono molecole a singolo
filamento. Tuttavia, le molecole di RNA sono generalmente in grado di ripiegarsi su se stesse in
corrispondenza di regioni dove sia possibile un appaiamento tra basi complementari. Il livello strutturale
definito dal complesso di tali ripiegamenti viene detto struttura secondaria. Il ruolo dell'RNA nella cellula è
triplice:
L'RNA messaggero (mRNA) contiene una copia dell'informazione genetica del DNA, sottoforma di
molecola a singolo filamento la cui sequenza di basi è complementare a quella del DNA.
Gli RNA transfer (tRNA) sono invece molecole che funzionano da “adattatori” nel corso della sintesi
proteica ossia consentono di convertire l'informazione genetica del “linguaggio dei nucleotidi” al
“linguaggio degli amminoacidi”, i costituenti delle proteine.
Gli RNA ribosomiali (rRNA), dei quali sono noti diversi tipi, rappresentano importanti componenti
strutturali e catalitici dei ribosomi, cioè del macchinario cellulare deputato alla sintesi proteica.
Gli amminoacidi, come sappiamo, sono le subunità monomeriche delle proteine. La maggior parte di essi
contiene solo carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto, ma tra i 21 amminoacidi comunemente presenti nelle
cellule due contengono anche zolfo e uno anche selenio. Tali amminoacidi contendono due importanti
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