Riassunto del libro "Cinema e identità europea" di Pierre Sorlin. Si prende in considerazione l'evoluzione del cinema europeo nel corso del Novecento, in particolare in Inghilterra, Italia, Francia e Germania; sia come emulazione sia come reazione alla produzione hollywoodiana. Viene presa in esame la stagione dei film di guerra, con i diversi orientamenti tematici a seconda del paese, come l'antinazismo, la Resistenza o il tentativo tedesco di discolparsi. Il neorealismo italiano e gli anni Sessanta del Free cinema e della Nouvelle vague aprono nuovi spiragli d'autore per affrancarsi dallo stile classico USA. Gli anni Ottanta vedono la crisi delle sale e l'influenza della televisione nella scelta delle immagini, fino alle coproduzioni per reggere il confronto oltre oceano e al cambiamento del ruolo della donna e del sesso nelle pellicole.
Cinema del Novecento in Europa
di Laura Righi
Riassunto del libro "Cinema e identità europea" di Pierre Sorlin. Si prende in
considerazione l'evoluzione del cinema europeo nel corso del Novecento, in
particolare in Inghilterra, Italia, Francia e Germania; sia come emulazione sia
come reazione alla produzione hollywoodiana. Viene presa in esame la
stagione dei film di guerra, con i diversi orientamenti tematici a seconda del
paese, come l'antinazismo, la Resistenza o il tentativo tedesco di discolparsi. Il
neorealismo italiano e gli anni Sessanta del Free cinema e della Nouvelle
vague aprono nuovi spiragli d'autore per affrancarsi dallo stile classico USA. Gli
anni Ottanta vedono la crisi delle sale e l'influenza della televisione nella scelta
delle immagini, fino alle coproduzioni per reggere il confronto oltre oceano e al
cambiamento del ruolo della donna e del sesso nelle pellicole.
Università: Università degli Studi di Bologna
Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
Corso: Discipline dell’Arte, della Musica e dello
Spettacolo
Esame: Cinema e studi culturali
Docente: Michele Fadda
Titolo del libro: Cinema e identità europea
Autore del libro: Pierre Sorlin
Editore: La nuova Otalia
Anno pubblicazione: 20111. Industria del cinema in USA. Stile classico e narrazione lineare
Noi europei strutturiamo la nostra immagine del mondo attraverso la lente di Hollywood. La prevalenza dei
prodotti made in Usa si basa su 2 elementi di pari forza: la solidità economica e la qualità tecnica. Il Nuovo
Mondo ha sempre considerato il cinema come un’industria(principio della divisione del lavoro). Le società
di produzione hanno creato un circuito che permette di vendere all’estero film già ammortizzati dal mercato
interno. L’America ha creato uno stile che oggi può essere definito “classico”: immagini chiare, una colonna
sonora che accompagna o spettatore nel racconto senza diminuire il suo piacere, un dialogo comprensibile,
buoni attori e, soprattutto, una storia ben definita, con una situazione che, rivelata dall’inizio, si sviluppa in
modo logico e si conclude senza ambiguità. È una pura espansione dello stile narrativo europeo del XVIII
secolo. All’inizio del ‘900 Hollywood ebbe la meglio perché riuscì ad abbinare a una formula vincente
maggiori possibilità d’investimento. Stupisce che il cinema europeo non sia giunto al tracollo; ma superato il
difficile periodo della seconda guerra mondiale e della ricostruzione, la produzione europea ha quasi
eguagliato quella americana.
I popoli europei sono consapevoli delle reciproche differenze, eppure il Vecchio Mondo ha condiviso dalla
fine della seconda guerra mondiale in poi eventi problemi comuni. In meno di 20 anni si diffuse in tutto il
continente un nuovo stile di vita urbano. I film rivelano chiaramente l’importanza dei problemi locali e delle
situazioni particolari(stile di vita, valori morali, cultura in generale).
Laura Righi Sezione Appunti
Cinema del Novecento in Europa 2. Immagine filmica tra realtà e artefatto. Teoria dello specchio
Ci sono 2 teorie riguardo l’utilizzo dei film per lo studio del XX secolo: 1. alcuni studiosi ritengono che
siano una finestra sulla realtà(film come imitazione della vita); 2. ma i testi audiovisivi sono anche artefatti,
descrivono situazioni che restano funzionali anche nell’ipotesi di un’assoluta fedeltà ai fatti(potere rivelatore
dei film però va tenuto conto della distanza tra dato sociale e la sua rappresentazione).
In questo libro considereremo i film solo in quanto immagini vendute sul mercato; qualcosa che ci permette
di osservare il mondo in prospettiva: noi pensiamo soltanto per immagini!
Le immagini sono i medium comunicativo tra noi e la realtà, sono il frutto delle mostre esperienze e della
società in cui viviamo.
In questo libro non ho considerato i film come opere d’arte, né il cinema come linguaggio; i film sono
rappresentazioni fruibili nelle società contemporanee. I film sono oggetti prodotti con criteri industriali e
venduti a un pubblico che li compra per il proprio piacere: il nostro “contesto”deve tenerne conto. Contesto:
la produzione, nel senso più ampio del termine, la concorrenza, soprattutto in relazione agli Stati Uniti, il
pubblico.
Le immagini moltiplicano la nostra consapevolezza della realtà: rendono familiari popoli e paesi lontani che
non avremmo mai immaginato e migliorano le informazioni sulla realtà a noi più vicina; selezionandone gli
aspetti, le fotografie ci costringono a osservare e ad analizzare. Eppure le immagini possono anche
nascondere il mondo.
Le immagini sono un grane documento del nostro secolo!
Teoria dello specchio(Durgnat, "A Mirror of England")= chi realizza un film vive nello stesso paese della
maggior parte dei suoi futuri spettatori, con i quali condivide problemi e speranze; a meno che non si rifugi
in pure fantasie, egli introdurrà nei film i suoi interessi, anche solo per catturare con più facilità l’attenzione
del pubblico. I film non sono la realtà, ma non se ne distaccano mai completamente. Come gli specchi, che
incorniciano, delimitano e a volte distorcono, ma in fondo “riflettono”ciò che hanno di fronte, i film
illustrano i vari aspetti della società che li produce. Il cinema segue le sue mode e i suoi metodi; molto
spesso non è la trama ma il modo in cui è stata raccontata o filmata che ci dice qualcosa sullo stato mentale
dei registi e degli spettatori.
L’attenzione si è rivolta ai 4 paesi più importanti (dal punto di vista statistico) Inghilterra, Francia, Germania
e Italia, la cui produzione cinematografica ammonta a ¾ del totale europeo.
Laura Righi Sezione Appunti
Cinema del Novecento in Europa 3. Film di guerra tra Europa e Usa fino agli anni '30
I film di guerra erano parte della produzione fin dall’inizio della storia del cinema e prima della grande
guerra ne furono girati proiettati in ogni nazione. Dal 1914 al 1918 le ostilità furono oggetto di produzioni
realizzate sia da stati neutrali sia dalle parti coinvolte nel conflitto. Dopo i trattati di pace il tema fu
rapidamente dimenticato; la presenza di Hollywood ha giocato un ruolo determinante: negli anni ’20 la
produzione europea era in crisi e gli Stati Uniti riuscirono a conquistare il mercato mediante il film di guerra
che descriveva in modo crudo e realistico la vita in trincea, le sofferenze dei feriti e la distruzione dilagante.
Nel 1930 il film “All’ovest niente di nuovo” di Lewis Milestone fu una novità assoluta. L’innovazione più
sconvolgente fu il trattamento del sonoro. In questo film è stata modificata la narrazione classica, manca
l’eroe, c’è solo un gruppo di commilitoni, non c’è intreccio né prova da superare, non c’è sviluppo, l’univa
conclusione possibile è la morte. Milestone sviluppa una condanna teorica della guerra che i film degli anni
’20 non pronunciavano. Poco dopo di lui anche gli europei, come Hawks e Borzage, ricominciano a filmare
la guerra. Tutti i registi interessati a girare un film di guerra sapevano che avrebbero dovuto competere con
produzioni americane di ottima qualità; è quindi sorprendente che gli europei siano riusciti a battere gli Stati
Uniti. Negli anni ’30, l’Europa dal 1914 al 1918 produsse più film di Hollywood (“Westfront 1918”, “La
grande illusione”). Ci fu una grande circolazione di idee, di argomenti, di persone, e di investimenti.
Ovviamente ci furono anche differenze, dovute alle tradizioni nazionali, ma in tutta Europa si diffuse un
grande interesse per il ricordo della grande guerra e per le immagini che evocava.
Laura Righi Sezione Appunti
Cinema del Novecento in Europa 4. Film di guerra in Inghilterra e Germania dopo il '45
In tutta Europa dal 1945 in poi i film hanno denunciato gli errori e a volte i crimini dello stato e l’inutilità di
alcune azioni di guerra. Pochi furono i film pacifisti che mostrarono gli orrori delle trincee. Il patriottismo
era ancora molto radicato ed era difficile da mettere in discussione, film come “Forever England”
continuarono a sostenere il concetto che il sacrificio per la patria è glorioso e gratificante. In Inghilterra la
maggior parte dei film si basava su opere teatrali e romanzi famosi. C’è un evidente contrasto tra la
Germania dove si lavorava alla stesura di storie per il grande schermo e l’Inghilterra dove si preferiva
l’adattamento di testi teatrali. Lo stile letterario del film di guerra non fu prerogativa dell’Inghilterra, ma qui
si sviluppò più che altrove; dal punto di vista cinematografico i film inglesi sono diversi e si inseriscono in
una categoria diversa (“Journey’s end”e “Tell England”vogliono descrivere il modo in cui la guerra agisce
sul comportamento umano e quindi hanno pochi personaggi). L’adattamento cinematografico di un testo
scritto produce film classici con un personaggio centrale e una trama lineare. Di conseguenza le immagini
hanno una funzione secondaria nella narrazione che evita qualunque descrizione puramente emotiva (visiva)
del combattimento; i sentimenti non sono esclusi ma sono trasmessi dal dialogo. La definizione di talkies
(parlato) spesso attribuita ai film degli anni ’30 è adatta alle opere come questa in cui sono le frasi a
trasmettere il messaggio. Gli spettatori non prestano attenzione alle immagine ai suoi perché attenti ad
afferrare il significato delle parole. Un altro elemento di cui tenere conto è la produzione in serie. Furono i
produttori sulla scia della crisi internazionale e della corsa al riarmo a dare impulso al cinema di guerra, in
funzione delle paure e delle ossessioni degli spettatori.
Laura Righi Sezione Appunti
Cinema del Novecento in Europa 5. "Cavalleria" e "Il paradiso perduto". Film di guerra senza
speranza
I film di guerra non sono un genere in senso stretto ma rientrano nella categoria del dramma, del film
d’avventura, del documentario e della commedia. La loro qualità specifica è la rappresentazione di eventi
del conflitto e il ricorso a indizi relativi agli anni fra il 1914 e il 1918. I film di guerra sono film storici
poiché richiedono una conoscenza minima della situazione che presentano e la capacità di identificare i
fronti opposti. film sono anche narrazioni: e dal punto di vista narrativo, il conflitto può essere l’evento
storico di fondo o il vero centro, il tema del film. Tra gli end film (i film senza speranza) “Cavalleria”(1936)
è il più malinconico. “Il paradiso perduto”di Abel Gance (1939) è sulla stessa linea. La guerra ha cambiato il
mondo e la felicità è perduta. nel film italiano invece la guerra scoppia all’improvviso, il ralenti viene
sostituito da un montaggio veloce. La guerra di Gance è meno eroica; è confinata in una trincea dove i
soldati aspettano la morte. Per vent’anni il fascismo continuò a celebrare la guerra e a considerarla il periodo
d’eccezione in cui l’uomo comune può diventare un eroe.
Laura Righi Sezione Appunti
Cinema del Novecento in Europa 6. "Luciano Serra pilota" e "Pour le merite". Guerra inizio del
racconto
La guerra può essere anche il momento di inizio del racconto; in questo cado Italia e Germania sono di
nuovo in opposizione. Nel 1938 quando Mussolini presentò con orgoglio il suo esercito a Hitler nelle sale
furono proiettati due film, uno italiano “Luciano Serra pilota”di G. Alessandrini e uno tedesco “Pour le
merite”di K. Ritter, in cui i piloti eroi di guerra frustrati dalla pace tentano di iniziare una nuova vita. Questi
film presentano notevoli differenze. "Pour le merite" è ricco di immagini di terrificanti raid aerei. "Luciano
Serra" pilota ha inizio dopo la firma del trattato di pace e non propone scene di combattimento. In realtà gli
italiani non amano raccontare la prima guerra mondiale, a differenza dei tedeschi che non esitano a
rappresentarla in tutti i suoi aspetti più spiacevoli. Nei due film del 1938 il contrasto più significativo
riguarda la rappresentazione del dopoguerra. Puor le merite è un opera notevole perché pone l’accento sulla
continuità fra il passato (la guerra) e il futuro. è anche espressione dell’opera di glorificazione di un esercito
distrutto che è stato rievocato con altrettanta ammirazione in altri film tedeschi e francesi. L’Italia si
riconferma un’eccezione, dato che non celebra i suoi piloti e non rappresenta la prima guerra mondiale come
preludio di altre gloriose imprese.
Un altro aspetto delle ostilità che spesso coincide con l’inizio del racconto è la dichiarazione di guerra.
“1914, Die letzen Tage vor dem Weltbrand”(1931), “Ultimatum”(1937), “Paradis perdu”(1939),
e“Niemandsland”(1931) sviluppano con tecniche e intenzioni narrative diverse una rappresentazione
concorde della dichiarazione di guerra. Per tre volte (“Passaporto rosso”, “Le scarpe al sole”e “Paradis
perdu”)sono due giovani sposi a dividersi, come se la guerra infrangesse tutti i progetti di una nuova vita e
di una nuova felicità. In altri film è la famiglia ad essere distrutta.
Laura Righi Sezione Appunti
Cinema del Novecento in Europa 7. Condanna della guerra e prigionia nei film anni '30
Nella Germania di Weimar e in Francia il ricordo dell’inizio delle ostilità offrì la possibilità di condannare la
guerra. Nella Germania nazista dove la guerra è sempre stata descritta in modo brutale e realistico, ogni
cenno all’apertura delle ostilità fu accuratamente evitato. L’Italia fu un’eccezione, il fascismo fino alla
spedizione etiopica tollerò una rappresentazione filmata in contrasto con i discorsi ufficiali sul maggio del
1915, quando l’Italia decise l’intervento. In Italia il ricordo del conflitto era molto doloroso: ciò impedì ai
registi di trasferire nel film la versione ufficiale della mobilitazione. Tuttavia non è possibile approfondire le
ragioni del conflitto, persino un pacifista come Abel Gance evitò il problema. Le cause esterne di questa
cautela furono la pressione della censura, le paure dei diplomatici ossessionati dall’idea che un’allusione alle
responsabilità di un paese straniero potesse offendere un potenziale alleato e non vanno sottovalutate, ma le
ragioni interne al mondo degli studios sono altrettanto importanti. I film erano pensati essenzialmente come
racconti, quindi spesso non c’era posto per le cause. Un alternativa più discorsiva fu offerta dal cinema
sovietico che tentò di colpire la fantasia degli spettatori alternando immagini in forte opposizione, ma il
pubblico non era ancora pronto a sperimentare nuovi stili cinematografici.
La prigionia di guerra è raramente presente nei film degli anni’30. Sono importanti dal punto di vista
tematico le somiglianze tra tre film distribuiti nel 1937-38, il francese“La grande illusion”, il tedesco
“Patrioten” e l’inglese “Who goes next?”: i protagonisti sono ufficiali energici e risoluti e non ci sono dubbi
sul loro desiderio di fuga. Le platee inglesi e francesi il cui gusto era avezzo agli standard degli emozionanti
film americani, non gradivano produzioni troppo dialogate ma povere di azione. Le spy stories
rappresentavano una valida alternativa: la guerra restava come sfondo ma la sua descrizione è abbastanza
vaga da fugare i timori del censore. lo spionaggio, ignorato dai tedeschi e dagli italiani affascinò le
democrazie e occupò quasi la metà della produzione inglese e un terzo di quella francese. Non bisogna
comunque dimenticare che i racconti di spionaggio erano una vecchia tradizione europea nata verso la fine
dell’800 con Le Queux. Ogni spy stories si basa su identità indeterminate o incompatibili.
Laura Righi Sezione Appunti
Cinema del Novecento in Europa