Pubblico europeo e Hollywood nel dopoguerra, MPEA
Da un lato i paesi dell’Europa, sull’orlo del tracollo economico, non erano più disposti a investire quattrini nell’acquisto di film americani; dall’altro, vista la debolezza della produzione nazionale, era impossibile rinunciare alla più grande fabbrica di sogni al mondo. Gli americani erano ben consapevoli di una situazione che intendevano sfruttare. Mpea: motion picture export agency.
Prima della guerra gli europei avevano tentato di limitare l’invasione degli schermi fissando delle “quote”, cioè un massimo annuo di proiezioni americane. Nel 1945 la situazione si complica.
I distributori e gli esercenti avevano bisogno dei film americani per riempire la programmazione. La Rank e la Abpc non potevano sopravvivere senza Hollywood. Il conflitto peggiorò a causa delle equazioni “hollywood=libertà” o “hollywood=imperialismo”. Ovunque ci furono dibattiti; per la prima volta il cinema era un argomento politico.
Nel 1955 la situazione continentale non era molto diversa dal ventennio precedente; il 30-40 % dei film in distribuzione proveniva da Hollywood. Dopo la guerra i prodotti di Hollywood furono costante fonte di scandali e polemiche. In vari modi Hollywood sfidava i valori morali europei. Inoltre comunisti e socialisti, che disprezzavano la rappresentazione di una società in cui denaro e successo erano sinonimi, non potevano apprezzare lo stile di molti film americani e la maniera in cui affrontava argomenti difficili e problematici.
Che cosa apprezzava di più il pubblico europeo? Spesso fu menzionato il “realismo” dei film americani, ma non è possibile dire in che modo le produzioni americane fossero più realistiche di quelle europee. In questi anni un regista italiano, Pietro Germi, tentò di adeguare le formule americane al contesto italiano(“Nel nome della legge”). Sotto diversi punti di vista il cinema europeo è stato più libero di quello americano; ha avuto la possibilità di approfondire i problemi, ma era abituato a minimizzare i conflitti. È stato incapace di portare sullo schermo quello che la società considerava sporco o volgare (“Boys in brown”). Da un punto di vista puramente cinematografico, l’Europa aveva molto da imparare da Hollywood e il pubblico si accorse della differenza.
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Autore:
Laura Righi
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- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
- Corso: Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo
- Esame: Cinema e studi culturali
- Docente: Michele Fadda
- Titolo del libro: Cinema e identità europea
- Autore del libro: Pierre Sorlin
- Editore: La nuova Otalia
- Anno pubblicazione: 2011
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