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Società, economia e politica nel cinema europeo del tardo '900


Il cinema degli anni’60 poteva, se confrontato a una televisione in rapido sviluppo, seguire la sua strada e indulgere nella fantasia oppure sfidare la rivale interessandosi alle attività quotidiane delle persone. Tra queste troviamo il tema dell’immigrazione straniera; va detto che non sono stati realizzati molti film sul tema, ma possiamo comunque rivelare variazioni significative nei contenuti e nelle concezioni. All’inizio degli anni’70 gli immigrati del cinema venivano dai paesi occidentali dell’area mediterranea, Nord Africa, Spagna, Italia, e la finzione fu considerato il miglior modo per descriverne il problema.
Negli anni ’70, quando il mondo capitalista era in piena espansione, gli immigrati avevano piena ragione a ritenere possibile l’integrazione e i registi potevano criticare l’egoismo della ricca Europa. Un decennio dopo le immagini appaiono molto diverse. In Germania gli asiatici erano sul gradino più basso della società, non capivano la lingua, entravano clandestinamente, non avevano famiglia o amici, svolgevano lavori mal pagati, si stabilivano nei quartieri industriali e lavoravano per le grande industrie che spremevano forza lavoro. In Inghilterra Invece, gli immigrati spesso venivano dalle ex colonie, parlavano inglese e conoscevano le tradizioni locali, potevano contare sui parenti che si erano da tempo trasferiti e trovavano lavoro nei servizi.
E’ stata l’unione tra l’informazione, sull’esempio della televisione, e lavoro cinematografico che ha dato ai film degli anni’80 la loro originalità e li ha differenziati dal cinema degli anni’70. Questo giocava di più sulle situazioni individuali e sul dramma personale; l’altro ha sottolineato maggiormente i problemi sociali. Trattando temi sociali sulla scia della televisione, i registi trovarono una strada, a metà tra l’imitazione della e l’autonomia dalla rivale. I due ultimi decenni del XX secolo sono stati l’epoca delle crisi economiche: l’espansione delle nuove tecnologia ha causato la chiusura delle industrie, la disoccupazione ha colpito le regioni dell’Europa di più antica industrializzazione. Il cinema degli anni’30 ha dato poco spazio alla recessione economica, in parte perché tentava di distrarre la gente dai problemi, in parte perché si adattò lentamente alla situazione, ma anche perché all’epoca era ancora inimmaginabile una rinascita industriale. Nel corso dell’ultimo quarto di secolo è diventato palese che la maggior parte degli impianti  chiusi non sarebbero mai stati riaperti, così l’opinione pubblica ha dovuto affrontare la situazione. L’Inghilterra ha in Europa la più antica tradizione industriale, ma i suoi registi di cinema e documentaristi, hanno girato poche sequenze sulle fabbriche rispetto ad altri europei. La forza del cinema inglese ( “Dancing Night”, “Trainspotting”, “Full Monty” ) è stata quella di porsi a confronto con il declino di un intero stile di vita, la sua debolezza nell’orientarsi soprattutto verso il passato, mentre quello italiano e francese si interessavano alle nuove generazioni, non ancora entrate nel mercato del lavoro. Il calo del pubblico cinematografico si era lentamente stabilizzato grazie alla presenza regolare degli adolescenti negli anni’80 e ‘90. Gli elementi più salienti dei film apprezzati dai giovani erano la fratellanza e le buone colonne sonore.

Tratto da CINEMA DEL NOVECENTO IN EUROPA di Laura Righi
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